Le colpe del datore di lavoro e del carrellista che investe un lavoratore
1. La dinamica dei fatti e le responsabilità del datore di lavoro e del carrellista
2. Le omissioni penalmente rilevanti che hanno portato alla condanna del datore di lavoro
3. Colpa generica e colpa specifica del carrellista
1. La dinamica dei fatti e le responsabilità del datore di lavoro e del carrellista
Cassazione Penale, Sez. 4, 08 giugno 2022, n. 22164 riferisce che “il giudice di prime cure affermato la penale responsabilità degli imputati [datore di lavoro e carrellista dipendente di tale datore di lavoro] in ordine al delitto loro ha scritto sulla base delle seguenti considerazioni:
- la dinamica dell'infortunio, che ebbe a causare lo schiacciamento della persona offesa M.J. [trasportatore “padroncino”] contro la sponda del camion, da costui condotto e fermo nella zona positivamente dedicata allo scarico carico di merci nell'impresa Finiture Livenza gestita dall'imputato S.G. [datore di lavoro], da parte di altro veicolo muletto, condotto dal dipendente coimputato P.A. [carrellista dipendente di XX], che abbia collidere contro tale persona con la parte posteriore di tale mezzo muletto, ed in piena violazione delle norme di sicurezza e delle prescrizioni di legge;
- l'assenza di opportune e idonee indicazioni in tale luogo area di carico scarico su dove non potessero transitare nè fermarsi i pedoni, indicazioni che solo dopo l'evento considerato vennero poste ed evidenziate con opportuna ed efficace segnaletica;
- la mancata osservanza/rispetto delle regole/prescrizioni impartite sulla base di pur previsto rischio, non adeguatamente protetto, e soprattutto la mancanza di loro attenta osservanza e corrispondente sorveglianza da parte del responsabile della ditta XX, risultando, come visto, consentito al M.J. di trovarsi non certo all'interno dell'apposita cabina di attesa predisposta in apposita e distinta zona, bensì proprio nei pressi del camion da costui recato in detta azienda per tali operazioni;
- la mancanza della minima attenzione, da parte di P.A. [carrellista], anche delle normali regole di attenzione e prudenza nella eseguita manovra posta in essere senza alcun riguardo possibile presenza di persone appiedate”.
2. Le omissioni penalmente rilevanti che hanno portato alla condanna del datore di lavoro
Cassazione Penale, Sez. 4, 08 giugno 2022, n. 22164, nel respingere entrambi i ricorsi degli imputati e per l’effetto confermando il ragionamento dei giudici di merito, sottolinea con approvazione che <<sulla scorta di tali evidenze il giudice di prime cure concludeva nel senso che "...se le pur previste ed indicate modalità di sicurezza fossero state osservate pretese dai due imputati nei rispettivi ruoli e funzioni-posizioni di garanzia, l'infortunio sarebbe stato evitato." In appello la linea difensiva di entrambi gli imputati era stata che l'evento lesivo accaduto a M.J. dovesse attribuirsi, esclusivamente alla colpa dello stesso, che avrebbe posto in essere un comportamento del tutto imprevisto ed imprevedibile, esorbitante da ogni criterio di valutazione del rischio inerente all'attività che, in quel momento stava svolgendo P.A. nell'adempimento delle sue mansioni. Vi sarebbe stata, quindi, e il tema è stato riproposto in questa sede, un'interruzione del nesso causale tra quanto riferibile alla condotta dei singoli imputati e l'evento.
Ebbene, la corte territoriale, con motivazione logica e congrua, oltre che corretta in punto di diritto - e pertanto immune dalle proposte censure di legittimità - non si è sottratta al confronto con i motivi di gravame sul punto, ma li ha argomentatamente confutati, sul rilievo, quanto allo S.G., che l'attività di P.G. svolta dallo spisal subito dopo il fatto " ha accertato... che non erano presenti misure di prevenzione e protezione atte a garantire l'incolumità dei lavoratori a terra con presenza di carrelli elevatori in movimento nell'area magazzino" e che " nello specifico le norme generali di comportamento affisse all'ingresso del magazzino ricevimento merci non prevedevano l'allontanamento del personale a terra durante la movimentazione del carrello elevatore né una procedura specifica da attuare per le operazioni di carico/ scarico con intervento dell'autotrasportatore a terra per spostamento telone e apertura/chiusura sponde.
