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A rischio la privacy dei lavoratori (e non solo)?

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Privacy

25/09/2007

Alcuni emendamenti al decreto sulle liberalizzazioni, all’esame del Senato, annullano disposizioni del Codice della Privacy. L’ex-garante Rodotà lancia una iniziativa sul web. Preoccupazioni condivise anche dall’attuale Garante.

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Liberalizzazioni a scapito della privacy.
E’ quanto sostiene Stefano Rodotà, ex presidente del Garante per la Privacy, che ha lanciato sul web un appello contro alcuni degli emendamenti all’art. 29 della cosiddetta “lenzuolata Bersani” (“Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale” – legge Bersani-ter).
Secondo Rodotà alcuni degli emendamenti presentati, “semplificando” gli adempimenti a carico delle imprese in materia di misure di sicurezza nel trattamento dei dati, mettono in realtà a rischio la privacy dei lavoratori (e non solo).

“E' in corso al Senato  - afferma Rodotà - un nuovo tentativo di svuotare la legge sulla protezione dei dati personali, a danno dei cittadini e dei lavoratori e a favore delle imprese. La Commissione Industria sta esaminando gli emendamenti alla cosiddetta "lenzuolata Bersani". In seguito alle pressioni di forti organizzazioni imprenditoriali, alcuni parlamentari di entraambe gli schieramenti hanno proposto che tutte le imprese siano esonerate dal predisporre le misure minime di sicurezza a tutela dei dati personali.”

Preoccupazione che anche Francesco Pizzetti, attuale presidente  dell’Autorità per la protezione dei dati personali, ha manifestato in una lettera inviata nei giorni scorsi al Presidente del Consiglio, al Ministro dello sviluppo economico e ai presidenti di Senato e Camera.

A Giugno la Camera, in fase di approvazione del provvedimento, aveva approvato un emendamento che esclude dall'applicazione le norme privacy a tutela dei lavoratori e in materia di sicurezza per le imprese con meno di 15 dipendenti
Art. 29.
(Esclusione delle piccole imprese da alcuni adempimenti in materia di trattamento di dati personali)
1. Le disposizioni degli articoli 33, 34, 35 e dell’allegato B del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196,
non si applicano alle microimprese e alle piccole imprese sino a quindici addetti che effettuano esclusivamente trattamenti di dati personali per le finalita` elencate all’articolo 24 del medesimo codice, purché tali trattamenti siano effettuati nell’ambito dell’ordinaria gestione amministrativa e contabile dell’azienda.


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La norma, ad avviso del Garante della privacy, presenta profili di incostituzionalità per "disparità di trattamento" e si pone in contrasto con la normativa europea che non consente di sottrarre intere categorie dall'applicazione della disciplina sulla protezione dei dati personali.
Secondo il Garante i nuovi emendamenti presentati in Senato aggravano la situazione. “Alcuni estenderebbero ulteriormente la platea dei soggetti che verrebbero esentati dall'applicazione della normativa in materia di sicurezza dei dati. Dall'obbligo sarebbero, quindi, esonerate non più soltanto le piccole imprese, ma tutte le aziende private operanti nel mercato e i liberi professionisti. Altri emendamenti sono volti a restringere le categorie di dati sensibili da proteggere, come l'adesione a organizzazioni aventi carattere sindacale, o prevedono l'eliminazione di ogni forma di tutela per le persone giuridiche (imprese, enti pubblici e privati, partiti, sindacati, organizzazioni religiose, organismi no profit) che renderebbero tra l'altro tali soggetti più esposti ad atti illeciti o ad attività di dossieraggio e spionaggio.”

Nel suo appello sul web Rodotà sottolinea che “l'estensione a tutte le aziende è addirittura paradossale, oltre che gravemente lesivo dei diritti dei cittadini. Basti pensare ai dati, anche sensibili, dei lavoratori dipendenti da queste imprese. Un esempio? Le notizie riguardanti la salute. E' un micidiale attacco ai diritti fondamentali.

Ma se tale approccio si rivela come un indizio preoccupante di una deriva sociale che antepone i profitti ai diritti dei cittadini, può trasformarsi in un boomerang per le stesse aziende.

Infatti, se tale esonero può apparire nell'immediato come un "risparmio" per le aziende, avrà l'effetto di ingenerare perplessità e sfiducia nei lavoratori e nei clienti, che non si sentiranno più adeguatamente tutelati, sollecitando i consumatori a preferire quelle imprese che la privacy la considerano un valore da tutelare e un asset della propria attività.”

A perderci, dunque, non saranno solo i cittadini, ma anche le aziende.
“Tale esonero  - afferma Rodotà - determinerà anche un freno alla spinta innovativa di quelle aziende che nella tutela e nel corretto trattamento dei dati personali hanno trovato uno stimolo per innovare procedure e professionalità e ampliare la propria offerta di servizi."

“Ancora più grave  - afferma Rodotà - è però che gli stessi emendamenti prevedono l'eliminazione delle tutele per le persone giuridiche, gli enti e le associazioni. Si dà il via libera alla schedatura delle associazioni con l'effetto di limitare grandemente il diritto alla libertà di associazione, critica e libera manifestazione del pensiero che sono il sale di ogni democrazia.
Per questo chiediamo al Parlamento di intervenire subito per impedire un attacco tanto micidiale alla libertà dei cittadini.”

Deciso è anche l’atteggiamento dell’attuale Garante che, nella nota inviata al Governo, avverte che” laddove questi emendamenti che presentano forti elementi di contrasto con le normative europee venissero approvati, porrebbero l'Autorità di fronte alla necessità di segnalazione alla Commissione europea.”

Per leggere il testo integrale dell’appello di Rodotà (ed eventualmente sottoscriverlo), cliccare qui.

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