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L’analisi del rischio incendio e i nuovi provvedimenti di prevenzione

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Prevenzione incendi

20/02/2012

Un seminario affronta il tema della valutazione del rischio incendio, anche alla luce delle novità normative. Il metodo F.R.A.M.E., l’analisi dei rischi, i punti salienti e le criticità del regolamento di riordino delle procedure di prevenzione incendi.

 
Vicenza, 20 Feb – In relazione alla prevenzione del rischio incendio nei luoghi di lavoro e alle novità normative su questo tema, ad esempio con riferimento al Decreto n. 151 del primo agosto 2011, si è tenuto a Vicenza un seminario dal titolo “Valutazione rischio incendio”.
 
Negli atti del seminario, pubblicati sul sito dell’ Ordine degli Ingegneri della Provincia di Vicenza, sono infatti presenti diversi interventi che hanno affrontato il tema dell’analisi del rischio incendio.
 
Ad esempio in “ La valutazione del rischio incendio” si ricorda che “nessuna scelta per la valutazione quantitativa del rischio è priva di elementi di arbitrarietà e può avere un valore in sé assoluto”. E la validità nell’uso di indici per il rischio “è connessa al confronto con lo stesso strumento di attività diverse che abbiano sufficiente omogeneità tra di loro (es. alberghi, uffici, centri commerciali, depositi)”. Non essendo, tra l’altro, il rischio una grandezza fisica misurabile, “qualunque definizione di rischio si adotti essa risulterà in un indice di natura probabilistica”. 
 
Nell’intervento viene in particolare presentato il metodo F.R.A.M.E. (Fire Risk Assessment Method for Engineering), sviluppato dal Dr. Erik De Smet e applicabile a singoli compartimenti di edifici civili, magazzini, attività artigianali.


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Lo scopo del metodo F.R.A.M.E. è il “raggiungimento dell’equilibrio tra il rischio, la protezione e l’esposizione. In un compartimento adeguatamente protetto, i valori di rischio risultano essere pari o inferiori a uno”.
 
In particolare utilizzando F.R.A.M.E. “è possibile incorrere in una delle diverse situazioni seguenti:
- volontà di controllare una situazione esistente senza nessun tentativo di miglioramento progettuale: il calcolo bilancerà i punti deboli e i punti forti e indicherà quanto sia lontana la situazione reale da quella ideale;
- sistema di protezione antincendio inadeguato per l’edificio (in termini di struttura, di involucro) e per le attività in esso svolte in quanto progettato esclusivamente in funzione dei requisiti volti alla garanzia della sicurezza degli occupanti”; 
- “sistema di protezione antincendio soddisfacente; le prestazioni antincendio riferite alle tipologie di elementi vulnerabili possono dirsi buone;
- sistema di protezione antincendio necessitante alcuni miglioramenti: grazie alla propria esperienza il tecnico incaricato della progettazione antincendio sarà in grado di individuare i punti deboli evidenziatisi nei calcoli; una volta definiti gli ambiti di possibile miglioramento, il nuovo calcolo determinerà il sistema di protezione antincendio maggiormente adeguato”.
 
La relazione sottolinea che il metodo “può essere utilizzato per valutare le scelte progettuali alternative piuttosto che il migliore compromesso possibile per quei casi in cui edifici obsoleti devono essere resi conformi a nuovi requisiti mediante interventi onerosi”. E in tali situazioni “risulta utile individuare il livello di protezione da ottenere effettuando una prima applicazione del metodo ipotizzando una completa aderenza ai requisiti di tipo normativo all’edificio e, successivamente, eseguire una seconda applicazione valutando le alternative possibili, al fine di poter confrontare i risultati e capire se è possibile ottenere un livello di rischio equivalente piuttosto che se si ricade in un livello inferiore”.
 
Per concludere riportiamo brevemente alcuni punti del documento “ Nuovi procedimenti di prevenzione incendi: sarà veramente una semplificazione?” scritto dall’ing. Marco Di Felice.
 
Nel documento si ricorda che il 7 ottobre 2011 è entrato in vigore il DPR n. 151 del 01/08/2011 “Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi (…)”, un DPR che ha “modificato la disciplina dei procedimenti di prevenzione incendi, introducendo importanti cambiamenti, soprattutto a carico dei tecnici progettisti e certificatori”.
 
Come già ricordato il nuovo regolamento di riordino delle procedure di prevenzione incendi - contenente anche il “nuovo elenco delle attività soggette, riveduto ed aggiornato con l’introduzione di nuove attività e l’accorpamento o soppressione di altre ormai non più rispondenti alle moderne realtà produttive” – avrebbe l’obiettivo di rendere più snello l’iter amministrativo dei Comandi provinciali dei Vigili del Fuoco. E conseguentemente  liberare risorse umane ed economiche “da dedicare ad una più incisiva azione di controllo presso le attività, con particolare riguardo a quelle a rischio più elevato”.
 
