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La formazione di lavoratori, dirigenti e preposti: considerazioni
Presentiamo in anteprima un approfondimento tratto dal nuovo libro “Guida alla Sicurezza per il Preposto e il Dirigente” di Rolando Dubini che PuntoSicuro pubblicherà prossimamente.
L’obbligo di formazione di lavoratori, dirigenti e preposti: considerazioni generali, anche sull'attendismo in materia.
La formazione è un processo di insegnamento/apprendimento di conoscenze utili per svolgere una determinata attività in termini più specificatamente prevenzionistici: «formazione»: “processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi” (art. 2 c. 1 lett. aa D.Lgs. n. 81/2008).
Può definirsi "formazione" "l'adozione da parte dei soggetti interessati di competenze cognitive, operative e comportamentali tali da indurre nuove modalità di "pensare ed agire in termini di sicurezza", modificando scale di valori, mappe cognitive e abitudini comportamentali e adottando modalità di lavoro che mettano in pratica le regole ed i principi della salute, sicurezza ed igiene del lavoro, al fine di riconoscere i pericoli e le condizioni potenziali che possono determinare eventi indesiderati, nonché di saper prevenire i rischi e fronteggiare le emergenze (Ispesl).
Gli artt. 18 comma 1 lett. l) e l’art. 37 del D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 obbligano il datore di lavoro e il dirigente a far sì che ciascun lavoratore, ivi compresi i lavoratori a domicilio e i portieri con contratto privato, riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni.
Ai sensi del comma 4 dell'art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008 citato la formazione e, ove previsto, l’addestramento specifico devono avvenire in occasione:
- della costituzione del rapporto di lavoro o dell’inizio dell’utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro;
- del trasferimento o cambiamento di mansioni;
- della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.
La formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti “deve essere periodicamente ripetuta in relazione all’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi” (art. 37 c. 6 D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81).
Dunque la legge prevenzionistica fa proprio il concetto di formazione periodicamente ripetuta, quale obbligo supplementare strettamente connesso alla misura generale di tutela rappresentata dalla “programmazione della prevenzione, mirata ad un complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive dell’azienda nonché l’influenza dei fattori dell’ambiente e dell’organizzazione del lavoro” [art. 15 comma 1 lett. b) D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81/2008].
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Le disposizioni del D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 (che sostituiscono, ricomprendendole al proprio interno, quelle del D.Lgs. 626/94) prevedono, infatti, “la maggior responsabilizzazione del lavoratore rispetto alla sicurezza del lavoro [..], la messa in opera di una diversa organizzazione del lavoro, dalla medesima legge prevista, attraverso, da un lato, la programmazione e la procedimentalizzazione dell’obbligo di sicurezza in questione e, dall’altro, la formazione e informazione, nelle forme previste, dei lavoratori” [Cass. Penale, Sezione IV, 18 maggio 1999 n. 6187, Trydvall].
Quanto all’obbligo di registrazione della formazione, dovrà essere conservato, per ogni iniziativa formativa, un documento recante: data, elenco degli argomenti svolti, firma del/dei docenti e del/dei lavoratori coinvolti e, se è stata eseguita la verifica dell’apprendimento, dovrà essere conservato il testo, in caso di prova scritta, ovvero una breve descrizione della prova pratica eseguita, firmata dal docente e dal lavoratore [Linee guida regionali per l’applicazione del D.Lgs. n. 626/94]. Tali disposizioni conservano intatto il loro valore sostanziale e probatorio anche dopo l'accordo Stato-Regione del 21 dicembre 2011 (e il successivo accordo interpretativo del 25 luglio 2012).
