COVID-19: l’utilizzo degli impianti di climatizzazione e ventilazione
Roma, 2 Lug – Come abbiamo ricordato in vari articoli e con riferimento a quelle che sono le possibili vie di trasmissione del virus SARS-CoV-2 “il rischio di contagio associato all’aerosol è ridotto”, tuttavia “gli impianti di climatizzazione e di ventilazione possono mitigare o acuire il rischio di contagio aerogeno. Infatti, la movimentazione dell’aria in ambiente può incrementare la gittata delle gocce o determinare lo spostamento dell’aerosol verso una diversa porzione dell’ambiente, investendo altri occupanti e favorendone il contagio”.
A fornire queste informazioni e a dare utili indicazioni per l’uso attento, durante l’emergenza COVID-19, degli impianti di climatizzazione e di ventilazione è il Rapporto ISS COVID-19 n. 33/2020, un rapporto, su cui ci siamo già soffermati, dal titolo “ Indicazioni sugli impianti di ventilazione/climatizzazione in strutture comunitarie non sanitarie e in ambienti domestici in relazione alla diffusione del virus SARS-CoV-2. Versione del 25 maggio 2020”.
Il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità - a cura del Gruppo di Lavoro Ambiente-Rifiuti COVID-19 - descrive i sistemi di ventilazione e di climatizzazione che possono favorire la movimentazione dell’aria in ambienti indoor (strutture comunitarie non sanitarie e ambienti domestici) e fornisce raccomandazioni operative di gestione degli impianti.
Dopo aver parlato, in un precedente articolo, di modalità di contagio aerogeno e delle raccomandazioni operative in caso di rischio alto o molto alto, ci soffermiamo oggi sui seguenti argomenti:
- Rischi e indicazioni per la diffusione in una medesima zona
- Rischi e indicazioni per la diffusione tra zone distinte
Rischi e indicazioni per la diffusione in una medesima zona
Il Rapporto che ricorda come la gestione dell’ impianto di climatizzazione e di ventilazione “deve essere adeguata alle caratteristiche dell’impianto e alla modalità d’uso degli ambienti”, si sofferma in particolare sulla diffusione dell’aria e dell’eventuale bioaerosol all’interno di una medesima zona.
Si segnala che gli impianti di ventilazione e i terminali di climatizzazione con immissione d’aria per ventilazione forzata (es. ventilconvettori, split, bocchette, anemostati, ecc.) “determinano la formazione di getti d’aria in ambiente che possono interagire con le emissioni dovute alla respirazione. L’entità dell’interazione dipende dalla dimensione delle gocce e dalla velocità dell’aria”, come illustrato nella figura 4 che riprendiamo dal documento:
Si indica che:
- “velocità superiori a 0,25 m/s determinano interazione con il getto”.
- “velocità superiori a 2 m/s determinano il trascinamento di gocce che non formano aerosol, aumentando in modo significativo il rischio di sospensione di carica virale”.
- “per velocità superiori a 0,25 m/s si ha un incremento della gittata delle gocce con conseguente riduzione dell’efficacia del distanziamento interpersonale”.
Si indica poi che alcuni terminali di climatizzazione, esistenti sia come terminali ad espansione diretta (split) che come ventilconvettori (fan-coil), “generano abitualmente getti d’aria di intensità rilevante all’interno dell’ambiente”.
Ricordiamo che i ventilconvettori o unità terminali idroniche del tipo fan coil “sono dei terminali per il controllo della temperatura ambiente, ad uso locale, costituiti da un filtro grossolano per l’aria, uno scambiatore di calore alettato per il riscaldamento o il raffreddamento dell’aria, un ventilatore e una vaschetta di raccolta per lo scarico della condensa eventualmente prodotta in fase di raffreddamento. I componenti sono racchiusi in un mobiletto dotato di griglie per l’ingresso e l’uscita dell’aria. I ventilconvettori sono situati all’interno o in prossimità dello spazio da condizionare con immissione diretta dell’aria nella zona o attraverso canalizzazione di modesta estensione. Trattano esclusivamente l’aria presente nei singoli locali dell’edificio”.
