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Il Direttore Tecnico di Cantiere e l’art. 97 del D. Lgs. n. 81/2008

Il Direttore Tecnico di Cantiere e l’art. 97 del D. Lgs. n. 81/2008

Una disamina di alcuni casi che hanno visto coinvolto il Direttore Tecnico di Cantiere (DTC) dell’impresa affidataria in procedimenti penali per infortunio sul lavoro.

Negli oltre tre decenni in cui ho operato anche come Consulente Tecnico (solo per la Difesa) nei procedimenti penali per infortunio sul lavoro, mi sono trovato spesso ad occuparmi della difesa tecnica di colleghi operanti, come dipendenti o come consulenti, in qualità di “Direttore Tecnico di Cantiere” (DTC) per imprese di costruzioni.

 

Questa figura, per quanto presente dalla notte dei tempi almeno nei cantieri di una certa complessità e dimensione, aveva assunto una certa visibilità anche formale con una serie di provvedimenti emanati a raffica dopo l’entrata in vigore della legge n. 55/1990 meglio nota come “Antimafia”.

Successivamente tale figura è stata più volte richiamata nei provvedimenti riguardanti gli appalti pubblici che si sono susseguiti a partire dalla “Legge Merloni”.

Per quanto riguarda le norme in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, tale figura è citata dall’Allegato XV al par. 3.2.1 lett. a6).

L’art. 97 comma 1, anche se non espressamente, rimanda a questa figura quando chiede al datore di lavoro dell’impresa affidataria di verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l’applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC). Infatti, in cantieri di grandi dimensioni, il datore di lavoro delega, in genere, al DTC gli obblighi dell’art. 97 e dell’art. 101 commi 2 e 3 del D. Lgs. n. 81/2008.

 

Come già accennato, l’art. 97 comma 1 del D. Lgs. n. 81/2008 prevede che:

<<Il datore di lavoro dell’impresa affidataria verifica le condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l’applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento>>.

Il successivo comma 3 del citato articolo richiede che:

<< Il datore di lavoro dell’impresa affidataria deve, inoltre:

  1. coordinare gli interventi di cui agli articoli 95 e 96;
  2. verificare la congruenza dei piani operativi di sicurezza (POS) delle imprese esecutrici rispetto al proprio, prima della trasmissione dei suddetti piani operativi di sicurezza al coordinatore per l’esecuzione>>.

 

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L’attribuzione della violazione al DTC che ho avuto modo di constatare con maggiore frequenza, quale aggravante in casi di lesioni colpose gravissime o omicidio colposo, è proprio quella del citato comma 1 dell’art. 97.

 

L’approccio della A.G. è stato quello di considerare il DTC come una specie di supervisore  che controlla con continuità l’operato dei datori di lavoro delle imprese esecutrici.
Ancora non si è riusciti a comprendere che le attività di questa figura devono essere intese come controllo delle attività lavorative svolte dal personale della propria impresa e di verifica delle attività svolte dalle imprese esecutrici (mediante il coordinamento e la cooperazione tra i datori di lavoro, la verifica delle condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l’attuazione delle disposizioni e prescrizioni previste dal PSC).

Tale verifica sull’operato delle imprese esecutrici, però, non può intendersi come un’attività da espletare in modo continuo, momento per momento, durante l’esecuzione dei lavori.

 

Inoltre, un DTC non può certo rispondere per azioni o omissioni compiute dal datore di lavoro dell’impresa esecutrice e/o dai suoi collaboratori nell’ambito della sua autonomia d’impresa sancita dall’esistente contratto di subappalto.

 

Quindi, di fatto trattasi, da un lato, della concreta applicazione all’ appalto dei più generali principi sanciti ex art. 36 del D. Lgs. n° 81/2008 (l’informazione alle imprese appaltatrici ed ai lavoratori circa i rischi nell’esecuzione delle opere) e, dall’altro, di cooperare per l’attuazione delle misure prevenzionali volte ad eliminare eventuali rischi interferenziali incidenti sull’attività lavorativa, verificando il mantenimento di condizioni di sicurezza volte a tutelare l’integrità psicofisica dei lavoratori impegnati in cantiere.

 

In altre parole, il DTC non è esente dall’obbligo di attuare un’attività volta a verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l’applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del PSC ma ciò non va confuso come un obbligo di costante vigilanza in cantiere sull’operato delle imprese esecutrici.

