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Come favorire un corretto sviluppo della tecnologia e della digitalizzazione?

Come favorire un corretto sviluppo della tecnologia e della digitalizzazione?
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Nuove tecnologie

30/05/2023

Quali sono le opportunità, i rischi e le resistenze alle nuove tecnologie? Come valutare e affrontare i rischi? Come gestire i cambiamenti? Ne parliamo con Cinzia Frascheri, responsabile salute e sicurezza Cisl.

Brescia, 30 Mag – Come più volte ricordato nei nostri articoli e come anticipato nel “ Quadro strategico in materia di salute e sicurezza sul lavoro 2021-2027” della Commissione Europea, la nuova campagna 2023-2025 ‘Ambienti di lavoro sani e sicuri’, promossa dall'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro ( EU-OSHA), avrà l’obiettivo di creare un futuro digitale sicuro e sano, per aziende e lavoratori, partendo dalle opportunità e dai possibili rischi connessi all’evoluzione tecnologica e alla transizione digitale in atto nel mondo del lavoro.

 

Benchè la campagna “ Sicurezza e Salute sul lavoro nell’era digitale” debba essere ancora ufficialmente avviata (lo sarà ad ottobre), è indubbio che uno dei suoi temi portanti sarà quello di anticipare e gestire i cambiamenti in atto con riferimento, chiaramente, ai temi della salute e sicurezza.

E proprio perché per anticipare le future sfide e necessario prima conoscere i problemi e l’impatto delle tecnologie, come PuntoSicuro abbiamo presentato in questi mesi molti documenti sul tema, per lo più pubblicati dall’Agenzia europea, e realizzato anche diverse interviste di approfondimento, ad esempio con riferimento specifico ai dispositivi IoT e ai cosiddetti esoscheletri occupazionali.

 

Con l’intervista che pubblichiamo oggi cerchiamo, invece, di raccogliere utili riflessioni su come sia possibile gestire i cambiamenti nel mondo del lavoro.

 

Per farlo abbiamo posto alcune domande a Cinzia Frascheri, giuslavorista e Responsabile nazionale Cisl Salute e Sicurezza sul Lavoro, che di questi temi si è occupata attraverso la pubblicazione di un libro e che ha fatto parte della Commissione tecnica dell’UNI (Ente di Normazione Italiano) che ha redatto il Rapporto Tecnico (TR/UNI 11858) sulle specifiche tecniche, organizzative e di tutela relative ai Dispositivi di Protezione Individuale in ottica di Internet of Things ( DPI-IoT).

L’intervista non solo mostra le resistenze e i ritardi nell’applicazione delle nuove tecnologie, ma indica anche l’importanza e necessità di trovare idonee forme di valutazione dei nuovi rischi.

 

 

Quali sono gli aspetti di maggior impatto, sul fronte delle opportunità e spinte positive per la salute e sicurezza sul lavoro?

Ci sono resistenze e barriere nelle aziende o tra gli stessi lavoratori?

Quali sono a suo parere i rischi più importanti? E come valutarli e affrontarli correttamente?

Cosa pensa della diffusione nel mondo del lavoro dell’Intelligenza Artificiale (IA)?

Che ne pensa delle preoccupazioni per una eventuale “supremazia delle macchine” e per la nascita di future forme di discriminazione?

Come gestire i cambiamenti connessi agli impatti ed effetti dell’uso delle nuove tecnologie nel mondo del lavoro?

 

Questi gli argomenti affrontati nell’intervista:


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Le nuove tecnologie, le opportunità e le resistenze al cambiamento

Le innovazioni tecnologiche, la transizione digitale e l’Intelligenza Artificiale, stanno irrompendo nei processi produttivi e lei si è occupata, anche attraverso una recente pubblicazione, delle tutele della salute e sicurezza nelle nuove tecnologie e nella transizione digitale. Quali sono, a suo parere, gli aspetti di maggior impatto, sul fronte delle opportunità e spinte positive per la salute e sicurezza sul lavoro?

