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Grandi eventi a lezione dalla pandemia
Con la progressiva apertura degli eventi con grande presenza di pubblico e il preannunciato termine della proclamazione dello stato di emergenza si pone la necessità di alcune riflessioni per coloro che sono chiamati a organizzarli. Ci riferiamo non tanto al fatto di implementare nelle indicazioni di sicurezza quelle relative alle attenzioni verso la possibilità di cluster di contagi, ma alla necessità di tenere in debito conto di quanto è accaduto in questi due anni nell’ottica più generale del trarne vantaggio e evitare errori evitabili. Le cose sono oggi cambiate: alcune in modo evidente, mentre su altre possiamo vedere solo alcune linee di riflessione.
Un aspetto su cui interrogarsi riguarda la possibilità che sia cambiato il rapporto tra le persone e i temi della sicurezza e in quale direzione sia cambiato. Se fino al febbraio del 2020 (data dell'individuazione ufficiale del primo focolaio di infezione in Italia) le comunicazioni che raggiungevano le persone, a proposito dei temi della sicurezza e dell'emergenza, erano rare, improvvisamente sono divenute quotidiane. Questo ha determinato da un lato la positiva abitudine a parlare di temi spesso avulsi dal quotidiano, ma anche una stanchezza e uno sconcerto verso una comunicazione fin troppo ridondante e spesso, francamente, contraddittoria e confusiva.
Quanto avvenuto ha ulteriormente sottolineato come la comunicazione sia di importanza fondamentale nell’aiutare a migliorare la possibilità di una positiva adesione alle indicazioni fornite e di aiutare le persone ad affrontare le situazioni critiche. Sulla base della nostra esperienza professionale e saggistica, suggeriamo tre tracce di riflessione che partono proprio dai vissuti delle persone in questi due anni di pandemia e che possono aiutare nell’organizzazione dei grandi eventi. Le domande sono: come si è modificata la percezione della credibilità delle fonti, chiamate a fornire le indicazioni di sicurezza ed emergenza durante i grandi eventi? Quali nuove forme di comunicazione occorre mettere in campo per mantenere alta la credibilità e l'efficienza di quello che si andrà a comunicare? Come supportare le persone affinché i loro comportamenti siano veramente utili nella gestione dell’evento, tanto più nel caso in cui si manifestino fatti avversi?
Un aspetto su cui interrogarsi riguarda la possibilità che sia cambiato il rapporto tra le persone e i temi della sicurezza e in quale direzione sia cambiato. Se fino al febbraio del 2020 (data dell'individuazione ufficiale del primo focolaio di infezione in Italia) le comunicazioni che raggiungevano le persone, a proposito dei temi della sicurezza e dell'emergenza, erano rare, improvvisamente sono divenute quotidiane. Questo ha determinato da un lato la positiva abitudine a parlare di temi spesso avulsi dal quotidiano, ma anche una stanchezza e uno sconcerto verso una comunicazione fin troppo ridondante e spesso, francamente, contraddittoria e confusiva.
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Quanto avvenuto ha ulteriormente sottolineato come la comunicazione sia di importanza fondamentale nell’aiutare a migliorare la possibilità di una positiva adesione alle indicazioni fornite e di aiutare le persone ad affrontare le situazioni critiche. Sulla base della nostra esperienza professionale e saggistica, suggeriamo tre tracce di riflessione che partono proprio dai vissuti delle persone in questi due anni di pandemia e che possono aiutare nell’organizzazione dei grandi eventi. Le domande sono: come si è modificata la percezione della credibilità delle fonti, chiamate a fornire le indicazioni di sicurezza ed emergenza durante i grandi eventi? Quali nuove forme di comunicazione occorre mettere in campo per mantenere alta la credibilità e l'efficienza di quello che si andrà a comunicare? Come supportare le persone affinché i loro comportamenti siano veramente utili nella gestione dell’evento, tanto più nel caso in cui si manifestino fatti avversi?
Credibilità della fonte che comunica
Un primo argomento di discussione riguarda, come detto, la possibilità che l’esperienza della pandemia possa spingere le persone a una maggiore o minore accettazione delle indicazioni fornite dall’organizzazione degli eventi. Senza dimenticare la necessità che queste indicazioni siano interiorizzate e fatte proprie dalle persone. Nel rispondere a questa domanda, l’analisi degli eventi del passato non ci aiuta molto in proposito. Sono infatti troppo diverse le esperienze in gioco e troppo generalizzata la paura vissuta con questa pandemia per fornire una risposta esaustiva. Senza considerare il peso che avranno nelle future reazioni delle persone, gli esiti di un sempre più evidente stress postraumatico e le fratture sociali che si sono determinate.
