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Sostanze chimiche e salute dei mari

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Industria alimentare

06/09/2004

In tartarughe marine e cetacei evidenziati elevati livelli di PCB. A rischio anche la salute dell’uomo?

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Tartarughe marine e cetacei sono più esposti all’“accumulano” di sostanze chimiche nocive; un campanello di allarme per la salute dei mari italiani e, quindi, per la nostra salute.
Un gruppo di ricercatori coordinati dal prof. Silvano Focardi, docente di ecologia e all’Università di Siena e membro del Comitato Scientifico del WWF, ha rinvenuto in quattro esemplari di tartarughe marine provenienti dal Nord Adriatico, intrappolati nelle reti di pescatori, tracce significative di policlorobifenili (PCB), compresi i congeneri più pericolosi (quelli chiamati diossino-simili).
Si tratta di idrocarburi clorurati usati diffusamente in passato nell’industria elettrotecnica, ma anche come plastificanti e solventi.

Una allerta che si aggiunge ai risultati di un altro studio sull’accumulo di sostanze tossiche in altre specie protette, condotto sui tessuti, gli organi e il sangue di cetacei (balenottere comuni, delfini, stenelle, tursiopi) in Mar Ligure, Tirreno, Adriatico e Ionio.
La ricerca ha rilevato la presenza di sostanze tossichetra le quali DDT (insetticida da anni fuori commercio), PCB (Policlorobifenili), IPA (Idrocarburi policiclici aromatici) in decine di esemplari.

Le ricerche hanno dimostrato la capacità dei PCB di accumularsi in questi organismi marini, ma di concentrarsi preferibilmente nel grasso animale.

“La campagna di biomonitoraggio, avviata per indagare sul legame tra inquinanti e salute delle diverse specie, - afferma il WWF - ha messo in evidenza un livello crescente di PCB nel nostro mare. I policlorobifenili introdotti dall’attività industriale ed agricola di questi ultimi anni come documentano i valori misurati in pesci, cetacei, tartarughe e sedimenti marini non mostrano segni evidenti di diminuzione. Questo perché l’ambiente marino è in grado di trattenere ed accumulare perfino idrocarburi semi-volatili, come i PCB, i quali a loro volta sono riconosciuti come fortemente persistenti e bioaccumulabili.”
Gravi rischi incombono, quindi, anche sulla salute umana; i pesci e le altre forme di vita assorbono dal mare le sostanze disciolte in esso e trattengono nei loro tessuti tutte quelle che non riescono ad eliminare come i policlorobifenili. L’accumulo di sostanze tossiche negli organismi marini e nella catena alimentare mette a rischio anche la salute dell’uomo, in quanto consumatore di prodotti del mare.

Più di una ragione determinano il maggiore accumulo di tali sostanze nelle tartarughe; innanzitutto il fatto che esse si trovano in un ecosistema chiuso (il tempo di turnover delle acque del Mediterraneo è stimato in 100 anni), nel quale i contaminanti non riescono a diluirsi per mancanza di ricambio d’acqua.
Le tartarughe nutrendosi a loro volta di pesci, gasteropodi, crostacei, introducono nel proprio organismo anche la parte di inquinanti che prima era delle loro prede. La loro longevità in ultimo è ciò che gli permette d’incrementare negli anni il valore di sostanze chimiche tossiche, fino a livelli che possono essere ritenuti pericolosi per la loro salute (bioaccumulo).
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