 

Cinzia Frascheri: Ad oggi è assolutamente corretto parlare di opportunità e spinte positive guardando all’introduzione delle innovazioni tecnologiche e digitali nei processi produttivi. Se tale tendenza è ormai evidente essersi avviata anche nel nostro Paese, non si può, al contempo, negare che è più l’attenzione che si è sviluppata al complessivo fenomeno (favorita dai media, sostenuta dalla ricerca e veicolata dai social), che quanto concretamente sta avvenendo nel nostro sistema produttivo. Contesto che, a prescindere da alcuni interventi mirati a favore della prevenzione in grandi realtà lavorative, essendo maggiormente costituito da piccole e medie imprese, meno immediatamente capaci (anche per problemi contingenti, già solo economici) di cogliere i cambiamenti, non si mostra incline e permeabile a quanto il progresso può apportare.

Un ritardo di re-azione che se non verrà colmato in breve creerà un gap sul fronte concorrenziale, nell’ambito dei mercati globali, de parte delle nostre imprese, a partire dalle valutazioni sul livello di prevenzione e protezione garantito agli occupati.

 

E’ per questo che ritengo il punto centrale sia proprio rappresentato da quanto indicato a priorità tra gli interventi da porre in campo, da parte della Strategia europea su salute e sicurezza sul lavoro 2021-2027, riferendosi al dover “gestire il cambiamento” - tema di cui mi sono occupata nella pubblicazione – considerata l’importanza di favorire lo sviluppo della tecnologia e della digitalizzazione, sapendone stimolare e cogliere gli effetti positivi (in particolare a favore delle tutele in ambito lavorativo), ma governandone sempre i processi, ponendo il progresso a favore dell’uomo, evitando dinamiche opposte (già, in alcuni casi, resesi evidenti, al punto di divenire oggetto di giurisprudenza di merito e legittimità, essendosi verificati eventi di danno).

 

Prima di affrontare anche i rischi e le sfide connesse a questi cambiamenti, ci sono, a suo parere, anche resistenze e barriere nelle aziende o tra gli stessi lavoratori?

 

C.F.: Ogni processo di grande cambiamento necessita una fase, più o meno lunga, di accompagnamento. Quando questo non avviene, o la velocità e complessità del progresso è tanto più rapida della capacità e dell’adeguatezza dei mezzi di comprensione e adattamento che si hanno a disposizione, inevitabilmente vengono a crearsi resistenze e ad erigersi barriere che, comunque, non hanno un valore riconducibile ad un “contro” – come nel caso specifico delle innovazioni tecnologiche e digitali, non intendendo porre un contrasto alla modernizzazione e al progresso – ma che di certo richiedono, per consentire il superamento, consistenti interventi, non solo diversificati e mirati, verso contesti e soggetti diversi, ma supportati da investimenti, in termini di tempo, risorse economiche ed elevato expertise.

 

È evidente che l’adagio popolare del “non lasciare la via vecchia per la nuova”, sul piano teorico-concettuale, non si dovrebbe applicare guardando alle nuove tecnologie e alle evoluzioni determinate dalla digitalizzazione. Tuttavia, nella portata a terra di tali processi e, pertanto, nell’introduzione e applicazione concreta ed operativa di questi nei contesti lavorativi (anche quando a favore di un innalzamento delle tutele), è evidente che, seppur per ragioni diverse sia sul fronte delle aziende che da parte dei lavoratori, si creino riserve verso una disponibilità incondizionata piena e totale, anche solo volendo comprendere gli eventuali equilibri, tra aspetti positivi e limiti, in gioco. Dinamiche che, però, se richiedono tempo, di contro, valutati gli effetti positivi che si vanno ogni giorno perdendo (vedi una maggiore prevenzione garantita dalle nuove tecnologie), si traducono in ritardi che non dovrebbero essere da nessuno più consentiti, ancor più quando di tratta di salute e vite umane.

 

Le nuove tecnologie, i nuovi rischi e le nuove forme di valutazione

Veniamo ad affrontare i rischi possibili delle nuove tecnologie, tema tra l’altro più volte trattato anche dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro. Quali sono i rischi più rilevanti? E come valutarli e affrontarli correttamente?

 

C.F.: Al di là del riferimento che Lei fa a quanto indicato sul tema dall’Agenzia europea (EU-OSHA), in specifico per il biennio 2023-2025, che sicuramente costituisce un contributo importante in termini di analisi e approfondimento, sul rapporto tra salute e sicurezza sul lavoro e digitalizzazione - sui diversi fronti, dal livello internazionale a quello nostro nazionale - la produzione di documentazione è già ampia ed esaustiva. Ma sappiamo bene che per poter fronteggiare i rischi, individuando soluzioni adeguate, occorre svolgere valutazioni perimetrate, tenendo conto di una serie di criteri e variabili che richiedono non analisi generali (ancor meno generiche), ma sicuramente, come amo dire io, di taglio “sartoriale”, determinando così interventi prevenzionali e di protezione (almeno potenzialmente) efficaci.

