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Movimentazione manuale: la norma UNI ISO 11228-2

Movimentazione manuale: la norma UNI ISO 11228-2

Autore:

Categoria: Movimentazione carichi

31/03/2017

Valutare e caratterizzare i rischi connessi ad attività di traino e spinta svolte da un lavoratore adulto in posizione eretta, che applica la forza con entrambe le mani per muovere un oggetto.


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Pubblichiamo un approfondimento sulla  norma “UNI ISO 11228-2 Ergonomia - Movimentazione manuale - Parte 2: Spinta e traino”, a cura di a cura di Contarp, autori: Francesco Nappi, Diego Rughi.

 
 

LA NORMA UNI ISO 11228-2

Premessa

La norma UNI ISO 11228-2 consente di valutare e caratterizzare i rischi connessi ad attività di traino e spinta svolte da un lavoratore adulto in posizione eretta, che applica la forza con entrambe le mani per muovere (o arrestare) un oggetto (generalmente un carrello). Il protocollo prevede la valutazione del rischio secondo gradi di approfondimento successivi, attraverso i quali si procede:

1. all’identificazione dei pericoli (forza, postura, distanza percorsa, caratteristiche dell’oggetto, caratteristiche individuali dell’operatore, organizzazione del lavoro);

2. alla stima del rischio;

3. alla valutazione e alla quantificazione del rischio.

 

Per quanto riguarda la fase di valutazione, la norma prevede la possibilità di utilizzare due metodi di analisi, caratterizzati da diverso grado di approfondimento.

 

Metodo 1

Viene utilizzato per valutare in modo relativamente rapido i rischi connessi alle operazioni di spinta e traino di un oggetto. Sulla base dell’analisi condotta con una check list, si procede alla valutazione generale dei rischi connessi alle operazioni di traino e spinta, per le quali occorre conoscere l’altezza delle maniglie o del punto di applicazione della forza, la distanza da percorrere, l’entità della forza impiegata, la sua frequenza di applicazione e la composizione (maschile/femminile) della popolazione lavorativa. Il confronto tra i valori di forza (iniziale e di mantenimento) misurati con un dinamometro e quelli ricavati dalle “tabelle psicofisiche” di Snook e Ciriello determina l’indice di rischio (IR), che permette di classificare come “accettabile” o “inaccettabile” un compito di spinta o traino di un carico.

 

Metodo 2

Viene impiegato nei casi in cui il metodo 1 rilevi una condizione operativa “inaccettabile” dal punto di vista del sovraccarico biomeccanico; permette di calcolare i limiti di accettabilità basati sulla forza muscolare (FBr) e sulla forza compressiva nella zona lombare (FLs). A partire da questi valori, si può calcolare il limite di sicurezza (FL), determinato dal rapporto tra i valori di forza esercitata dall’operatore durante la spinta o il traino, effettivamente misurati con il dinamometro e quelli individuati nelle tabelle appropriate. Il metodo in questione, estremamente complesso, necessita di una notevole esperienza per la sua applicazione.

 

1. Il metodo di SNOOK & CIRIELLO

La norma UNI ISO 11228-2 si basa in parte sul protocollo ideato da Snook e Ciriello (1991), che si è dimostrato particolarmente valido nella valutazione dei rischi.

Fin dal 1970 sono stati condotti studi sull'analisi e sulla valutazione del sovraccarico biomeccanico in azioni di sollevamento, abbassamento, traino, spinta e trasporto. I principali studi, basati su metodologie psicofisiche e sulla misura di alcuni parametri (consumo di ossigeno, frequenza cardiaca, caratteristiche antropometriche, ecc.), furono condotti da Stover Snook e Vincent Ciriello al Liberty Mutual Research Institute for Safety: negli esperimenti condotti, i soggetti esaminati potevano scegliere liberamente i carichi da movimentare, mentre tutte le altre variabili dei compiti da svolgere (spinta e traino), quali l'altezza dell’impugnatura o delle maniglie, la distanza da percorrere, la frequenza delle operazioni, ecc., erano decise dagli sperimentatori. I soggetti monitoravano le loro sensazioni di fatica e sforzo e aggiustavano il carico da trainare (o da spingere) o la forza impiegata.

