Gli steward, leader nell’emergenza
STADI: RIFLESSIONI SUL RUOLO DEGLI STEWARD IN EMERGENZA
Riprendendo la riflessione su ruoli e competenze delle squadre di emergenza, vogliamo porre l'attenzione su ambienti molto frequentati come stadi o luoghi pubblici. Per esemplificare lo scritto utilizzeremo l'esempio dello stadio di calcio e il ruolo che gli steward vengono ad assumere in caso di emergenza.
All’interno di uno stadio o in una qualsiasi area dove stia per avviarsi una manifestazione non è per nulla semplice individuare le modalità con cui avvisare i presenti delle possibili emergenze e di quali siano i sistemi di sicurezza da adottare. Questa difficoltà è appesantita dalla preoccupazione che possono avere gli organizzatori di determinare una forte apprensione nei presenti con la conseguenza di un minor afflusso di spettatori.
In un ambiente completamente diverso come un aereo di linea al momento della partenza il personale di bordo attira attivamente l’attenzione dei passeggeri proprio sulle strategie di gestione dell’emergenza.
A bordo di un aereo questo avviene il passeggero è comunque attento ai temi della sicurezza perché il volare rappresenta pur sempre un evento legato al timore di un incidente e si tratta pur sempre di un “rito” che annuncia l'imminenza della partenza del volo. Tutte condizioni non riproponibili in ambiti così diversi come uno stadio o un’area per concerti.
Pur tuttavia c’è un aspetto relativo a quello che accade in un aereo che va sottolineato e può assumere un ruolo importante anche all'interno di uno stadio: con quella sorta di “rappresentazione” che il personale di bordo mette in scena attira su di se l’attenzione sottolineando, pur senza esprimerlo esplicitamente, che in caso di emergenza “loro” saranno il punto di riferimento e di guida per i passeggeri.
Come vedremo si tratta di un ruolo che possono assumere anche gli steward: si tratta di predisporre le cose affinché ciò avvenga.
Lo stadio come ambiente conosciuto
Prima di affrontare i temi riguardanti la figura dello steward, appare utile focalizzare l'attenzione su alcune caratteristiche degli stadi. In merito è interessante l’analisi di Aguairre e altri (2011) relativa all’incendio del nightclub “The Station” di Rhode Island durante un concerto di musica rock, dove morirono 100 persone. I ricercatori mostrarono l’influenza sulla mortalità della conoscenza pregressa del luogo, dall’evento, la lunghezza del percorso e il numero di relazioni affettive tra i presenti come indicatori dei potenziali morti.
All’interno di uno stadio l’esperienza pregressa, che Hayek (1945) chiama conoscenza implicita, che ne hanno i tifosi della squadra di casa può rappresentare un aspetto utile per le persone alla ricerca di una soluzione per l’evacuazione. Pur tuttavia, come ha dimostrato la sciagura di Duisburg (Zuliani, 2010), se esiste una sola canalizzazione architettonica per l’uscita questa, non permettendo soluzioni alternative, annulla il vantaggio dell’esperienza, non dando una possibilità di salvezza se l’unica via di uscita è ostruita o percorsa da troppe persone.
Questa conoscenza è però un vantaggio che può rivelarsi molto modesto qualora allo stadio entrino persone che solitamente non lo frequentano, come i tifosi della quadra ospite, manifestazioni internazionali o gli spettatori di un concerto.
Indipendentemente dal fatto che il percorso sia o meno noto alle persone presenti, la sua lunghezza è in grado di influenzare l'esito dell'evacuazione. In primo luogo perché fa diventare ancora più rilevanti le diverse velocità che le persone utilizzano nello spostarsi. In questi casi, proprio coloro che desiderano muoversi più rapidamente, in realtà rischiano di provocare un rallentamento dell’efficienza dell’evacuazione come accade nelle strade quando le persone cambiano spesso corsia (Helbing, Farkas & Vicsek, 2000).
Gli stessi autori mettono in luce come in circostanze di questo tipo possa essere utile la presenza di aree di decompressione che permettano alle persone di riappropriarsi del proprio ritmo di movimento.
Aguairre e colleghi ricordano ancora una volta come la presenza di relazioni affettive tra le persone presenti abbia un'influenza decisiva nell'evacuazione di qualsiasi luogo. A partire dallo studio dell’incendio del Beverly Hill Supper Club del 1977 è noto come la necessità di riunirsi con le persone legate affettivamente sia essenziale prima di compiere qualsiasi movimento d’uscita e come questo rallenti l’evacuazione (Zuliani, 2017).
Gli steward, leader nell’emergenza
Considerando questi aspetti diventa importante che le persone siano aiutate a comprendere quello che sta accadendo e a mettere in atto i comportamenti più adeguati e questo, come evidenziano Faria e altri (2010), è favorito dalla rapida identificazioni delle persone competenti per la gestione dell’emergenza.