Sotto questo punto di vista uno degli aspetti critici che è apparso evidente in questi mesi riguarda la miriade di fonti che si sono occupate e hanno comunicato sul tema della pandemia e l’indubbio protagonismo di tanti addetti ai lavori. Una scelta che ha contribuito a fornire letture del fenomeno e indicazioni di comportamento spesso disomogenee, aumentando l’incertezza e anche la sfiducia nella persona. Proprio questa lezione indica come sia oggi ancora più necessario che questa fonte sia unica e sia riconosciuta e qualificata.
Che la fonte sia unica appare essenziale ed evidente. Rimangono due aspetti importanti da considerare: la credibilità della fonte (e quindi di chi organizza l’evento), e la persona incaricata della comunicazione. La credibilità di una fonte si costruisce nel tempo e si tratta di un bene che va salvaguardato. Un esempio che abbiamo visto durante questi mesi riguarda il fatto che prima di tutto coloro che fanno parte dell’organizzazione devono astenersi dal criticare dall’esterno le decisioni prese. Non si tratta di privare queste persone della libertà di giudizio ma di considerare l’effetto confusivo che posizioni diverse della stessa fonte creano nelle persone.
Un ulteriore aspetto pone fortemente l’accento sulla capacità di chi è incaricato di comunicare di farlo efficacemente. Sotto questo aspetto non tutte le persone anche se tecnicamente molto esperte sono in grado di svolgere questo compito. Un compito che richiede una buona pianificazione della comunicazione da parte della fonte e, da parte del comunicatore, una pragmatica comunicativa molto efficace. A titolo di esempio, utilizzare diversi pronomi modifica gli effetti della comunicazione. Se l’“io” mette al centro la persona che comunica, il “noi” e il “voi” proclama il potere collettivo. Ciò permette agli spettatori di avere la percezione che vi sia qualcuno con il quale costruire dei legami di fiducia, cui quindi potersi affidare per la propria salvaguardia e sicurezza.
Tutti aspetti che fanno parte del lavoro di consulenza non solo nella stesura della comunicazione, ma anche nella definizione della modalità con la quale viene erogata.
Sotto questo punto di vista uno degli aspetti critici che è apparso evidente in questi mesi riguarda la miriade di fonti che si sono occupate e hanno comunicato sul tema della pandemia e l’indubbio protagonismo di tanti addetti ai lavori. Una scelta che ha contribuito a fornire letture del fenomeno e indicazioni di comportamento spesso disomogenee, aumentando l’incertezza e anche la sfiducia nella persona. Proprio questa lezione indica come sia oggi ancora più necessario che questa fonte sia unica e sia riconosciuta e qualificata.
Che la fonte sia unica appare essenziale ed evidente. Rimangono due aspetti importanti da considerare: la credibilità della fonte (e quindi di chi organizza l’evento), e la persona incaricata della comunicazione. La credibilità di una fonte si costruisce nel tempo e si tratta di un bene che va salvaguardato. Un esempio che abbiamo visto durante questi mesi riguarda il fatto che prima di tutto coloro che fanno parte dell’organizzazione devono astenersi dal criticare dall’esterno le decisioni prese. Non si tratta di privare queste persone della libertà di giudizio ma di considerare l’effetto confusivo che posizioni diverse della stessa fonte creano nelle persone.
Un ulteriore aspetto pone fortemente l’accento sulla capacità di chi è incaricato di comunicare di farlo efficacemente. Sotto questo aspetto non tutte le persone anche se tecnicamente molto esperte sono in grado di svolgere questo compito. Un compito che richiede una buona pianificazione della comunicazione da parte della fonte e, da parte del comunicatore, una pragmatica comunicativa molto efficace. A titolo di esempio, utilizzare diversi pronomi modifica gli effetti della comunicazione. Se l’“io” mette al centro la persona che comunica, il “noi” e il “voi” proclama il potere collettivo. Ciò permette agli spettatori di avere la percezione che vi sia qualcuno con il quale costruire dei legami di fiducia, cui quindi potersi affidare per la propria salvaguardia e sicurezza.
Tutti aspetti che fanno parte del lavoro di consulenza non solo nella stesura della comunicazione, ma anche nella definizione della modalità con la quale viene erogata.
Modalità di comunicazione
L’efficacia di una comunicazione nasce anche dalla sua capacità di farsi comprendere, a non indurre le persone a comportamenti passivi e ad accrescere la consapevolezza dell’utilità di seguire le indicazioni fornite. Attorno a questo tema siamo già intervenuti (Zuliani e Dalsaso, 2019), e oggi occorre considerare che questi anni di pandemia hanno dato sempre più risalto a mezzi di comunicazione basati sull’immagine e sui video.
