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Leggiamo bene le sentenze della cassazione!

Leggiamo bene le sentenze della cassazione!
Adalberto Biasiotti

Autore: Adalberto Biasiotti

Categoria: Privacy

14/12/2015

Le sentenze fanno testo in tema di giurisprudenza, ma spesso non vengono lette con attenzione e se ne danno interpretazioni fantasiose: il caso del legittimo allontanamento di un dipendente che non si comportava granché bene. Di A. Biasiotti.

 
Recentemente molte pubblicazioni specializzate, nonché i mezzi di comunicazione di massa, hanno dato ampio risalto ad una sentenza della cassazione, che ha spiazzato molti dei soggetti coinvolti.
In due parole, cerco di riepilogare il tema che è stato preso in esame dalla magistratura ed è giunto fino alla pronunzia della cassazione.
I dipendenti di un’azienda avevano, come è normale, privilegi di accesso al sistema informativo aziendale. Senza tale privilegio di accesso essi infatti non avrebbero potuto svolgere la propria attività.
Dal punto di vista del decreto legislativo 196/2003, ci troviamo davanti ad incaricati del trattamento, dotati di codice identificativo personale e parola chiave.
È compito del responsabile del trattamento, o del titolare, stabilire i limiti e le condizioni di accesso ai dati.
Si tratta di una situazione affatto normale.

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Orbene, i soggetti in questione, approfittando proprio dei privilegi di accesso che erano stati loro concessi, hanno sottratto preziosi dati aziendali e li hanno utilizzati per fini illeciti.
La azienda, vittima di questo furto di dati, ha pensato bene di denunciare i dipendenti per una specifica fattispecie criminosa, vale a dire quella di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico protetto.
Il procedimento penale è giunto fino ai giudici di legittimità (Cassazione, sentenza 13085/15), che hanno ricordato che integra la fattispecie criminosa di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico protetto, ai sensi dell’art. 615-ter c.p., la condotta di accesso o mantenimento nel sistema posta in essere da un soggetto che, anche se abilitato ad accedere al sistema, viola le condizioni ed i limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema per delimitarne oggettivamente l’accesso, mentre non assumono rilievo gli scopi e le finalità che hanno motivato l’accesso al sistema.
In altre parole, i dipendenti potevano essere denunciati per aver sottratto i dati aziendali, ma non perchè li avevano sottratti, accedendo abusivamente al sistema informatico telematico protetto.
Essi infatti avevano piena autorizzazione ad accedere a tale sistema.
In sintesi, i dipendenti hanno certamente commesso un atto criminoso, se è vera la denuncia dell’azienda, ma non hanno violato l’articolo 615-ter del codice penale.
Avranno violato un sacco di altri articoli e norme del contratto di lavoro, ma certamente non quell’articolo!
 
Adalberto Biasiotti




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Rispondi Autore: alessandro - likes: 0
14/12/2015 (12:37:47)
Buongiorno, premetto che non sono un esperto di privacy, ma leggo spesso punto sicuro per la chiarezza di esposizione degli autori.
Può chiarire il concetto? grazie

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