Due considerazioni conclusive: la verifica dell'apprendimento è obbligatoria anche per i lavoratori, e non solo per dirigenti e preposti, come risulta dalla chiara sentenza della Cassazione Penale Sez. 3, 28 gennaio 2008, n. 4063. La fattispecie riguarda un datore di lavoro rinviato a giudizio e condannato dal giudice del Tribunale di Brescia per i reati di cui- all’articolo 4, comma 2, del D. Lgs. n. 626/1994 [ora articolo 28 D.Lgs. n. 81/2008] per avere omesso, quale titolare di un laboratorio di confezioni, di effettuare una idonea valutazione dei rischi reali e specifici presenti nell’ambiente di lavoro e legati alle particolari situazioni lavorative, per aver omesso di adottare una collaborazione fattiva con il medico competente ed il responsabile dei lavoratori per la sicurezza per la redazione del documento di valutazione dei rischi, per la mancanza di misure di prevenzione da adottare e di un programma per realizzare le stesse, e, testualmente, per aver violato l'obbligo di cui “all’articolo 22, comma 1, dello stesso D. Lgs. n. 626/1994 [ora articolo 37 D.Lgs. n. 81/2008] per non avere progettato ed attuato una adeguata attività formativa per tutti i lavoratori, contenente gli obiettivi specifici, la definizione di moduli didattici e gli strumenti per la verifica di apprendimento”.
Inoltre Guariniello ha affermato che: «ci stiamo occupando del problema [formazione] perché ci sono state alcune sentenze della Cassazione dove si afferma che la formazione dei lavoratori e dei datori di lavoro sia un’attività che abbia carattere effettivo, quindi è necessaria la verifica dell’apprendimento. Andremo dunque a controllare i risultati concreti di chi opera nel settore. Se la formazione non ha previsto un’effettiva verifica dell’apprendimento riteniamo che ci sia la violazione dell’obbligo prevista dalla normativa in vigore». «Tanti infortuni avvengono perché al lavoratore viene cambiata mansione, ma non gli viene fatta una corretta formazione. È un problema delicatissimo». Aggiunge il Procuratore aggiunto presso la Procura di Torino, riecheggiando le parole della Cassazione, «la verifica di apprendimento che le norme siano state recepite va fatta quasi fino al limite della pedanteria».
La seconda considerazioni riguarda un grido d'allarme che va lanciato con forza, l'enigmatico contenuto degli accordi Stato-Regioni sulla formazione (ma anche a volte la formazione fatta male, quando non addirittura la vendita di attestati di formazione come recentemente avvenuto a Prato ai danni di datori di lavoro cinesi da parte di un ispettore Asl e di alcuni consulenti locali, per questo incriminati ed arrestati) sta favorendo un'evasione di massa dall'obbligo formativo, la gran parte dei lavoratori e ancor di più preposti e dirigenti non ha avuto una formazione sufficiente e adeguata conforme all'articolo 37 del D.Lgs. n. 81/2008, e di quanto di razionale contenuto negli Accordi Stato Regione. È necessaria una maggiore consapevolezza che tale evasione dall'obbligo formativo implica non solo un reato penale contravvenzionale, e un elemento che attesta scarsa professionalità, rende inesistente qualunque sistema di gestione o modello organizzativo 231, ma sopratutto una insufficiente considerazione del valore supremo della vita di chi lavora, il capitale umano, che è la prima ricchezza di ogni azienda ed ente.
Rolando Dubini, avvocato in Milano.
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Rispondi Autore: GIANLUCA ANGELINI - likes: 0 | 20/11/2012 (09:21:07) |
Massimo rispetto per il Dott. Guariniello che considero personalmente un grande magistrato e per l'Avv. Dubini, ma ancora una volta non posso non rilevare una pessima abitudine e cioè una pericolosissima, per questa materia, interpretazione di ciò che in realtà viene affermato dal testo di legge che, invece, andrebbe applicato e basta. Dove sta scritto nell'Accordo Stato Regioni che vi è l'obbligo di verifica dell'apprendimento da parte dei lavoratori? (premetto che io sono assolutamente favorevole. Non si può poi invocare una sentenza per affermare tale obbligo generale perchè, me lo insegna l'Avv. Dubini, che nel nostro ordinamento giuridico una sentenza giudica per il caso concreto e non costituisce precedente vincolante. O sbaglio? |
