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La valutazione dei rischi psicosociali ai tempi del coronavirus

La valutazione dei rischi psicosociali ai tempi del coronavirus

Autore:

Categoria: Coronavirus-Covid19

08/02/2022

Riflessioni sulla valutazione dei rischi psicosociali in tempi di pandemia e di emergenza COVID-19. L’importanza di valutare tre fattori, gli esempi di interventi a basso costo e i buoni risultati. A cura di Debora Penco, psicologa del lavoro.

L’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro ha più volte sottolineato l’importanza che, dopo le modifiche organizzative connesse alle conseguenze dell’emergenza COVID-19, si tenga conto dei problemi per la salute fisica e mentale dei lavoratori.

Questo è un tema importante, connesso alla pandemia, che diventerà sempre più importante e che è probabilmente da affrontare senza aspettare il momento in cui la pandemia finirà di condizionare la nostra vita e il nostro lavoro.

 

Proprio in relazione all’importanza del tema pubblichiamo oggi un contributo di Debora Penco, Psicologa del lavoro, esperta di salute e sicurezza, dal titolo: “Valutazione rischi psicosociali ai tempi del corona virus”.

 

Valutazione rischi psicosociali ai tempi del corona virus

 

1. Quando va fatta la valutazione del rischio stress lavoro correlato?

2. Conseguenze dei rischi psicosociali su alcuni tipi di lavoratori

3. Conclusioni

4. Spunti per possibili interventi in azienda


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1. Quando va fatta la valutazione del rischio stress lavoro correlato?

Il D.Lgs 81/08 afferma la necessità di effettuare la valutazione del rischio stress LAVORO CORRELATO, o di aggiornare la stessa a seguito di una prima valutazione, quando si verificano una delle due seguenti macro-tipologie di situazioni:

  1. Sono trascorsi 2 o 3 anni dalla precedente valutazione (come evidenzia l’INAIL nel documento del 2017);
  2. Sono avvenute significative modifiche al processo produttivo, che possono avere ricadute sulle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori (come descritto direttamente dall’articolo 29 del D. Lgs 81/08 in materia di aggiornamento del DVR).

 

In merito al punto a); ogni azienda sa quando è stata fatta l’ultima valutazione, quindi trascorsi al massimo tre anni deve provvedere all’aggiornamento. A rafforzare la necessità di effettuare la valutazione di questo rischio aggiungo solo che numerosi studi hanno dimostrato che circa il 30% delle assenze per malattia è direttamente causato dallo stress!

 

In merito al punto b); la pandemia, le relative misure di contenimento del contagio, nonché l’adozione massiccia della modalità di lavoro da remoto ed altri accadimenti organizzativi (fusioni, acquisizioni, cambi di sede, cambi di alta dirigenza etc.) rappresentano in pieno “modifiche al processo produttivo”. In aggiunta alle modalità di lavoro da remoto, occorre aggiungere che la pandemia ha influenzato pesantemente le abitudini non solo di lavoro, ma anche di vita di tutti i lavoratori. Tale dato è confermato da moltissime ricerche effettuate da marzo 2020 e correlate al benessere psicologico, che dimostrano come la salute mentale di molti cittadini sia peggiorata proprio a causa della pandemia e delle sue ripercussioni a livello di libertà, di lavoro e quindi anche di relazioni interpersonali.

 

Alcune delle aziende con cui sono entrata in contatto recentemente, stanno aspettando che finisca la pandemia per effettuare una nuova valutazione Stress Lavoro Correlato. In realtà non si può.

 

Qualcuno, infatti, pensa che non si possa effettuare una valutazione dei rischi durante una tormenta. Durante una tormenta (o una situazione anomala), non si può neanche pensare di restare inermi e non provare a tutelarsi; per difendersi efficacemente bisogna valutare il rischio. Così come fanno i miei amici Vigili del fuoco (e qualunque altro ruolo che si occupa di soccorso), dopo un briefing iniziale dove valutano le informazioni in loro possesso, iniziano ad operare e non avendo in anticipo tutte le informazioni necessarie, mentre iniziano le operazioni contemporaneamente valutano i rischi. Durante un’emergenza, infatti, si effettua una valutazione dinamica dei rischi, ciò significa che non ti siedi ad osservare gli eventi e con calma fai le tue valutazioni, ma mentre cerchi una soluzione contemporaneamente valuti i rischi. In una situazione anomala, sconosciuta o di emergenza, gli eventi devono svolgersi con maggiore velocità ed in parallelo, proprio perché è un’emergenza e non puoi sprecare tempo né rischiare di far peggiorare la situazione.

