Il regolamento europeo e il rapporto di lavoro: cosa cambia
Il regolamento europeo ha introdotto numerose ed incisive varianti, rispetto a quanto attualmente previsto dal decreto legislativo in vigore in Italia. Ad esempio, è previsto il diritto all’oblio, è prevista la portabilità dei dati da un titolare ad un altro, è prevista la messa a punto di un’informativa assai più completa, rispetto a quelle attuali.
A questo tema ha dedicato il suo prestigioso parere l’articolo 29 working party, i cui pronunciamenti praticamente fanno testo in tutta Europa. In un recente documento, intitolato wp249, gli esperti hanno preso in esame proprio il tema legato al trattamento dei dati personali nell’ambito del rapporto di lavoro.
Il tema è assai articolato e pertanto concentro la mia attenzione, almeno per ora, sul processo di reclutamento di un candidato all’assunzione.
L’uso dei social media è sempre più diffuso e ci si potrebbe chiedere se un responsabile delle risorse umane può, in relazione a una candidatura ad una offerta di impiego, andare ad esaminare i social media per vedere come si presenta il possibile candidato. Lo stesso vale per altre informazioni che siano pubblicamente reperibili, sempre afferenti allo stesso candidato.
È bene chiarire fin da adesso che non è affatto vero che un datore di lavoro può dare per scontato il fatto che, solo perché alcune informazioni su un candidato sono presenti sui social media, egli possa acquisire queste informazioni e magari inserirle nella cartella personale del candidato.
La situazione è diversa solo se il titolare possa ritenere che il profilo sui social media abbia una stretta attinenza alla futura attività lavorativa. In questo caso egli è autorizzato ad accedere a questi dati perché ha un legittimo interesse ai dati stessi. Inoltre, in conformità al principio di minima acquisizione di dati, per le finalità dichiarate, devono essere mantenuti nella cartella personale solo i dati minimi, che possano essere debitamente giustificati.
Ma non basta.
Tutti i dati che sono stati raccolti durante l’esame della candidatura devono essere cancellati non appena il titolare decide che il candidato non è idoneo. Il soggetto coinvolto deve essere informato di questo fatto.
La situazione è diversa solo a condizione che il titolare, che ha raccolto i dati, ottenga l’autorizzazione dal candidato a trasmettere i dati ad un’altra società, ad esempio appartenente allo stesso gruppo, che potrebbe essere interessata.
Tutte queste informazioni devono essere chiaramente fatte presenti al candidato, quando lo si invita a compilare una richiesta di assunzione.
Devono essere richieste solo le informazioni minime necessarie per una corretta valutazione del candidato, devono essere date garanzie circa la cancellazione, nel caso la candidatura non venga accolta, devono essere date garanzie in merito al fatto che l’accesso alle informazioni, afferenti al candidato e presenti su social media, sarà limitato esclusivamente a quelle informazioni che sono utili per inquadrare al meglio il profilo del candidato.
Ad esempio, qualsiasi informazione afferente ai convincimenti politici, sindacali o religiosi del candidato deve essere tassativamente esclusa dalla valutazione e non dovrebbe nemmeno essere esaminata dal titolare, anche senza farne copia.
Alla luce di queste considerazioni, ho esaminato un certo numero di richieste di personale, che appaiono sui quotidiani, ed ho rilevato che molte di queste richieste non meritano davvero la sufficienza. Vi sono richieste di personale che fanno ancora riferimento alla legge 675/1996, vi sono richieste che non accennano ad un eventuale cancellazione, in caso di rifiuto della candidatura, e via dicendo.
Cari responsabili dell’ufficio risorse umane, cercate di fare di più e di meglio!
Adalberto Biasiotti
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