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Le responsabilità per la caduta dall’alto di un lavoratore in un’acciaieria

Le responsabilità per la caduta dall’alto di un lavoratore in un’acciaieria
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Industria siderurgica, lavorazione metalli

29/05/2019

Una sentenza della Corte di Cassazione si sofferma su un infortunio in un’acciaieria con riferimento all’utilizzo di un carrello di servizio e a una caduta dall'alto in assenza di adeguati dispositivi di protezione individuale.

Le responsabilità per la caduta dall’alto di un lavoratore in un’acciaieria

Una sentenza della Corte di Cassazione si sofferma su un infortunio in un’acciaieria con riferimento all’utilizzo di un carrello di servizio e a una caduta dall'alto in assenza di adeguati dispositivi di protezione individuale.

 

Roma, 29 Mag – Non sono poche le sentenze della Corte di Cassazione che in questi anni hanno esaminato le questioni di diritto in merito alle responsabilità per cadute dall’alto dei lavoratori correlate all’assenza di adeguate protezioni collettive o di idonei dispositivi di protezione individuale.

 

Ricordiamo, solo a titolo esemplificativo, la sentenza n. 46407 del 12 ottobre 2018 relativa alla caduta da un trabattello e alla mancanza di protezioni e formazione, o la sentenza n. 40702 del 07 settembre 2017 con riferimento ad un infortunio mortale a seguito di caduta da un ponteggio. O, ancora, la sentenza n. 45862 del 5 ottobre 2017 che ha affrontato un ricorso relativo alle responsabilità per una caduta dall'alto durante i lavori di pittura delle pareti esterne di un vano ascensore.

 

Tuttavia le cadute dall’alto non avvengono solo nel comparto delle costruzioni.

Una recente sentenza della Cassazione – la sentenza n. 46431 del 12 ottobre 2018 - ha affrontato il tema della caduta dall’alto e delle responsabilità correlate in un’acciaieria e con riferimento all’utilizzo di un carrello di servizio e a una caduta dall'alto in assenza di adeguati dispositivi di protezione individuale.

 

L’evento infortunistico

I motivi del ricorso

Le indicazioni della Cassazione


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L’evento infortunistico

Nella pronuncia della Cassazione si indica la Corte di Appello di Brescia “ha riformato limitatamente al trattamento sanzionatorio, riconoscendo la circostanza attenuante prevista dall'art.62 n.6 cod. pen., la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Bergamo nei confronti di R.M. in relazione al reato di cui agli artt.113 e 590, commi 1, 2 e 3 cod. pen. per avere cagionato, in qualità di amministratore unico dell'impresa” XXX s.r.l. e datore di lavoro, “lesioni gravi a G.B.M., per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia nonché nella violazione dell'art.2087 cod. civ., dell'art.71, comma 4, lett.a) d. lgs. 9 aprile 2008, n.81 per non avere preso le misure necessarie affinchè il carrello di servizio della fossa venisse utilizzato in conformità alle istruzioni d'uso del costruttore ed in particolare affinchè venisse utilizzato da un operatore esperto con idonee cinture di sicurezza per salire ed operare sulla passerella mobile, cinture da agganciarsi alla struttura immediatamente dopo essere saliti sulla passerella, assistito da un altro operatore che operasse da terra, e dell'art.37, commi 1,3 e 4 lett.a) d. lgs. n.81/2008 per non avere effettuato una idonea formazione ed addestramento al lavoratore in materia di sicurezza sul lavoro sui rischi specifici legati all'utilizzo del carrello fossa con particolare riferimento al pericolo di caduta dall'alto”.

 

Veniamo alla ricostruzione dei fatti operata nelle sentenze di merito.

 

Il lavoratore stava eseguendo, nel reparto acciaieria della YYY s.p.a., “operazioni di manutenzione subappaltate all'impresa sua datrice di lavoro” XXX s.r.l.; “tali operazioni consistevano nel controllo visivo della pulizia all'interno della colonna di colata e delle lingotterie a bordo di un carrello posto a servizio della fossa di colata; nell'eseguire il predetto controllo, guardando all'interno con una torcia elettrica quando il carrello fosse passato sopra la fossa, aveva perso l'equilibrio ed era caduto oltre il parapetto del carrello all'interno della fossa, da un'altezza di circa sette metri riportando trauma cranico cerebrale e politrauma”.

 

I motivi del ricorso

Il ricorso per cassazione censura innanzitutto la sentenza impugnata per vizio di motivazione.

 

Nel ricorso si ritiene, in particolare, che la Corte di Appello “abbia confermato la pronuncia di condanna travisando le caratteristiche della passerella in uso al lavoratore, considerandola alla stregua di un ‘apparecchio di sollevamento di tipo mobile’ senza confrontarsi adeguatamente con le osservazioni critiche del consulente tecnico di parte, che aveva invece evidenziato trattarsi di una ‘piattaforma di lavoro autosollevante su colonne’ per la quale non è previsto l'uso di ulteriori D.P.I. anti-caduta in presenza di dispositivi di sicurezza collettivi come un regolare parapetto e la tavola fermapiede”.