 

È evidente che siamo ancora durante un’emergenza, come abbiamo visto dall’aumento dei contagi e dall’inasprirsi delle misure contenitive, ciò non significa che potremmo valutare lo Stress Lavoro Correlato, anzi: diventa una priorità!

 

Quello che cambia tra la valutazione dei rischi in tempi normali e in emergenza è la scelta di quali strumenti utilizzare, la definizione dell’oggetto della valutazione e della sua interpretazione, e poi (soprattutto) la definizione degli interventi migliorativi, correttivi o di prevenzione. Non possono essere sottovalutati i tempi con cui si prendono le decisioni su tutto ciò.

 

Ma non possiamo fermarci al solo Stress Lavoro Correlato. Sempre l’articolo 28 afferma l’obbligo di valutare tutti i rischi, tra cui quelli psicosociali definiti come il potenziale danno (fisico, psicologico e relazionale) derivante da inadeguate modalità di progettazione, organizzazione e gestione del lavoro e da un contesto lavorativo ambientale e sociale altrettanto inadeguato.

 

Quali rischi psicosociali si configurano durante una pandemia che porta molte persone a lavorare da casa e a modificare le proprie relazioni? Che costringe altri ad aumentare drasticamente il carico di lavoro, ed espone altri ancora a vivere con la paura di perdere il proprio lavoro?

 

I tre fattori psicosociali da valutare

2.a) Stress lavoro-correlato

Partiamo dal più conosciuto tra i rischi psicosociali, lo Stress Lavoro-Correlato; essendo cambiati carichi di lavoro (aumento o decremento), i luoghi e gli strumenti con i quali si lavora, le relazioni, i processi comunicativi e in alcuni casi anche organizzativi, è necessario fare un’indagine con strumenti standardizzati (test a profilo) e questionari interpellando le persone. È il miglior mezzo che abbiamo per sapere da loro come stanno vivendo questo periodo. È probabile che se analizzassimo gli eventi sentinella non ne troveremmo traccia. O se ne trovassimo non sapremmo con esattezza a quali fattori organizzativi sia riferibile il disagio. Con un’indagine sui lavoratori (quali-quantitativa) si risparmia tempo e si ottengono tutte le informazioni utili per poter poi progettare i giusti interventi.

 

2.b) Lavoro da remoto

Salvo una percentuale esigua di lavoratori che già stava sperimentando una delle formule del lavoro da remoto ( lavoro agile o telelavoro) tutti gli altri avevano, fino al 2020, come unico ambiente di lavoro l’ufficio. Ad oggi i due terzi dei lavoratori dei servizi lavora da remoto e in particolare da casa, dove con buona probabilità ci sono anche altri smart worker o smart student. Tali fattori possono aver contribuito per alcune persone ad apprezzare enormemente i vantaggi del lavoro da remoto, per altre invece gli stessi fattori possono aver contribuito ad un aumento sostanziale dello stress. Quali sono le condizioni in cui il lavoro da casa può essere vissuto come difficile fino ad arrivare ad essere stressante?

Ecco le più significative:

  • Dal punto di vista personale: spazi non adeguati in casa, scarse competenze digitali, rete internet inadeguata, senso di isolamento o inutilità, difficoltà a gestire i cambiamenti, etc.
  • Dal punto di vista aziendale: mancanza di dotazioni adeguate hardware e software (piattaforme di lavoro da remoto) e soprattutto scarse competenze dei vertici nell’organizzare il lavoro a distanza, etc.

 

Ognuno di questi fattori può e deve essere risolto con specifici interventi che il datore di lavoro può progettare ed implementare anche (e soprattutto) durante un periodo difficile come questo. Solo conoscendo esattamente l’entità e le varie sfaccettature del problema si può pensare ad un pacchetto di soluzioni mirate. Ma il lavoro da casa, per molti, moltissimi, è stata una piacevole scoperta. E se l’azienda potesse ridurre i costi legati alla sede? Prevedendo uno smart working su turni e con fasce orarie garantite (per poter effettuare riunioni e collaborazioni) si potrebbero risparmiare i costi legati alla sede ma anche ridurre il traffico, l’inquinamento, intasamento dei mezzi pubblici, quindi anche l’ambiente ne trarrebbe dei benefici!