Rispondi Autore: Rodolfo Cibola - likes: 0 | 20/11/2012 (10:43:48) |
A quanto affermato da G. Angelini aggiungo che tali inneschi di cambiamenti generano gravissimi problemi (ora in prossimità della scadenza della formazione per i lavoratori) quando molti hanno già effettuato la formazione stessa peraltro con notevoli costi. I |
Rispondi Autore: Antonio Fiori - likes: 0 | 20/11/2012 (11:03:08) |
Sono perfettamente d'accordo con Gianluca Angelini, massimi rispetto per il Dott. Guariniello e per l'Avv Dubini, ma bisognerebbe, ed è questo uno degli scopi del testo unico DLgs.81/08, è di avere certezze e non interpretazioni della legge e nell'accodo Stato Regioni sulla formazione che è parte integrante del D.Lgs di cui sopra vengono previsti verifiche di apprendimento obbligatorie per le figure dei preposti e dei dirigenti e non è prevista per i moduli di formazione generale e specifico dei lavoratori. Detto ciò la normativa di legge in vigore non prevede in modo esplicito alcuna verifica della formazione dei lavoratori diversamente sarebbe stata indicata e procedurata come fatto per le figure per cui è prevista E' di fondamentale importanza sottolineare che la sentenza della Cassazione citata eè antecedente all'Accordo Stato Regioni che disciplinala formazione |
Rispondi Autore: TIZIANA SCHIAVO - likes: 0 | 20/11/2012 (11:08:16) |
SEBBENE IO SIA LA PRIMA A PREVEDERE LA VERIFICA DI APPRENDIMENTO, IN QUANTO LA RITENGO UNA TUTELA COME RSSP E DOCENTE, CONCORDO CON QUANTO COMMENTATO DA ANGELINI. IN ITALIA SI FANNO ACCORDI E LEGGI CHE VANNO IN UNA DIREZIONE E POI GLI AVVOCATI INTERPRETANO A LORO MODO.UNA VOLTA CHE L'ACCORDO STATO REGIONI NON HA LASCIATO ALL'INTERPRETAZIONE E' POSSIBILE CHE ANDIAMO A DISCUTERE ANCHE QUESTO PUNTO? |
Rispondi Autore: Luxor Building - likes: 0 | 20/11/2012 (22:30:17) |
Salve, io ho mandato all'ente scuola edile una raccomandata richiedendo la formazione e l'informazione dei mie dipendenti. Essa, passati oltre 40 gg non mi ha ancora risposto, ovvero telefonicamente il responsabile mi ha detto che non si sono ancora attrezzati per fare questi corsi e di provvedere a farli fare presso altri enti oppure tramite l'RSPP dell'azienda (in questo caso sono io titolare). La mia domanda è la seguente: Posso fare io titolare (RSPP) il corso trattando gli argomenti dell'Art. 37 comma 7 D. Lgs. 81/08 e s.m.i. e Punto 6 Accordo Stato Regioni 221/2011)ai miei dipendenti? |
Rispondi Autore: Paolo Alemani - likes: 0 | 21/11/2012 (09:36:34) |
Nulla di nuovo sotto il sole....c'è una certa tendenza forcaiola in questo paese. Inoltre ogni soggetto si ritaglia la sua fetta di potere interpretando e imponendo regole certe di fronte a leggi incerte. Magari se i nostri governati imparassero dagli altri paesei civili come fare leggi più semplici e chiare ci potremmo finalmente togliere dalle scatole tanti "azzeccagarbugli" inutili. Se penso che la regione Lombardia ha dato imposizioni anche sul tipo di carta sulla quale stampare gli attestati mi viene il voltastomaco. Saluti dal paese delle meraviglie. |
Rispondi Autore: Luca Lodi - likes: 0 | 22/11/2012 (07:57:14) |
Personalmente non apprezzo le prove di verifica perchè il docente può verificare la compresione direttamente durante la gestione dell'aula. Naturalmente per la formazione ben fatta. Consideriamo tuttavia che le sentenze citate si inseriscono in schemi pregressi, perchè ora che c'è un dettato di indirizzo sil contenuto della formazione, laddove solo per alcuni è previsto l'obbligo della verifica ciò significherà non poterla pretendere ove non legalmente imposta, per effetto del divieto di interpretazione analogica e responsabilità per i soli fatti prescritti come reato. Ma la formazione deve essere ben fatta, erogata correttamente, ripetuta e con ciò personalizzata (andando oltre all'accordo Stato-Regioni che per quanto utile.sta portando a delle standardizzazioni per via dei monteore di formazione obbligatoria in esso raccomandati). In ogni modo, se un incidente si dimostra che lo si poteva evitare coin uno specifico step formativo e procedure operative allora il giudice reponsabilizzerà egualmente il datore di lavoro (e per la mala formazione impartita forse "anche" il formatore e/o il responsabile di progetto... Raro ma non impossibile). Ma come si può prevedere tutto? E come farlo sempre in chiave probatoria per il timore di doversi poi tutelare? Su questo punto credo che magistratura e legislatore dovrebbero tenerne conto, soprattutto se si va a segnalare un obbligo di verifica dell'apprendimento anche pet i casi in cui leggi o regolamenti non la prevedano, uscendo dalla applicazione delle norme per come vigenti e ledendo la certezza del diritto. |