Ricordando che il regolamento suddivide in tre categorie (A, B e C) le attività soggette al controllo da parte dei Vigili del Fuoco, riportiamo alcuni dei punti del regolamento sottolineati nel documento:
- per le attività rientranti nella categoria A, “che per la loro standardizzazione non dovrebbero contenere rilevanti criticità, non è più previsto il parere preventivo da parte del Comando provinciale dei VVF”;
-  si realizza “il principio di proporzionalità che sottopone le attività a procedure differenziate sulla base del livello di rischio e dell’esistenza di regole tecniche di riferimento;
- si ufficializza “il già annunciato istituto della ‘ Segnalazione Certificata di Inizio Attività’ (SCIA) che, per la categoria A, costituisce anche l’unico atto da esperire nei confronti del Comando dei VVF;
- scompare “la vecchia perizia giurata, da prestare al cospetto del cancelliere del Tribunale, sostituita dall’asseverazione (modello PIN 2.1-2011) resa in carta semplice dal professionista”;
- il certificato di prevenzione incendi (CPI) continuerà “ad esistere solo per le attività di categoria C, uniche per le quali resterà invariata la procedura, compreso il sopralluogo finale da parte del funzionario dei Vigili del Fuoco”;
- il CPI avrà “durata quinquennale e sarà rinnovabile su presentazione di ‘Attestazione di rinnovo periodico’ con cui il titolare dell’attività dichiara l’assenza di variazione delle condizioni di sicurezza antincendio; in caso di presenza di impianti di protezione attiva è necessaria anche l’asseverazione attestante la funzionalità ed efficienza degli impianti stessi”.
 
Nel documento agli atti, che vi invitiamo a visionare, si riportano anche alcune criticità legate alle nuove procedure ed al nuovo sistema di codifica delle attività emerse e discusse in un incontro della Commissione sicurezza e prevenzione incendi dell’Ordine Ingegneri di Vicenza con il Comandante dei VVF di Vicenza.
 
Concludiamo questa presentazione segnalando le considerazioni meritevoli di specifico approfondimento riportate dall’ing. Di Felice:
- “i diesel tank (attività 12 se depositi e attività 13 se distributori) costituiscono ora attività soggetta ai controlli VVF, se di capacita >1000 litri, indipendentemente dall’attività esercitata nel sito di installazione; decade pertanto l’esenzione per le attività di azienda agricola, cava e cantiere di cui al Decreto 19/03/1990;
- attività 65 - locali di spettacolo e trattenimento sia a carattere pubblico che privato con capienza >100 persone, ovvero con superficie lorda al chiuso >200 m2; si nota che la nuova definizione fa rientrare tra le attività soggette tutti i locali (pubblici e privati) che pur avendo capienza <100 persone occupano superfici lorde >200 m2; l’escamotage spesso usato da alcuni gestori nel dichiarare una capienza ridotta viene ora vanificato; molti locali esistenti, prima non rientranti tra le attività soggette, avranno ora un anno di tempo per esperire la pratica di prevenzione incendi;
- attività 9 - officine e laboratori di saldatura con oltre 5 addetti alla mansione specifica di saldatura: la nuova definizione fa esplicito riferimento agli addetti alla mansione di saldatura e non al totale dei dipendenti o al numero di postazioni di saldatura, come era stato diversamente interpretato negli scorsi anni;
- attività 73 - edifici e complessi edilizi caratterizzati da promiscuità strutturale, vie di esodo e impiantistica (di servizio, tecnologica o antincendio) di superficie >5000 m2: per i grandi capannoni industriali divisi in porzioni ed occupati da diverse attività, sarà necessario avviare la pratica di prevenzione incendi (categoria B oppure C) per il complesso condominiale, oltre che per le eventuali singole attività;
- attività 75 - autorimesse pubbliche e private: il parametro di riferimento non è più il numero di autoveicoli ma la superficie lorda coperta (comprese quindi le corsie di manovra ed i vani accessori) dell’autorimessa stessa; agli effetti dell’assoggettabilità non è quindi più determinante la superficie specifica di parcamento”.
 
Idocumenti e le relazioni agli atti:
- “ Analisi del rischio incendio – Metodi analitici e tabellari”, a cura di DelGallo (formato PDF, 2.02 MB);
- “ La Valutazione del Rischio incendio”, a cura di Puccia (formato PDF, 1.14 MB);
- “ Nuovi procedimenti di prevenzione incendi: sarà veramente una semplificazione?”, a cura dell’ing. Marco Di Felice (formato PDF 142 kB).
 
 
 
Tiziano Menduto


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Rispondi Autore: MASSIMO ZUCCHIATTI - likes: 0
27/02/2012 (11:18:12)
Io aggiungerei (lo dicevo già prima che uscisse il DPR 151 leggendo le bozze del decreto...):
ma siamo sicuri che oltre a NON essere una semplificazione...sia anche un "risparmio" per le aziende ??
Lo stato fa risparmiare qualche centinaio di euro alle imprese su domande e scartoffie...ma poi , viste le numerose certificazioni richieste a consulenti e progettisti, collaudatori, verificatori, certificatori ecc.ecc..., le parcelle sono aumentate sicuramente più del rispsrmio di qualche domanda in meno...ma dove sta il risparmio ?
Io credo (pur facendo questo lavoro con passione) che il business sulla sicurezza "oscuri" la sicurezza stessa ...se pensiamo solamente all'accordo stato regioni sulla formazione ci renderemo conto che con un "accordo" si apre un "mercato" di miliardi di euro per formazioni che (secondo il mio parere personalissimo) sono: ridondanti, esagerate, "pallose" e (sempre secondo me) controproducenti facendo fare 8..12 ore di media a tutti i lavoratori italiani (circa 22 milioni secondo ISTAT ...diciamo 20 milioni...) si faranno circa 200 milioni di ore di formazione con un costo di circa 50 euro/ora (sicuramente costo errato in difetto) parliamo di un "giro d'affari" di 10 miliardi di euro ! ma poi siamo sicuri che servano tutte queste ore (penso solo al settore scuola dove mi interesso e penso alle 12 ore/insegnante o 12/ore per un bidello/collab.scolastico...chi le pagherà poi visto il milione di insegnanti + ATA ...LO STATO? CIOE' IO CHE PAGO LE TASSE... e anche voi che leggete ?)...meditate gente ...meditate (meditiamo insieme)

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