 

Parlare così di rischi determinati dalle nuove tecnologie, se può rappresentare un campo largo sul quale sviluppare ragionamenti e panoramiche utili per delineare obiettivi e percorsi importanti per tutti, tuttavia richiede di distinguere di quali “nuove tecnologie” si intende parlare e, di conseguenza, quali rischi/vantaggi dall’applicazione di queste possono derivare.

 

Differente sarà, difatti, la valutazione di rischio riferendoci, ad esempio, al lavoro su piattaforma digitale (con una diversificazione infinita anche all’interno di questa), da quella svolta nei riguardi dell’utilizzo della robotica avanzata, come anche nel caso di adozione di sistemi, strumenti, dispositivi di protezione tecnologici volti alla prevenzione o al contenimento del rischio, ed ancor più, nei casi di spersonalizzazione dei ruoli di comando ed organizzazione affidati a “sistemi esperti o intelligenti”, quali gli algoritmi utilizzati dall’IA, fino alle tecnologie a supporto delle minorazioni fisiche e psicologiche, volte a favorire reinserimenti lavorativi, valorizzando e potenziando le abilità residue. Perché a fronte di importanti tutele occorre tenere conto, valutandone gli impatti e le conseguenze, gli effetti non secondari che possono crearsi sul fronte psico-fisico, ma non meno inerenti il rapporto contrattuale.

 

Se, pertanto, lo sviluppo delle tecnologie digitali in ambito aziendale a scopo prevenzionale, quali ad esempio, la robotica collaborativa avanzata (cobot), l’Internet delle cose (IoT), i dispositivi indossabili (wereable), stanno cambiando la natura, l’ubicazione, le prestazioni lavorative, e cosi, i tempi e le modalità di organizzazione e gestione delle attività lavorative, nuovi (potenziali) rischi e, pertanto, nuove forme di valutazione di questi (tra cui la misurazione delle resilienza organizzativa), devono divenire oggetto di studio e regolamentazione a base partecipata, per cogliere a pieno le opportunità di miglioramento, superare i limiti e abbattere gli ostacoli e le diffidenze.

 

Le nuove tecnologie, l’intelligenza artificiale e la gestione del cambiamento

Cosa pensa della diffusione nel mondo del lavoro, anche in relazione ai più recenti sviluppi, dell’Intelligenza Artificiale (IA)? Quali potrebbero essere, in questo caso, i principali vantaggi e svantaggi non solo per la sicurezza ma anche per l’occupazione?

 

C.F.: Come non esiste una definizione unica e onnicomprensiva dell’IA, così non la si può ricondurre, ridurre o costringere in elenchi esaustivi di applicazioni, strumentazioni, sistemi, tecnologie che la utilizzano. Per questo, occorre non pronunciare valutazioni e giudizi complessivi, ma è necessario approcciarvisi ponendo l’attenzione specifica per ciascun utilizzo che viene fatto dell’IA, nello specifico, in ambito lavorativo, anche se ormai è presente (spesso in modo non consapevole da parte di chi ne subisce gli effetti) in moltissimi processi che riguardano il nostro vivere quotidiano. Processi nei quali troppo spesso ciascuno di noi pensa di essere il gestore unico e autonomo delle proprie scelte, quando invece ne è solo una pedina di una immensa scacchiera mossa da altri/altro.

E’, difatti, quanto mai necessario che si sviluppino forme diverse di informazione/formazione a tutti i livelli ed, al contempo, si rafforzino le reti di tutela, aumentando la regolamentazione dei diritti, in particolare, ma non solo, in campo occupazionale, puntando a salvaguardare il principio cardine e fondamentale, del diritto al lavoro, ma del diritto ad un lavoro dignitoso, che, pertanto, parte dal rispetto della persona e dalla sua libertà (all’interno di un sistema di regole giuste, corrette e trasparenti, già solo all’insegna delle disposizioni dettate in tema di tutela della privacy).

 

In relazione all’uso dell’Intelligenza artificiale e degli algoritmi nel mondo del lavoro qualcuno ha ipotizzato rischi di una “supremazia delle macchine” e di nuove forme di discriminazione o di “schiavitù”. Lei che ne pensa?

