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Progettare la sicurezza inclusiva: da dove iniziare?

Progettare la sicurezza inclusiva: da dove iniziare?
Antonio Zuliani

Autore: Antonio Zuliani

Categoria: Differenze di genere, età, cultura

02/09/2022

Il contributo illustra i nuovi decreti di prossima applicazione sui quali c’è un’attenzione sul tema della sicurezza inclusiva. A cura di Elisabetta Schiavone

Progettare la sicurezza inclusiva: da dove iniziare?

Il contributo illustra i nuovi decreti di prossima applicazione sui quali c’è un’attenzione sul tema della sicurezza inclusiva. A cura di Elisabetta Schiavone

Le aziende e in generale le organizzazioni sono sempre più orientate a conoscere, accogliere e gestire la diversità valorizzando l’unicità delle persone attraverso un approccio inclusivo che abbraccia i vari livelli: la comunicazione e gli atteggiamenti, l’organizzazione e le procedure, la progettazione ambientale e… la sicurezza? Diversità e Inclusione sono il focus della norma UNI ISO 30415 del 2021 rivolta alla gestione delle risorse umane nelle organizzazioni, elaborata sotto la competenza della Commissione Tecnica UNI, che con questo documento ha recepito la norma internazionale ISO 30415. 

L’intento è quello di contribuire allo sviluppo di un posto di lavoro inclusivo affrontando “le disuguaglianze nei sistemi, nelle politiche, nei processi e nelle pratiche delle organizzazioni, nonché nei pregiudizi e nei comportamenti consci e inconsci delle persone”. Le dimensioni della diversità comprendono l’età, la disabilità, l’identità di genere, la nazionalità, la religione ed altre caratteristiche che connotano gli individui. La sicurezza compare in associazione agli ambiti salute e benessere, come campo di indagine sull’impatto che le politiche per l’inclusione adottate possono avere su tali domini. Fra le azioni indicate dalla norma si legge “Raccogliere dati per dimensione di diversità su salute, sicurezza e benessere della forza lavoro, comprese assenze, il ricambio e la ritenzione della forza lavoro per identificare le tendenze e gli impatti negativi”. E se il fattore discriminante fosse proprio da un approccio alla sicurezza non inclusivo? Misure, procedure e dispositivi adottati o non adottati, che non considerano le specifiche necessità delle persone? 

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La sicurezza rimane uno degli ambiti in cui la risposta alla variabilità umana è ancora poco presente in favore di una standardizzazione esasperata. Sebbene da tempo si osservi il comportamento umano nella definizione di nuovi modelli e con l’obiettivo di strategie sempre più efficaci, il funzionamento umano nel suo complesso presenta numerosi domini non sempre considerati nella loro variabilità. Nell’osservazione è necessario adottare punti di vista differenti, ovvero parametri diversi, per coprire la gamma di esigenze possibili in riferimento a scenari ipotizzabili. Pur conoscendo il valore e la necessità della standardizzazione di molti aspetti che riguardano procedure e soluzioni, al fine di poter misurare, analizzare e confrontare i dati e offrire risposte il più possibile omologate, è necessario approfondire il campo delle specifiche necessità che possono interessare ciascun individuo per meglio calibrare la risposta alle emergenze e l’adozione di misure preventive, onde evitare di elaborare soluzioni che in alcuni casi funzionano solo sulla carta.

Il concetto di “specifiche necessità”, che vanno oltre l’identificazione di persone con disabilità, è presente a partire dal Codice di Prevenzione Incendi del 2015 e ripreso dai nuovi decreti DM 02/09/2021 (Criteri Per la Gestione della Sicurezza Antincendio negli ambienti di lavoro) e DM 03/09/2021, cosiddetto Minicodice. 

La cultura della sicurezza inclusiva nel panorama normativo 
Nel 2015 viene istituito, nell’ambito del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, l’Osservatorio sulla sicurezza e il soccorso alle persone con esigenze speciali, segnale di una maturata attenzione nei confronti dell’impatto della variabilità umana sulla definizione di misure di prevenzione, di progettazione della sicurezza, di procedure di emergenza e di soccorso. Nello stesso anno il nuovo Codice di Prevenzione incendi introduce il concetto di “specifiche necessità”, richiamandolo al principio di inclusione, a sua volta inserito fra i principi che dovranno ispirare le metodologie di progettazione della sicurezza antincendio. 

