La sicurezza partecipata: collaborazione tra RLS, RSPP e Medico Competente
A distanza di oltre un ventennio dalla riforma epocale della disciplina antinfortunistica operata dal D.Lgs. n.626/1994, è necessario chiedersi se e in quale misura il modello prevenzionale collaborativo può dirsi effettivamente realizzato nel mondo produttivo italiano.
Invero, l’avvento del D.Lgs. n.81/2008, ha giocato un importante ruolo propulsivo verso una maggiore diffusione di tale modello di matrice europea anche nelle micro e piccole imprese, mediante l’ulteriore valorizzazione della figura del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (R.L.S.) all’interno dei complessi processi gestionali della safety aziendale.
Ma il D.Lgs. n.81/2008, ha anche ulteriormente enfatizzato il ruolo gestionale del medico competente, attraverso l’attribuzione di un più ampio e articolato dovere di collaborazione con il datore di lavoro e le altre figure, soprattutto per quanto riguarda la valutazione dei rischi (art.25), tanto da diventare un prezioso partner a stretto contatto con il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (R.S.P.P.).
Proprio queste tre figure della prevenzione apicali, di supporto al datore di lavoro nell’adempiere alla sua complessa obbligazione di sicurezza (art. 2087 c.c.) occupano all’interno del citato modello prevenzionale un ruolo centrale, per certi versi decisivo, in quanto dalla loro effettiva collaborazione dipende una fetta considerevole dell’efficacia delle politiche di salute e di sicurezza sul lavoro adottate dall’alta direzione.
Sotto tale profilo occorre considerare, infatti, che il R.S.P.P. svolge delicati compiti di staff e, quindi, secondo l’orientamento granitico espresso dalla S.C. di Cassazione, non ha un ruolo operativo ma, per effetto delle attribuzioni riconosciute dall’art.33 del D.Lgs. n. 81/2008 al Servizio di Prevenzione e Protezione, lo stesso ha importanti “funzioni di supporto informativo, valutativo e programmatico ma non ha poteri gestori che possano fondare un'autonoma sfera di responsabilità” [1].
Si tratta, quindi, di funzioni che rendono il R.S.P.P. un fondamentale ausiliario strategico del datore di lavoro che, pur se privo di un effettivo potere decisionale, può essere chiamato a rispondere, anche penalmente, per lo svolgimento della propria attività allorquando, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro, ad omettere l’adozione di una doverosa misura prevenzionale.
Il R.S.P.P., pertanto, risponde insieme al datore di lavoro di un evento dannoso derivante dal suggerimento sbagliato o dalla mancata segnalazione essendo a lui ascrivibile un titolo di “colpa professionale” che, per altro, può assumere anche un carattere addirittura esclusivo [2].
Invero, com’è noto all’interno del modello collaborativo del D.Lgs. n.81/2008, i compiti del R.S.P.P. implicano non solo il dover segnalare le situazioni di pericolo e collaborare nella valutazione dei rischi, ma anche identificare le necessarie misure di prevenzione e protezione da mettere in campo, nonché gestire numerosi adempimenti operativi come, a titolo esemplificativo, la riunione periodica di prevenzione (art.35) di cui in un apposito capitolo viene attentamente esaminata la questione.
Nel paradigma del D.Lgs. n.81/2008, quindi, tale figura è il vero “motore” di tutto il sistema aziendale di prevenzione, un motore però che per funzionare a pieno regime deve essere anche continuamente alimentato e supportato da altre figure fondamentali oltre al datore di lavoro quali, appunto, il R.L.S. e il medico competente.
Il R.L.S., infatti, è titolare dei diritti di collaborazione e di controllo (art.50) sulla c.d. funzione prevenzionale[3] riconosciuti dal legislatore come funzionali alla sicurezza sul lavoro partecipata, che rapportandosi continuamente con il R.S.P.P. gli fornisce l’indispensabile flusso informativo per l’adozione di importanti decisioni.
Al tempo stesso il modello prevenzionale del D.Lgs. n.81/2008, prevede anche un rapporto stretto di collaborazione del R.S.P.P. e del R.L.S. con il medico competente in quanto il suo apporto è essenziale per la corretta valutazione e gestione dei rischi per la salute.
In tale ottica, quindi, il D.Lgs. n.81/2008, ha disciplinato un complesso quadro di relazioni tra tali figure, di tipo non conflittuale, con l’obiettivo di compiere un salto “generazionale” e aprire una nuova prospettiva: la cultura aziendale della salute e della sicurezza sul lavoro condivisa da tutti gli attori della prevenzione.
Per altro come è stato osservato da un’autorevole dottrina il nuovo tratto distintivo del D.Lgs. n.81/2008, è anche quello della c.d. sicurezza organizzata[4], quindi, la strada della fattiva collaborazione tra i soggetti chiamati a ricoprire tali posizioni costituisce senza dubbio la via maestra per realizzare azioni di prevenzione e protezione realmente efficaci; tutto ciò tanto più se si considera che gli intensi processi di decentramento produttivo che stanno caratterizzando anche l’economia italiana, specie dopo l’abrogazione nel 2003 degli stringenti vincoli posti dalla legge 23 ottobre 1960, n. 1369 sul divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro, hanno reso ancora più complessi i teatri produttivi a causa della presenza sempre più massiccia di lavoratori di diversi datori di lavoro [5].