I risultati di questi studi sono riassunti nelle cosiddette "Tabelle Psicofisiche", che forniscono importanti informazioni sulle capacità e sul carico limite che consentono di eseguire in sicurezza le operazioni di movimentazione manuale dei carichi (in senso generale, comprese le azioni di traino, spinta e trasporto). Tali tabelle furono successivamente utilizzate dal NIOSH per mettere a punto il metodo di analisi per le azioni di sollevamento ed abbassamento. A tale proposito, occorre ricordare che lo Step 5 previsto dalla Norma UNI ISO 11228-1, utile nella valutazione del trasporto manuale di un carico sollevato tra i punti di origine e di destinazione dello stesso, si basa proprio sulle suddette tabelle. Per la sua complessità, quest’ultimo l’argomento non viene affrontato in questa sede e si rimanda ai contenuti della suddetta norma tecnica.

 

2. La Norma UNI ISO 11228-2

In linea di principio, la movimentazione manuale dei carichi, rappresentando un potenziale pericolo per i lavoratori, dovrebbe essere sempre evitata. La Norma UNI ISO 11228-2 entra in gioco nel momento in cui, non essendo possibile eliminare le fasi più gravose, sia necessario esaminare in modo approfondito i fattori che rendono rischiosa le attività di traino e spinta; per mezzo del protocollo descritto nella norma è possibile qualificare e quantificare gli elementi che determinano il rischio per migliorare le condizioni operative legate alle attività di traino e spinta. L’analisi prevede due fasi (metodi) di approfondimento successivo attraverso le quali si procede dapprima all’identificazione dei pericoli, alla stima del rischio e infine alla sua valutazione, come rappresentato nella figura 1.

 

Figura 1 - Valutazione dei rischi secondo la Norma UNI ISO 11228-2.

 

 

Di seguito verranno analizzati i vari fattori di rischio che possono presentarsi nello svolgimento delle operazioni di spinta o di traino di un oggetto.

 

FORZA

Nelle operazioni di traino e spinta occorre considerare in modo distinto la forza iniziale, che si applica per superare l’inerzia del carrello all’inizio del movimento (o ogni volta in cui è richiesto un cambio di direzione dello stesso) e la forza di mantenimento, necessaria per sostenere il movimento dell’oggetto. In linea generale, la forza necessaria per spostare un oggetto cresce con l'aumentare:

- della distanza percorsa;

- delle caratteristiche dell’oggetto;

- del numero di cicli di trasporto eseguiti nel turno di lavoro;

- della durata del tempo dedicato alla movimentazione;

- dell’angolo di applicazione della forza.

 

Poiché la forza iniziale è generalmente maggiore di quella di mantenimento, dovrebbero essere ridotte al minimo tutte le condizioni in cui la forza deve essere applicata in modo impulsivo, come nel caso delle fasi di avvio o di arresto dell’oggetto o quando risulti necessario cambiare la direzione dello spostamento. L’applicazione prolungata della forza di mantenimento dovrebbe inoltre essere evitata, in quanto causa di affaticamento muscolare.

 

POSTURA

Da un punto di vista biomeccanico, una postura corretta non si discosta molto da quella fisiologica. Assumendo una postura adeguata, l’operatore è in grado di reclutare in modo sinergico i gruppi muscolari per muovere adeguatamente le leve articolari, incrementando l’efficacia dello sforzo prodotto. In tali condizioni diminuisce la probabilità di insorgenza di traumi a carico del sistema muscolo-scheletrico.

In linea di principio, durante la fase di movimentazione dell’oggetto, l’operatore deve adottare una postura confortevole e stabile e ridurre al minimo le azioni di rotazione e flessione del busto sui piani sagittale e laterale. In queste condizioni diminuiscono il valore della compressione intervertebrale, lo sforzo di taglio generato a livello dei vari segmenti articolari del rachide e l’impegno muscolare.