Rispondi Autore: Luigino Gottardi - likes: 0 | 22/11/2012 (10:42:12) |
Ritengo che, indipendentemente da quanto previsto dalla normativa, la verifica di apprendimento nel "processo" di formazione deve essere sempre prevista. Ho sempre pensato la formazione un processo che si compone di quattro fasi; analisi delle esigenze, progettazione, esecuzione dell'intervento formativo e verifica. In quest'ultima fase si inseriscono sia la verifica del gradimento che di apprendimento. |
Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0 | 22/11/2012 (19:34:05) |
Se non ricordo male, Dio avevo dato le tavole della legge a Mosè e non a Guariniello che come noto è un "pubblico accusatore" e che, come altrettanto noto, fa bene questo lavoro. Dire, poi, se la tesi accusatoria da lui imbastita regge, spetta ai giudici fino al 3° grado di giudizio. Ora, se pensassimo che metter le crocette nella casellina giusta delle risposte alle domande fatte a fine corso, sia un modo per dimostrare che il corso è efficace, allora siamo ancora mooolto ma mooolto lontani dalla realtà e dall'aver capito cosa s'intende per verifica dell'efficacia di un processo formativo in materia di sicurezza sul lavoro. Comunque, le Linee Guida citate, non prevedono una verifica d'apprendimento per i "lavoratori". E' ovvio che chi si occupa di formazione con una 'nticchia di professionalità, le verifiche d'apprendimento le ha previste .... ma non certo solo barrando le caselline su un foglietto ma prevedendo anche, e soprattutto, la verifica dell'efficacia medianti processi di affiancamento e supporto durante l'espletamento della mansione, momenti di confronto e discussione per ottenere un feedback dall'interessato, ecc., ecc.. Insomma, poco fumo e molto arrosto o poca carta e molti fatti. |
Rispondi Autore: Vincenzo Quarracino - likes: 0 | 22/11/2012 (19:46:25) |
Credo che meglio sarebbe stato se l'informazione e la formazione dei lavoratori fosse stata lasciata di competenza di centri istituzionalia far parte del bagaglio professionale obbligatorio del lavoratore. Cioè il lavoratore senza attestato formativo di base non si sarebbe potuto assumere. Cosa diversa è la formazione specifica (e addestramento) per la mansione da svolgere, da lasciare come obbligo del datore di lavoro ove il lavoratore presta la propria opera. Ciò al fine di evitare formazioni fasulle come sopra evidenziate e " nobilitare" l'attività anche agli occhi del lavoratore che a volte si accosta alla problematica in modo superficiale o con sufficienza. |
Rispondi Autore: Carmine Damiano - likes: 0 | 24/11/2012 (12:11:59) |
Mi occupo di "formazione" da diversi decenni, "alla Montessori maniera". Sul punto della informazione / formazione / addestramento mi pare che si sia perso "il ben dell'intelletto": i lavoratori, dirigenti, preposti SONO innanzitutto delle "persone", e come tali vanni considerate. La mia verifica di formatore in aula, consiste nel "guardare negli occhi" i "miei ragazzi" (ho avuto di fronte dagli operai con la terza elementare, al ricercatore pluri-laureato, al dirigente scolastico). Garantisco che sono tutti uguali: persone che portano il fardello della vita quotidiana, e che quando capita l'infortunio, tutti, a cominciare "dall'accusatore", dimenticano che "forse" in quel momento stava pensando alla suocera/o, al figlio/a, alla moglie / marito / compagna/o / convivente, al mutuo, alla partita di pallone, a quanto è buono il formaggio con le pere, e quant'altro passa per la mente umana ogni istante della vita.... |
Rispondi Autore: Dario Tolmino Deli - likes: 0 | 02/12/2012 (21:10:58) |
Ragazzi, ma non vi siete accorti che solo dicendo, all'inizio della lezione, ci sarà un test di verifica, l'attenzione degli allievi raddoppia o forse triplica!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 14/03/2013 (19:14:21) |