Senza contare, poi, che tale cooperazione risulta sempre più indispensabile se si considera che, invero, specie negli ultimi anni l’alluvionale disciplina in materia di lavoro e di salute e di sicurezza sul lavoro ha reso la materia una vera e propria palude, un terreno scivoloso dove è sempre più difficile muoversi senza danno, anche per effetto di vaste zone d’ombra nella normativa che fanno sì che in diversi casi sia complicato stabilire ex ante la regola di condotta da rispettare “individuata solo ex post da giudici e periti maestri del senno di poi” [6].
Nel complesso mosaico del D.Lgs. n.81/2008, quindi, tutto sommato la cultura della sicurezza partecipata rappresenta il vero disegno di fondo sul quale si collocano tutte le tessere (valutazione dei rischi, formazione, sorveglianza sanitaria, etc.); purtroppo, però, nella prassi aziendale non è raro rilevare un sistema di relazioni solo di tipo formale, spesso con figure come il R.L.S. o lo stesso medico competente coinvolti nei processi decisionali solo marginalmente e in seconda battuta.
In alcuni casi, addirittura, è marginalizzato lo stesso ruolo del R.S.P.P. percepito dall’alta direzione come un collaboratore necessario ma “scomodo”, secondo l’ottica miope dell’efficienza nell’immediato a tutti i costi.
Insomma mentre il legislatore ha imposto un modello generale di relazioni basato sul principio della collaborazione attiva, la percezione che si ha è che ancora oggi in molte realtà tale modello stenta a decollare.
Per tali motivi, quindi, era necessaria un’indagine a tutto campo sul sistema delle relazioni tra le diverse figure della prevenzione apicali di supporto al datore di lavoro, una ricerca su scala nazionale che AiFOS ha condotto in questi mesi con tanta passione e impegno, i cui primi risultati sono di seguito illustrati e delineano un’importante spaccato di tale realtà e offrono lo spunto per molteplici riflessioni.
La Ricerca che costituisce la base del Rapporto AiFOS 2018 è una di quelle indagini che vengono dalla base. Infatti in occasione di un importante convegno organizzato, in collaborazione con U.I.L. e C.I.S.L., nell’ambito della Convention Ambiente e Lavoro di Modena, [7] cui è seguito un proficuo dibattito non pochi sono stati gli interventi di Rappresentanti dei Lavoratori della Sicurezza che hanno focalizzato la loro attenzione sul sistema delle relazioni tra i R.L.S. ed i principali soggetti della sicurezza rappresentati dal Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione e dal Medico competente.
A seguito di tali indicazioni l’AiFOS si è impegnata pubblicamente a dedicare il proprio Rapporto 2018 al tema delle relazioni tra i R.L.S. ed i principali soggetti della sicurezza. In questa ottica hanno lavorato docenti, esperti e collaboratori dell’associazione per mettere a punto la ricerca sotto forma di un questionario (abbastanza lungo ed approfondito) da somministrare a R.L.S., R.S.P.P. e Medici competenti. Le domande, pur specifiche dirette ai rispettivi interlocutori, avevano in comune di verificare le interrelazioni tra i differenti soggetti.
Si tratta di una ricerca con campione casuale. Infatti il questionario diffuso dall’Associazione, da Punto Sicuro ed altri siti ha permesso di raccogliere circa 400 risposte che rappresentano una buona base campionaria dell’indagine.
Qualcosa, però, non è andata nella direzione desiderata. Mentre hanno risposto bene i R.L.S. ed i R.S.P.P. pochissime sono state le risposte dei Medici competenti. Tanto è vero che la ricerca si sofferma solo sulle relazioni tra i primi due soggetti non essendo stato possibile fare un confronto, per mancanza di dati, con i Medici competenti.
Questa assenza la dice lunga anzi rappresenta una risposta relativa (e negativa) alla scarsa partecipazione di questa importante e determinante categoria nell’affrontare i temi della salute e sicurezza assieme agli altri soggetti.
[1] Cfr. ex multis Cass. pen. Sez. IV, 6 giugno 2011, n. 22334.
[2] Cfr. ex multis Cass. pen. sez. IV, 21 dicembre 2006, n. 41947; Sez. IV, 21 dicembre 2010, n.2814.
[3] F. Stolfa, Diritto della sicurezza nel lavoro, Cacucci Editore, Bari, 2001, p.31 ss.
[4] P. Pascucci, La nuova disciplina della sicurezza sul lavoro del 2008/2009: una rapsodia su novità e conferme, I working papers di Olympus, n.1/2011.
[5] I. Marimpietri, Appalto e sicurezza: le criticità del nuovo regime introdotto dal D. Lgs n. 106/2009, in Guida al lavoro n.42/2009, Il Sole 24 Ore Editore, Milano, p.26 ess.
[6] A. Vallebona, Breviario di diritto del lavoro, G. Giappichelli Editore, Torino, 2007, p. 273 ss.
[7] Convegno del 14 settembre 2017: “ L’R.L.S. consapevole e buone esperienze di formazione”
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