Se si tiene presente che l’efficacia massima si ottiene quando la componente della forza viene esercitata in direzione orizzontale, è facile comprendere quanto la posizione della maniglia influenzi la postura dell’operatore e, in ultima analisi, la sua capacità di dosare la forza durante la fase di spinta. Una corretta postura prevede una posizione delle mani non troppo alta né troppo bassa e tale che queste, in fase di spinta o di traino, non siano troppo vicine tra loro. In particolare, nelle operazioni di spinta, la maniglia va collocata ad una altezza compresa tra quella dell’anca e quella del gomito; durante la trazione, l’altezza ottimale della maniglia è compresa tra quella dell’anca e quella del ginocchio.

 

FREQUENZA, DURATA E DISTANZA

Poiché la forza esercitata nella fase iniziale o al termine della movimentazione è maggiore della forza di mantenimento, è opportuno ridurre le occasioni di attivazione (o arresto) del movimento del carrello, diminuendo la frequenza delle azioni di traino e spinta; alla stessa maniera vanno evitati i percorsi curvi, che costringono l’operatore a continue applicazioni della forza iniziale atte a cambiare la direzione del sistema di trasporto.

Dato che anche l’applicazione prolungata di forza può provocare affaticamento, dolore e traumi muscolo-scheletrici, dovrebbero essere ridotte quanto più possibile le distanze tra il punto di carico e il luogo di destinazione del trasporto. Nel caso in cui non sia possibile diminuire la distanza del tragitto, è necessario introdurre ausili meccanici.

 

CARATTERISTICHE DEL SISTEMA DI TRASPORTO

La manovrabilità del carrello costituisce un fattore di notevole importanza. In condizioni di scarsa manovrabilità, l’operatore è infatti costretto ad attivare uno sforzo muscolare maggiore per adempiere al compito che, in assenza di adeguati tempi di recupero fisiologici, potrebbe evolvere in una sintomatologia dolorosa o in una patologia da sovraccarico biomeccanico.  

 

Nella procedura di ottimizzazione va considerata l’opportunità di dotare il carrello di ruote di dimensioni e materiali idonei alle caratteristiche dell’ambiente. Ciascuna ruota dovrebbe essere capace di supportare almeno 1/3 del peso del carico totale.

La forma e le dimensioni del carrello devono essere tali da non ostacolare la visibilità dell’operatore, che andrebbe altrimenti incontro a rischi di infortunio. I freni possono essere necessari nel caso di carichi particolarmente pesanti, in particolar modo se trasportati su superfici inclinate.

È necessario adottare un programma di manutenzione periodico, che preveda la pulizia e la lubrificazione delle ruote, in modo da mantenerne inalterato lo stato di efficienza.

 

CONDIZIONI AMBIENTALI

È importante che la pavimentazione sia priva di irregolarità, che le superfici non siano rese sdrucciolevoli dalla presenza di acqua o detriti e, infine, che i percorsi siano studiati per evitare la presenza di rampe e scalini. Dovranno poi essere garantite condizioni microclimatiche e di illuminazione idonee.

 

CARATTERISTICHE INDIVIDUALI

La valutazione dei rischi non può prescindere dalla conoscenza delle caratteristiche individuali dei lavoratori coinvolti nelle operazioni di traino e spinta. Fattori quali l’età, il sesso e lo stato di salute dell’operatore rivestono notevole importanza ai fini della quantificazione del rischio. Informazione, formazione e addestramento dovranno inoltre essere parte integrante dell’organizzazione delle attività; per mezzo di esse si rendono i lavoratori consapevoli circa le corrette modalità di esecuzione della movimentazione e sull’individuazione e segnalazione di eventuali situazioni di rischio. Sarà opportuno che vengano fornite informazioni sui seguenti aspetti:

- modalità di carico delle merci sul carrello;

- modalità di movimentazione del carrello;

- tipologia e caratteristiche del sistema di trasporto e sua corretta manutenzione;

- sviluppo del percorso da compiere (il più possibile breve e rettilineo, privo di rampe, gradini e altri ostacoli);

- riduzione al minimo delle operazioni complementari comportanti ulteriore impegno biomeccanico.