Omessa verifica dell'apprendimento e inadeguata valutazione dei rischi a cura di Raffaele Guariniello Nel caso di specie, un datore di lavoro fu rinviato a giudizio per avere omesso di effettuare una idonea valutazione dei rischi reali e specifici presenti nell'ambiente di lavoro e legati alla particolare situazione lavorativa; per avere omesso di adottare una collaborazione fattiva con il medico competente ed il responsabile dei lavoratori per la sicurezza per la redazione del documento; per la mancanza di misure di prevenzione da adottare e di un programma temporale di realizzazione; per non avere progettato ed attuato una adeguata attività formativa per tutti i lavoratori, contenente gli obiettivi specifici, la definizione di moduli didattici, gli strumenti per la verifica di apprendimento. Sentenza Cassazione penale 28/01/2008, n. 4063 - Pres. De Maio - Est. Franco - P.M. (Conf.) Tindari Baglione - Ric. Franzoni |
Rispondi Autore: Dario Fassini - likes: 0 | 18/11/2013 (14:20:21) |
Sull'obbligatorietà della valutazione dell'apprendimento del LAVORATORE a me risulta che non ci sia nessuna Norma Nazionale (si parla di partecipazione attiva) ne ci siano (almeno in Lombardia) specifiche norme regionali (si veda circolare 17. settembre N.7). L'attestato stesso fornito negli allegati della suddetta circolare non prevedono la voce "valutazione", contenuta invece nelle altre categorie soggette per legge a verifica dell'apprendimento. La non obbligatorietà è più palese portando un semplice esempio. Se per caso io, come lavoratore, mi rifiutassi di eseguire il test avrei comunque diritto all'attestato di partecipazione, in più il mio datore di lavoro non potrebbe appellarsi a nessuna norma coercitiva per obbligarmi a sottopormi a verifica. Sbaglio? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 25/07/2019 (18:17:53) |
La verifica dell’efficacia della formazione in giurisprudenza Anna Guardavilla Punto Sicuro 20/12/2018: I momenti di verifica dei risultati nell’ambito del processo formativo, le “effettive prove pratiche sotto la supervisione di un tutor”, le applicazioni del principio di effettività della formazione, il controllo sul campo. Una sentenza di questo mese (Cassazione Penale, Sez.IV, 7 dicembre 2018 n.54803) si è pronunciata sul tema della sufficienza e adeguatezza della formazione da erogare al lavoratore e su quello - ad esso collegato - della verifica dell’efficacia della stessa. In particolare, nel caso di specie, era stato accertato che “il lavoratore infortunato - assunto da poco tempo - era stato addetto alla pressa solo qualche giorno prima dell'infortunio; egli aveva affermato di essere uno stampatore, ma non aveva alcuna competenza nello specifico settore, come appurato dai colleghi di lavoro; la formazione impartitagli era stata dunque del tutto insufficiente, perché il corso generale sul funzionamento dei macchinari era durato solo quattro ore ed egli era stato avviato a lavorare da solo sul macchinario in questione dopo appena due giorni, senza una previa verifica pratica e in assenza di un vero e proprio affiancamento e di una concreta supervisione, come pure previsto dall'art.5.1 della procedura per la formazione del personale in vigore presso l'azienda.” Nel confermare la condanna del datore di lavoro per lesioni colpose, la sentenza sottolinea il principio secondo cui “l'obbligo di formazione non si esaurisce nel passaggio di conoscenze teoriche e pratiche al dipendente, dovendo il soggetto obbligato verificare anche che esse siano divenute patrimonio acquisito in concreto, ciò che solo una effettiva prova pratica, sotto la supervisione di un tutor può garantire, rilevando che, nel caso di specie, la completa estraneità del DB.I. [il lavoratore, n.d.r.] a quella specifica attività era constatabile da chiunque e spiegava ampiamente il comportamento scorretto tenuto dal predetto”. La Cassazione ricorda inoltre che l’obbligo di formazione “non è escluso, né è surrogabile dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, o per il travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro (cfr. sez.4 n.22147 dell'01/02/2016, Morini, Rv. 266860), ciò che non è neppure accaduto nel caso all'esame. Infatti, l'apprendimento insorgente da fatto del lavoratore medesimo e la socializzazione delle esperienze e della prassi di lavoro non si identificano e tanto meno valgono a surrogare le attività