 

Ad esempio, un conto è una situazione di palese pericolo o un comportamento che, trascinandosi nel tempo senza alcun intervento da parte dalla citata figura dell’impresa affidataria, ha generato un reato d’evento e tutt’altra cosa è, invece, una situazione o un comportamento che si è concretizzato in tempi rapidissimi come, ad esempio, il distacco di un operatore da una linea vita e la conseguente caduta all’interno di un lucernario.

 

Nel primo caso è palese la responsabilità del DTC, vista la sua inerzia, mentre nel secondo caso, i profili di responsabilità devono rimanere all’interno del perimetro degli obblighi del datore di lavoro dell’impresa esecutrice in quanto, è opportuno ricordarlo, è lui con i suoi diretti collaboratori, il destinatario degli obblighi di tutela nei confronti dei propri lavoratori.

 

Comunque, va detto che non è stato certo un caso che il legislatore, al fine di chiarire questi aspetti, dopo la pubblicazione del D. Lgs. n° 81/2008, sia successivamente intervenuto con il D. Lgs. n° 106/2009 (vedasi Relazione di Accompagnamento – pag. 23) modificando l’iniziale e fuorviante obbligo di <<vigilare sulla sicurezza dei lavori affidati>> in obbligo di <<verifica delle condizioni di sicurezza dei lavori affidati>> ribadendo così che l’obbligo del datore di lavoro dell’impresa affidataria e del suo DTC delegato, è un obbligo di <<mezzi>> e non certo di <<risultato>>, visto che nessuno può essere chiamato a rispondere per reati commessi da terzi.

 

Ad esempio, in un caso seguito come CTP per un infortunio mortale di un dipendente dell’impresa esecutrice, il comportamento che aveva portato al crollo di un manufatto prefabbricato in fase di posa, non era ravvisabile dal DTC perché non era una condotta penalmente esigibile quella che voleva una figura che, momento per momento:

  • controllasse l’operato di una o più imprese esecutrici, a cui la propria impresa aveva subappaltato i lavori specialistici,
  • verificasse puntualmente tutte le fasi di lavoro e
  • controllasse il corretto posizionamento e fissaggio di tutti gli elementi prefabbricati.

 

Pertanto, non avrebbe potuto impedire l’evento avvenuto visto che:

  • non poteva, comunque, essere costantemente sul posto in cui erano in atto le operazioni di cantiere;
  • l’evento è avvenuto in un intervallo di tempo ridotto (5 minuti da quando il personale aveva notato l’anomalia nel posizionamento del manufatto prefabbricato).

In questo caso, era il datore di lavoro dell’impresa esecutrice o un suo collaboratore con funzioni di preposto che doveva intervenire e interrompere le operazioni di posa ed allontanare il personale.

 

Un’altra aggravante contestata al DTC nei procedimenti penali ex artt. 589 e 590 cp seguiti dal sottoscritto, è quella riguardante la mancanza, nel POS dell’impresa affidataria, di una analisi specifica connessa alle lavorazioni da eseguire in cantiere da parte dell’impresa esecutrice.

Riguardo questo tipo di contestazione, chi indaga, evidentemente non ha compreso, come in un caso seguito da CTP, che il POS di un’impresa affidataria non contiene l’analisi specifica relativa, ad esempio, alle attività di esecuzione della posa delle palancole per il semplice motivo che tale attività lavorativa era stata subappaltata all’impresa specializzata da cui dipendeva il lavoratore infortunato.

Infatti, l’art. 89 comma 1, lett. h) del D. Lgs. n° 81/2008, definisce il piano operativo di sicurezza come << il documento che il datore di lavoro dell’impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi dell’articolo 17 comma 1, lettera a), i cui contenuti sono riportati nell’Allegato XV>>.

Tra i contenuti minimi obbligatori citati (Allegato XV, p. 3.2.1, lett. g)), è prevista  <<l’individuazione delle misure preventive e protettive, integrative rispetto a quelle contenute nel PSC quando previsto, adottate in relazione ai rischi connessi alle proprie lavorazioni in cantiere>>.

Appare evidente che nel POS debbano essere individuate le misure preventive e protettive relative all’eliminazione o riduzione al minimo dei rischi derivanti dall’esecuzione delle lavorazioni dell’impresa.

Quindi, nel proprio POS, un’impresa deve prevedere le citate misure in funzione delle proprie lavorazioni.

Ora, non essendo l’affidataria l’impresa che doveva eseguire l’attività lavorativa relativa all’infissione delle palancole, non era nel suo POS che doveva essere effettuata <<l’analisi specifica connessa con le lavorazioni relative all’infissione delle palancole>> ma in quello dell’impresa esecutrice.

