Virus SARS-CoV-2: principio di solidarietà e giudizio di responsabilità
Urbino, 16 Ott – L’emergenza COVID-19 e la diffusione del virus SARS-CoV-2 pone il giurista “di fronte ad un nuovo cambiamento, stavolta repentino, della realtà sociale”.
Agli “occhi del civilista” questo virus “rappresenta dall’angolo del contratto una sopravvenienza tale da menomare l’originario assetto di interessi predisposto dalle parti, dall’angolo della responsabilità una nuova occasione di danno”. E davanti a questi “mutamenti sociali ed economici il giurista è solito chiedersi”:
- se “governarli con le norme, le categorie, gli strumenti concettuali già esistenti”,
- se, invece, “procedere alla creazione di nuove categorie, nuovi modelli argomentativi”,
- oppure se sia “necessario addirittura stimolare nuovi interventi legislativi, soprattutto al fine di garantire discipline più specifiche, più calate sui singoli casi di specie”.
In particolare riguardo ai problemi legati all’emergenza COVID-19 “a coloro i quali, valorizzando la clausola di buona fede nell’esecuzione del contratto, intendono rimettere alle parti, sotto il controllo del giudice, la rinegoziazione del contratto, si è opposto chi ha rinvenuto la necessità dell’intervento diretto del legislatore, per introdurre regole più specifiche e più amministrabili”.
In particolare “le norme del codice civile sul contratto in generale e sulla responsabilità civile hanno superato indenni l’impatto sia con numerose modificazioni sociali (si pensi al passaggio da una economia prettamente agricola a una economia dominata dalla grande industria e da tecniche di scambio digitali) sia con la Costituzione. E ciò grazie alla presenza di clausole generali che hanno sempre consentito da una parte il costante adeguamento del diritto al fatto, dall’altra l’irrompere nelle singole fattispecie dei principi costituzionali, al fine di adattare le statiche formule giuridiche ai valori scaturenti dal nuovo patto sociale”.
A presentare in questi termini le conseguenze dell’irrompere dell’emergenza COVID-19 agli “occhi del civilista” è un contributo pubblicato su “Diritto della sicurezza sul lavoro”, rivista dell'Osservatorio Olympus e pubblicazione semestrale dell' Università degli Studi di Urbino. Un contributo che mette in evidenza – come indicato nell’abstract della relazione - la capacità del Codice civile di “rimanere, mediante l’apertura ai principi costituzionali, strumento di governo della società anche dinanzi agli sconvolgimenti sociali più virulenti, come il COVID-19”.
In questo articolo di presentazione del contributo ci soffermiamo brevemente sui seguenti argomenti:
- Gli obblighi di sicurezza e gli articoli 2087 e 2043 del Codice civile
- Il principio di solidarietà quale strumento del giudizio di responsabilità
Gli obblighi di sicurezza e gli articoli 2087 e 2043 del Codice civile
Il contributo, dal titolo “La violazione degli obblighi di sicurezza legati all’emergenza Covid-19: una proposta realistica in tema di responsabilità dell’imprenditore” e a cura di Valerio De Berardinis (avvocato e dottorando di ricerca in diritto private europeo presso l’Università “Sapienza” di Roma), si sofferma sulla novità rappresentata dalla previsione di un protocollo di intesa fra le parti sociali per la sicurezza nelle aziende, un protocollo “contenente linee guida molto specifiche, dettagliate, che appesantiscono con una serie di procedure precauzionali l’attività d’impresa”.
Linee guida che sembrano essere la “diretta specificazione delle direttive di cui all’ art. 2087 c.c., a sua volta attualmente riconducibile al principio di precauzione, di matrice comunitaria”. Il documento cita l’art. 191 del Trattato UE secondo cui la Politica della Comunità mira ad un ‘elevato livello di tutela’ ed ‘è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio chi inquina paga’.
L’autore indica che questa situazione ha come corollario quello di “dover escludere la piena sovrapponibilità dei doveri scaturenti dai vari protocolli sia al concetto di prestazione contrattuale, sia al più generale principio del neminem laedere” (divieto di ledere l’altrui diritto), di cui all’art. 2043 c.c.
Codice Civile - Libro Quarto Delle obbligazioni
Titolo IX - Dei fatti illeciti
Art. 2043 - Risarcimento per fatto illecito.
Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno. |
In questo senso “i doveri che germinano dall’art. 2087 c.c. stanno fuori dal contratto e non rappresentano delle ‘prestazioni’ contrattuali, le quali generalmente si caratterizzano per il loro contenuto patrimoniale”, dall’altro può apparire improprio “anche il riferimento all’art. 2043 c.c., laddove la loro violazione di per sé non arreca alcun danno ingiusto, e la loro puntualità sgretola il vecchio paradigma generale del neminem laedere”.
Il contributo, che riporta altre considerazioni che vi invitiamo a leggere integralmente, segnala che la situazione stimola una riflessione “sull’utilità del mantenimento delle due distinte categorie della responsabilità, contrattuale ed extra contrattuale, superate, ad esempio, dall’approccio pratico e concreto del diritto comunitario, che allude genericamente al concetto di ‘responsabilità’”. E “scendendo dal profilo più teorico a quello dell’effettività, tali doveri, una volta ricondotti al principio di precauzione, potrebbero essere assistiti, al di fuori del rapporto contrattuale, sia da una tutela inibitoria, volta a far sospendere l’attività dell’azienda che non si conforma ad essi, sia da una tutela esecutiva, che consisterebbe nella possibilità di chiedere l’attuazione della misura cautelare dovuta (sul punto una solida sponda è offerta proprio dall’art. 614 bis c.p.c. disciplinante l’esecuzione in forma specifica degli obblighi di fare)”.
Il principio di solidarietà quale strumento del giudizio di responsabilità
Veniamo più direttamente a quanto indicato nel contributo sul tema della responsabilità del datore di lavoro (“non fa differenza se di natura contrattuale o meno”).
Tale responsabilità “dovrebbe essere valutata alla luce del principio di solidarietà, in quanto strumento concettuale idoneo a contemperare i diversi punti di vista che potrebbero venire in conflitto: la salute e l’economia”.
Costituzione della Repubblica Italiana Articolo 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
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In particolare l’autore osserva che linee guida “numerose, dettagliate, specifiche rischiano di rendere per l’imprenditore troppo oneroso l’adeguamento e di assoggettarlo ad azioni di responsabilità dei lavoratori per inadempimenti lievi, di scarsa importanza; la facilità di trasmissione del virus, unita alla mancanza di solide convinzioni scientifiche, portano a escludere che l’imprenditore possa realmente eliminare qualsiasi rischio di contagio nei luoghi di lavoro, così come rendono molto complesso l’accertamento del nesso causale; ai lavoratori spetta la concreta attuazione di gran parte delle misure precauzionali”.
Circostanze queste – continua l’autore - che, “valutate contestualmente, potrebbero giustificare valutazioni della condotta dell’imprenditore meno meccanicistiche, più soggettive e concrete, effettuate, dal basso, in chiave di ragionevolezza e solidarietà”.
Quanto poi al ruolo dei principi costituzionali, “dall’erosione del paradigma formalistico che identificava il danno ingiusto con la lesione di un diritto soggettivo assoluto consegue che il giudizio di responsabilità si svolga per il tramite di un ragionamento più elastico, più concreto, ispirato al principio di solidarietà per l’appunto, diretto a vagliare l’esistenza di una lesione ad un interesse meritevole di tutela in ottica costituzionale”.
In definitiva, conclude l’autore, il procedimento applicativo della legge “quando implica l’attribuzione di un significato a termini vaghi, come ‘ingiustizia’, ‘diligenza’ e ‘impossibilità’, “non può prescindere dal considerare la rilevanza che nell’esperienza giuridica odierna hanno assunto i principi costituzionali che, per la loro ambizione di totalità e per la forza del valore” fungono da criterio delle “regole tradizionali”. E accolto tale postulato, “va accettata la modalità applicativa dei principi, la loro logica, che non è quella del ‘tutto o niente’, propria delle regole semplici, ma quella del bilanciamento, che nella vicenda in esame involgerebbe il diritto alla salute, l’iniziativa economica dell’imprenditore e, per l’appunto, quale criterio guida, la solidarietà”.
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
Università di Urbino Carlo Bo, Osservatorio Olympus, Diritto della sicurezza sul lavoro, “ La violazione degli obblighi di sicurezza legati all’emergenza Covid-19: una proposta realistica in tema di responsabilità dell’imprenditore”, a cura di Valerio De Berardinis - avvocato e dottorando di ricerca in diritto private europeo presso l’Università “Sapienza” di Roma (formato PDF, 224 kB).
Scarica la normativa di riferimento in materia COVID-19:
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