Agenti infettivi: come proteggere il corpo, il volto e le vie respiratorie?
Tuttavia, come indicato, nello stesso decreto, all’art. 272 (Misure tecniche, organizzative e procedurali) del Titolo X (Esposizione ad agenti biologici) è possibile adottare misure di protezione individuali qualora non sia possibile evitare l’esposizione con le misure collettive.
A ricordare, in relazione alle attività sanitarie che espongono agli agenti biologici e infettivi, quale sia il principio di priorità delle misure di protezione e quali siano le misure di prevenzione e protezione adottabili è il factsheet “ Misure di sicurezza per gli agenti infettivi del gruppo 3 nelle attività sanitarie”.
Il documento, curato dal Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici dell’Inail, riporta diverse informazioni sugli interventi di prevenzione e protezione e ricorda, tra le altre cose, l’inserimento del virus SARS-CoV-2 nell’allegato XLVI, classificato gruppo 3, del d.lgs. 81/2008.
Dopo aver affrontato, nei precedenti articoli di presentazione del factsheet, le misure di protezione collettive e le misure di protezione individuale per le mani e per i piedi, ci soffermiamo oggi sui seguenti argomenti:
- Dispositivi di protezione individuale: la protezione del corpo
- Dispositivi di protezione individuale: la protezione delle vie respiratorie
- Dispositivi di protezione individuale: la protezione del volto e degli occhi
Dispositivi di protezione individuale: la protezione del corpo
Riguardo alla protezione del corpo da agenti infettivi, ad esempio con riferimento alle procedure sanitarie ad elevato rischio di esposizione o per laboratori BSL3 - P3 (laboratori per la manipolazione di materiale biologico classificato con livello di biocontenimento pari a tre), si indica che è necessario “indossare una tuta completa monouso idrorepellente in tessuto non tessuto che abbia le maniche con polsino e cuciture realizzate con tecnologia tale da garantire in ogni sua parte elevate proprietà di barriera sia per la permeazione, sia per la penetrazione”.
Al riguardo si sottolinea che “si deve fornire copia della certificazione CE e dei relativi rapporti di prova che presentino i risultati dei test concernenti le proprietà di barriera per agenti infettivi ed in particolare per gli agenti virali”.
Inoltre la tuta “deve essere indossata correttamente per tutto il tempo necessario allo svolgimento dell’attività, ed è assolutamente da evitare il suo utilizzo dopo precedenti esposizioni. Si deve considerare monouso e non deve essere reindossata dopo l’utilizzo”.
È poi “raccomandata la sigillatura per polsi e/o caviglie della tuta con idoneo nastro di chiusura, fermo restando il principio sancito all’Allegato II del Regolamento (UE) 2016/425 di “Compatibilità tra tipi diversi di DPI destinati ad essere utilizzati simultaneamente”, quali ad esempio tra tuta e guanti e/o sovrascarpe”.
Questo dispositivo è un “DPI in III categoria (d.lgs. 17/2019) con certificazione CE di Tipo con conformità alla norma tecnica EN 13688 e alla EN 14126 per quanto riguarda l’elevata prestazione funzionale”.
Si indica poi che nel contesto delineato di procedure sanitarie che si considerino ad evidente rischio di esposizione o per laboratori BSL3 - P3 “tale tuta deve essere in classe 6B per garantire un’idonea protezione anche da virus (test eseguiti con 20 kPa) e deve avere una grammatura < 60 g/m2”.
In alternativa alle tute, “per particolari procedure quali ad esempio quelle chirurgiche o nei laboratori BSL3 o P3, è possibile utilizzare camici per la protezione da agenti infettivi (non sterili o sterili)”.
I camici da adottare “sono quelli di tipo monouso, idrorepellente, in tessuto non tessuto, con allacciatura posteriore, maniche lunghe con polsino di elastico e cuciture realizzate con tecnologia tale da evidenziare, per l’intero camice, elevate proprietà di barriera. Al riguardo si deve presentare copia della certificazione CE e dei relativi rapporti di prova che presentino i risultati dei test che dimostrino le suddette proprietà di barriera per agenti infettivi ed in particolare per gli agenti virali. Il camice deve essere dotato, come accessorio, anche di idoneo nastro di chiusura per polsi. I camici non vanno utilizzati fuori dalle aree di esposizione ed è assolutamente da evitare il loro impiego dopo precedenti esposizioni. Si devono considerare monouso e non devono essere reindossati dopo l’utilizzo. I camici devono essere dotati di un certificato CE di Tipo rilasciato da Organismo Notificato come DPI in III categoria nel quale sia riportata la conformità alla norma tecnica EN 13688 e alla EN 14126, deve essere in classe 6PB, per l’adeguata protezione da virus”, lungo “almeno 150 cm., allacciato dietro, con polsino elastico”.
Dispositivi di protezione individuale: la protezione delle vie respiratorie
Il factsheet indica che il dispositivo più comunemente usato per la protezione delle vie respiratorie, nel momento in cui dalla valutazione del rischio ne derivi tale necessità e considerando gli specifici contesti organizzativi ed assistenziali, è la semimaschera filtrante.
