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E-mail: prova di reato!
La legislazione USA in materia di tutela della privacy prevede la necessità di un mandato o autorizzazione giudiziaria nel caso di intercettazioni delle comunicazioni elettroniche.
Il rispetto per la riservatezza telematica e' garantito dalla maggior parte degli ordinamenti, anche la legislazione italiana, ad esempio, protegge la posta elettronica, poiche' l'articolo 616 del Codice penale considera la riservatezza della corrispondenza alla stregua di quella epistolare tradizionale.
La Corte di Washington ha tuttavia giudicato come prova di reato, a carico di un giovane sospettato di pedofilia, le registrazioni, effettuate da un detective senza mandato, delle conversazioni in rete tra il giovane ed il detective, che aveva finto di essere una tredicenne.
Le conversazioni erano effettuate via e-mail e tramite il programma Icq, un canale chat dell'America on line che permette agli utenti comunicazioni in tempo reale.
La sentenza e' stata motivata in base alla considerazione che l'uso della rete e delle risorse elettroniche, per loro natura dispositivi di trasmissione e registrazione, implicitamente acconsentirebbe di fatto proprio alla registrazione dei dati.
Concordemente si e' espresso anche un docente di Diritto alla Catholic University of America di Washington, mentre Jeffry K.Finer, un noto avvocato difensore, per quanto in accordo con la motivazione discussa, ha sottolineato che i messaggi Icq non sono necessariamente registrati, dunque andrebbero tutelati come ''spontanea conversazione scritta'' privata.
Il rispetto per la riservatezza telematica e' garantito dalla maggior parte degli ordinamenti, anche la legislazione italiana, ad esempio, protegge la posta elettronica, poiche' l'articolo 616 del Codice penale considera la riservatezza della corrispondenza alla stregua di quella epistolare tradizionale.
La Corte di Washington ha tuttavia giudicato come prova di reato, a carico di un giovane sospettato di pedofilia, le registrazioni, effettuate da un detective senza mandato, delle conversazioni in rete tra il giovane ed il detective, che aveva finto di essere una tredicenne.
Le conversazioni erano effettuate via e-mail e tramite il programma Icq, un canale chat dell'America on line che permette agli utenti comunicazioni in tempo reale.
La sentenza e' stata motivata in base alla considerazione che l'uso della rete e delle risorse elettroniche, per loro natura dispositivi di trasmissione e registrazione, implicitamente acconsentirebbe di fatto proprio alla registrazione dei dati.
Concordemente si e' espresso anche un docente di Diritto alla Catholic University of America di Washington, mentre Jeffry K.Finer, un noto avvocato difensore, per quanto in accordo con la motivazione discussa, ha sottolineato che i messaggi Icq non sono necessariamente registrati, dunque andrebbero tutelati come ''spontanea conversazione scritta'' privata.
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