Negli stadi queste persone sono gli Steward verso i quali le persone devono essere spinte ad assumere l’atteggiamento del “followership”. Per followership intendiamo le azioni che le persone sono disposte a mettere in atto per seguire il leader.
Il fatto che lo steward indossi una pettorina favorisce l’assunzione della funzione di guida, ma determina il fatto che le persone osservino in modo particolare i suoi comportamenti. Come mostrato nell’analisi dell’evacuazione del teatro Verdi di Pordenone (Carrolo, Zanut e Zuliani, 2006) il deflusso ordinato e calmo dei quasi 900 spettatori, richiesto dal sistema automatico antincendio, fu determinato non solo dal non vedere direttamente segnali dell’incendio annunciato, ma anche dalla constatazione del comportamento tranquillo del personale del teatro e dei vigili del fuoco presenti.
Come osserva König (1971) l’uniforme indica anche il senso di comportamento uniforme che le persone si aspettano da coloro che la indossano. Questo sottolinea l’importanza che le squadre di emergenza siano composte da persone consapevoli della necessità di assumere in quelle circostanze gli stessi comportamenti.
La presenza di comportamenti non omogenei da parte della squadra crea nelle persone confusione e sconcerto e le spinge a uniformarsi ai comportamenti della maggioranza e non alle indicazioni fornite dagli addetti stessi (Dyer e altri, 2008).
Ma essere colui che si mette alla guida di un processo di evacuazione, cioè quello che gli altri seguono, non si improvvisa; come accade nell’esempio proposto all’inizio sugli aerei, occorre che gli steward non solo sappiano svolgere questo ruolo, ma siano anche simbolicamente investiti di questa funzione.
Per favorire questo riconoscimento è importante che lo steward non sia vissuto solo come controllore dei comportamenti del tifoso, ma anche come colui che è al suo servizio per risolvere tanti problemi connessi con l’essere allo stadio: dall’accompagnamento all’area o al posto assegnato, alla disponibilità a rispondere a tanti piccoli problemi che lo spettatore può avere in quel momento.
Certamente vi sono alcune fondamentali competenze da mettere in atto al momento dell'evacuazione sia di ordine comportamentale sia comunicativo.
Sul piano comportamentale, seguendo quanto scrivono di Dyer e altri (2008), il leader asseconda la tendenza a seguirlo spostandosi continuamente tra la testa e i lati del gruppo, mantenendosi quanto più possibile orientato all’obiettivo con il corpo, fino a camminare all’indietro e guardando ripetutamente i membri del proprio gruppo.
Su piano comunicativo è importante imparare a non contrastare, se non nei casi estremi, i comportamenti messi in atto dagli spettatori, in specie quelli già orientati al selfhelp. In questa direzione occorre ricordare come ogni tentativo, seppur animato dalla miglio intenzioni, di mostrare ad altre persone che i loro comportanti non sono idonei non dovrebbero mai partire dal mostrare che sono in errore. Le conseguenze più probabili di una simile condotta sono quelle di attivare un atteggiamento di difesa, poiché, come scrive Brown (1963), sappiamo “quanto fortemente le persone siano resistenti ai messaggi che non si adattano alla loro personale visione del mondo e alle loro circostanze obiettive, e come cerchino deliberatamente (anche inconsciamente) quelle idee che si accordano alla loro” (p. 309).
Azioni a sostegno della figura
Questi sono solamente due esempi relativi alle competenze che gli steward, o in generale gli addetti alla squadra di emergenza, dovrebbe sviluppare all’interno dei corsi di formazione, ma come sottolineato le loro azioni diventano efficaci se tutti i presenti li hanno già identificati come persone significative, come, restando sull’esempio dell’aereo, è il personale di bordo.
Al fine di favorire l’assunzione di questo ruolo di “aiuto” da parte degli steward una strategia comunicativa efficace potrebbe esser quello di predisporre un breve video da proiettare sugli schermi dello stadio che mostri queste funzioni dello steward abituando le persone presenti a introiettare l’immagine di questa figura professionale come quella al suo servizio tanto più nelle situazioni di emergenza, oppure di un opuscolo informativo da distribuire all’ingresso.
Un altro aspetto riguarda l’opportunità di completare la formazione degli steward anche con aspetti relativi alla capacità di interagire con gli spettatori anche in situazioni di emergenza utilizzando metodologie formative adeguate (Zuliani, 2017). In questo caso non si tratta tanto di trasferire informazioni e nozioni quanto di lavorare attraverso simulazioni ed esercitazioni. Queste permettono ai soggetti di sperimentare e analizzare i propri comportamenti attraverso un processo di miglioramento che accresce il senso di autoefficacia, cioè la consapevolezza di poter affrontare positivamente una situazione critica.
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