Si segnala che questo “è un DPI di III categoria in conformità a quanto disposto dal d.lgs. 17/2019. La certificazione CE/UE di Tipo di questo tipo di dispositivo deve evidenziare la protezione da agenti infettivi e la conformità alla norma EN149 come FFP3”.
Inoltre per facilitare la funzione respiratoria degli operatori la suddetta maschera filtrante è preferibile che sia “dotata di una valvola di espirazione e corredata di istruzioni in lingua italiana per l’uso, la manutenzione e la conservazione”.
Tuttavia “nell’impossibilità di reperire tale dispositivo è possibile indossare una semimaschera filtrante FFP3 anche se non in possesso di certificazione CE di tipo per agenti infettivi, o in subordine FFP2, considerando quelle che possiedono i parametri di protezione più elevati (esaminando copia dei rapporti di prova elaborati per la certificazione CE)”.
Inoltre in riferimento all’emergenza attuale SARS-CoV-2, “per gli operatori che dalla valutazione del rischio non si ritengano a rischio di esposizione all’agente virale per tipologia di attività e modalità espositive si “fa presente quanto descritto per le mascherine chirurgiche (dispositivi medici di cui al d.lgs. 24 febbraio 1997, n. 46 e s.m.i., prodotte secondo norma tecnica UNI EN 14683:2019) nel d.l. 17 marzo 2020, n. 18 - convertito con modificazioni dalla l. 24 aprile 2020, n. 27.
Infine per procedure sanitarie ad elevato rischio di esposizione o nel caso di laboratori BSL3 o P3 “si può anche considerare l’adozione di una maschera a pieno facciale per la protezione delle vie respiratorie. Tale maschera è sempre un DPI in III categoria, corredata da istruzioni in lingua italiana per l’uso, manutenzione e conservazione, con certificazione CE di Tipo con conformità alla EN 136, raccordo conforme alla EN 148-1, dotata di filtro con certificazione CE di Tipo per la protezione da agenti infettivi e conformità alla EN 143. Generalmente questo dispositivo è realizzato in gomma siliconica anallergica con visiera che garantisca una buona visibilità e assenza di distorsioni, infrangibile e antigraffi o con sistema di antiappannamento. La bardatura della maschera deve essere con cinghie morbide, ben regolabili a rapido slacciamento, dotata di possibilità di posizionamento di filtro centrale”.
Si indica poi che nel caso di rischio elevato e temporanea indisponibilità di questo DPI “è possibile indossare una semimaschera filtrante abbinata ad un visore o schermo facciale per la protezione del volto e degli occhi”.
Dispositivi di protezione individuale: la protezione del volto e degli occhi
Veniamo, in conclusione, alla protezione del volto e degli occhi.
Il factsheet indica che i visori o schermi facciali “devono essere indossati per quelle procedure nelle quali sia necessaria la protezione del volto da schizzi e/o sversamenti”.
Questi dispositivi sono “DPI di II o III categoria e conformi alla norma tecnica EN 166”.
Generalmente – continua il documento – “sono raccomandati gli schermi facciali per evitare contaminazione del volto soprattutto quando si eseguono attività che possono produrre schizzi di particelle, anche provenienti dal basso, contenenti materiale biologico”.
Quando poi vi è la possibilità che “si producano aerosol o nebbie, è opportuno indossare anche una semimaschera filtrante”, che può essere “del tipo con o senza valvole, mentre gli occhiali, che possono essere con o senza ripari laterali, sono più indicati in caso di schizzi”.
Questi dispositivi – conclude il factsheet – “devono essere dotati di lenti antigraffi o, incolore, otticamente neutre che non producano distorsioni (Classe ottica 1), montatura resistente, comoda e ben posizionabile sul volto dell’operatore. Devono essere resistenti all’impatto (almeno simbolo F sia per la montatura che per le lenti), antiappannanti (simbolo N)”.
Si ricorda poi che per gli operatori che utilizzano sistemi di correzione, “i DPI devono essere compatibili con l’ uso degli occhiali o con le lenti a contatto”.
Infine si segnala che tali DPI sono per lo più “reusable”; “è di conseguenza necessario disinfettarli dopo ogni utilizzo, deve essere quindi indicata la resistenza ai disinfettanti e per quanti cicli senza che gli stessi perdano le proprietà ottiche” relative alla classe.
Concludiamo segnalando che il factsheet si sofferma, oltre che sulle misure di sicurezza di tipo collettivo, anche sui dispositivi di protezione individuale per la protezione delle mani e per la protezione dei piedi.
RTM
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
Inail, Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici, “ Misure di sicurezza per gli agenti infettivi del gruppo 3 nelle attività sanitarie”, a cura di R. Lombardi, A. Ledda, P. Tomao, N. Vonesch (Inail) - A. Carducci (Università di Pisa) - M. Clementi (Università Vita Salute) - D. D’Alessandro, S. Sernia (Università La Sapienza Roma) - M. Triassi (Università Federico II Napoli), Factsheet edizione 2020 (formato PDF, 137 kB).
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