E si deduce che la Corte avrebbe ulteriormente travisato il fatto “ritenendo che nel manuale d'uso del carrello sarebbe stata presente la prescrizione dell'obbligo di installare sulla passerella le cinture di sicurezza ed affermando che l'imputato, dopo l'infortunio, avrebbe apportato le opportune modifiche strutturali onde installare le linee di trattenuta. Il ricorrente, si sostiene, si sarebbe limitato a posizionare all'esterno della passerella una linea vita alla quale l'operatore potesse agganciare il cordino del dispositivo anti-caduta”.

 

Con un secondo motivo, si deduce poi la contraddittorietà della motivazione “nella parte in cui, pur avendo escluso elementi di riscontro alla tesi difensiva secondo la quale il lavoratore avrebbe scavalcato il parapetto, ha effettuato un giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti ‘in ragione del concorso di colpa dell'infortunato”.

 

Le indicazioni della Cassazione

La Cassazione indica innanzitutto che il ricorrente è stato condannato “per aver violato alcune regole cautelari specifiche, segnatamente la regola che impone al datore di formare i lavoratori in relazione ai rischi connessi alle mansioni loro affidate e la regola che impone al datore di lavoro di adottare le misure necessarie affinchè le attrezzature di lavoro siano utilizzate in conformità alle istruzioni d'uso”.

E fatta tale premessa la Cassazione sottolinea che il primo motivo di ricorso sembra ignorare che “la contestazione attiene alla violazione dell'obbligo di attenersi alle regole cautelari indicate dal costruttore, dirottando l'attenzione su osservazioni del consulente tecnico di parte che tendono a mettere in discussione il fondamento di tali regole cautelari”.

Ma poiché tali osservazioni non sono in grado di “elidere l'operatività del precetto cautelare, né la prevedibilità dell'evento”, si può ritenere – continua la Cassazione - che la Corte territoriale “abbia congruamente esaminato le doglianze difensive sul punto, ponendo l'accento sul funzionamento della piattaforma e sul rischio di cadute dall'alto connesso al suo utilizzo”.

 

Inoltre il datore di lavoro non può “ritenersi esente da responsabilità qualora si sia posto, con un utilizzo della macchina non conforme al manuale d'uso, nella condizione di ampliare l'area di rischio infortunistico, posto che in tale situazione emerge con chiarezza la sussistenza di quel concreto elemento che rende prevedibile l'evento”.

E si ricorda che la nozione della prevedibilità dell'evento “è stata elaborata dalla giurisprudenza di legittimità. Valutando la prevedibilità di un evento, il giudice si pone, in sostanza, il problema delle conseguenze di una certa condotta commissiva od omissiva avendo presente il modello di agente, ossia il modello dell'uomo che svolge paradigmaticamente una determinata attività che importa l'assunzione di certe responsabilità nella comunità, la quale esige che l'operatore concreto si ispiri a quel modello facendo tutto ciò che da questo ci si aspetta (Sez.4, n.31462 del 26/05/2006, Capobianchi, Rv.23542301)”.

 

Nella relazione del consulente di parte si sostiene poi che il costruttore “non avesse prescritto l'installazione di cinture di sicurezza e che la passerella non fosse idoneo punto d'aggancio, sottilizzando sulla distinzione tra prescrizione d'utilizzo ed installazione delle cinture. Ma si deve considerare che la cintura di sicurezza, per essere tale, deve necessariamente avere un punto d'ancoraggio e che quest'ultimo non può che essere installato sul macchinario, ove si tratti di macchinario mobile. Non ricorre, pertanto, alcun travisamento della prova, avendo i giudici di merito correttamente identificato la prescrizione circa l'utilizzo delle cinture di sicurezza con il previo obbligo di installare idonei punti di ancoraggio sulla macchina”.

 

Infine anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile “per difetto d'interesse del ricorrente”.

 

Rimandando il lettore alla lettura integrale della sentenza e delle indicazioni della Cassazione relative al primo e al secondo motivo di ricorso, riportiamo le conclusioni della sentenza.

 

Tiziano Menduto

 

Scarica la sentenza da cui è tratto l’articolo:

Corte di Cassazione Penale, Sez. 4 – Sentenza 12 ottobre 2018, n. 46431 - Utilizzo di un carrello di servizio e caduta dall'alto. Dispositivi di protezione individuale.



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Rispondi Autore: Paolo Giuntini immagine like - likes: 0
29/05/2019 (09:08:29)
Molto preciso e dettagliato, tutto condivisibile. La prevenzione del rischio caduta dall'alto è purtroppo assai disattesa: si osservano spesso operazioni sui tetti senza alcuna protezione; poi, se la linea vita compare a lavori quasi ultimati, comunque viene totalmente ignorata.

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