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Come fare in ogni azienda una formazione efficace ed effettiva

Come fare in ogni azienda una formazione efficace ed effettiva

Un opuscolo riassume le indicazioni normative, gli accordi e i chiarimenti sulla formazione sulla sicurezza e salute sul lavoro. Le quattro fasi di una formazione, le buone pratiche, il libretto formativo e le prescrizioni per ogni attore della sicurezza.

Frosinone, 22 Nov - Le indicazioni normative del Decreto legislativo 81/2008, i vari accordi approvati dalla Conferenza Stato Regioni, le linee applicative e i chiarimenti, i molti decreti rivolti alla formazione di specifici lavoratori, ...
Comprendere quale debba essere la formazione di tutti i vari attori della sicurezza aziendali, partendo dai lavoratori fino al datore di lavoro, non è semplice. È dunque necessario che da questa selva normativa si raccolgano gli elementi più importanti per ridare ai lavoratori e alle aziende un quadro indicativo della formazione che deve essere erogata.
 
In occasione della “Settimana europea per la sicurezza” che si è tenuta a Frosinone dall’8 al 13 ottobre, l’ ASL di Frosinone ha prodotto un breve ma utilissimo opuscolo dal titolo significativo “La formazione sulla sicurezza e salute sul lavoro”.
La pubblicazione, curata dal Servizio PreS.A.L. distretto B  e distretto D dell’Asl,  ha l’obiettivo di informare gli operatori della sicurezza (Datori di Lavoro, RSPP , ASPP, RLS, MC, Lavoratori, Consulenti, Formatori, ecc...) riguardo alla formazione come intervento di prevenzione per promuovere la sicurezza, la salute e il benessere in ambito lavorativo.
 
Innanzitutto vengono distinti due grandi aspetti della sicurezza e della salute dei lavoratori:
- “sicurezza oggettiva: riguardante gli aspetti impiantistici, strutturali, di protezione collettiva ed individuale;
- sicurezza soggettiva: riconducibile agli aspetti culturali, comportamentali, comunicativi e alle prassi affettive dei lavoratori”.
Se gli aspetti oggettivi “limitano il rischio presente”, gli aspetti soggettivi, “invece, aumentano non soltanto la capacità di gestire e fronteggiare il rischio presente, ma anche la possibilità di migliorare la qualità della vita lavorativa. I due aspetti devono, quindi, essere considerati come un unico sistema, poiché lavorare in un ambiente ben strutturato dal punto di vista oggettivo (impianti a norma, rischi ridotti e sotto controllo, ecc..) ma non avere personale adeguatamente formato o, al contrario, avere lavoratori altamente formati e lavorare in ambienti non sicuri comporta, comunque, un alto rischio”.
E dunque necessario in ogni azienda attivare gli idonei “processi di informazione e formazione tendenti ad aumentare i livelli di consapevolezza dei lavoratori sulla problematica della sicurezza sul lavoro”, è necessario “chiamare in gioco le competenze attive della persona” per renderla capace di esercitare un controllo sugli eventi e sulle situazioni in cui è coinvolta, “per far fronte ai mutamenti e poter promuovere le condizioni di cambiamento”.
È insomma necessario eliminare larappresentazione fatalistica del rischio visto come “qualcosa al di fuori della propria capacità di controllo e di dominio”.
 
Dopo aver affrontato i concetti di formazione, informazione e addestramento dal punto di vista del D.Lgs. 81/2008, l’opuscolo ricorda che una formazione efficace ed effettiva “deve essere strutturata come un processo completo e deve essere progettata almeno in quattro fasi”:
- ricognizione dei bisogni formativi: “nella redazione dalla Valutazione dei Rischi aziendali si effettua una analisi iniziale dello stato della formazione. Tale analisi può riguardare il ruolo di un lavoratore (operaio, preposto, ecc..), di un gruppo di lavoratori (reparto manutenzione, ecc..), di una organizzazione nel suo insieme (azienda), con la relativa individuazione degli obiettivi che si vogliono raggiungere, al fine di far crescere le competenze ed i comportamenti sicuri”. In ogni caso prima di intraprendere azioni formative è necessario “porre l’attenzione sull’analisi del contesto e dei bisogni formativi, sull’analisi dei metodi e dei modi di lavorare, con l’individuazione delle situazioni di rischio presenti, permettendo, così, di rilevare i reali bisogni formativi da realizzare”;
- progettazione dell’intervento: “si prende atto dei bisogni formativi del lavoratore e dell’organizzazione e si definiscono gli obiettivi da raggiungere”.  Senza dimenticare che la progettazione di un intervento formativo “richiede le competenze di figure specializzate che abbiano conoscenza specifica sia della realtà aziendale (assetto organizzativo, rischi presenti, ricognizione dei bisogni, ecc..) che della progettazione della formazione e delle metodologie didattiche applicabili al contesto”. Nella fase di pianificazione “bisogna prendere decisioni relative ai soggetti destinatari, ai soggetti erogatori, ai metodi didattici, alla logistica, al budget (risorse da assegnare)”;
- realizzazione delle attività: siamo arrivati al vero e proprio “processo di apprendimento/cambiamento per l’acquisizione degli obiettivi didattici”. La formazione “può durare da poche ore a giorni o mesi, a seconda di quando già previsto nella progettazione. Alla formazione in aula si aggiungono momenti di affiancamento (training on the job), formazione individuale e/o di gruppo. È la fase più importante del processo formativo dove è possibile verificare se sia stata fatta una buona analisi dei bisogni e, eventualmente, se possano essere messe in atto, in itinere, azioni correttive”;
- valutazione (verifica) dell’esito del processo di formazione: la valutazione dei risultati viene ad identificarsi con il momento in cui il formatore “tenta di dare una risposta a tre tipi di domande”. “In che cosa sono cambiati i partecipanti al corso a conclusione di tale esperienza formativa? Quanto di questo cambiamento (o non-cambiamento) è il risultato della loro partecipazione al corso? Quanto è stato efficace il corso in rapporto alla realizzazione degli obiettivi di cambiamento perseguiti”?