 

VALUTAZIONE DEL RISCHIO

Seguendo un approccio multidisciplinare che tenga conto degli aspetti biomeccanici, fisiologici e psicofisici, la valutazione del rischio legato alle operazioni di traino e spinta deve considerare:

1. l’impiego di forza in relazione alle caratteristiche e alle capacità del singolo lavoratore;

2. il rischio legato alla compressione discale in relazione alla differente resistenza del rachide di lavoratori di età diversa;

3. il dispendio energetico e l’affaticamento del lavoratore;

4. la percezione del lavoratore relativamente al discomfort e all’impegno richiesto dallo svolgimento del compito.

 

Come già detto, la Norma UNI ISO 11228-2 prevede due momenti di valutazione. Nel primo è previsto l’impiego di una check list e delle “tabelle psicofisiche”, con le quali si può valutare il livello di rischio del compito. La check list consente di individuare gli elementi del layout che più degli altri contribuiscono a elevare il livello del sovraccarico biomeccanico: su questi dovrà essere calibrato il processo di riprogettazione delle attività. La check list consta di tre parti: nelle prime due si descrive l’attività svolta, mentre con la terza si analizzano gli aspetti propri dell’attività (caratteristiche del compito lavorativo, caratteristiche del carico, ambiente di lavoro, capacità individuali, organizzazione del lavoro e altri fattori) per evidenziare le criticità e la necessità di proseguire ulteriormente nel processo di analisi.

 

Sulla base dell’analisi condotta con la check list, si procede quindi alla valutazione generale dei rischi imputabili alle operazioni di traino e spinta svolte, secondo l’iter qui descritto:

1. determinazione dell’altezza delle maniglie;

2. misura della distanza da compiere nello svolgimento delle azioni di traino o di spinta;

3. determinazione della frequenza di applicazione della forza (iniziale e di mantenimento);

4. verifica della composizione della popolazione lavorativa (maschile/femminile). Se mista, verranno presi a riferimento i valori relativi alla popolazione femminile;

5. misura della forza applicata (iniziale e di mantenimento) con un dinamometro.

 

Con gli elementi raccolti ai punti da 1 a 4 si ricavano, dalle “tabelle psicofisiche”, i valori della forza iniziale e di mantenimento, per i quali il fattore di protezione riguarda il 90% della popolazione lavorativa considerata. Il confronto tra i valori di forza (sia iniziale che di mantenimento) misurati con un dinamometro e quelli estratti dalle “tabelle psicofisiche” permette di determinare l’indice di rischio (IR). Si possono presentare tre casi:

- IR > 1: l’attività sarà classificata come rischiosa (zona rossa) e si dovrà procedere immediatamente a una sua riprogettazione;

- IR<1 e nessuna evidenza di particolari situazioni di rischio rilevata con la check list: l’attività può essere classificata nella zona verde (rischio trascurabile);

- i valori della forza misurata non superano quelli calcolati ma la check list evidenzia la presenza di particolari fattori di rischio: si dovrà procedere a un approfondimento dell’analisi attraverso l’impiego del Metodo 2.

 

La riprogettazione del compito dovrà quindi avvenire privilegiando gli interventi correttivi relativi alle fasi a rischio evidenziate dal metodo (tanto dal calcolo quanto dalla check list); si procederà quindi a una nuova analisi per verificare l’efficacia degli interventi, approfondendo l’indagine, se necessario, con il Metodo 2 descritto nella norma UNI ISO 11228-2, la cui applicazione è riservata a valutatori esperti. Data l’estrema complessità di questo metodo, per la sua trattazione di rimanda ai contenuti della suddetta norma.

 

 

Bibliografia

- UNI ISO 11228-2:2009 “Ergonomia – Movimentazione manuale – Spinta e traino”.

- Snook S.H. and Ciriello V.M. “The design of manual handling tasks: revised tables of maximum acceptable weights and forces”, Ergonomics 1991, vol. 34, no. 9, 1197-1213.

 

INAIL - La norma UNI ISO 11228-2 - a cura di Contarp | Autori: Francesco Nappi, Diego Rughi (pdf)

 

 



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