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In un batter d’occhio

In un batter d’occhio
Antonio Zuliani

Autore: Antonio Zuliani

Categoria: Infortuni sul lavoro

14/04/2022

Essere consapevoli del fatto che gli incidenti e gli infortuni capitano improvvisamente, può aiutare a individuare strategie efficaci per migliorare la sicurezza sul lavoro.

Esaminando alcuni incidenti sul lavoro, ma anche eventi che non hanno comportato un vero e proprio incidente, ci si rende conto di quanto la cosa sia avvenuta improvvisamente. Per utilizzare un’espressione popolare, in un batter d’occhio.

In realtà questa espressione non rappresenta solo la metafora di un evento improvviso e inatteso, ma indica come in effetto nel tempo che intercorre in un batter di ciglia possono accadere molte cose. Esserne consapevoli può aiutare a individuare strategie efficaci per migliorare la sicurezza sul lavoro.

 

Momenti di cecità

O'Regan e altri (2000), ma anche Sun e colleghi (1997) si sono soffermati a studiare questo tempo: proprio il tempo di un o batter di ciglia.

 

I risultati dicono che per ogni minuto battiamo le ciglia all'incirca tra le 20 e le 30 volte, e ogni battito ha una durata che va dai 300 ai 400 millesecondi. Ciò significa che per ogni minuto (60 secondi) siamo ciechi dai sei ai dodici secondi.

 

A questo occorre aggiungere che gli occhi non funzionano come l’obiettivo di una telecamera, che sta sostanzialmente ferma sull’oggetto che sta riprendendo. Gli occhi sono in continuo movimento. Questo movimento viene chiamato saccade e consiste in rapidi movimenti degli occhi eseguiti per portare la zona di interesse a coincidere con la  fovea, la regione centrale della  retina di massima  acutezza visiva. Si tratta di movimenti che comportano, dalla comparsa di uno stimolo al momento nel quale viene posto al centro della visione, un tempo di circa 225 millisecondi.

 

Da tutto ciò comprendiamo che ognuno di noi ha i suoi momenti di autentica “cecità”.


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Una cecità che “non vediamo”

Di tutto ciò però non abbiamo consapevolezza perché il nostro cervello riempie questi "buchi", questi momenti di cecità, anticipando in qualche modo quello che si attende debba accadere. Per condurre questa opera utilizza l’esperienza che ha immagazzinato nel corso della vita.

Si tratta certamente di esperienze che aiutano a condurre quest’opera di riempimento dei “buchi” dando al tutto un percorso logico e il più delle volte (fortunatamente) rispondente al vero.

 

Vi è però un problema, segnalato proprio dalle ricerche indicate: questa attività suppletiva del cervello funziona bene e nel modo descritto al centro del campo visivo, mentre le aree marginali vengono maggiormente trascurate.

 

Questo comporta che se accade qualche cosa di nuovo e inatteso (che, come detto, non ci aspettiamo di vedere) riusciamo a cogliere con sufficiente efficacia le variazioni delle immagini al centro del campo visivo, mentre ciò che muta ai suoi margini rischia di rimanerci invisibile per un tempo più lungo.

 

Ecco allora che se le variazioni di un'immagine vengono colte immediatamente quando avvengono al centro del campo visivo, se le stesse colpiscono la sua periferia può chiedere da tre a quattro battiti di ciglia (come lasso di tempo andiamo dai 9 decimi di secondo fino a 1,60 secondi).

 

Si tratta di considerazioni molto importanti per la sicurezza su lavoro perché mostrano come eventi che accadono ai margini del nostro campo visivo rischiano di essere percepiti con un pericoloso ritardo, tanto che proprio in quel batter d'occhio di cu stiamo parlando la realtà esterna può mutare in modo consistente.

 

Due conseguenze per la sicurezza

I due studi descritti e le conseguenze sul funzionamento del nostro apparato visivo hanno due implicazioni relativamente alla sicurezza sul lavoro.

 

La prima è che occorre avare la consapevolezza dell’esistenza di questa realtà cognitiva, in modo da non cadere nell'illusione che tutti, noi per primi, siamo sempre attenti a ciò che accade. Attribuire gli errori compiuti alla sola distrazione può essere forviante all’interno di un progetto per la sicurezza.

 

Ecco allora la seconda che chiama in campo la salienza dei segnali. Di modo che, anche se presenti ai margini del campo visivo, i segnali riescano a imporsi velocemente all'attenzione. Parlando di salienza è bene ricordare che non ci si riferisce solamente al contenuto fisico del segnale, ma anche a quello che Henderson e Hayes (2017) chiamano mappa di significato, che può rendere un segnale più attrattivo di un altro che ha una salienza tecnica prevalente.

Allora sì che in un batter d'occhio aiuteremo tutti ad avere la possibilità di reagire positivamente anche a un evento inatteso e non direttamente visto.

 

Antonio Zuliani

 

Bibliografia

 

Henderson J.M. & Hayes T. R. (2017), Meaning-based guidance of attention in scenes as revealed by meaning maps, Nature Human Behaviour, 1, 743-747.

O'Regan J. K., Deubel H., Clark J. J. & Rensink R. A. (2000), Picture changes during blinks: Looking without seeing and seeing without looking, Visual Cognition, 7, 191-211.

Sun W. S., Baker R. S., Chuke J. S., Rouholiman B. R., Hasan S .A., Gaza W., Stava M.W. & Porter J.D. (1997), Age related changes in human blinks, Investigative Ophthalmology and Visual Science, 38 (1), 92–99.





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Rispondi Autore: Sergio Misuri - likes: 0
14/04/2022 (08:53:13)
Siamo tutti d'accordo che nel corso di una lunga attività lavorativa, spesso anche routinaria, corriamo continui rischi di improvvisi momenti di blackout cognitivo (si dice così?).
Ora si tratta di combattere questi rischi, senza illuderci di riuscire a immunizzarci.
Una strada potrebbe essere la reiterazione sistematica di brevissime e specifiche "pillole" di allerta e di refresh da "assumere" prima di iniziare una data operazione a rischio o prima di usare una attrezzatura non banale.
Mi riferisco alle Buone Pratiche del tipo LMRA (Last Minute Risk Assessment/Alert) utilizzate o proposte da prestigiose Organizzazioni internazionali (DuPont, Esso, Enel, GE, ecc.)
Gli studiosi del comportamento insegnano che la reiterazione dei messaggi e dei relativi comportamenti aiuta la consapevolezza istantanea e spesso riesce a rendere istintive (automatiche) le azioni virtuose. La cintura sulle auto e il casco per le moto mi sembrano esempi calzanti. Queste Buone Pratiche, oggi con la digitalizzazione, sono alla portata anche delle PMI

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