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Strategie e difficoltà per la prevenzione dei rischi alcolcorrelati

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Industria alimentare

27/08/2012

Alcol, lavoro e prevenzione nelle politiche nazionali, europee e internazionali. I pericoli della sostanza alcol, la carenza di finanziamenti, i rischi nei luoghi di lavoro, l’assenteismo e la strategia del Piano Nazionale Alcol e Salute.

 
 
Bologna, 27 Ago – L’alcol è una sostanza che, se nella scala del “danno alla salute” arriva poco dopo sostanze come eroina, cocaina o barbiturici, è invece la più dannosa “socialmente” tra le droghe. 
Questi alcuni dei dati tratti da un intervento presentato al convegno “ Il progetto alcol e lavoro della Regione Emilia-Romagna tra promozione di sani stili di vita e applicazione della normativa” che si è tenuto a Bologna il 24 novembre 2011.
 
L’intervento “Alcol, lavoro e prevenzione. Evidenze e scenari a livello nazionale, europeo e internazionale”, a cura di Emanuele Scafato (Istituto Superiore di Sanità - Direttore Osservatorio Nazionale Alcol), si occupa infatti del rapporto tra alcol e lavoro con riferimento ai più recenti studi, alle strategie e alle conseguenze delle politiche nazionali, europee e internazionali di prevenzione dei rischi alcolcorrelati.


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Dopo aver messo in rilievo come l’alcol sia un’agente “tossico, cancerogeno, psicotropo, induttore di dipendenza, calorico e anti-nutriente”, il relatore indica che uno dei problemi è “la bassa percezione del rischio dell’impatto sociale dell’alcol”, impatto sociale che può avere diverse conseguenze:
- “danni, lesioni, incidenti a danno di terzi: incidenti stradali, violenza, violenza domestica, danni al feto, trasmissione di virus, danni al patrimonio;
-problemi familiari: divorzi, separazioni, perdita della sicurezza economica e del benessere familiare, maltrattamento dei minori, perdita del lavoro;
-costi pagati dalla società: perdita della produttività, assenteismo, costi sanitari, contrasto agli atti di criminalità agiti sotto gli effetti dell’alcol, costi della sicurezza, delle forze dell’ordine, costi sostenuti dalle assicurazioni, dal sistema carcerario”.
 
Il documento - ricchissimo di dati tratti da studi, ricerche e documenti ufficiali sui problemi alcol correlati – riporta una tabella sulle conseguenze di 100 dollari (85 euro) in più di salario, di spesa per welfare, di spesa sanitaria pro-capite sui livelli specifici di mortalità in EU”.
La mancanza di politiche sanitarie rivolte alla prevenzione del consumo di alcol e la mancanza di risorse umane ed economiche per la ricerca e per la prevenzione, sono tra i principali ostacoli alla definizione e implementazione di efficaci strategie per affrontare il problema.
Iltema della carenza di finanziamenti risulta centrale: secondo una recente pubblicazione di Stukler sul British Medical Journal, la riduzione di 85 euro per persona di investimento in welfare determinerebbe l’anno successivo un incremento del 2,8% della mortalità alcol correlata nella popolazione ed in particolare tra gli anziani.
 
Dopo aver riportato una tabella con le principali cause di mortalità, morbilità e disabilità nel mondo in frazioni di mortalità attribuibile e di anni di vita persi, l’intervento si sofferma sul tema del lavoro.
 
La International Labour Organisation – ILO, stima che “globalmente il 3-5% della forza lavoro sia affetta da alcoldipendenza e il 25% circa consumi attualmente quantità di alcol che espongono al rischio di alcoldipendenza”.
 
Queste alcune indicazioni tratte dal “Framework on alcohol policy (FAP) in the european region” (WHO – World Health Organization):
- “alcuni settori della società e certe circostanze dovrebbero essere alcoholfree. In particolare, non dovrebbe esserci consumo di alcol durante l’infanzia e l’adolescenza e negli ambienti frequentati dai giovani.  Altre situazioni e circostanze importanti che dovrebbero essere alcoholfree sono il traffico stradale, i luoghi di lavoro e la gravidanza”;
- “molti bevitori a rischio lavorano e possono perciò essere raggiunti attraverso interventi nei luoghi di lavoro. Per arrivare ad attività sistematiche in questo campo, è necessario adottare politiche sull’alcol nei luoghi di lavoro. Tali politiche dovrebbero stabilire delle regole sul consumo di alcol prima e durante l’orario di lavoro. Dovrebbero altresì comprendere linee guida per la gestione di situazioni a rischio e di problematiche alcol correlate”;
 - “i luoghi di lavoro: l’efficienza dei luoghi di lavoro dipende dalle capacità dei propri lavoratori di esprimere giudizi e di portare a termine incarichi qualificati”. Nel settore dei trasporti “i lavoratori sotto l’influenza dell’alcol costituiscono un rischio per la salute di terzi oltre che per la propria salute”. Esistono poi molti altri settori “nei quali si richiedono elevate prestazioni ai lavoratori.Dal punto di vista della salute pubblica, pertanto, l’alcol dovrebbe essere escluso dalle attività lavorative”;
- “il sistema di assistenza primaria rappresenta una parte importante della comunità locale. L’efficacia dello screening e dell’intervento breve nei confronti dei bevitori a rischio è sostenuta da numerosi studi di letteratura internazionale. Per implementare questi programmi, i professionisti del campo sanitario devono avere un ruolo attivo ed essere supportati dalle autorità sanitarie. I servizi specialistici sono necessari per il trattamento di gravi problemi di alcoldipendenza e dovrebbero essere collegati con altri approcci professionali e non professionali”.
 