"Capitolo G.2. Progettazione per la sicurezza antincendio G.2.1. Principi e caratteristiche del documento (…) 3. L’impostazione generale del presente documento è basata sui seguenti principi: (…) f. inclusione: le diverse disabilità (es. fisiche, mentali o sensoriali) e le specifiche necessità temporanee o permanenti degli occupanti sono considerate parte integrante della progettazione della sicurezza antincendio;"

L’apporto innovativo del Codice ha contribuito a modificare la normativa sugli ambienti di lavoro relativamente ai quali nel 2021 sono stati emanati tre decreti che andranno a sostituire il D.M. 10/3/1998. In particolare, due di questi definiscono criteri di progettazione e sistemi di gestione dell’emergenza con peculiare attenzione alle persone con specifiche necessità, e precisamente: 
• Il D.M. 2/9/2021 conosciuto come “Decreto GSA”, stabilisce i criteri per la gestione dei luoghi di lavoro in esercizio ed in emergenza e le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio (in vigore dal 9 settembre 2022); • il D.M. 3/9/2021 cosiddetto “Minicodice”, stabilisce i criteri di progettazio ne, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio dei luoghi di lavoro a basso rischio di incendio, rinviando al Codice gli altri casi (in vigore dal 29 ottobre 2022). 

Il Decreto GSA è costituito da un articolato normativo e da cinque allegati:
I. Gestione della sicurezza antincendio in esercizio
II. Gestione della sicurezza antincendio in emergenza
III. Corsi di formazione e aggiornamento antincendio per addetti al servizio antincendio
IV. Idoneità tecnica per addetti al servizio antincendio
V. Corsi di formazione e di aggiornamento dei docenti dei corsi antincendio. 
 
Nell’allegato II, in particolare, viene prestata attenzione alla presenza di persone con esigenze speciali nell’ambiente considerato, con la necessità di predisporre un piano che contenga “le specifiche misure per assistere le persone con esigenze speciali”. Oltre al tema dell’assistenza vi è anche quello dell’autonomia nella risposta, ad esempio prevedendo “misure di supporto alle persone con ridotte capacità sensoriali o motorie, tra le quali adeguate modalità di diffusione dell'allarme, attraverso dispositivi sensoriali (luci, scritte luminose, dispositivi a vibrazione) e messaggi da altoparlanti (ad esempio con sistema EVAC)”. A sottolineare l’aspetto dell’autonomia, benché non esplicitamente dichiarata, è il riferimento alla norma “UNI EN 17210 - Accessibilità e fruibilità dell’ambiente costruito - Requisiti funzionali” che elegge l’accessibilità a prerequisito per la sicurezza inclusiva. 

Nel Minicodice, l’allegato I alla voce Strategia antincendio prescrive di “individuare le necessità particolari delle persone con esigenze speciali e tenerne conto nella progettazione e realizzazione delle misure di sicurezza antincendio”. Tale responsabilità è in capo al datore di lavoro o al responsabile dell’attività. La norma da sola però non costituisce uno strumento esaustivo per i professionisti che dovranno garantire il funzionamento del sistema edificio e delle procedure tali da garantire la sicurezza di tutti. Ma soprattutto la sicurezza inclusiva non può essere affidata esclusivamente alla progettazione antincendio e agli “addetti ai lavori”. Gli aspetti che concorrono sono molteplici e riguardano la progettazione ambientale, la comunicazione, le relazioni, la formazione, l’informazione, l’addestramento. Questa complessità coinvolge al fianco dei progettisti le figure degli RSPP, gli HSE, gli HR e i Diversity e Disability Manager. 

Considerare la variabilità umana e le specifiche necessità 
La variabilità che caratterizza ogni specie va ben oltre la dualità stereotipata con la quale siamo abituati a classificare le persone in con o senza disabilità. Lo spartiacque è il modello biopsicosociale rappresentato dall’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento della disabilità e della salute) pubblicato nel 2001 dall’OMS. Nell’ICF la componente ambientale ha un ruolo fondamentale nel determinare il livello di abilità di ciascun individuo. Mettendo in relazione lo stato di salute di una persona con l’ambiente circostante il risultato è semplificabile in questo modo: più barriere meno abilità; più facilitatori più abilità. Per ambiente si intende sia l’ambiente fisico, con tutto ciò che lo definisce (ovvero spazi, strutture, attrezzature, impianti, tecnologie, dispositivi, supporti per la comunicazione ecc), che l’ambiente sociale (relazioni, atteggiamenti, politiche e via di seguito). 

In questo sistema di relazioni possiamo affermare che il livello di abilità di ciascuno di noi, oltre a variare per cause soggettive, individuali e fisiologiche, varia a seconda del contesto in cui ci troviamo e se l’ambiente ci mette in difficoltà possiamo sperimentare una condizione di “disabilità situazionale”. Ovvero la condizione di non poter agire nell’ordinario o rispondere ad una situazione di emergenza al massimo delle nostre capacità. Alcuni esempi che possono porci in una situazione critica in riferimento alla sicurezza, e prendendo come ambito quello dell’informazione, sono i seguenti:
• non ricevere le informazioni necessarie sui rischi a cui potremmo essere esposti;
• non ricevere informazioni sulle modalità di risposta a determinate situazioni di emergenza che possono verificarsi;
• non ricevere l’addestramento di preparazione alla risposta in emergenza. 