di informazione e di formazione prevista dalla legge (cfr. sez.4 n.21242 del 12/10/2014, Nogherot, Rv. 259219).” Tutto ciò perché, come sottolinea la Corte in un’altra interessante pronuncia (Cassazione Penale, Sez. IV, 23 settembre 2014 n.38966), “una formazione adeguata raramente può prescindere dalla socializzazione delle esperienze professionali maturate da altri lavoratori; ma questa non può esaurire l’attività di formazione e va necessariamente inserita all’interno di un percorso di addestramento che, per garantire il raggiungimento degli obiettivi sostanziali e non la mera osservanza formale dei precetti, deve prevedere momenti di verifica dei risultati: insomma l’attività di formazione è necessariamente un’attività procedimentalizzata.” Secondo la giurisprudenza della Cassazione la formazione è dunque una “attività procedimentalizzata”, anche con riferimento alla verifica dei risultati. Ciò in quanto, come ricordato da una sentenza dell’anno scorso (Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 18 maggio 2017 n.12561), “se è vero che la effettiva formazione è costituita da una pluralità di momenti e da un insieme di obblighi che si integrano, rappresentando piuttosto un processo formativo; non è vero tuttavia che esista un modello di formazione domestica, fai da te, alternativa a quella prevista dalla legge nella sua scansione dinamica e funzionale.” Infatti il modello legale di formazione “è un modello di prevenzione ineludibile, che non è rimesso alla discrezionalità del datore; tanto più quando si tratta di formazione all’utilizzo di mezzi pericolosi […]; e che non può essere sostituito dall’addestramento con affiancamento sul campo: senz’altro utile ma non alternativo alla informazione o alla formazione; come peraltro riconosciuto, più volte dalla giurisprudenza (Cass.pen. 20272/2006).” Pertanto, avendo riguardo al “processo formativo”, la Corte fa riferimento ad una “pluralità di momenti formativi”, precisando che “non può perciò bastare che il datore assolva in modo parziale, soltanto ad alcuni dei predetti obblighi, siccome egli è invece obbligato ad osservarli tutti e per intero, e nell’ordine logico e cronologico voluto dalla legge.” Ed il modello legale di formazione, come noto, prevede all’art.37 c.1 del D.Lgs. 81/08 che “il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche….” e al comma 13 che “il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze e competenze necessarie in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Ove la formazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua veicolare utilizzata nel percorso formativo.” Una sentenza della Corte di legittimità (Cassazione Penale, Sez.IV, 26 maggio 2016 n.22147) riassume così “i contorni ed i contenuti dell'obbligo di formazione gravante sul datore di lavoro in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro. Questi ha l'obbligo di assicurare ai lavoratori una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni, in maniera tale da renderlo edotto sui rischi inerenti ai lavori a cui è addetto (cfr. Sez. 3A, sent.n.4063 del 04/10/2007, Rv. 238540; Sez. 4A, sent. n. 41997 del 16/11/2006, Rv. 235679).” Più in particolare, il modello legale della formazione ha “scandito: a) l'oggetto, dovendo aver attinenza specifica al posto di lavoro e alle mansioni assegnate al lavoratore; b) la temporalità, essendo evidenziati per la sua somministrazione i momenti dell'assunzione, del trasferimento o cambio di mansioni, dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi, nonché la modifica per evoluzione o per innovazione del quadro dei rischi; c) il coinvolgimento degli organismi paritetici previsti dall'art.20 (ancora più dettagliato e portatore di limitazioni alle scelte datoriali, quanto a contenuti e modalità di somministrazione dell'attività di formazione, è il D.Lgs.n.81 del 2008, art.37 [rispetto al precedente D.Lgs.626/94, n.d.r.]).” Dunque, prosegue la Cassazione richiamando un principio che si è già avuto modo di illustrare, “già questo breve tratteggio del profilo normativo dell'attività di formazione che il datore di lavoro deve assicurare permette di evidenziare il seguente principio: “in tema di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, l'attività di formazione del lavoratore, alla quale è