Il documento riporta alcune “esemplificazioni per diverse disposizioni dei getti e del relativo rischio di trascinamento di goccioline all’interno della zona occupata dalle persone”.
Si sottolinea poi che “la rilevanza dell’interazione con i getti d’aria all’interno di un singolo ambiente dipende dal modo in cui sono utilizzati gli ambienti”.
Riprendiamo dal documento alcuni esempi in ambito lavorativo:
- Ambiente occupato da un singolo utente, in via esclusiva: in questo caso non ci sono rischi associati e nessuna necessita di particolare interazione con l’impianto di climatizzazione
- Ambiente occupato da diversi utenti, seppure non contemporaneamente (es. sala copie, sala ristoro con accesso di un solo utente per volta, turnazioni in aree ufficio): si ha un rischio di diffusione per presenza differita e il trascinamento aerodinamico “può prolungare il periodo di sospensione delle gocce”
- Ambiente occupato da più utenti o da un singolo utente in via prevalente, con sporadici accessi di altri utenti (es. una segreteria): si ha il rischio di “diffusione per presenza contemporanea”. E “l’incremento della gittata delle goccioline e la dispersione dell’aerosol possono favorire la diffusione tra le diverse parti dell’ambiente”.
Si ricorda poi che l’intervento del personale che si cura della pulizia dei locali o di altri operatori “rappresenta una condizione in cui l’ambiente risulta occupato da diversi utenti, salvo che ciò sia differito per un tempo sufficiente alla diluizione/inattivazione dell’eventuale bioaerosol diffuso e, comunque, anche sedimentato sulle superfici”.
In ogni caso – continua il Rapporto – “il ricambio dell’aria in ambiente mediante immissione di aria esterna determina una riduzione della carica patogena eventualmente presente e quindi riduce il rischio di esposizione” al nuovo coronavirus.
Rischi e indicazioni per la diffusione tra zone distinte
Il documento si sofferma poi sulla diffusione tra zone distinte.
Si segnala che la ventilazione “può determinare il movimento di masse d’aria da un ambiente ad un altro adiacente, con trasporto dell’eventuale bioaerosol sospeso. Infatti, la portata d’aria in uscita da un ambiente è pari a quella immessa. Oltre che dagli impianti di ventilazione meccanica controllata di ogni genere, si avranno infiltrazioni in ingresso ed in uscita attraverso l’involucro edilizio, sia con l’esterno che con gli ambienti adiacenti”.
Si indica poi che la movimentazione dell’aria dipende “dalla differenza tra le pressioni ai due lati di ogni partizione che, in generale, dipende anche dalle specifiche condizioni climatiche (direzione ed intensità del vento, differenza di temperatura ed effetto camino degli edifici) oltre che dagli impianti aeraulici attivi”.
Si possono individuare alcune differenti condizioni di esercizio. E riprendiamo, in conclusione, alcune indicazioni sulla tipologia di impianto di ventilazione e sulla diffusione tra zone adiacenti.
Il rapporto segnala, infine, che “le sezioni di recupero di calore a scambio diretto o rotativo possono determinare un ricircolo di trafilamento, anche se in generale di entità esigua”.
RTM
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
Gruppo di Lavoro ISS Ambiente-Rifiuti COVID-19, “ Indicazioni sugli impianti di ventilazione/climatizzazione in strutture comunitarie non sanitarie e in ambienti domestici in relazione alla diffusione del virus SARS-CoV-2. Versione del 25 maggio 2020”, Roma - Istituto Superiore di Sanità – 2020 - Rapporto ISS COVID-19, n. 33/2020 (formato PDF, 2.31 MB).
Scarica la normativa di riferimento:
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