Nei casi descritti l’assenza di strumenti necessari alla prevenzione e alla gestione dell’emergenza, come le informazioni e l’addestramento, rappresenta una barriera per tutti. Rimanendo nel campo delle informazioni e dell’addestramento, un ostacolo può essere rappresentato anche da strumenti presenti ma non accessibili a tutte le persone:
• le informazioni presenti nell’ambiente sono formulate e proposte secondo modalità che possono non essere comprensibili a tutte le persone a cui devono rivolgersi, ad esempio tipologie di occupanti diverse dai lavoratori che non hanno la stessa conoscenza del luogo rispetto a questi ultimi e che non hanno ricevuto l’addestramento specifico;
• le informazioni per i lavoratori non sono comunicate tramite supporti accessibili a tutti (ad esempio: pannelli o altri supporti che non rispettano i criteri di leggibilità; documenti digitali non accessibili alle persone cieche e ipovedenti ecc.);
• le procedure da sperimentare durante l’addestramento non considerano modalità di risposta di persone che si discostano dallo standard (persone che camminano più lentamente, persone con difficoltà di orientamento o deficit sensoriali, persone obese ecc.). 

Abbiamo a che fare con informazioni che non raggiungono l’obiettivo e con addestramento che non consente la partecipazione a tutti i lavoratori. L’accessibilità di ambienti, dispositivi, della comunicazione e di altri strumenti non ha a che fare unicamente con persone che hanno una certificazione di invalidità, bensì rappresenta il prerequisito con cui progettare e realizzare luoghi, sistemi e procedure che possano facilitare sia le attività ordinarie che la risposta all’emergenza al più ampio numero di persone. 

Per questo motivo è importante conoscerne il funzionamento e i relativi domini (mobilità, aspetti sensoriali, cognitivi, emotivi, relazionali, ecc.) per costruire, organizzare, pianificare e operare ogni scelta nelle modalità più adeguate a soddisfare bisogni diversi. Tali aspetti dovranno essere considerati in ogni fase dell’attività di progettazione della sicurezza, dalla valutazione del rischio alla progettazione delle misure di prevenzione alla pianificazione dell’emergenza. 

I ruoli e la responsabilità condivisa 
Nel quotidiano ciascuno di noi indossa “cappelli” diversi a seconda del contesto in cui si trova: a casa, a scuola, al lavoro o in altri ambienti. Il ruolo del genitore è diverso da quello del figlio, quello dell’insegnante è diverso da quello del discente e ciascun ruolo presenta diverse responsabilità. Sul lavoro, ad esempio, nell’ordinario potremmo avere un ruolo di responsabilità come dirigente o caporeparto che in emergenza è invece affidato a qualcun altro attraverso il ruolo di RSPP o di addetto. Si tratta però di responsabilità sul piano organizzativo e gestionale ma è importante non perdere di vista la responsabilità individuale che abbiamo verso noi stessi e verso gli altri rispetto alla sicurezza di tutti. 

Per questo motivo è fondamentale la conoscenza di alcuni aspetti che riguardano l’ambiente di lavoro in cui operiamo e gli occupanti, così come li definisce la norma, siano essi lavoratori, visitatori, ospiti o persone a diverso titolo presenti:
• quali sono i rischi presenti nel nostro ambiente di lavoro anche in relazione alle specifiche necessità di ciascuno; • quali sono le misure per prevenire situazioni critiche considerando le specifiche necessità; 
• quali sono le modalità di risposta alle diverse emergenze che potrebbero verificarsi considerando le specifiche necessità. 

In riferimento alla risposta le azioni da pianificare dovranno considerare le seguenti opzioni:
• facilitare la risposta in autonomia;
• conoscere le modalità per aiutare persone che necessitano di supporto (ad esempio come comunicare con una persona sorda o accompagnare una persona cieca);
• disporre di ausili e dispositivi che possono essere impiegati nel prestare soccorso a persone che necessitano di aiuto nelle fasi di evacuazione e conoscere le modalità per utilizzarli (ad esempio sedie da evacuazione). 

È importante che la cultura della sicurezza inclusiva sia condivisa da tutti i lavoratori attraverso la formazione e che le procedure siano sperimentate mediante l’addestramento e le esercitazioni affinché l’architettura del nostro piano di emergenza, che sulla carta sembra funzionare, non debba manifestare tutta la sua fragilità proprio quando serve: in emergenza. 

L’elaborazione di un piano di emergenza ed evacuazione inclusivo richiede la partecipazione dei lavoratori che dovranno sentirsi liberi di comunicare le specifiche necessità riguardo a situazioni di emergenza. Questo approccio genera una maggiore consapevolezza di ciascuno verso le proprie necessità e capacità e conseguentemente una maggiore condivisione delle responsabilità. 

Elisabetta Schiavone
Architetto e PhD Cultura Tecnologica e Progettazione Ambientale 

Fonte: PdE, n. 63


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