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Quando il soccorso avviene…a testa in giu’
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Ha attirato l’interesse anche dei Vigili del Fuoco la vicenda dell’uomo che, dopo una caduta in parapendio, è stato soccorso dopo tre giorni e tre notti trascorsi a testa in giù appeso a un albero, una gamba stretta da un laccio.
“L’interesse dell’argomento sollevato dal recente fatto di cronaca – affermano i Vigili del Fuoco - può avere strette ripercussioni con il soccorso. Va considerato infatti che la manovra di calata e recupero di un vigile del fuoco in assetto capovolto cioè “a testa rovesciata e piedi all’insù”, è una procedura tecnica riferita a taluni scenari incidentali, atta a raggiungere profondità anche grandi costituite da scavi e pozzi più o meno profondi, per lo più verticali e a sezione circolare, eseguiti nel suolo e rivestiti di muratura o legnami.”
In una nota, l’Ufficio Sanitario dei Vigili Del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile ha illustrato le problematiche (effetti fisiologici e le conseguenze patologiche a carico dell’organismo dell’operatore) relative ad interventi in cui l’operatore si trova in assetto capovolto nella posizione obbligata “a testa rovesciata e piedi all’insù”.
Tra gli effetti, ad esempio, vi è la ridistribuzione dei liquidi corporali e il conseguente assottigliamento delle gambe esposte al rischio di ischemia (mancanza di sangue), in particolare se la cintura spesso munita di bretelle e i cosciali a cui gli operatori fissano le corde che li legano tendono ad impedire la circolazione del sangue.
Vi è inoltre un aumento del contenuto ematico dei polmoni con possibilità di edema polmonare per accumulo di liquidi nel polmone in quei soggetti con lievi disfunzioni cardiovascolari ben compensate nella posizione “a testa dritta e piedi all’ingiù”.
“In questo particolare contesto, - concludono i Vigii del Fuoco - lo studio della sopravvivenza dell’operatore è in funzione delle condizioni mediche e ambientali (funzionalità dell’apparato vestibolare, dell’apparato cardiocircolatorio, ipotermia, disidratazione), dello specifico training (allenamento sportivo), dei tempi di riferimento, degli indumenti protettivi indossati e dei materiali utilizzati per l’imbracatura.”
Il documento dei Vigili del Fuoco è consultabile qui.
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
Ha attirato l’interesse anche dei Vigili del Fuoco la vicenda dell’uomo che, dopo una caduta in parapendio, è stato soccorso dopo tre giorni e tre notti trascorsi a testa in giù appeso a un albero, una gamba stretta da un laccio.
“L’interesse dell’argomento sollevato dal recente fatto di cronaca – affermano i Vigili del Fuoco - può avere strette ripercussioni con il soccorso. Va considerato infatti che la manovra di calata e recupero di un vigile del fuoco in assetto capovolto cioè “a testa rovesciata e piedi all’insù”, è una procedura tecnica riferita a taluni scenari incidentali, atta a raggiungere profondità anche grandi costituite da scavi e pozzi più o meno profondi, per lo più verticali e a sezione circolare, eseguiti nel suolo e rivestiti di muratura o legnami.”
In una nota, l’Ufficio Sanitario dei Vigili Del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile ha illustrato le problematiche (effetti fisiologici e le conseguenze patologiche a carico dell’organismo dell’operatore) relative ad interventi in cui l’operatore si trova in assetto capovolto nella posizione obbligata “a testa rovesciata e piedi all’insù”.
Tra gli effetti, ad esempio, vi è la ridistribuzione dei liquidi corporali e il conseguente assottigliamento delle gambe esposte al rischio di ischemia (mancanza di sangue), in particolare se la cintura spesso munita di bretelle e i cosciali a cui gli operatori fissano le corde che li legano tendono ad impedire la circolazione del sangue.
Vi è inoltre un aumento del contenuto ematico dei polmoni con possibilità di edema polmonare per accumulo di liquidi nel polmone in quei soggetti con lievi disfunzioni cardiovascolari ben compensate nella posizione “a testa dritta e piedi all’ingiù”.
“In questo particolare contesto, - concludono i Vigii del Fuoco - lo studio della sopravvivenza dell’operatore è in funzione delle condizioni mediche e ambientali (funzionalità dell’apparato vestibolare, dell’apparato cardiocircolatorio, ipotermia, disidratazione), dello specifico training (allenamento sportivo), dei tempi di riferimento, degli indumenti protettivi indossati e dei materiali utilizzati per l’imbracatura.”
Il documento dei Vigili del Fuoco è consultabile qui.
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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