Nell'area magazzino non vi era segnaletica orizzontale e verticale di sicurezza in quanto il rischio non era stato valutato. Proprio per tale omissione - ricorda la sentenza impugnata - lo spisal ha elevato la contravvenzione p.e.p. dall'art. 28 co. 2 lett. a) del d.lgs. 81/08 nei confronti di S.G. per aver omesso "... di valutare tutti i rischi per la sicurezza dei lavoratori durante le operazioni di carico/scarico di materiali da fornitori esterni con utilizzo di carrelli elevatori e non ha preso le misure tecniche procedurali atte a eliminare/ridurre per quanto possibile il rischio di investimento".
Nell'elevare la contravvenzione, lo spisal prescriveva a S.G. che "nel caso in cui la presenza di lavoratori a piedi nell'area di carico/scarico si renda necessaria per la buona esecuzione dei lavori (vedi fornitura commessa a sponda di materiale pallettizzato da scaricare, spostamento telone ecc.) dovranno essere prese misure appropriate atte a garantire l'incolumità dei lavoratori a piedi. Durante la movimentazione del materiale il carrello elevatore dovrà operare solo quando il lavoratore a piedi avrà terminato le proprie mansioni e si troverà in una zona sicura".
Queste prescrizioni - rileva la corte di merito - sono successivamente osservate dalla ditta XX.
Logica appare pertanto la conclusione, che vuole essere di tutta evidenza, che se le misure indicate dallo spisal, in particolare con riferimento a quelle appena viste in cui la presenza di lavoratori a piedi nell'area di carico/scarico si renda necessaria per la buona esecuzione dei lavori fossero state presenti alla data del 16/5/2014, l’incidente non si sarebbe verificato”>>.
3. Colpa generica e colpa specifica del carrellista
La sentenza Cassazione Penale, Sez. 4, 08 giugno 2022, n. 22164 ha respinto il ricorso avverso la sentenza della “Corte di Appello di Venezia [che] con sentenza dell'11/3/2021, ha confermato la sentenza con cui il 10/10/2019, all'esito di dibattimento svolto nelle forme del rito ordinario, il Tribunale di Treviso aveva dichiarato S.G. [datore di lavoro] e P.A. [carrellista] responsabili del delitto loro ascritto e, concesse ad entrambi le circostanze attenuanti generiche, li aveva condannati, colla concessione dei doppi benefici di legge, alla pena di mesi sei di reclusione ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali, disponendo la trasmissione di copia della sentenza all'INAIL di Conegliano, per quanto di competenza dell'Ente.
Gli imputati erano stati tratti a giudizio per rispondere, nella specifica qualifica e funzione rivestita all'interno della ditta "XX di S.G.", dell'incidente patito in data 16/5/2014, all'interno dell'azienda stessa, da M.J. [lavoratore autonomo trasportatore] che aveva riportato lesioni giudicate guaribili in giorni 90.
Agli imputati venivano contestati profili di colpa generica (imprudenza, negligenza ed imperizia) nonché la violazione di specifiche norme tese alla prevenzione dagli infortuni sul lavoro [colpa specifica/professionale].
In particolare, S.G. [datore di lavoro], veniva accusato di aver omesso, nel documento di valutazione dei rischi, di analizzare i rischi per la sicurezza degli addetti durante le operazioni di carico/scarico del materiale tramite carrelli elevatori, omettendo di adottare le misure tecniche e procedurali necessarie per l'eliminazione del rischio di investimento - art. 28 D.Lgs. n. 1/2008; P.A. [il carrellista], invece, quale dipendente della ditta, doveva rispondere della violazione dell'art. 20 D.Lgs. 81/08; entrambi per avere cagionato, lesioni personali gravi a M.J., trasportatore autonomo di materiale metallico per conto della XX di S.G.. …
Per quanto concerne P.A.[carrellista investitore], la Corte territoriale, così come già il giudice di primo grado, rileva che allo stesso è stata elevata la contravvenzione di cui all'articolo 20 comma 2 lettera c) del D.Lgs. 81/2008 perché "...non prestava adeguata attenzione alla presenza del Sig. M.J., investendolo nell'area di carico/scarico del magazzino mentre lo stesso stava predisponendo l'automezzo allo scarico del materiale dell'automezzo".
