È legittimo il sequestro di dati personali?
Il soggetto in causa sviluppava una contabilità fraudolenta e parallela, rispetto alla contabilità ufficiale. Le indagini delle forze dell’ordine permisero di accertare che il programma, grazie al quale era possibile sviluppare la contabilità parallela, era residente su un sistema informativo, installato presso uno studio odontoiatrico.
La polizia giudiziaria si è quindi presentata presso questo studio ed ha sequestrato l’intero sistema informativo, anziché fare, come talvolta avviene, copia dei dati in esso residenti. Venne anche sequestrata una memoria portatile, che si riteneva potesse contenere alcuni aspetti del programma di contabilità in nero, che venivano utilizzati per l’appunto per attivare questo programma, per solito non direttamente accessibile. Sia il titolare dello studio odontoiatrico, sia il soggetto in questione hanno fatto ricorso contro questa insolita modalità di sequestro, giungendo fino alla cassazione, che ha sviluppato alcune interessanti considerazioni.
Innanzitutto, la cassazione ha messo in evidenza che se è ben vero che in molti casi è possibile effettuare copia dei dati presenti in un sistema informativo, senza portare via l’intero sistema informativo, è anche vero che nella fattispecie il programma, di cui erano alla ricerca gli agenti di , polizia giudiziaria era celato all’interno del sistema informativo e la mera copia dei dati ivi presenti non avrebbe permesso di individuarne la presenza.
Un altro motivo del ricorso riguardava il fatto che nel sistema informativo che era stato “ablato”, cioè portato via dalla polizia giudiziaria, si trovavano dati personali anche sensibili dei clienti dello studio odontoiatrico.
Tali dati, inquadrati nell’ambito del decreto legislativo 196/2003, non avrebbero potuto essere acquisiti dalla polizia giudiziaria, in quanto meritevoli di speciale tutela, proprio sulla base delle indicazioni del decreto legislativo afferenti alla protezione di dati sanitari.
Anche questo aspetto è stato rigettato dalla cassazione, che ha ricordato come, nell’ambito di procedimenti di indagine della polizia giudiziaria, lo stesso decreto legislativo prevede l’attribuzione di specifici poteri agli agenti, che ovviamente superano i poteri che potrebbero essere attribuiti a chiunque altro volesse esaminare questi dati, senza essere dotato di un specifico provvedimento legittimante.
Si tratta di una sentenza che certamente molti titolari e responsabili del trattamento devono studiare con attenzione, perché essa tocca degli aspetti oltremodo critici, relativi alla possibilità di intervento su sistemi informativi per acquisire documentazione probatoria.
Adalberto Biasiotti
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