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Sulla responsabilità del direttore dei lavori nei cantieri

Sulla responsabilità del direttore dei lavori nei cantieri
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Edilizia

10/02/2020

Il direttore dei lavori, pur svolgendo normalmente un’attività di sorveglianza tecnica sull’esecuzione del progetto, risponde dell'infortunio di un lavoratore se per contratto gli viene affidato il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori.

È un’altra sentenza questa che riguarda la condanna di un direttore dei lavori, riconosciuto in questa occasione anche come responsabile dei lavori, per le lesioni subite da un lavoratore in un cantiere a seguito di un infortunio avvenuto per lo smottamento del terreno in uno scavo nel quale lo stesso stava operando. La sentenza fa seguito e perviene alle stesse conclusioni alle quali era giunta la suprema Corte in un’altra precedente sentenza, la n. 19646 dell’8/5/2019 della III Sezione penale Pres. Aceto Ric. E.G.G. ( La responsabilità del direttore dei lavori e del direttore tecnico), secondo le quali in tema di prevenzione degli infortuni, il direttore dei lavori nominato dal committente, pur svolgendo normalmente una attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all'esecuzione del progetto nell'interesse di questi, risponde dell'infortunio subito dal lavoratore qualora gli venga anche affidato il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori, con possibilità di impartire ordini alle maestranze in virtù di una particolare clausola inserita nel contratto di appalto o qualora, per fatti concludenti, risulti che si sia concretamente ingerito nell'organizzazione del lavoro.

 

Nel commentare la precedente sentenza lo scrivente, in merito alla individuazione delle responsabilità del direttore dei lavori per un infortunio accaduto nel cantiere nel quale sta svolgendo la propria attività, ha espresso delle osservazioni che qui ritiene opportuno richiamare secondo le quali fra le Sezioni della Corte di Cassazione e in particolare fra la Sezione III e la IV non si riscontra sull’argomento un indirizzo univoco, avendo le stesse alcune volte assunto una posizione di non responsabilità di tale figura professionale (si veda la  sentenza n. 4611 del 30 gennaio 2015 Sez. IV penale pres. Brusco, la sentenza n. 35970 del 19 agosto 2014 Sez. IV penale pres. Zecca, sentenza n. 3717 del 28 gennaio 2014 Sez. III penale pres. Squassoni,la  sentenza n. 1471 del 15 gennaio 2014Sez. III penale pres. Teresi) e altre invece di colpevolezza (si veda la sentenza n. 19646 dell’8/5/2019 Sez. III penale pres. Aceto, la sentenza n. 14787 del 31 marzo 2014Sez. IV penale pres. Sirena e la sentenza n. 21205 del 31 maggio 2012Sez. IV penale pres. Sirena). E’ una diversità di vedute questa, si ribadisce anche in questa occasione, che porta ad un disorientamento nelle aule dei Tribunali e delle Corti di Appello e che per superare la quale è auspicabile che sul punto si giunga al più presto ad un intervento delle Sezioni Unite.

 

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Il fatto, i procedimenti giudiziari, il ricorso per cassazione e le motivazioni.

La Corte di Appello ha confermata la sentenza di primo grado con cui un direttore dei lavori è stato condannato, concesse le generiche equivalenti alla contestata aggravante, alla pena sospesa di sei mesi di reclusione, col beneficio della non menzione, ed al risarcimento del danno a favore delle parti civili, con previsione di una provvisionale, per il reato di cui all'art. 589, commi 1 e 2 del codice penale, per avere, in qualità di responsabile di fatto ai fini antinfortunistici, cagionato la morte di un lavoratore sepolto dal terreno franato nello scavo in cui lo stesso era sceso per meglio collocare una pompa ad immersione, con colpa consistita nell'omessa designazione del coordinatore per l'esecuzione dei lavori, pur avendo affidato parte delle opere, in aggiunta alla prima impresa esecutrice ad un’altra impresa, nella mancata verifica della idoneità delle imprese stesse, alle quali non era stata neppure chiesta l'esibizione dei piani operativi di sicurezza, e dell'adempimento, da parte delle stesse, nello svolgimento dello scavo degli obblighi di cui agli artt. 91 e 92 del D. Lgs. n. 81/2008 e nella mancata verifica dell'adozione delle necessarie cautele (idonee armature di sostegno delle pareti dello scavo, puntellature, etc.), oltre che nel mancato controllo dei lavori e nella conseguente mancata sospensione degli stessi nonostante la loro irregolarità.