A fronte della contestazione ... lo Spisal prescriveva, come si legge in sentenza, che "... durante l'utilizzo del carrello elevatore occorre prestare la massima attenzione alla presenza di lavoratori a piedi nell'area di carico/scarico. Le manovre del mezzo dovranno svolgersi esclusivamente dopo la conclusione delle operazioni svolte dal personale a terra e con la continua e reciproca comunicazione verbale delle operazioni previste per il carico/scarico e spostamento materiali".
P.A. [il carrellista] - si ricorda in sentenza - ha pagato la sanzione amministrativa irrogatagli.
E aggiunge che “ribadito quanto già esposto analizzando la posizione di S.G. [datore di lavoro del carrellista] sul comportamento di M.J. [trasportatore investito], che non può definirsi anomalo, esorbitante, tale da escludere il nesso di causalità, per i giudici di appello deve concludersi, anche per P.A., [carrellista] per la sussistenza della penale responsabilità, poiché egli non ha prestato la dovuta attenzione alla presenza terra di M.J. e non vi è stata con lo stesso comunicazione verbale delle operazioni previste per il carico e lo scarico delle merci e lo spostamento dei materiali.
La Corte territoriale, pertanto, come già il giudice di prime cure, individua in modo netto il profilo di colpa generica, come pure quello di colpa specifica, addebitabile al carrellista. E priva di aporie logiche appare la conclusione che, ove alla data dell'incidente fossero state adottate tutte quelle misure di prevenzione degli infortuni indicate dallo Spisal dopo l'incidente, e che effettivamente vennero adottate, e ove P. [carrellista] avesse operato secondo quanto la sua mansione di carrellista gli imponeva, nell'osservanza delle idonee misure di prevenzione, l'incidente a M.J. non si sarebbe verificato”.
4. Irrilevanza del comportamento imprudente del lavoratore a fronte delle plurime violazioni da parte del datore di lavoro e del carrellista
Sempre Cassazione Penale, Sez. 4, 08 giugno 2022, n. 22164 rileva, con approvazione, che “da entrambe le sentenze di merito si desume che la condotta della persona offesa ha certamente contribuito a determinare la causazione del fatto, ma il sistema della sicurezza all'epoca esistente in azienda presentava tutta una serie di criticità, rilevate nella relazione SPISAL, che lo rendeva inadeguato al fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, dovendo il datore di lavoro evitare l'instaurarsi da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza di prassi di lavoro non corrette e, per tale ragione, foriere di pericoli (cfr. ex multis Sez. 4 n. 10265/2017)”.
E conclude in modo tanto lapidario quanto convincente in relazione alle norme vigenti: “non è configurabile, in altri termini, la responsabilità ovvero la corresponsabilità del lavoratore per l'infortunio occorsogli allorquando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità, atteso che le disposizioni antinfortunistiche perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l'instaurarsi da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza di prassi di lavoro non corrette e per tale ragione foriere di pericoli (Sez. 4, n. 22813 del 21.4.2015 Palazzolo Rv 263497). Ciò perché il datore di lavoro quale responsabile della sicurezza gravato non solo dell'obbligo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente la loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui di cui all'art. 2087 cod.civ., egli è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro (vedasi anche questa Sez. 4 n. 4361 del 21.10.2014 dep. 2015 Ottino RV 263200). E, qualora sussista la possibilità di ricorrere a plurime misure di prevenzione di eventi dannosi, il datore di lavoro è tenuto ad adottare il sistema antinfortunistico sul cui utilizzo incida meno la scelta discrezionale del lavoratore al fine di garantire il maggior livello di sicurezza possibile Sez. 4 n. 4325 del 27.10.2015 dep 2016 Zappala ed altro Rv 265942)“.
5. Casistica
5.1. Cassazione Penale, Sez. 4, 01 luglio 2016, n. 27066
Nella sentenza si riporta che “S.A. [datore di lavoro] e S.EM. [carrellista] sono stati tratti a giudizio davanti al Tribunale di Brescia per rispondere del reato previsto e punito dagli artt. 41 e 589 commi 1 e 2 c.p., per aver concorso, nelle rispettive qualità di legale rappresentante della XY srl (la S.A.) e di dipendente (il S.EM.), a cagionare la morte del dipendente P.V. per colpa generica (costituita da imperizia, imprudenza e negligenza) e per colpa specifica (costituita dalla violazione degli artt. 64 comma 1 lett. a), 71 comma 1 e 71 comma 4 lett. a) punti 1 e 2 del D.Lgs. n. 81/08.
Era accaduto che, in Castiglione delle Stiviere il 10 aprile 2009, il S.EM. [carrellista] aveva investito il collega P.V. [lavoratore vittima] con un carrello elevatore, per distrazione e per mancato corretto controllo del veicolo guidato, mentre entrambi erano impegnati in incombenze lavorative; tale evento era causato altresì dalla inidoneità del luogo di lavoro rispetto ai requisiti previsti dalla normativa antinfortunistica in materia di delimitazione e separazione delle vie di circolazione dei mezzi di passaggio o stazionamento dei lavoratori a piedi (art. 64 citato), oltre che da carenze di sicurezza riscontrate nel carrello elevatore de quo in relazione al mancato funzionamento dell’avvisatore acustico e del girofaro, all’assenza di specchio retrovisore ed allo stato deteriorato delle gomme (art. 71 citato).
Tali condotte, secondo l’assunto accusatorio cristallizzato nel capo di imputazione, avevano determinato l’infortunio sul lavoro ed il conseguente grave traumatismo contusivo che infine portava al decesso del P.V.”
In questa vicenda però il Tribunale di Mantova addivenne alla condanna contestando al carrellista la sola colpa generica, perché l'organismo di vigilanza della Asl, erroneamente, non aveva contestato allo stesso l’articolo 20 del D.Lgs. n. 81/2008, come invece è avvenuto nella vicenda di cui alla sentenza del 2022 della Suprema Corte: “il Tribunale di Mantova, Sez. dist. di Castiglione delle Stiviere, con sentenza emessa in data 14 febbraio 2012 ad esito di dibattimento (non appellata e, dunque, passata in giudicato nei confronti di S.EM. [carrellista]), ha dichiarato entrambi gli imputati responsabili del delitto di omicidio colposo e, esclusa l’aggravante della violazione delle norme antinfortunistiche per il solo S.EM., concesse ad entrambi le attenuanti generiche, equivalenti all’aggravante contestata alla S.A., ha condannato ciascuno alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione, con concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione. “Anche qui c’è un piccolo mistero. Come ha fatto il tribunale di Mantova a condannare alla stessa pena i due imputati, senza riconoscere ad uno dei due l’aggravante della violazione delle norme di prevenzione infortuni”? Per di più “la Corte di appello di Brescia, con sentenza emessa in data 3 dicembre 2014, ha confermato la sentenza emessa dal giudice di primo grado, appellata dalla sola imputata S.A., [datrice di lavoro] salvo che in punto di trattamento sanzionatorio, laddove ha ridotto la pena inflitta alla S.A. ad anni uno di reclusione”.
La datrice di lavoro ha presentato ricorso cercando di scaricare tutta la responsabilità sul carrellista, ma la Cassazione si è opposta fermamente a tale suggestione: <<la Corte territoriale, confermando la sentenza di primo grado, ha anche ritenuto che il sinistro era stato sostanzialmente favorito dalla violazione da parte della S.A. [datrice di lavoro] di specifiche norme antinfortunistiche, inerenti la delimitazione delle aree destinate al transito dei veicoli rispetto a quelle riservate al passaggio dei lavoratori, nonché la manutenzione del carrello elevatore. Invero, quanto al primo dei suddetti addebiti di colpa specifica, il sinistro, era avvenuto «in una situazione di evidente violazione delle norme destinate alla sicurezza dei lavoratori e alla prevenzione degli infortuni, dovendosi rimarcare come, laddove, come nella fattispecie, vi siano zone di pericolo per la natura del lavoro ivi svolto, incomba sul datore di lavoro l’obbligo di delimitarne l’area e impedirne l’accesso, nonché di garantire anche la circolazione dei pedoni e dei veicoli possa avvenire in modo sicuro (artt. 8 e 11 d.P.R. 27 aprile 1955, n. 547; art. 64 d. lgs. 9 aprile 2008, n. 81)». La violazione delle suddette norme antinfortunistiche – riscontrata dal personale Dipartimento Prevenzione e Sicurezza dell’AsI e, in particolare, riferita dal teste G. – aveva reso «la zona oltre modo pericolosa per l’incolumità dei lavoratori, in quanto costantemente frequentata da carrelli elevatori in movimento»; e, d’altra parte, la circostanza che i carrelli dovessero necessariamente avvicinarsi alle zone di lavoro, avrebbe dovuto maggiormente indurre l’imprenditore a marcare i limiti assolutamente invalicabili da tali mezzi, o quanto meno, una fascia di rispetto tra la zona destinata al transito dei carrelli e quella utilizzata dai lavoratori a piedi.
Quanto poi all’ulteriore addebito di colpa specifico (costituito dal fatto che il carrello era sprovvisto di specchietto retrovisore), la Corte ha osservato che detta carenza aveva reso ancora più rischiosa la manovra di ripartenza del carrello, la cui movimentazione comporta notoriamente frequenti rotazioni e spostamenti laterali: se il carrello fosse stato dotato dello specchietto retrovisore, il conducente avrebbe potuto ottenere una più chiara prospettiva della distanza intercorrente tra il veicolo ed il collega P.V. ed avrebbe potuto ispezionare la zona ove quest’ultimo stazionava, prima di far ripartire il carrello.
In punto di nesso causale, correttamente entrambi i giudici di merito hanno ravvisato nella specie una ipotesi di delitto omissivo improprio, nella quale all’imputata si era rimproverato di non aver impedito l’evento e, quindi, di averlo determinato con causalità rapportabile a quella prevista dall’art. 40 comma 2 c.p.. Hanno osservato che la violazione delle suddette regole cautelari avevano comportato che il S.EM. [il carrellista] si avvicinasse al P.V. [la vittima dell’infortunio] senza alcuna remora, così poi agganciandolo e schiacciandolo con il carrello. Hanno rilevato, sul piano controfattuale, che, ove le suddette regolare cautelari fossero state rispettate (e in particolare ove la via di transito dei carrelli fosse stata vincolata ed ai lavoratori addetti alla conduzione dei veicoli in azienda fosse stata data specifica disposizione di seguire i percorsi segnalati senza abbandonarli ed ove tali disposizioni fossero state fatte rispettare con effettività), l’infortunio non sarebbe avvenuto.
La responsabilità della S.A., nella contestata sua qualità di datore di lavoro, non poteva dirsi esclusa dal comportamento del S.EM., in quanto detto comportamento non poteva affatto ritenersi imprevedibile, in considerazione sia della concreta situazione di fatto (che, come sopra rilevato, non costringeva il carrellista a seguire percorsi alternativi), sia del fatto che tale passaggio (come precisato dal teste R.) era assolutamente frequente>>.
5.2. Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 3293 del 21 gennaio 2022.
Anche in questa sentenza vi è stata la conferma delle condanne tanto del datore di lavoro che del carrellista per un infortunio mortale accaduto durante una operazione di scarico di merci, il primo per non avere adottate le misure di prevenzione e il secondo per non avere osservato alcuna cautela nella manovra.