 

2.c) Stress da pandemia

Certo gli psicologi sono davvero strani, alla fine basta mettere un sostantivo dopo la parola stress et voilà, hanno trovato un nuovo oggetto di studio: stress da vacanze, stress da natale, stress da trauma, stress da lavoro etc.

 

Potrebbe sembrare esagerato, ma riflettiamoci un momento. Lo stress nella sua accezione più ampia è la reazione di adattamento psicologico, fisico e relazionale ad un evento, solitamente complesso, che ha un forte impatto sulla nostra vita. A volte lo avvertiamo perché abbiamo investito talmente tanto su quell’evento che la delusione o il sovraccarico sono possibili (pensiamo ai momenti che precedono le vacanze…). Altre volte invece l’evento è inaspettato, imprevisto e di tali proporzioni da costringere ad un massiccio cambio di abitudini e schemi mentali, pensiamo ad esempio ad una malattia importante. Il periodo pandemico che stiamo vivendo appartiene proprio a questa seconda categoria, con l’aggravante che si è diffuso su scala mondiale. Capire come l’emergenza sanitaria sta impattando sui propri lavoratori può aiutare il datore di lavoro a gestire questi problemi e magari risolverli.

 

2. Conseguenze dei rischi psicosociali su alcuni tipi di lavoratori

Vorrei ora fare qualche esempio per comprendere meglio come tre tipi di condizioni come lo Stress Lavoro Correlato, il Lavoro da casa e lo Stress da Pandemia, possano influenzare diverse categorie di lavoratori.

 

Tutti gli operatori sanitari e chi lavora nella grande distribuzione:

  • Stress LAVORO CORRELATO: drastico aumento del carico di lavoro, modificazione ed aumento dei Dispositivi di Protezione Individuale e dei Dispositivi di Protezione Collettiva (ad esempio il plexiglass alla cassa), aumento delle criticità con i clienti.
  • Lavoro da casa: non applicabile per la maggior parte dei ruoli (tranne rari casi come le visite con la telemedicina).
  • Stress da pandemia: particolarmente esposti, lavorando a contatto con il pubblico provano il timore per la propria salute.

 

Chi svolge ruoli di back office (amministrativi, informatici, chi eroga servizi, etc.):

  • Stress Lavoro Correlato: aumento della quantità di lavoro e modifica della modalità, solo il 5% aveva già sperimentato il lavoro da remoto.
  • Lavoro da casa: utilizzato, ma con quali modalità? Il proprio capo è in grado di gestire un gruppo a distanza? Il lavoratore dispone di competenze e strumentazioni adeguate?
  • Stress da pandemia: presente, ma legato soprattutto ai propri vissuti personali.

 

Chi lavora nel turismo, nel settore ospitalità e in ambito sportivo:

  • Stress Lavoro Correlato: drastica diminuzione del carico di lavoro, modificazione ed aumento dei DPI, aumento delle criticità con i clienti. In molti casi, lunghi periodi di sospensione del lavoro.
  • Lavoro da casa: solo per alcuni ruoli (es. prenotazioni online).
  • Stress da pandemia: presente, soprattutto se si lavora al pubblico (aumenta il timore per la propria salute) molto evidente anche la paura per la perdita del proprio posto di lavoro.

 

Chi lavora nella Scuola:

  • Stress Lavoro Correlato: drastico cambio delle modalità di lavoro, scarse competenze digitali, assenza di un piano condiviso di gestione della Didattica a Distanza, regole in continuo cambiamento
  • Lavoro da casa: si, ma mai provato prima
  • Stress da pandemia: lavorando al pubblico c’è un aggravio rispetto al timore per la propria salute

 

3. Conclusioni

Da questo breve e non esaustivo elenco, si capisce come tutti siano stati colpiti in modo diverso dalla pandemia e dalle regolamentazioni introdotte per contrastarla.

