Sulla responsabilità per una caduta da un ponteggio in fase di allestimento
È responsabile il datore di lavoro dell’infortunio accaduto a un proprio lavoratore dipendente caduto da un ponteggio in fase di allestimento risultato privo delle protezioni di sicurezza se ha disubbidito all’ordine impartitogli di non salirvi? Nella convinzione che non avesse tale responsabilità un datore di lavoro ha ricorso alla Corte di Cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza di condanna per lesioni gravi inflittagli nei due primi gradi di giudizio.
Non si è detta d’accordo la suprema Corte di Cassazione che, nel rigettare il ricorso ritenendo infondate le motivazioni dallo stesso avanzate, ha ritenuto essere privo di efficacia il rilievo difensivo secondo il quale il ponteggio era in fase di allestimento e secondo il quale il lavoratore non avesse adempiuto all'ordine impartitogli dal datore di lavoro di non salirvi. Del resto, ha sostenuto la suprema Corte e come osservato dai giudici di merito nella loro condivisibile motivazione, anche a volere aderire alla prospettazione difensiva, l'eventuale condotta colposa del lavoratore infortunato, secondo un orientamento costante in materia di infortuni sul lavoro, non può assurgere a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore presenti i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità e dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute.
Il fatto, l’iter giudiziario, il ricorso per cassazione e le motivazioni
La Corte di Appello ha confermato la pronuncia del Tribunale con cui il titolare di un’impresa, ritenuto, quale datore di lavoro, responsabile del delitto di lesioni colpose commesse con violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, è stato condannato alla pena di un mese e dieci giorni di reclusione per l'infortunio occorso a un operaio dipendente durante i lavori di ristrutturazione di un immobile. Il manovale, issatosi sul ponteggio, è caduto dall'impalcatura la quale, sulla base degli accertamenti effettuati dall'ASL, è risultata priva di parapetti, correnti, cancelletti e tavole fermapiede. In seguito alla caduta l’infortunato ha riportato lesioni gravi con prognosi superiore a 40 giorni.
Avverso la pronuncia di condanna ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del difensore, affidando le proprie deduzioni ai seguenti motivi:
- Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla sussistenza del reato ed alla sua riferibilità.
- Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento al diniego di applicazione della pena concordata con il P.M. ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale, richiesta subordinata alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena;
- Vizio della motivazione con riferimento al diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sull'aggravante, al mancato riconoscimento della pena nel minimo edittale e del beneficio della non menzione della condanna;
- Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento al rigetto della richiesta di conversione della sanzione detentiva nella corrispondente sanzione pecuniaria ai sensi dell'art. 53 e seguenti della legge 689/81 e 133 del codice penale.
Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso e la difesa dell'imputato ha depositato apposita memoria contenente deduzioni di risposta alle argomentazioni del ricorrente e ha allegato il suo certificato penale, insistendo nell'accoglimento del ricorso.
Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione
Il primo motivo di ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato dalla Corte di Cassazione. Secondo la stessa la Corte di merito aveva offerto una logica spiegazione in ordine alle cause dell'infortunio, mettendo in rilievo, sulla base degli elementi acquisiti, puntualmente illustrati in motivazione, come il lavoratore fosse precipitato dal ponteggio allestito nel cantiere in cui operava la società di cui il ricorrente, datore di lavoro dell'infortunato, era il legale rappresentante.
La stessa Corte territoriale, ha sottolineato la Sezione IV, prendendo le mosse da tale causa, aveva evidenziato, come aveva già fatto il primo giudice, che il ponteggio era stato allestito in assenza dei necessari accorgimenti volti ad impedire cadute dall'alto, imposti dalle disposizioni del T.U. sulla sicurezza richiamate in contestazione. Il ponteggio, infatti, si presentava privo di parapetti, correnti, cancelletti e tavole fermapiede per cui la Corte territoriale aveva ricondotto alla responsabilità dell'imputato l'infortunio occorso al dipendente, avendo omesso il datore di lavoro di assicurare che le attività in quota, alle quali era stato evidentemente adibito il lavoratore, si svolgessero in condizioni di sicurezza.
L'assunto dei giudici di merito, ha precisato la Sezione IV, è risultato corretto e conforme ai principi più volte affermati dalla Corte di legittimità in plurime pronunce riguardanti casi analoghi; privo di efficacia altresì è stato ritenuto dalla stessa il rilievo difensivo secondo il quale il ponteggio era in fase di allestimento ed il lavoratore non aveva adempiuto all'ordine impartito dal datore di lavoro di non salirvi. Come osservato dai giudici di merito, ha inoltre sottolineato la suprema Corte, anche a volere aderire alla prospettazione difensiva, secondo un orientamento costante in materia di infortuni sul lavoro “l'eventuale condotta colposa del lavoratore infortunato non può assurgere a causa sopravvenuta, da sola sufficiente a produrre l'evento, quando sia comunque riconducibile all'area di rischio propria della lavorazione svolta”: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore presenti i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità e dell'esorbitanza rispetto al procedi mento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute.
A ciò si deve aggiungersi, ha evidenziato ancora la suprema Corte, che “la condotta imprudente o negligente del lavoratore, in presenza di evidenti criticità del sistema di sicurezza approntato dal datore di lavoro, non potrà mai spiegare alcuna efficacia esimente in favore dei soggetti destinatari degli obblighi di sicurezza e garanti dell'incolumità dei lavoratori”. Ciò in quanto tali disposizioni, secondo orientamento conforme della giurisprudenza della Corte di legittimità, sono dirette a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua colpa, dovendo il datore di lavoro prevedere ed evitare prassi di lavoro non corrette e foriere di eventuali pericoli.
Infondata è stata poi ritenuta dalla Corte di Cassazione la motivazione legata alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato penale non potendo lo stesso essere concesso nel caso di tre precedenti condanne e risultando invece dall'acquisito certificato del casellario giudiziale la presenza di quattro precedenti condanne dell'imputato. Quanto al terzo motivo di ricorso, ha precisato la Sezione IV, relativo al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, la Corte di Appello, facendo buon governo dei principi stabiliti in merito dalla giurisprudenza, ha ritenuto l'imputato non meritevole del beneficio invocato, considerata la gravità del fatto in ragione delle numerose violazioni riscontrate alla normativa in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro e dell'entità del danno cagionato alla vittima.
La stessa motivazione è stata infine validamente estesa alla decisione di non accogliere la richiesta di non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale potendosi ritenere implicite le ragioni del diniego nella motivazione con cui il giudice ha negato le stesse circostanze attenuanti generiche richiamando profili di pericolosità del comportamento dell'imputato. Del pari infondato, in conclusione, è stato ritenuto il quarto motivo riguardante il mancato accoglimento della richiesta di conversione della pena detentiva nella corrispondente sanzione pecuniaria, essendo tale decisione rientrante nell’apprezzamento discrezionale demandato al giudice e non potendo essere censurata in sede di legittimità.
Al rigetto del ricorso è quindi conseguita la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Gerardo Porreca
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