 

Avverso la sentenza di condanna l’imputato ha proposto un tempestivo ricorso per cassazione, a mezzo del difensore, sostenendo di non essere consapevole della presenza di più imprese nel cantiere e dell'assenza di armature nello scavo sottolineando altresì che, quale direttore dei lavori, non rivestiva la figura di responsabile dei lavori, non aveva avuto alcuna delega in materia anti-infortunistica e non si era ingerito nell'organizzazione del lavoro, non potendosi ritenere un'intromissione la mera raccomandazione dallo stesso fatta di prestare la dovuta attenzione. Il ricorrente ha evidenziato altresì, in particolare, che l’impresa incaricata dello scavo era unica, che lo scavo era poco profondo, che non era stato informato delle problematiche insorte che avrebbero reso necessaria l'armatura e che, comunque, l’infortunato aveva deciso, in modo imprudente ed imprevedibile, per ragioni di celerità, di disattendere la sua indicazione di puntellare le pareti dello scavo.

 

Le decisioni della Corte di Cassazione.

Il ricorso non è stato accolto dalla Corte di Cassazione. Riguardo alla consapevolezza, da parte dell'imputato, del coinvolgimento di più imprese nei lavori la suprema Corte ha ritenuto del tutto congrue e coerenti le conclusioni alle quali erano pervenuti i giudici di merito, fondate sulle dichiarazioni di un coimputato secondo il quale il direttore ei lavori era a conoscenza della presenza di un’altra impresa, dichiarazioni che sono state ritenute attendibili, in quanto confermate da altri elementi quali, ad esempio, la constatazione dell'impossibilità della prima impresa, avendo un solo operaio, di eseguire celermente il lavoro.

 

Per quanto concerne la profondità dello scavo, il ricorrente, secondo la Sez. IV, ha riproposto la tesi del suo consulente, che, però, alla luce di quanto si legge nella sentenza di primo grado, contrastava oltre che con le misurazioni eseguite sul luogo dall'ispettore anche con la quota, indicata nelle tavole del progetto, tesi secondo la quale la profondità dello scavo nel punto in cui si era verificato l’infortunio non èra superiore al metro e mezzo. Peraltro, ha aggiunto la Sez. IV, secondo la versione dello stesso ricorrente vi era, a prescindere dalla profondità dello scavo, quantomeno la necessità di una puntellatura, prescritta dall'art. 120 del D. Lgs. n. 81 del 2008.

 

Quanto poi all'asserita abnormità del comportamento della vittima, ha ribadito la suprema Corte, nella sentenza di primo grado era stato precisato che la condotta tenuta dal lavoratore non poteva ritenersi esorbitante o abnorme in mancanza di specifiche istruzioni alle quali attenersi per la posa della condotta all'interno dello scavo nonché per la totale mancanza di un professionista in grado di assicurare il necessario coordinamento con l'attività svolta dall'altra impresa presente nel cantiere. Tale decisione è stata ritenuta del tutto corretta in base all'orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui può definirsi imprudente solo il comportamento che sia posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidate, per cui lo stesso esuli da ogni prevedibilità, oppure che, pur rientrando nelle mansioni affidate, sia consistito in qualcosa di radicalmente e ontologicamente lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte nella esecuzione del lavoro.

