D.Lgs. 81/2008: la difficile applicazione ai lavoratori non standard
Roma, 5 Mar – Sono ormai diversi anni che riguardo al Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 in materia di salute e sicurezza sul lavoro sono richieste da più parti modifiche più o meno sostanziose o, in alcuni casi, anche un più semplice “affinamento”, per adattare la norma alla realtà odierna del mondo del lavoro.
Tuttavia per capire cosa modificare e correggere è necessario rilevare prima, con l’esperienza di dieci anni di applicazione, le principali criticità della normativa. E per farlo possiamo fare riferimento ad una relazione di Paolo Pascucci - Professore ordinario di Diritto del lavoro nell’ Università di Urbino “Carlo Bo” e presidente dell'Osservatorio Olympus – al Seminario Nazionale Avvocati INAIL dal titolo “Salute e sicurezza sul lavoro a dieci anni dal D.Lgs. n. 81/2008. Tutele universali e nuovi strumenti regolativi” (Roma, 12-14 dicembre 2018).
L’ambito soggettivo di applicazione del D.Lgs. 81/2008
Nella relazione dal titolo "Salute e sicurezza sul lavoro a dieci anni dal D.Lgs. n. 81/2008. Tutele universali e nuovi strumenti regolativi " il Prof. Pascucci non solo racconta la storia, la genesi del d.lgs. n. 81/2008 ma si sofferma anche su alcuni ritardi applicativi e su alcuni elementi che rendono “indifferibile un intervento del legislatore che, senza stravolgere l’impianto e la filosofia regolativa del d.lgs. n. 81/2008, consenta di portare a più completa maturazione alcune intuizioni del suo originario disegno regolativo”.
Se in un precedente articolo, sempre con riferimento alla relazione del Prof. Pascucci, abbiamo parlato delle criticità relative all’ambito oggettivo di applicazione e al sistema istituzionale per governare le politiche della prevenzione, ci soffermiamo ora su quanto indicato in merito ai problemi correlati all’ambito soggettivo di applicazione, ai soggetti a cui si applica quanto stabilito dal Testo Unico (“Unico Testo Normativo”) in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Riguardo a questo specifico aspetto il relatore si chiede “se la portata innovativa e lungimirante della definizione universalistica di ‘lavoratore’ accolta dal d.lgs. n. 81/2008 non rischi di essere in parte sminuita dalle specifiche declinazioni regolative relative ad alcune tipologie contrattuali, come la somministrazione, il lavoro parasubordinato o finanche il lavoro autonomo”. Infatti, al di là di alcuni aggiustamenti possibili, “non è agevole applicare senza adattamenti ai lavoratori non standard la disciplina applicabile al lavoratore subordinato standard”.
I contratti di lavoro flessibili e il lavoro occasionale
In particolare nel caso dei contratti di lavoro flessibile tali adattamenti “debbono riguardare non tanto la quantità di tutela applicabile, quanto la qualità della stessa, la quale deve necessariamente tenere conto della principale differenza tra tali contratti e quelli standard, consistente nella diversa contestualizzazione, negli uni e negli altri, del lavoratore nell’ambito dell’organizzazione aziendale. Dunque, piuttosto che estendere ai lavoratori flessibili le tutele dei lavoratori stabili occorrerebbe prevedere specifiche misure di protezione in ragione della discontinuità e frammentazione dei cosiddetti nuovi lavori”.
Inoltre qualche adattamento andrebbe apportato anche “sia alla disciplina del lavoro occasionale, interessato dalla discutibile vicenda normativa dei voucher, sia alle equiparazioni al lavoratore, svincolando queste ultime da riferimenti a norme spesso obsolete e riconducendole sotto l’egida di concetti generali (es. tirocinanti, lavoratori socialmente utili)”.
Le regole che seguono il lavoratore
Una ulteriore riflessione riguarda poi il rilievo assunto dal luogo di lavoro ai fini dell’applicazione della disciplina di tutela della salute e sicurezza.
Una evidente traccia “si rinviene nella previsione dell’estensione di tale disciplina al lavoro parasubordinato solo a condizione che la prestazione sia resa nel luogo di lavoro del committente”.