Questa modalità di comunicazione deve integrare in modo proficuo tutti gli aspetti visivi, uditivi e grafici, ma tenendo conto di due aspetti, che traiamo dalla nostra esperienza: le comunicazioni hanno lo scopo di spingere a comportamenti efficaci e al contempo consapevoli. Non puntando tanto sulla paura dell’evento drammatico, quanto sulla possibilità di rispondere efficacemente allo stesso; le comunicazioni devono essere le più brevi possibili e coerenti nei loro contenuti. L’assuefazione dettata dal continuo contatto con la multimedialità che la pandemia ha accentuato suggerisce la necessità di puntare a usare questo mezzo per attrarre l’attenzione delle persone, non tanto dal punto di vista delle emozioni (assetto più vicino alle tecniche pubblicitarie), ma alla trasmissione di conoscenze utili per affrontare la situazione.
Si tratta di una metodologia di comunicazione multimediale da mettere a disposizione dei partecipanti per tempo e studiandone l’attivazione anche in caso di emergenza (in questo caso la capacità di attrarre e focalizzare l’attenzione dei presenti è di fondamentale importanza).
Questa modalità di comunicazione deve integrare in modo proficuo tutti gli aspetti visivi, uditivi e grafici, ma tenendo conto di due aspetti, che traiamo dalla nostra esperienza: le comunicazioni hanno lo scopo di spingere a comportamenti efficaci e al contempo consapevoli. Non puntando tanto sulla paura dell’evento drammatico, quanto sulla possibilità di rispondere efficacemente allo stesso; le comunicazioni devono essere le più brevi possibili e coerenti nei loro contenuti. L’assuefazione dettata dal continuo contatto con la multimedialità che la pandemia ha accentuato suggerisce la necessità di puntare a usare questo mezzo per attrarre l’attenzione delle persone, non tanto dal punto di vista delle emozioni (assetto più vicino alle tecniche pubblicitarie), ma alla trasmissione di conoscenze utili per affrontare la situazione.
Si tratta di una metodologia di comunicazione multimediale da mettere a disposizione dei partecipanti per tempo e studiandone l’attivazione anche in caso di emergenza (in questo caso la capacità di attrarre e focalizzare l’attenzione dei presenti è di fondamentale importanza).
Supporti dispiegati e offerti
Un altro degli insegnamenti che possiamo ricavare dall’esperienza della pandemia è legato alla diffusa esperienza che le persone hanno maturato rispetto al fatto che vi sia una reale catena di soccorso in caso di situazioni critiche. In queste situazioni è importante una rapida identificazione delle persone competenti a gestire l’emergenza, anche se la semplice divisa non offre di per sé una garanzia di autorevolezza se non accompagnata da un comportamento omogeneo e da una capacità di leadership (Faria e altri, 2010). Ciò indica l’importanza della formazione del personale chiamato a essere presente e a intervenire durante i grandi eventi anche solo per fornire indicazioni alle persone. Nel nostro Paese questa funzione è svolta prevalentemente dagli steward.
Oggi occorre affrontare due aspetti che coinvolgono queste figure. La prima riguarda la loro stessa “esistenza”: trattandosi di personale per lo più precario, è ancora disponibile per svolgere questa funzione o nel frattempo ha cercato e trovato altri impieghi? In secondo luogo, oltre a una loro doverosa informazione sui piani di emergenza predisposti evento per evento, hanno una formazione adeguata a essere da sicuro riferimento e da supporto alle persone presenti? Non si tratta solo di sapere “cosa fare”, ma anche di “come fare”. In questa direzione occorre progettare una formazione alle relazioni e non solo agli aspetti giuridici del loro lavoro. Una formazione efficace è possibile solo attraverso una stabilizzazione e una professionalizzazione di tali figure. D’altra parte, nessuna organizzazione che gestisce un evento è spinta a investire sulla formazione di risorse che non danno continuità nel tempo.
Antonio Zuliani
Psicologo psicoterapeuta esperto in sicurezza ed emergenza
Wilma Dalsaso
Psicologa esperta in sicurezza e ambiente
Fonte: PDE, n.62
Oggi occorre affrontare due aspetti che coinvolgono queste figure. La prima riguarda la loro stessa “esistenza”: trattandosi di personale per lo più precario, è ancora disponibile per svolgere questa funzione o nel frattempo ha cercato e trovato altri impieghi? In secondo luogo, oltre a una loro doverosa informazione sui piani di emergenza predisposti evento per evento, hanno una formazione adeguata a essere da sicuro riferimento e da supporto alle persone presenti? Non si tratta solo di sapere “cosa fare”, ma anche di “come fare”. In questa direzione occorre progettare una formazione alle relazioni e non solo agli aspetti giuridici del loro lavoro. Una formazione efficace è possibile solo attraverso una stabilizzazione e una professionalizzazione di tali figure. D’altra parte, nessuna organizzazione che gestisce un evento è spinta a investire sulla formazione di risorse che non danno continuità nel tempo.
Antonio Zuliani
Psicologo psicoterapeuta esperto in sicurezza ed emergenza
Wilma Dalsaso
Psicologa esperta in sicurezza e ambiente
Fonte: PDE, n.62
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