 

Altra aggravante discussa nelle aule di Tribunale riguarda la presunta verifica del POS dell’impresa esecutrice in subappalto da parte del DTC:

<< Il direttore tecnico di cantiere non ha verificato che il POS dell’impresa esecutrice contenesse una esauriente analisi specifica riguardante modalità esecutive delle lavorazioni finalizzate all’esecuzione dei micropali >>.

 

In questo caso appare palese che si sia voluto attribuire al DTC obblighi che la normativa vigente e la conseguente organizzazione di cantiere, attribuiscono ad altre figure.

 

Infatti, per quanto riguarda gli obblighi previsti dal comma 3, lettera a) dell’art. 97 del D. Lgs. n° 81/2008, il datore di lavoro dell’impresa affidataria o chi da lui incaricato e cioè il DTC devono espletare quello che si può chiamare <<coordinamento operativo dei rischi d’impresa>>, visto che il legislatore fa espresso riferimento agli art. 95 e 96 del citato decreto.

Anche in questo caso, però, questa attività non va intesa come sostitutiva rispetto quella del CSE espletata sui rischi di cantiere perché, in caso contrario, ricadremmo nel caso di violazione dello standard minimo comunitario che individua nel CSE il soggetto preposto all’espletamento dell’attività di coordinamento (art. 6 della Direttiva 92/57/CEE).

 

In merito agli obblighi previsti dal comma 3, lettera b) dell’art. 97 del D. Lgs. n° 81/2008, il datore di lavoro dell’impresa affidataria o chi da lui incaricato e cioè il DTC, devono verificare la congruenza dei piani operativi di sicurezza (POS) delle imprese esecutrici rispetto al proprio, prima della trasmissione dei suddetti piani operativi di sicurezza al CSE.

La verifica di congruenza richiesta al datore di lavoro dell’impresa affidataria riguarda le modalità con cui si è strutturata la catena del subappalto ed è un obbligo di <<mezzi>> e non di <<risultato>>.

Questo obbligo trova la sua concreta attuazione operativa nella previsione contenuta nel successivo art. 101, comma 3 dove viene richiesto che ciascuna impresa esecutrice trasmetta il proprio POS all’impresa affidataria, la quale, previa verifica della congruenza rispetto al proprio, lo trasmette al CSE.

 

Pertanto, quanto richiesto al datore di lavoro dell’impresa affidataria o chi da lui incaricato e cioè il DTC, consiste nella verifica che l’impresa subappaltatrice, a cui è stata affidata una specifica lavorazione, abbia redatto il POS in riferimento a ciò che è chiamata ad eseguire ma senza entrare nel merito delle scelte organizzative effettuate dalla stessa per garantire la tutela della salute e della sicurezza dei propri lavoratori essendo queste esclusivamente afferenti alla propria autonomia.

 

Anche in questo caso, va precisato che la verifica di <<congruenza>> richiesta non va assolutamente confusa con l’obbligo proprio della verifica di <<idoneità>> del POS da parte del CSE.

La verifica d’idoneità, richiesta al CSE, impone di dare evidenza di una relazione di coerenza tra il PSC e ciascun POS quale piano complementare di dettaglio del PSC.

In più, il legislatore ha richiesto un obbligo di risultato al CSE visto che espressamente prevede che questi assicuri la coerenza del POS con il PSC.

In caso contrario, ancora una volta, ricadremmo nel caso di violazione dello standard minimo comunitario che individua nel CSE il soggetto preposto all’espletamento dell’attività di controllo della corretta applicazione delle procedure di lavoro (art. 6 della Direttiva 92/57/CEE).

 

In un altro caso, l’aggravante contestata al DTC aveva riguardato la violazione dell’art. 18 comma 1, lett. q) del D. Lgs. n 81/2008 che prevede quanto segue:

<<1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all’articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:

…………………..

q) prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio>>.

 

Il caso riguardava il crollo di un muro di sostegno esistente lungo una strada provinciale. Un lavoratore di un’impresa esecutrice, incaricata del consolidamento della citata struttura ed in subappalto dall’impresa affidataria, era rimasto gravemente ferito ed aveva riportato un’invalidità permanente dopo essere stato parzialmente sepolto dal crollo del muro durante l’esecuzione dei lavori.

 

Riguardo questa contestazione, l’A.G., evidentemente non aveva chiaro che i lavori che si svolgevano lungo la strada provinciale rientravano nel campo di applicazione del Capo I del Titolo IV del D. Lgs. n° 81/2008.