La Corte di Appello, aveva in precedenza confermato la condanna decisa dal Tribunale del titolare di un esercizio commerciale e del carrellista, per colpa consistita in imperizia, imprudenza, negligenza e inosservanza delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro
La dinamica dei fatti fu la seguente: durante le operazioni di scarico, dopo aver infilato le forche del muletto negli appositi spazi del bancale, il carico, durante la manovra di sollevamento e arretramento del carrello, si era inclinato su di un lato, provocando la sua caduta a ridosso dell’infortunato, che al momento si era posizionato nelle vicinanze, e che aveva riportato lesioni personali gravissime e successivo era deceduto.
Questo non sarebbe accaduto, ha argomentato la suprema Corte, se l'uso del carrello elevatore e lo scarico di merci all'esterno dell'esercizio commerciale, fosse stato effettuato rispettando gli obblighi di sicurezza dettati dal D. Lgs n. 81/2008, e che tutelano non solo i dipendenti del datore di lavoro ma anche di tutti coloro che possono entrare nell’area di per se pericolosa ove manovra il carrello. Dunque il datore di lavoro non aveva adottate le regole di prevenzione e protezione obbligatorie per legge, e finalizzate ad evitare l'avvicinamento pericoloso di terzi.
La responsabilità del reato di omicidio colposo ai sensi dell’articolo 590 del codice penale è stata addebitata ad entrambi gli imputati, era stata attribuita ad entrambi gli imputati, poiché entrambi erano garanti della sicurezza e quindi con poteri di gestione del rischio che si è poi tragicamente manifestato. Il Datore di lavoro non ha adempiuto al suo obbligo di previsione astratta sulla modalità corretta per eseguire le operazioni di scarico merci in sicurezza e il carrellista per non avere osservato la benché minima cautela durante la manovra del mezzo; <<peraltro, tutti e due ben consapevoli non solo della frequentazione assidua della vittima nell'esercizio commerciale (che, secondo quanto emerso in istruttoria, era solito dare un aiuto in cambio di frutta e verdura), ma della possibile intersecazione di tale manovra con soggetti terzi, dovendosi operare nello spazio esterno all'esercizio medesimo. Immune da aporie logiche ed esente da errori di diritto appare, infine, la sentenza impugnata laddove esclude la natura abnorme della condotta posta in essere dalla vittima, pur ritenuta imprudente e inserita nella sequenza causale, attesa l'assenza di qualsiasi prescrizione da parte degli imputati, funzionale ad evitare il pericolo di eventi quale quello verificatosi.>>.
Rolando Dubini, penalista Foro di Milano, cassazionista
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Rispondi Autore: Dani Mass - likes: 0 | 04/06/2024 (07:45:11) |
Ho una richiesta da farvi. Sono vostro lettore di lunga data. Premetto che non sono un tecnico. Avrei bisogno che gli articoli siano in un linguaggio più comprensibile e di lunghezza inferiore; la sicurezza passa anche da questo. Grazie mille |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 04/06/2024 (19:15:48) |
Le sentenze sono molto lunghe, e analizzarle non può significare essere approssimativi e superficiali. Io questa sentenza la sto usando in un procedimento penale ove una giovane lavoratrice è stata investita e ha riportato lesioni che l'hanno lasciata ferma 5 mesi, più riabilitazione. E il pubblico ministero ha chiesto l'archiviazione perché sarebbe un evento accidentale senza responsabilità! Se si vuole il bigino ci sono tanti articoli superficiali e approssimativi in ogni dove. L'approccio superficiale piuttosto frequente nel mondo della (in) sicurezza è quanto di più sbagliato ci possa essere. |
Rispondi Autore: Sergio Misuri - likes: 0 | 07/06/2024 (21:15:55) |
Ma, i redattori delle sentenze della Magistratura che scuole hanno frequentato? Non hanno le minime nozioni della lingua italiana! Riescono a capire cosa venga loro detto in un italiano corretto? |
Rispondi Autore: . - likes: 0 | 23/07/2024 (12:30:15) |
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Rispondi Autore: . - likes: 0 | 23/07/2024 (14:24:57) |
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Rispondi Autore: MALATESTA RICCARDO - likes: 0 | 26/07/2024 (18:46:50) |
Interessante |