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Il documento riporta poi un breve schema relativo alle buone pratiche di un intervento formativo:
- “dimensioni del gruppo: piccoli gruppi max. 30 soggetti;
- lunghezza e frequenza: partecipazione a più sessioni di corso; il tempo dedicato deve essere commisurato ai reali bisogni formativi;
- metodi didattici: campagne informative (ausilio di poster, video, opuscoli, ecc..); comparazione tra istruzioni scritte/ lezioni tradizionali e forme più attive di formazione; metodi basati su role playing e studio dei casi con esperienze pratiche;
- trasferimento degli apprendimenti: comparazione di pratiche sicure e insicure; evitare condizioni che interferiscano con l’espressioni delle pratiche di lavoro;
- fattori motivazionali e promozionali: stabilire obiettivi; fornire feedback;
- qualifica dei formatori: formare i formatori; formare i supervisori; fornire esperienze successive alla formazione;
- ruolo del management: il grado di supporto del management nella formazione impatta sulla natura e sulla durata dei risultati; gli interventi che forniscono alta priorità alla sicurezza e le misure che favoriscono la partecipazione contribuiscono al raggiungimento di un risultato positivo;
- altri fattori: l’accessibilità di dispositivi e materiali; l’ingegnerizzazione e l’ergonomia”.
 
Rimandando i lettori ad una lettura diretta dell’opuscolo in merito alla lista relativa alla formazione di ogni attore della sicurezza (ore di formazione, contenuti minimi generali e specifici, documenti necessari, normative correlate, ...), concludiamo l’articolo parlando del libretto formativo del cittadino quale strumento di individualizzazione della formazione e dell'addestramento del lavoratore.
 
Questo libretto, previsto dall'art. 37, comma 14 del D. Lgs. 81/2008, introduce la possibilità di “una personalizzazione dei percorsi di formazione partendo dalla valutazione del bagaglio culturale del singolo, attestato da uno strumento che segue il cittadino/lavoratore e su cui trovano annotate, in progressione, tutte attività di formazione effettuate”.
In particolare il libretto formativo:
- è utile per la persona, rappresenta “uno strumento di comunicazione”;
è utile per il mercato del lavoro. Può “facilitare la riconoscibilità di professionalità, le competenze individuali e la mobilità” e evidenzia il percorso formativo e professionale del soggetto;
- è utile per le Istituzioni.
Infatti rappresenta uno “strumento di garanzia e formalizzazione, finalizzato a:
- valorizzare i sistemi di certificazione e riconoscimento, in atto nei sistemi dell'istruzione e della formazione professionale;
- garantire la trasparenza e la leggibilità delle informazioni e dei dati formativi e professionali di un soggetto;
- garantire la visibilità delle competenze e delle esperienze maturate dagli individui, in una logica di mobilità geografica e professionale e di apprendimento, su tutto l'arco della vita”.
Nel documento è riportato uno schema di libretto formativo.
 
 
Asl Frosinone, “ La formazione sulla sicurezza e salute sul lavoro”, documento redatto dal Servizio PreS.A.L. distretto B  e distretto D dell’Asl Frosinone (formato PDF, 407 kB).
 
 
Tiziano Menduto
 

Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
 

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Rispondi Autore: Eugenio Borghese - likes: 0
22/11/2012 (13:41:03)
Ma alla asl di Frosinone lo sanno che il libretto formativo è ad oggi lettera morta, dopo che la sperimentazione sulla sua implementazione si è conclusa nel 2010 ?? ad oggi c'è un pressocchè completo vuoto normativo su rilascio e gestione, in perfetto "italian style"
Rispondi Autore: Valentina Ganzetti - likes: 0
22/11/2012 (20:43:11)
Credo che non sappiano nemmeno che l'aggiornamento PS per il gruppo A è di 6 ore e mi pare ci sia anche confusione sulla formazione specifica del preposto!
Rispondi Autore: Gabriele Brion - likes: 0
03/12/2012 (12:04:24)
Sinceramente mi risulta che il DM.388/03 dica semplicemente che l'aggiornamento del corso PS deve essere relativo "almeno alla parte pratica". Universalmente si è optato per le 4 ore ma non ho mai trovato traccia (a livello nazionale) del fatto che l'aggiornamento del gruppo A debba essere di 6 ore. Mi risulta che si faccia di 6 ore perchè così viene generalmente richiesto da alcune ASL. Possibile che quella di Frosinone non sia fra queste. Se mi sbaglio correggetemi pure, però non sarebbe la prima volta che alcune ASL, piuttosto che Province o Regioini facessero qualcosa di diverso dalle altre creando grande confusione. Secondo il mio modesto parere, i lavoratori e le aziende presenti sul territorio nazionale dovrebbero essere tutte uguali e con pari tutele. Non è possibile che un'azienda che ha sedi in regioni diverse debba trattare le proprie filiali caso per caso! Cordiali saluti.

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