 

Pertanto, in base al Principio di Specialità (art. 298 del D. Lgs. n° 81/2008) le norme da applicare erano quelle appena citate visto che si trattava di un cantiere in cui venivano eseguiti lavori edili o d’ingegneria civile.

 

La contestazione dell’A.G. faceva riferimento a rischi derivanti dalle attività eseguite che potevano causare:

  • rischi per la salute e cioè provocare patologie di varia natura tra la popolazione (non tra gli addetti ai lavori) in quanto derivanti dall’azione di agenti chimici, fisici e biologici;
  • deterioramento dell’ambiente esterno come, ad esempio, inquinamento del suolo, delle acque, dell’aria, ecc..

Le lavorazioni sulla strada provinciale in atto al momento dell’evento, invece, non esponevano a rischi per la salute per la popolazione ma a rischi per la sicurezza per gli addetti ai lavori.

 

Andando a guardare quanto previsto dal Capo I del Titolo IV, seguendo il Principio di Specialità, appare evidente che i rischi derivanti dalle lavorazioni lungo la strada provinciale e del loro potenziale impatto verso l’ambiente circostante, dovevano essere gestiti all’interno del PSC.

Infatti, il p. 2.2.1 dell’Allegato XV al D. Lgs. n° 81/2008 (Contenuti minimi dei piani di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili), prevede:

<<2.2.1. In riferimento all’area di cantiere, il PSC contiene l’analisi degli elementi essenziali di cui all’allegato XV.2, in relazione:

a) alle caratteristiche dell’area di cantiere, con particolare attenzione alla presenza nell’area del cantiere di linee aeree e condutture sotterranee;

b) all’eventuale presenza di fattori esterni che comportano rischi per il cantiere, con particolare attenzione: 

b1) a lavori stradali e autostradali al fine di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori impiegati nei confronti dei rischi derivanti dal traffico circostante, b2) al rischio di annegamento;

c) agli eventuali rischi che le lavorazioni di cantiere possono comportare per l’area circostante>>.

 

Appare evidente, dunque, che le regole per la gestione dei lavori lungo la strada provinciale dovevano essere definite nel PSC e, per quanto riguarda i rischi a cui erano esposti i lavoratori dell’impresa esecutrice operanti in cantiere per l’esecuzione dei lavori prospicienti il muro crollato, questi dovevano essere affrontati nel POS dell’impresa esecutrice perché, come detto prima, l’impresa affidataria non eseguiva alcun tipo di attività relativamente al consolidamento del muro di sostegno, avendo totalmente affidato a questa impresa specializzata tale lavoro.

Non si comprende, quindi, quali dovevano essere i provvedimenti appropriati che Direttore Tecnico di Cantiere, avrebbe dovuto prendere visto che:

  • i lavori di consolidamento erano stati subappaltati ad un’impresa specializzata;
  • il PSC era il documento programmatico che, per ogni elemento dell’analisi di cui ai punti 2.2.1 prima citato, doveva contenere:
  1. le scelte progettuali ed organizzative, le procedure, le misure preventive e protettive richieste per eliminare o ridurre al minimo i rischi di lavoro;
  2. le misure di coordinamento atte a realizzare quanto previsto alla lettera a).
  • i rischi propri derivanti dalle attività lavorative per l’esecuzione del consolidamento del muro di sostegno erano contenuti nel POS dell’impresa esecutrice;
  • l’evento era avvenuto per un errore di manovra dell’escavatorista di cui l’infortunato era “assistente” a terra.

 

Sempre in questo stesso caso del muro di sostegno crollato, il DTC si era visto contestare come aggravante anche la violazione dell’art. 18 comma 3-bis del D. Lgs. n° 81/2008 in riferimento all’art. 22 del decreto; questo articolo prevede che:

<<Il datore di lavoro e i dirigenti sono tenuti altresì a vigilare in ordine all’adempimento degli obblighi di cui agli articoli 19, 20, 22, 23, 24 e 25, ferma restando l’esclusiva responsabilità dei soggetti obbligati ai sensi dei medesimi articoli qualora la mancata attuazione dei predetti obblighi sia addebitabile unicamente agli stessi e non sia riscontrabile un difetto di vigilanza del datore di lavoro e dei dirigenti>>.

 

La contestazione riguardava la mancata vigilanza del DTC nei riguardi del progettista dell’intervento di consolidamento del muro poi crollato.

