Imparare dagli errori: quando a scoppiare è il serbatoio di un autobus
Brescia, 23 Mar – Come raccontato in diversi articoli del nostro giornale in Italia sono ancora diversi gli incendi/esplosioni provocati da bombole di gas o in cui, comunque, le bombole rimangono coinvolte.
A ricordarlo è, ad esempio, il documento “ Scoppi di bombole e serbatoi: analisi ed interpretazione dei segni” che, pubblicato dal Nucleo Investigativo Antincendi ( NIA), si è soffermato nel 2019 sui rischi e gli eventi incidentali correlati alle esplosioni di bombole e serbatoi con particolare riferimento al tema dell'investigazione antincendio e al pericolo del riempimento abusivo di bombole per uso domestico, ad esempio presso le stazioni di rifornimento carburanti per autotrazione.
La rubrica “ Imparare dagli errori”, dedicata al racconto degli infortuni professionali, si sofferma oggi su questi eventi incidentali partendo da uno dei casi studio presentati nel documento e relativo all’esplosione di un autobus di linea urbana.
Nel documento si parla infatti di un autobus di linea alimentato a metano che “ha subito lo scoppio di uno degli 8 serbatoi con capacità di 140 litri cadauno per un singolo peso medio di circa 95 kg. Lo scoppio ha provocato la frammentazione della bombola con proiezione di parti metalliche anche a rilevante distanza, provocando danni alle abitazioni circostanti. Lo scoppio ha provocato inoltre, lo sfondamento del tetto dell’autobus, la rottura di gran parte dei vetri, lo sfondamento delle porte, la distruzione di gran parte degli arredi interni e la proiezione a distanza della copertura delle bombole e delle due bombole adiacenti a quella esplosa”.
Questi gli argomenti trattati nell’articolo:
- Il caso dell’esplosione dell’autobus: l’esame dei reperti e le considerazioni
- Il caso dell’esplosione dell’autobus: le cause dell’evento
Il caso dell’esplosione dell’autobus: l’esame dei reperti e le considerazioni
Riguardo all’esplosione dell’autobus di linea alimentato a metano il documento del Nucleo Investigativo Antincendi – un nucleo del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco che studia e analizza le cause d'incendio – si sofferma, nella fase descrittiva e analitica, su vari aspetti, dall’esame dei reperti a varie considerazioni sull’evento.
Riprendiamo dal documento una immagine:
Nella parte relativa all’esame dei reperti si indica che “sono state rilevate alcune abrasioni in corrispondenza delle sommità delle bombole, che hanno un rivestimento di matrice polimerica rinforzata con fibre di vetro, da mettere in relazione ad una interferenza anomala fra la copertura del tetto in corrispondenza delle nervature longitudinali e le bombole stesse”. E gli accertamenti hanno consentito di “rilevare assenza di residui di combustione o di passaggio di fiamme nell’intorno dello squarcio della bombola collassata, in corrispondenza dei materiali a vista che potevano conservare traccia di fiamme conseguenti alla combustione di metano”.
Sono poi riportate alcune considerazioni.
Ad esempio “l’esame delle superfici di frattura della bombola, condotto visivamente, ha permesso di effettuare le seguenti osservazioni:
- Non sono presenti cricche di fatica
- Non sono presenti cricche preesistenti alla messa in servizio o altri difetti macroscopici dell’acciaio (ripiegature, inclusioni di scoria, ecc.)
- Non sono presenti superfici di frattura cristalline e lucenti (fratture fragili per clivaggio o per distacco intergranulare)”.
E dunque l’analisi dettagliata della morfologia delle fratture porta a concludere “che la rottura del liner della bombola è avvenuta per sovrapressione interna, non essendo presenti segni di fenomeni che avrebbero potuto provocare una rottura prematura a pressioni più basse”.
Il fatto che nella bombola scoppiata – continua il documento – “la pressione possa essere salita a valori elevati per semplice effetto fisico dovuto all’aumento della temperatura a volume costante del metano, può essere ragionevolmente ricostruito ipotizzando che anche per tale bombola si siano realizzate condizione anomale quali quelle riscontrate per altre due bombole installate sul parco autobus nel corso dell’accertamento tecnico. Le condizioni riscontrate per le bombole con pressione anomala (circa 280 bar a 29°C), al crescere della temperatura, possono portare la pressione fino a raggiungere 300 bar a 50°C e 350 bar a 70°C”. E il giorno dell’incidente “la temperatura ambiente era particolarmente elevata e questo porta a ritenere che, anche per effetto della colorazione nera del tetto, della mancanza di aerazione, del contributo dei solenoidi delle elettrovalvole (circa 200 W), la temperatura all’interno del vano di alloggiamento delle bombole, possa essere salita anche per periodi prolungati, a valori piuttosto alti (occasionalmente su autobus fermi parcheggiati al sole si sono misurati valori fino ad oltre 75 ° C)”.