 

Del resto, ha sottolineato la suprema Corte, ai fini dell'accertamento della responsabilità penale, non è possibile attribuire efficienza causale esclusiva alla condotta del lavoratore medesimo, poiché, anche dopo l'entrata in vigore del D. Lgs. n. 81 del 2008 il datore di lavoro é titolare di un obbligo di protezione nei confronti dei lavoratori, sicché le rispettive condotte del datore di lavoro e del lavoratore rilevano soltanto ai fini di un eventuale concorso di colpa da tenere in conto esclusivamente ai fini della quantificazione del danno.

 

Ugualmente infondato è stata ritenuta la motivazione legata a quelle che sono le responsabilità di un direttore dei lavori. La suprema Corte ha sostenuto che i giudici di merito avevano fatto corretta applicazione del principio secondo cui “in tema di prevenzione degli infortuni, il direttore dei lavori nominato dal committente, pur svolgendo normalmente una attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all'esecuzione del progetto nell'interesse di questi, risponde dell'infortunio subito dal lavoratore qualora gli venga affidato il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori, con possibilità di impartire ordini alle maestranze in virtù di una particolare clausola inserita nel contratto di appalto o qualora, per fatti concludenti, risulti la sua concreta ingerenza nell'organizzazione del lavoro” e ha citato in merito da ultimo la sentenza n. 19646 del 08/01/2019 della Sezione III che si era espressa in questo senso.

 

 

Contrariamente a quanto asserito nel ricorso, ha così concluso la Corte di Cassazione, i giudici di merito, con una motivazione esaustiva e non manifestamente illogica, avevano desunta l'ingerenza del direttore dei lavori nell'organizzazione delle imprese non solo dalla sua raccomandazione di cautela rivolta ai lavoratori presenti in cantiere, ma anche in considerazione della sua partecipazione alla decisione di coinvolgere nei lavori l’ulteriore impresa.

 

Per quanto sopra detto, in definitiva, il ricorso è stato rigettato dalla Corte di Cassazione ed il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali.

 

Gerardo Porreca

 

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 49900 del 10 dicembre 2019 (u.p. 20 novembre 2019) - Pres. Di Salvo – Est. Picardi - P.M. Pedicini - Ric. G. P.. - Il direttore dei lavori, pur svolgendo normalmente un’attività di sorveglianza tecnica sull’esecuzione del progetto, risponde dell'infortunio di un lavoratore se per contratto gli viene affidato il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori.

 

Corte di Cassazione Penale Sezione III - Sentenza n. 19646 dell’8 maggio 2019 (u.p. 8 gennaio 2019) - Pres. Aceto - Est. Corbetta - P.M.  Di Nardo - Ric. E.G.G.. - Il direttore dei lavori, nominato dal committente, è responsabile di un infortunio in cantiere quando gli viene affidato il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori con la possibilità di impartire ordini o quando si ingerisce negli stessi.

 

Corte di Cassazione - Penale Sezione IV - Sentenza n. 4611 del 30 gennaio 2015 (u. p. del 15 gennaio 2015)  -  Pres. Brusco – Est. Zoso – P.M. Cedrangolo - Ric. A. M. C.. - Il direttore dei lavori non assume automaticamente la responsabilità per la sicurezza sul lavoro e non può essere chiamato a rispondere dell'osservanza di norme antinfortunistiche se non è accertata una sua ingerenza nell'organizzazione del cantiere.

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 35970 del 19 agosto 2014 (u. p. del 18 luglio 2014)  -  Pres. Zecca – Est. Dell’Utri – P.M. Scardaccione - Ric. C. F. - Il direttore dei lavori è responsabile di un infortunio sul lavoro, quando gli viene affidato il compito di sovrintendere ai lavori con possibilità di impartire ordini alle maestranze o quando si ingerisce concretamente nell’organizzazione dei lavori.

 

Corte di Cassazione - Sezione III Penale - Sentenza n. 3717 del 28 gennaio 2014 (u. p. 8 gennaio 2014) -  Pres. Squassoni – Est. Scarcella – P.M. Lettieri - Ric. Q. G..  - Il direttore dei lavori è responsabile di un infortunio quando gli viene affidato con clausola contrattuale il compito di sovrintendere ai lavori con possibilità di impartire ordini alle maestranze o quando si inserisce in concreto nei lavori stessi.

 

Cassazione Penale Sezione III - Sentenza n. 1471 del 15 gennaio 2014 -  Ric. G. G. e M. B. - Il direttore dei lavori per conto del committente non può essere chiamato a rispondere dell’inosservanza di norme antinfortunistiche ove non sia accertata e rigorosamente provata e documentata la sua ingerenza nella organizzazione del cantiere. Cassazione Sezione IV Penale - Sentenza n. 14787 del 31 marzo 2014 (U. P. 23 gennaio 2014) -  Pres. Sirena – Est. Massafra – P.M. Policastro - Ric. P. M. e A. C.. 

 

Cassazione Sezione IV Penale - Sentenza n. 14787 del 31 marzo 2014 (U. P. 23 gennaio 2014) -  Pres. Sirena – Est. Massafra – P.M. Policastro - Ric. P. M. e A. C..

 

 

Corte di Cassazione - Penale Sezione IV - Sentenza n. 21205 del 31 maggio 2012 (u. p. 17 aprile 2012) -  Pres. Sirena – Est. Marinelli– P.M. Geraci - Ric. (omissis) - Il direttore dei lavori, in relazione al potere di sospensione o di interdizione dei lavori in caso di una evidente pericolosità e di violazioni della buone regole dell’arte, assume anche una posizione di garanzia in materia di sicurezza sul lavoro.




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Rispondi Autore: Sergio Vianello - likes: 0
10/02/2020 (08:38:48)
Occhio a leggere bene i fatti e la sentenza; se non i particolarissime situazioni come questa il D.L. con la sicurezza non c'entra nulla, a meno che, come in questo caso, non si sostituisca nella posizione di garanzia impartendo disposizioni in contrasto con la sicurezza.
Non affidiamo un'altra responsabilità a noi poveri tecnici !!!! Ne abbiamo fin troppe !!!!
Ovviamente in fase di causa questo aspetto bisogna farlo comprendere al Giudice non solo con l'indispensabile avvocato ma con un consulente esperto in sicurezza.
Rispondi Autore: Marco Martelletti - likes: 0
10/02/2020 (11:33:30)
Premesso che non ho letto le sentenze in esteso, ma, se leggo le sole massime, è difficile dire che nello svolgere le funzioni tipiche d’ufficio:
- al Direttore dei lavori non venga affidato in contratto / incarico “il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori”;
- al Direttore dei lavori non venga affidato in contratto / incarico “il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori con la possibilità di impartire ordini”;
- il Direttore dei lavori non abbia la possibilità di “inserirsi in concreto nei lavori stessi” o di “impartire ordini alle maestranze”. (Quando si parla con un Capocantiere = Preposto, per alcuna giurisprudenza, si parla con “le maestranze”?);
- il Direttore dei lavori non abbia il “potere di sospensione o di interdizione dei lavori in caso di una evidente pericolosità” (ad esempio quella rappresentata da un crollo strutturale o uno scoscendimento di terreno);
- ed anche sull’”organizzazione del cantiere” è difficile che non entri mai (basta pensare a quando effettua richiami all’Impresa per eventuali ritardi nei tempi di realizzazione).
Se il Direttore dei lavori rappresenta l’organo di controllo tecnico-contrattuale e strutturale dei lavori, incaricato dal Committente (al fine della bontà dell’opera e del rispetto dei patti contrattuali) deve avere la concreta possibilità di espletare il suo incarico, ingerendo inevitabilmente con i lavori, sovrintendendo (nel senso di alta sorveglianza tecnica) sui lavori ed impartendo ordini e disposizioni tecniche all’Impresa (non certamente ai singoli operai). Altrimenti che ruolo avrebbe: quello di firmare la contabilità?
Condivido la necessità che la Suprema Corte si esprima in modo chiaro ed univoco sulla questione riguardante la figura del Direttore dei Lavori e la sua assoluta non responsabilità per fatti che attengano alla sicurezza e salute sul lavoro. Tanto è che il Direttore dei Lavori nel D. Lgs. 81/08 è praticamente uno sconosciuto
E, aggiungo, su quella - duale - del Coordinatore della Sicurezza in fase di Esecuzione, nel momento in cui viene chiamato a rispondere per fatti, che con la sicurezza e salute sul lavoro non hanno nulla a che vedere, ma che attengano, ad esempio, alla sicurezza strutturale o geotecnica in relazione a crolli o franamenti. Tanto è che il Direttore dei lavori è citato una sola volta nel D. Lgs. 81/08, guada caso all’art. 145 – Disarmo delle armature –, laddove si chiede il suo intervento per autorizzare il disarmo, ovvero per una necessità di tipo prettamente strutturale.
Rispondi Autore: Gerardo Porreca - likes: 0
11/02/2020 (14:53:23)
Ed è quello che lo scrivente fa nei Tribunali e a volte con successo.
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
12/02/2020 (09:11:10)
Sul perimetro delle effettive responsabilità del CSE, c'è ancora molta confusione nonostante, a partire da maggio 2010, la Cassazione abbia finalmente compreso quale sia la condotta penalmente esigibile da parte di questa figura.
Il problema è che ancora oggi ciò non riesce ad essere compreso da molti funzionari degli organi di vigilanza, da molte Procure e, purtroppo, da molti nostri colleghi che operano, spesso come "tuttologi" consulenti tecnici delle Procure.
A questi aggiungiamoci anche quei soggetti che tendono a prediligere le interpretazioni più talebane, per mantenere alto il livello di clamore a seguito di qualche evento, visto che ne ha fatto uno specifico business per proporsi come conferenzieri, commentatori, ecc. e portare a casa la pagnotta.

Il risultato è quello di coinvolgere il CSE anche in caso di eventi dove, con una semplice analisi iniziale (non c'è bisogno di dare informazioni di garanzia a pioggia perché basta vedere cosa è successo: se è crollato un pezzo di struttura in galleria, non è il CSE che si occupa del progetto e del controllo dell'esecuzione in conformità alle specifiche progettuali ) e tenendo conto degli indirizzi della Cassazione, appare palese la sua estraneità ai fatti.

Un caso emblematico è quello citato da chi mi ha preceduto nei commenti e cioè il coinvolgimento del CSE a fronte della genesi di un infortunio le cui cause prime sono errori progettuali o strutturali neanche lontanamente percepibili da chi a ciò non è preposto.

Il risultato è quello di coinvolgere nel tritacarne giudiziario anche chi, in concreto, non poteva fare nulla su un evento concretizzatosi in tempi rapidissimi o su un evento le cui cause esulano palesemente dal suo perimetro di conoscenze e conseguenti responsabilità come, ad esempio, i cedimenti strutturali in una galleria per errori progettuali, di posizionamento centine, di inadeguato pre-consolidamento, ecc..

Poi, in giudizio, con un buon avvocato penalista realmente esperto della specifica materia e con un altrettanto buon consulente tecnico di parte - attenzione, però, a non prendere come CTP qualcuno che per anni è stato "dall'altra parte" perché si rischia di affidare il proprio lato B ad un visitatore occasionale degli ambienti di lavoro che non ha mai progettato, diretto o controllato l'esecuzione neanche di un'edicola funeraria ed è, quindi, privo della empatia organizzativa necessaria per svolgere bene il proprio incarico - si può riuscire ad uscirne grazie ad una buona strategia difensiva ma senza non prima aver consumato scatoloni di Maalox e aver dato fondo ai propri risparmi.

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