In questo caso, il riferimento era l’art. 22 riguardante gli obblighi dei progettisti e testualmente recita:

<<I progettisti dei luoghi e dei posti di lavoro e degli impianti rispettano i principi generali di prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro al momento delle scelte progettuali e tecniche e scelgono attrezzature, componenti e dispositivi di protezione rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari in materia>>.

 

Andando a guardare la definizione di luogo di lavoro, l’art. 62 comma 1 del D. Lgs. n° 81/2008 lo definisce come:

<<Ferme restando le disposizioni di cui al titolo I, si intendono per luoghi di lavoro, unicamente ai fini della applicazione del presente titolo, i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro>>.

 

Il successivo comma 2 recita:

<<Le disposizioni di cui al presente Titolo non si applicano:

a) ai mezzi di trasporto;

b) ai cantieri temporanei o mobili;

c) alle industrie estrattive;

d) ai pescherecci;

d-bis) ai campi, ai boschi e agli altri terreni facenti parte di un’azienda agricola o forestale>>.  

 

Appare evidente, quindi, che l’obbligo dell’art. 22 è palesemente inteso come diretto ai progettisti dei luoghi e dei posti di lavoro ubicati all’interno di un’azienda o di una unità produttiva.

È anche vero che il cantiere è da considerarsi “luogo di lavoro” ma le regole applicabili anche per quanto riguarda la progettazione dello stesso, data la sua esistenza ed attività per un periodo limitato di tempo e visto anche il Principio di Specialità, sono da ricercarsi all’interno del Titolo IV e non del Titolo I.

Al Capo I del Titolo IV, infatti, è sufficiente leggere:

•        l’allegato XV (Contenuti minimi dei piani di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili),

•        l’art. 95 (Misure generali di tutela),

•        l’art. 96 (Obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti),

per verificare che la “progettazione” dei luoghi e dei posti di lavoro all’interno di un cantiere temporaneo o mobile, deve avvenire nel Piano di Sicurezza e Coordinamento con le scelte progettuali (p. 1.1.1 lett. a) dell’allegato XV al D. Lgs. n° 81/2008) e nel POS dell’impresa esecutrice.

Per le attrezzature di lavoro e gli impianti da utilizzare durante l’esecuzione dei lavori, il legislatore ha palesemente riservato la scelta, anche per i cantieri temporanei o mobili, al datore di lavoro dell’impresa che esegue i lavori, il quale li dovrà indicare nel proprio POS (p. 3.2.1 lett. d) dell’allegato XV al D. Lgs. n° 81/2008) garantendone la perfetta efficienza e il corretto uso da parte dei propri lavoratori. 

 

In tutti i casi citati, il DTC è stato assolto da ogni imputazione già in primo grado. Solo per quest’ultimo caso citato si è dovuto attende il giudizio d’appello per vedere confermata l’assoluzione già ottenuta in primo grado.

 

Dalla disamina di questi casi appare evidente che le funzioni del Direttore Tecnico di Cantiere ed il relativo perimetro di responsabilità non sono molto chiari a chi indaga su incarico della A.G.. L’errore che spesso si commette è quello di considerarlo un garante in toto riguardo tutto ciò che avviene in cantiere spingendosi addirittura a pretendere una vigilanza continua sull’operato dei subappaltatori o ad una vera e propria ingerenza nelle scelte del subappaltatore violandone l’autonomia organizzativa.

 

Carmelo G. Catanoso

Ingegnere Consulente di Direzione




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Rispondi Autore: Marialessandra - likes: 0
04/10/2022 (10:21:03)
Buongiorno Carmelo,
l'art. 97 mi ha sempre affascinato e ho letto volentieri il tuo articolo.
Un paio di domande :
1) affermi che la figura del DTC è richiamata dall'art. 97, anche se non espressamente. Secondo te vale la "proprietà riflessiva simmetrica" ? Cioè se un nominativo è indicato in un POS per i compiti dell'art. 97 allora quello riveste certamente il ruolo di DTC ? Forse per cantieri di medie/piccole dimensioni no ?
2) non accenni alla formazione del DTC rispetto a quanto indicato all'art. 97 comma 3-ter: a tuo avviso cosa definisce il DTC preposto o dirigente, con frequenza del corrispondente corso ? A tuo avviso per svolgere i compiti dell'art. 97 basta nominare un preposto ?

Complimenti per la chiarezza espositiva, oltre che per la risoluzione positiva di tutti i casi che hai seguito e citato nell'articolo!
Marialessandra

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