tenuto il datore di lavoro, non è esclusa dal personale bagaglio di conoscenze del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, o per il travaso di conoscenze che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro. L'apprendimento insorgente da fatto del lavoratore medesimo e la socializzazione delle esperienze e delle prassi di lavoro non si identificano e tanto meno valgono a surrogare le attività di informazione e di formazione legislativamente previste, le quali vanno compiute nella cornice formalizzata prevista dalla legge”.” E, nel caso specifico, “ne consegue, che la prova dell'assolvimento degli obblighi di informazione e di formazione del lavoratore non può ritenersi data dalla dedotta circostanza che i due fratelli S. avevano pregresse esperienze per avere esercitato l'attività di taglio di alberi di alto fusto nel loro paese d'origine.” Nell’articolo 37 del D.Lgs.81/08, richiamato dalla Cassazione in quest’ultima sentenza, è dunque rintracciabile un’applicazione al tema della formazione del principio di effettività, da decenni applicato e ribadito in via giurisprudenziale dalla Corte di Cassazione, secondo cui quella prevista dall’attuale articolo 37 stesso non può essere configurata come una “obbligazione di mezzi”, la quale - qualora in questo caso sussistesse - obbligherebbe il datore di lavoro semplicemente allo svolgimento di una certa attività (l’“erogazione” della formazione, indipendentemente dalla verifica dell’assimilazione da parte del lavoratore), bensì va inquadrata come un’obbligazione di risultato, laddove quest’ultimo è rappresentato dalla effettiva assimilazione dei concetti e dei contenuti ad opera dei destinatari della formazione. Se ciò che viene richiesto al datore di lavoro è dunque il raggiungimento di un obiettivo concreto, legato all’apprendimento da parte del lavoratore e quindi ad un risultato verificabile - e da verificarsi obbligatoriamente - nella pratica, lo strumento per il raggiungimento di tale risultato e quindi l’adempimento dell’obbligazione sottostante non può che essere inquadrato in termini fattuali, sostanzialistici e di reale raggiungimento dello scopo, e non certo in termini burocratici, formalistici ed astratti. Un breve cenno ad una interessante sentenza ( Cassazione Penale, Sez.IV, 1 ottobre 2013 n.40605) ce ne fornisce un ulteriore esempio, con riferimento in particolare alla formazione erogata ad un lavoratore straniero. Nella fattispecie, il datore di lavoro di una cooperativa veniva condannato per l’inadeguatezza della “formazione fornita al lavoratore C.G. (impartita mediante due incontri di quindici minuti ciascuno)” Premettendo che “due soli incontri di quindici minuti ciascuno sono insufficienti tenuto conto altresì degli argomenti trattati”, la Cassazione ricorda poi che il Tribunale correttamente “ha rilevato inoltre che sarebbe stato onere del D.P. [datore di lavoro, n.d.r.] accertare se le “procedure scritte” di movimentazione consegnate ai lavoratori fossero state comprese e recepite dagli stessi e in particolare da quelli stranieri, come il C.G., e a tale questione ha dato risposta negativa”. Infatti, come ci ricorda un’altra nota pronuncia della Corte (Cassazione Penale, Sez.IV, 10 febbraio 2005 n.13251), “in tema di sicurezza antinfortunistica, il compito del datore di lavoro è articolato, comprendendo, tra l’altro, non solo l’istruzione dei lavoratori sui rischi connessi a determinati lavori, la necessità di adottare le previste misure di sicurezza, la predisposizione di queste, ma anche il controllo continuo, congruo ed effettivo, nel sorvegliare e quindi accertare che quelle misure vengano, in concreto, osservate, non pretermesse per contraria prassi disapplicativa, e, in tale contesto, che vengano concretamente utilizzati gli strumenti adeguati, in termini di sicurezza, al lavoro da svolgere, controllando anche le modalità concrete del processo di lavorazione. Il datore di lavoro, quindi, non esaurisce il proprio compito nell’approntare i mezzi occorrenti all’attuazione delle misure di sicurezza e nel disporre che vengano usati, ma su di lui incombe anche l’obbligo di accertarsi che quelle misure vengano osservate e che quegli strumenti vengano utilizzati.” Anna Guardavilla Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro |