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UOMINI DELLA SICUREZZA: MANCA LA FORMAZIONE

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PuntoSicuro pubblica un articolo di Adalberto Biasiotti sul panorama italiano della formazione nel settore della sicurezza.

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Emerge una forte carenza di cultura della formazione, nel mondo della sicurezza italiana. La prima vistosa lacuna nel panorama formativo italiano è rappresentata dall’assoluta mancanza di programmi istituzionali di formazione nel settore della sicurezza. In diversi paesi anglosassoni esistono invece numerosi programmi a livello universitario e para universitario, per avviare i giovani nel mondo della sicurezza.

 

La mancanza di programmi istituzionali di formazione per giovani risorse, che vogliono dedicare la loro attività professionale al mondo della sicurezza, rappresenta indubbiamente una vistosa lacuna nel panorama formativo italiano. Basta andare in Inghilterra o negli Stati Uniti, per vedere come esistono numerosi programmi, gestiti a livello universitario e para universitario, per avviare i giovani su un percorso assai impegnativo, che li porterà a diventare uomini della sicurezza. Se si pensa che nemmeno per la sicurezza antinfortunistica, ancora oggi, esistono percorsi riconosciuti ed in grado di garantire un idoneo livello di preparazione ai partecipanti, figuriamoci quale è la situazione nel settore della formazione in sicurezza anticrimine. Chi scrive non può che apprezzare gli sforzi a suo tempo compiuti dal professor Balloni, dell'Università di Bologna, che forse primo in Italia ha organizzato un corso di formazione, mirato a preparare i giovani ad affrontare con competenza il mondo della sicurezza anticrimine.

Ho studiato attentamente il programma formativo ed i formatori, che erano stati coinvolti nel programma, e il mio giudizio è nel complesso positivo, anche se vi erano alcuni aspetti che potevano essere certamente migliorati. Questi aspetti migliorabili non vanno tanto ricondotti all'organizzatore del corso di formazione, quanto al fatto che in Italia mancano docenti, che non solo abbiano una sufficiente preparazione per insegnare agli altri, ma abbiano anche le doti di insegnante. Non serve infatti essere il massimo specialista del settore, se non si è capaci di trasferire ai giovani le competenze acquisite in tanti anni di attività professionale. Oggi la stragrande maggioranza dei formatori, in temi legati alla sicurezza anticrimine, e soprattutto di natura impiantistica, è formata da uomini di "bottega". Questa espressione non ha affatto un valore dispregiativo, ma caratterizza il fatto che la persona in questione ha maturato la sua esperienza in un contesto essenzialmente aziendale, laddove i vincoli commerciali e di budget possono influenzare in maniera significativa il processo di maturazione del docente. E' difficile che un docente, che proviene da una azienda che produce un determinato tipo di sensore, quando viene chiamato ad illustrare ai giovani le caratteristiche dei sensori, possa spogliarsi della sua provenienza e presentare un quadro oggettivo della situazione. Lo stesso inconveniente si riscontra partecipando alle altre attività di aggiornamento professionale, oggi disponibili in Italia, e rappresentate da convegni aventi per tema argomenti di sicurezza anticrimine. Nella stragrande maggioranza dei casi, i relatori provengono dalle industrie e questo fatto deve sempre destare l'attenzione di un partecipante, alla ricerca di un informazione oggettiva e bilanciata. Da questo punto di vista, preferisco certamente assistere alla relazione di un utente, che perlomeno è posto in una posizione di maggiore equilibrio, perché mi auguro che le sue scelte siano state basate su un confronto delle varie soluzioni; inoltre, la relazione di un utente può svelare i risvolti negativi di determinate soluzioni, che mai verranno svelati da chi questa soluzione propone.

 

Gli istituti privati di formazione

In Italia vi sono alcuni istituti privati di formazione, come ad esempio Informa, che è legato alla organizzazione che pubblica questa rivista, che hanno messo a punto dei percorsi formativi, specificamente calibrati sul mondo della sicurezza, e che hanno prestato la massima attenzione nel selezionare i docenti.

Chi scrive ha vissuto la nascita e l'evoluzione di questi corsi ed è ragionevolmente tranquillo circa la completezza ed obiettività dell'istruzione impartita. L'unico problema è che questi corsi si dirigono a soggetti che hanno già maturato una notevole esperienza in ambito aziendale, tanto è vero che l'età media dei partecipanti è ampiamente superiore ai 40 anni. Ciò significa che i destinatari di questi corsi non rappresentano le giovani leve della sicurezza, che sono invece quelle che dovrebbero maggiormente attirare la nostra attenzione, ma sono invece destinati a soggetti, che hanno già maturato una notevole esperienza e che desiderano approfondire temi specifici o confrontare le esperienze maturate con quelle di altri partecipanti.