Tuttavia sono emersi ormai nuovi lavori “sempre più sganciati dal rilievo di uno stabile luogo fisico”. E ciò induce a valutare l’opportunità di “modulare la tutela tenendo conto che sempre più spesso la prestazione viene eseguita in più luoghi non necessariamente deputati esclusivamente al lavoro o che assumono la dimensione di luogo di lavoro solo perché le modalità della prestazione consentono di svolgerla pressoché ovunque, a prescindere dal fatto che tali luoghi siano nati per accogliere lavoro”.
In questo senso “se l’informatizzazione e le nuove tecnologie permettono tutto ciò è allora evidente che può sfumare l’equazione ‘organizzazione-luogo di lavoro’”: l’organizzazione nel cui ambito il lavoratore svolge la propria attività deve essere intesa “soprattutto come l’insieme delle regole mediante le quali si realizza il progetto produttivo del datore di lavoro o del committente, e non più soltanto come entità fisica corrispondente ad un luogo”.
Insomma c’è l’esigenza di pensare a “regole di sicurezza capaci di ‘seguire’ il lavoratore e non più tarate solo su di un luogo fisico determinato”.
E per dirla sinteticamente – continua Paolo Pascuccio – bisogna parlare della “sicurezza dei lavoratori” più che della “sicurezza nei luoghi di lavoro”.
La fase della formazione
Sempre in relazione all’ambito soggettivo e alla necessità delle imprese, per la crescente competizione cui sono sottoposte, “di disporre in modo flessibile di lavoratori capaci di rispondere immediatamente alle mutevoli esigenze produttive”, si pone poi “un’altra questione che non può essere più elusa”. Come conciliare questa esigenza con una effettiva tutela della sicurezza sul lavoro?
In termini più espliciti – continua il relatore – “siamo davvero sicuri che il lavoratore a termine o somministrato possa essere immediatamente adibito – come richiede l’impresa – alla mansione richiesta in quanto sufficientemente ed adeguatamente formato in termini di sicurezza come richiede l’art. 37 del d.lgs. n. 81/2008? Non sarà che di fronte alle esigenze produttive just in time la sicurezza sul lavoro stia diventando un lusso, come qualcuno paventò qualche anno fa da un autorevole scranno ministeriale? E non sarà che i compromessi con cui finora si è tentato di contemperare esigenze apparentemente inconciliabili – la immediata produttività e la sicurezza – come ad esempio la discutibile previsione contenuta in una fonte inter-istituzionale della possibile dilazione dei tempi per completare la formazione ove non sia possibile provvedere altrimenti rischino di svuotare di significato la lungimirante definizione di formazione accolta dal d.lgs. n. 81/2008 ed il precetto che ad essa è correlato”?
E, in definitiva, per evitare questo rischio bisogna prendere sul serio “tanto la ripartizione dei compiti tra agenzia fornitrice ed utilizzatore nel caso della somministrazione, quanto, in senso più ampio, l’ipotesi di affidare la fase della formazione generale a momenti prodromici alla costituzione del rapporto di lavoro, concentrando l’attenzione dell’azienda sulla formazione specifica e sull’addestramento”.
E non bisogna trascurare – conclude il Prof. Pascucci a proposito delle criticità relative all’ambito soggettivo di applicazione del d.lgs. n. 81/2008 – che la questione riguarda non solo i lavoratori temporanei nel settore privato, “ma anche quelli che operano nelle pubbliche amministrazioni, siano i supplenti delle scuole o il personale precario degli ospedali”.
Rimandando ad una lettura integrale del corposo intervento del Prof. Pascucci, ricordiamo che riguardo alle criticità del Testo Unico il relatore si sofferma anche su:
- l’ambito oggettivo di applicazione;
- il sistema istituzionale;
- questioni relative al sistema di prevenzione aziendale.
E l’intervento propone anche alcune considerazioni sul rapporto tra le recenti riforme del lavoro e la sicurezza sul lavoro.
Tiziano Menduto
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
" Dopo il d.lgs. 81/2008: salute e sicurezza in un decennio di riforme del diritto del lavoro", a cura di Professore ordinario di Diritto del lavoro nell’ Università di Urbino “Carlo Bo” e presidente dell'Osservatorio Olympus, intervento al Seminario Nazionale Avvocati INAIL “Salute e sicurezza sul lavoro a dieci anni dal D.Lgs. n. 81/2008. Tutele universali e nuovi strumenti regolativi” (formato PDF, 228 kB).