 

C.F.: Sono i fatti che già ci danno un ritorno concreto dei rischi (purtroppo, dei danni) e delle urgenze da fronteggiare. Non è certo grazie alla lettera di Elon Musk, e di altri mille sottoscrittori, tra scienziati, ricercatori e manager visionari, come lui, che l’allarme sui pericoli di una possibile imminente nuova schiavitù dell’uomo determinata da uno sviluppo incontrollato dell’IA è divenuto reale. Certo è che quanto scritto nella lettera, parlando di una “umanità che non sembra già più in grado di controllare le conseguenze e la potenza distruttiva” di ciò che la tecnologia sta producendo in termini di processi di machine learning e, pertanto, di algoritmi intelligenti - in apprendimento costante e generativo, in grado di divenire sempre più autonomi e di interagire con le persone, utilizzando modalità e processi cognitivi pari agli umani - ha scosso le coscienze e richiamato l’attenzione e la consapevolezza di dover regolare e ricondurre in argini chiari e saldi la velocità del progresso.

 

In questo, quanto fatto il 29 marzo 2023 dal nostro Garante della privacy, in termini di limitazione e regolazione di una particolare applicazione basata sull’IA, è sicuramente un significativo segnale di reazione. Conferme che anche dalla giurisprudenza stanno giungendo puntuali e forti attraverso condanne per utilizzo di sistemi di IA nella gestione di fasi determinanti del rapporto di lavoro, risultati non solo non equi, ma gravemente discriminanti.

 

Immagino che per “gestire i cambiamenti” sia necessaria una gestione preventiva in azienda degli impatti ed effetti dell’uso delle nuove tecnologie. Come realizzare questa gestione preventiva? Servirà un modello partecipativo per gestirne al meglio l’evoluzione?

 

C.F.: Se il processo di innovazione tecnologica e transizione digitale è in atto (promosso e sostenuto anche dalla spinta che proviene da PNRR che l’ha posto tra i punti cardine) - dovendo gestire il cambiamento mentre si sviluppa, per non subirne le conseguenze, ma governando le fasi di evoluzione - è fondamentale dotarsi di conoscenze, competenze e capacità di intervento tali da consentire, non solo la difesa dei propri diritti, ma una gestione consapevole e tale da consentire scelte libere, determinando il proprio, anche solo imminente, futuro.

Questo come persone, questo soprattutto nell’esercizio dei diversi ruoli che ciascuno ricopre nell’ambito lavorativo, dai prestatori di lavoro alle figure apicali, alle funzioni di rappresentanza.

 

Potendo contare su di un apparato normativo indubbiamente adeguato, aggiornato ed esaustivo (per quanto la capacità profetica del legislatore non sempre è in grado di anticipare le evoluzioni e la velocità della tecnologia), va sicuramente sottolineato quanto ad oggi su questi temi il novellato Statuto dei lavoratori, letto in combinato disposto con quanto previsto dal Codice privacy, rappresenti “ancora” una garanzia a favore delle tutele in ambito lavorativo.

 

Indispensabile, però, anche su questi temi, il ruolo del sindacato, già previsto difatti nello Statuto dei lavoratori, ma rafforzatosi nel tempo, secondo un modello partecipativo (a partire dall’ambito delle tutele della salute e sicurezza sul lavoro, ma non meno nei diritti di privacy), rendendo sempre più centrale e necessaria la contrattazione di secondo livello e il ruolo della rappresentanza “di prossimità”, facendo dell’azione negoziale, regolativa e delle diverse forme di collaborazione nei posti di lavoro, le vie da perseguire e percorrere per rendere agito l’obiettivo cardine che mira a riaffermare la centralità della persona nel lavoro, oggi priorità perseguita anche da quanto previsto da Industria 5.0 (human centric approach).

 

Per questo ho ritenuto utile approfondire il tema e cercare di offrire uno strumento utile per chi è chiamato a diverso titolo ad operare in azienda, nel quadro complesso di una modernizzazione incalzante, e non necessariamente “solo amica”.

 

 

 

Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto

 

 

Scarica un documento citato nell’intervista:

Commissione Europea - Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Quadro strategico dell'UE in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021-2027 - Sicurezza e salute sul lavoro in un mondo del lavoro in evoluzione – SWD 2021.

 


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