Si deve concludere che “il flusso di gas fosse impedito verso l’esterno e consentito solo verso l’interno o per blocco dell’elettrovalvola o per mancanza di alimentazione elettrica. In tali condizioni la bombola può essere caricata, ma il metano non può uscire da essa”. E il caricamento ripetuto di una bombola con elettrovalvola non funzionante “porta pertanto ai seguenti eventi:
- nel corso del primo caricamento (partendo pertanto da bombola pressochè vuota) il gas viene compresso a 220 bar e la temperatura si innalza ragionevolmente intorno ai 40 ° C, completato il rifornimento, il gas progressivamente si raffredda e la pressione diminuisce;
- al secondo caricamento essendo l’elettrovalvola bloccata, il gas non è uscito e al metano già presente ne viene aggiunta una ulteriore quantità e la temperatura che si raggiunge risente in maniera decisa della temperatura del gas già presente e pertanto si raggiungeranno temperature inferiori a quelle del primo caricamento;
- reiterando il processo più volte e caricando ogni volta una piccola quantità di gas, ovviamente via via sempre inferiore, si arriverà ad ottenere una condizione di equilibrio fra la massa del gas (che non verrà più incrementata da ulteriori caricamenti), e la temperatura (che sarà quella del gas prima del caricamento e quindi pari a quella ambientale)”.
Si indica poi che il caricamento di una bombola con elettrovalvola bloccata effettuato ripetutamente con temperature esterne estremamente basse, “permette di caricare una quantità di gas, che a temperature di oltre 75 °C (temperature raggiunte dalle bombole nei periodi caldi), ha indotto nella bombola scoppiata pressioni superiori a 350 bar”, ma siccome “tutte le bombole scoppiano a pressioni superiori a 500 bar, è necessario effettuare una ulteriore ipotesi per rendere ragione dell’incidente accaduto, ed in particolare l’ipotesi che sia intervenuto un danneggiamento del materiale composito tale da non garantire il suo totale contributo alla resistenza della bombola alla pressione interna”.
In particolare il materiale composito con cui è rivestito il liner di acciaio “è costituito da una matrice polimerica in resina poliestere isoftalica rinforzata con fibra di vetro di tipo E, e tale materiale può andare soggetto ad un degrado se mantenuto sotto carico costante (rappresentato dalla pressione interna) ed a temperature superiori ad un certo limite. Non per nulla infatti, nella specifica tecnica riportata nelle prove di omologazione delle bombole secondo la normativa EN 12257 viene prescritto che la temperatura di esercizio della bombola deve essere compresa fra i – 20 e + 50 °C”.
Il caso dell’esplosione dell’autobus: le cause dell’evento
Riguardo alle cause dell’evento il documento del Nucleo Investigativo indica che l’incidente è stato causato dallo scoppio di una bombola per effetto di una sovrapressione interna”. E “per una più facile comprensione delle concatenazioni delle cause si riassume sinteticamente la sequenza degli eventi:
- L’elettrovalvola della bombola si blocca per malfunzionamento o interruzione del circuito elettrico.
- Con l’elettrovalvola bloccata la bombola non partecipa all’alimentazione del combustibile ma può essere caricata.
- Nelle condizioni di carica anomala (temperatura esterna molto bassa a 220 bar) la bombola in condizioni climatiche più calde ha potuto raggiungere pressioni fino a 390 bar, la temperatura del gas all’interno ha raggiunto temperature di 75 °C (o pressioni superiori se la temperatura è salita oltre tale livello).
- I materiali polimerici sono soggetti al fenomeno dello scorrimento viscoso se mantenuti sotto sollecitazione costante a temperature superiori ad un determinato limite e con matrice polimerica in grado di deformarsi plasticamente per scorrimento viscoso, si possono determinare condizioni di eccessiva deformazione o rottura locale di fibre con un abbassamento della pressione necessaria per determinare lo scoppio della bombola”.
Riprendiamo dal documento anche una seconda immagine relativa all’evento:
Rimandiamo alla lettura integrale del documento che riporta anche il caso studio di un’esplosione di una bombola in una casa privata.
Tiziano Menduto
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
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