Scarica la normativa di riferimento:
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Rispondi Autore: A CARNOVALI - likes: 0 | 06/03/2019 (09:06:09) |
Buongiorno, rinnovo un quesito già posto alcuni giorni fa: quale tipo di formazione ed informazione (ed eventualmente di sorveglianza sanitaria) devono essere riservate a coloro che svolgono attività di lavori per un tempo molto limitato (per es. socialmente utili, stagisti ecc.) presso una Residenza Sanitaria Assistenziale. Premesso che tutti i lavoratori sono formati ed informati in attuazione dell’accordo Stato Regioni del 21 dicembre 2011 e le sue successive modifiche, sembra eccessiva una formazione generale di 4 ore oltre a quella per i rischi specifici di 4,8 o 12 ore per soggetti che dovranno essere presenti non più di 30/40 ore complessive. E' prevista qualche norma diversa? grazie |
Rispondi Autore: Sergio Misuri - likes: 0 | 06/03/2019 (11:01:03) |
Giustissima osservazione. Non mi risulta alcuna norma utili per l'argomento proposto. Ma potrebbero essere utili le metodologie utilizzate da grandi Aziende per l'informazione e l'allerta molto specifiche per le particolari situazioni. Trattasi dei Flash pre-jobs safety meeting di pochissimi minuti. Ovviamente tali metodologie devono essere riviste e adattate alla realtà delle PMI e delle piccole organizzazioni, possibilmente coadiuvate da semplici sistemi di digitalizzazione, per eliminare la burocrazia correlata, che risulterebbe insostenibile. Abbiamo attivato diverse esperienze utilizzando un sistema che abbiamo denominato Smart safety 4.0 di allerta "ad personam, ad hoc, qui e ora", che, utilizzando specifiche checklist, permette, ad ogni singolo operatore (o squadra dli lavoro) di essere allertato circa le operazioni che deve svolgere nell'immediato e sull'uso sicuro delle attrezzature che sta per utilizzare. Essendo interventi di 2-3 minuti ciascuno, possono essere svolti dal Preposto, o addirittura dal singolo Lavoratore in solitario, anche con ridondanza, lasciando traccia inconfutabile su cosa è stato segnalato, a chi, da chi, dove e quando. Questo non garantisce l'eliminazione dei rischi, ma sicuramente riduce i rischi correlati ai comportamenti e può essere una forte forma di attenuazione delle responsabilità del Datore di Lavoro e dei Preposti. |
Rispondi Autore: Giampaolo Meotti - likes: 0 | 09/03/2019 (11:23:58) |
Nell'intervento del Prof. Pascucci quando parla di "ambito di applicazione" dovrebbe innanzi tutto rilevare che da oltre 10 anni manca il Decreto attuativo previsto dall'art. 3 che dovrebbe evidenziare "per i mezzi di trasporto aerei…(sic)...le disposizioni sono applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato". Questa carenza crea problemi al personale di volo in merito all'idoneità al volo e a quella alla mansione, che sono la stessa cosa. Mi piacerebbe dialogare col professore per informarlo su di un mondo (Trasporto aereo) sconosciuto ai più. Com.te Giampaolo Meotti |
Rispondi Autore: nicolino serratore - likes: 0 | 07/06/2019 (08:14:19) |
sono 10 anni che manca il decreto |
Rispondi Autore: Giampaolo Meotti - likes: 0 | 07/06/2019 (11:14:25) |
Ancora il Prof. Pascucci non ha risposto al problema da me sollevato su: "Idoneità al volo e Idoneità alla mansione" che in attesa Decreto attuativo ritengo siano la stessa cosa, una distrazione semantica. Se il Prof. ha la curiosità di conoscere il mondo del Trasporto aereo e dei suoi rischi sono disponibile a dialogare per approfondire e farci conoscere al mondo del lavoro italiano. |
Rispondi Autore: GIAN LUCA BELIBANI - likes: 0 | 06/11/2019 (10:30:42) |
molto interessante |