L’intervento riporta le aree strategiche del Piano Nazionale Alcol e Salute (PNAS) - tra questi c’è “ambienti e luoghi di lavoro” - nonché alcuni obiettivi:
- “ridurre i consumi a rischio (e in particolare quelli eccedentari e al di fuori dei pasti) nella popolazione e in particolare nei giovani, nelle donne e nelle persone anziane;
- ridurre la percentuale dei giovani minori di 18 anni che assumono bevande alcoliche, nonché l’età del primo contatto con le stesse;
- ridurre il rischio di problemi alcolcorrelati che può verificarsi in una varietà di contesti quali la famiglia, il luogo di lavoro, la comunità o i locali dove si beve”. 
Tra i risultati attesi c’è la “riduzione del danno prodotto dall’alcol sui luoghi di lavoro, in particolare nei luoghi di lavoro a rischio per la salute e la sicurezza di terzi, sopratutto per quanto attiene alla violenza e agli incidenti”. 
Per l’area strategica relativa ai luoghi di lavoro è necessario “attivare la collaborazione del mondo delle imprese e delle organizzazioni sindacali, anche d’intesa con le Amministrazioni regionali del Lavoro e nell’ambito di quanto previsto dalle normative sulla sicurezza nonché dalla legge 125/2001, per promuovere nei luoghi di lavoro una politica sull’alcol fondata sull’educazione, la prevenzione, la tempestiva identificazione, o autoidentificazione, dei soggetti a rischio e la possibilità di intraprendere, nel pieno rispetto della privacy, trattamenti integrati resi disponibili presso le strutture sanitarie”.
 
Riprendiamo brevemente qualche aspetto trattato nel secondo documento agli atti (i documenti relativi all’intervento sono quattro), con riferimento al mondo del lavoro e a vari documenti ufficiali (“European Status Report on Alcohol and Health 2010”, “European action plan to reduce the harmful use of alcohol 2012-2020”, ...).
Nel documento si sottolinea che nei luoghi di lavoro, “il consumo dannoso di alcol ed i consumi eccessivi episodici aumentano il rischio di problemi quali l’assenteismo, l’ ‘eccessiva presenza’ (ma con scarsa produttività), arrivare al lavoro in ritardo, lasciare il lavoro prima del tempo, un aumentato turnover legato a morti premature, scarsa produttività, comportamenti inappropriati, furti ed altri reati così come altri problemi che richiedono provvedimenti disciplinari, difficoltà nel lavoro di gruppo ed uno scarso spirito aziendale. Al contrario, fattori strutturali degli ambienti di lavoro, incluso lo stress eccessivo ed una bassa soddisfazione, possono aumentare il rischio di disordini alcolcorrelati e l’alcoldipendenza”. 
 
Uno studio svedese ha rilevato che “l’incremento di un litro di bevande alcoliche consumate è associato ad un incremento significativo del 13% delle assenze per malattia tra gli uomini (Norström 2006)”, mentre un altro studio (Johansson et al 2008) indica che in Finlandia “il consumo di alcol misurato in bicchieri per settimana è risultato significativamente associato con il numero di giorni di malattia per entrambi i sessi”.
 
Per finire qualche indicazione sulla normativa italiana.
In Italia, il legislatore è intervenuto con una normativa che interessa sia il datore di lavoro sia il lavoratore.
In particolare con la legge n.125/2001 è stato introdotto “il divieto di assunzione e somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche ai lavoratori occupati in attività comportanti un elevato rischio di infortuni sul lavoro, così come individuate dal Provvedimento attuativo del 16.03.06. Se le lavorazioni rientrano tra quelle elencate nel decreto attuativo, il datore di lavoro deve vietare la somministrazione e l'assunzione di bevande alcoliche in ogni luogo e in ogni tempo di lavoro: mensa, spaccio aziendale, distributori automatici”.
Spetta alle aziende “stabilire il divieto sul regolamento aziendale e vietarne l'uso nelle mense o nelle convenzioni per servizi di ristorazione esterni”.
 
      
Alcol, lavoro e prevenzione. Evidenze e scenari a livello nazionale, europeo e internazionale”, a cura di Emanuele Scafato (Istituto Superiore di Sanità - Direttore Osservatorio Nazionale Alcol): prima parte (formato PDF, 4.6 MB), seconda  parte (formato PDF, 4.2 MB),  quarta parte (formato PDF, 6.8 MB). Intervento al convegno “Il progetto alcol e lavoro della Regione Emilia-Romagna tra promozione di sani stili di vita e applicazione della normativa”.
 
 
Tiziano Menduto


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Rispondi Autore: raymond issa - likes: 0
19/08/2012 (15:55:56)
L'analisi e perfetta e tutti dovrebbero aiutare a debellare questa catastrofe

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