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Telefonate e SMS lasciano traccia: 500 miliardi di informazioni negli archivi dei gestori italiani

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Privacy

10/05/2002

Telecomunicazioni e web sono tra i temi affrontati dal Garante per la privacy presentando la ''Relazione per l'anno 2001'' (disponibile on-line il testo completo).

Attraverso i dati del traffico entrante ed uscente di una utenza telefonica e, nel caso di telefono cellulare, gli SMS inviati e ricevuti è possibile ricostruire la rete di relazioni e gli spostamenti di una persona.
La gestione degli archivi delle società telefoniche solleva pertanto delicati problemi di privacy, in particolare in riferimento al tempo di conservazione dei dati.

Il tema è stato affrontato da Stefano Rodotà, presidente del Garante per la privacy, nel corso della presentazione annuale dell'attivita' dell'Autorità, svoltasi nei giorni scorsi a Montecitorio.

Il Garante rivela che ogni anno i cinque principali gestori telefonici archiviano, per il solo traffico in uscita, 70 miliardi di nuove informazioni; poiché per legge i dati devono essere conservati per 5 anni, trascorso questo lasso di tempo sono 350 miliardi le informazioni che si troveranno negli archivi, senza considerare i dati riguardanti gli altri circa 250 operatori del settore.
''Una stima che, guardando all'immediato futuro, è sicuramente approssimata per difetto, perché non prende in considerazione il fatto che la dinamica quantitativa del settore prevede ritmi intensissimi di crescita e che qualche gestore, in base ad improprie interpretazioni di magistrati, è indotto a conservare i dati per dieci anni. Non è azzardato, allora, dire che ci si avvia verso una soglia di 500 miliardi di informazioni personali conservate, considerando le sole chiamate in uscita.''

Secondo il Garante il tempo di conservazione dei dati telefonici in Italia (5 anni) è eccessivo, negli altri Paesi europei non supera l'anno.
Le informazioni raccolte possono essere utili nell'ambito di indagini giudiziarie per scoprire, anche a distanza di molto tempo, i responsabili di atti criminali. Questa motivazione, che portata alle sue estreme conseguenze imporrebbe di non cancellare mai alcun dato, dev'essere considerata alla luce di ''esigenze di bilanciamento tra esigenze diverse''.

Secondo il Garante ''Bisogna effettuare sempre una valutazione di proporzionalità sociale, una analisi dei costi e dei benefici. Può la sola eventualità di avere un indizio in più per scoprire un criminale a distanza di molti anni giustificare la permanente esposizione di tutti i cittadini al rischio di una impropria utilizzazione dei loro dati personali? Si può fare un uso di massa delle tecnologie del trattamento dei dati trasformando tutti i cittadini in potenziali sospetti?''

La relazione del Garante ha poi affrontato il tema della raccolta e trattamento dei dati sul web.
Un'indagine svolta dall'Autorità, con il monitoraggio di 650.000 siti, ha messo in evidenza ''notevoli e diffuse inadempienze rispetto alle norme sulla protezione sui dati personali.

Le informative sono spesso incomplete; la richiesta di consenso è generalmente omnibus; l'indicazione dei responsabili è carente; vi è spesso discordanza tra le conseguenze dichiarate dal gestore e quanto accade effettivamente nel caso di mancata prestazione del consenso da parte dell'utente; i diritti di quest'ultimo spesso non sono elencati, e ci si limita a un rinvio all'art. 13 della legge. Al tempo stesso, viene svolta una intensa attività di profilazione di massa dell'utenza web, in forme che sono state più volte criticate in sede europea.''

Il testo completo della ''Relazione per l'anno 2001'' (dimensione file 2.588 KB).




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