 

Una proposta formativa

Il mio auspicio è che dall'unione di un istituto tecnico ed una università possa nascere un percorso formativo, che prende per mano fin dall'inizio un giovane, che esce dalla scuola media, e lo prepara gradualmente a diventare un vero proprio uomo della sicurezza. Il primo percorso formativo, che lo porterà a ottenere un diploma, deve dargli una conoscenza di base degli aspetti sopra illustrati, soprattutto a livello di tecnologie, perché a mio avviso l'allievo è ancora troppo giovane per essere calato delle più complesse realtà delle relazioni umane.

Terminato questo percorso formativo, che potrebbe rilasciargli un diploma di perito in tecnologie di sicurezza, egli potrebbe passare ad un corso di laurea breve, avendo ormai raggiunto una maturità mentale, tale da potergli consentire di affrontare argomenti ben più impegnativi. Dotato di questa solida preparazione di base, nel corso di laurea breve che egli dovrebbe affrontare non solo temi di criminologia, ma anche temi di ben più ampio respiro.

Ad esempio, vedrei con favore che nel suo percorso formativo assumessero aspetto dominante tutti i fattori, che concorrono a impostare e portare a termine correttamente una analisi di rischio. Ricordo che ancora oggi l'obiettivo di chi vende impianti di sicurezza non è tanto quello di garantire la sicurezza del cliente, ma di fare un profitto. Se è combattuto tra l'obiettivo di garantire sicurezza al cliente e l'obiettivo di garantirsi un profitto, temo che il profitto potrebbe vincere.

Un aspetto fondamentale del percorso formativo dovrebbe poi comprendere una analisi oggettiva delle principali tecnologie presenti sul mercato, a livello di sensori, di centrali di governo, di sistemi di videosorveglianza e di sistemi di trasmissione a distanza delle segnalazioni. Come minimo, questo giovane leone della sicurezza dovrebbe aveva visitato almeno una quindicina di insediamenti a rischio, analizzando i rischi specifici e le soluzioni adottate. E non basterebbe visitare soltanto qualche fabbrica; bisognerebbe visitare musei, aziende farmaceutiche, aziende petrolifere, aziende manifatturiere di beni pregiati, aziende di logistica, aziende di produzione di componenti per sistemi di allarme, grandi installatori e via dicendo. Non so se vivrò abbastanza da poter vedere un tale percorso formativo realizzato, ma fin da ora metto le mie capacità a disposizione di chi avrà la lungimiranza di impostarlo, a condizione che sia garantita la assoluta imparzialità e trasparenza degli insegnamenti impartiti.

 

Per sostenere le tesi che vengono presentate nell'articolo, basta fare riferimento alla normative europee EN 50131, che tra breve rappresenteranno l'unico punto di riferimento per tutti coloro che sono chiamati ad operare nel mondo della sicurezza.

Queste norme dovrebbero essere perfettamente conosciute sia dal giovane tecnico appena assunto in azienda, sia dall'anziano padrone, che gira con la grossa berlina acquistata con i frutti legittimi delle centinaia di impianti venduti in passato. Queste normative rappresentano un'autentica rivoluzione, rispetto alle concezioni progettuali e realizzative sino ad oggi utilizzate nel mondo della sicurezza anticrimine. Sono nate da una lungo e faticoso travaglio, che ha visto all'opera i maggiori specialisti europei.

Orbene, non ho visto un solo corso di formazione, una sola proposta formativa, una sola relazione in un convegno di esperti di sicurezza, nei quali venga illustrata questa nuova serie di normative, che rappresenterà il fondamento concettuale nella progettazione e realizzazione di impianti di sicurezza, per i prossimi vent'anni. Da un lato, ho il timore che la mancanza di questa offerta formativa sia dovuta ad una scarsa conoscenza di queste norme da parte dei progettisti, produttori, installatori ed acquirenti italiani. Dall'altro, ho il timore che la mancanza di questa offerta formativa sia dovuta al fatto che ancora oggi chi vende impianti di allarme cerca di fare prezzo più basso, e chi compra impianti di allarme cerca di avere il prezzo più basso!

 

Adalberto Biasiotti

Tratto da Antifurto, dicembre 2005 (Copyright EPC Periodici, Roma). www.epcperiodici.it

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Fine prima parte. Nella successiva, che sarà pubblicata nei prossimi numeri, sarà esaminato un esempio di percorso formativo in merito alla gestione di un piano di emergenza, svoltosi a Pompei con l’utilizzo di innovative attrezzature.

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