 

Di seguito illustro alcuni interventi, che vanno però personalizzati. Si può subito vedere come non tutti gli interventi richiedano un investimento attivo in denaro; a volte basta solo tempo e impegno personale. Quello che risulta importante ora, è dare e ricevere ascolto e sentire la rassicurazione: “andrà tutto bene, perché noi faremo … e stiamo già facendo…”. Le persone hanno bisogno di sapere che il loro datore di lavoro, il loro capo si è attivato per anticipare e risolvere alcuni problemi di questo periodo. Un elemento centrale in questa fase non è tanto la soluzione del problema, ma la consapevolezza del lavoratore che se ne può parlare e che la sua situazione sarà presa in carico.

 

In aggiunta alle rassicurazioni ci vuole qualcos’altro. È una qualità umana che nei secoli è stata chiamata in vari modi: Platone la chiamava forza d’animo, ai giorni nostri la definiamo resilienza, mentre Nassim Nicholas Taleb saggista e matematico parla di antifragilità. Chi possiede questa qualità, comunque la si voglia chiamare, sviluppa anche una visione positiva del futuro e, non meno importante, sviluppa l’abilità di essere innovativo. È dunque il caso di promuoverla e cercare di sostenerla anche in azienda.

 

4. Spunti per possibili interventi in azienda

Per ogni azienda, per ogni problema, per ogni contesto va progettata una soluzione ad hoc. A solo titolo di esempio e per dimostrare che si può fare qualcosa per sostenere i lavoratori riporto alcune idee:

  • Stress Lavoro Correlato con aumento del carico di lavoro: valutare la possibilità di assumere nuovo personale, magari riducendo i turni (part time) e facendo lavorare più persone, modificare l’assetto dei turni, supportare i lavoratori con strumenti tecnologici (ad esempio la cassa automatica);
  • Stress Lavoro Correlato con drastica riduzione o azzeramento dei carichi di lavoro: investire il tempo nell’aggiornamento, organizzare corsi di formazione online, si possono anche organizzare scambi “tra pari” in cui ognuno insegna qualcosa ai propri colleghi;
  • Lavoro da casa: chiarire le regole e le procedure del lavoro da remoto, investire nell’aggiornamento, supportare i lavoratori in merito alle specifiche esigenze (orari, dispositivi hardware, obiettivi); aiutare i responsabili a sviluppare le giuste competenze per organizzare e valutare il lavoro da remoto;
  • Stress da pandemia: fornire informazioni aggiornate ed affidabili su cosa l’azienda sta facendo (utilizzando la intranet aziendale); fornire un supporto alle specifiche esigenze; offrire un supporto psicologico, uno sportello di ascolto, webinar dedicati ai temi specifici focus group di discussione su problemi condivisi.

 

L’elenco è ovviamente parziale, quello che mi preme sottolineare qui, è che le persone lavorano di più e meglio quando sono trattate da adulte e si sentono ascoltate e supportate. Quindi chiunque gestisca persone deve poter fornire feedback onesti e puntuali sul loro operato e disporsi all’ascolto di chi hanno di fronte.

 

 

Pensiamo che pensiamo, ma raramente lo facciamo con reale comprensione ed empatia. Tuttavia, il vero ascolto è una delle forze più potenti per il cambiamento che io conosca”.

Carl Rogers psicologo statunitense, è fondatore del modello psicoterapeutico definito terapia centrata sul cliente. Nel 1987 è stato candidato al premio Nobel per la Pace.   

 

 

Debora Penco

Psicologa del lavoro esperta di salute e sicurezza

 


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Rispondi Autore: fiorella - likes: 0
08/02/2022 (14:00:04)
Un bellissimo articolo, che apre la mente.
Qui la dott.ssa Penco ha parlato di "azienda" ma non di Pubblica Amministrazione dove, per la mia esperienza di RLS, il solo concetto di stress lavoro correlato fa fatica a farsi strada ... figuriamoci prendere in considerazione delle iniziative in proposito!
Un articolo come questo fa sentire meno isolati coloro che vorrebbero innovare e migliorare le condizioni di lavoro e ci fa sperare nel futuro. Grazie!

Autore: Debora
11/02/2022 (07:27:33)
Salve Fiorella, grazie per le belle parole. Parlo di azienda, si, ma in effetti mi riferisco a qualsiasi tipo di organizzazione: pubblica e no profit. Lavoro molto anche nelle grandi PA. Non demordere, vedrai che anche nella tua può cambiare qualcosa!

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