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LA SICUREZZA DELLE MACCHINE

Rolando Dubini

Autore: Rolando Dubini

Categoria: Attrezzature e macchine

21/11/2005

Legge penale inderogabile e regolamenti tecnici di omologazione. Obbligatorietà e vigenza del D.P.R. N. 547/1955. Di Rolando Dubini, avvocato del Foro di Milano.

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Pubblichiamo la seconda parte dell'articolo dell’avvocato Dubini sulla sicurezza delle macchine: “Legge penale inderogabile e regolamenti tecnici di omologazione. Obbligatorietà e vigenza del D.P.R. N. 547/1955 (vista la lunghezza, il documento sarà pubblicato in 3 puntate, le successive nei prossimi giorni, il documento integrale,con le sentenze allegate,è comunque disponibile per gli abbonati alla banca dati, link in fondo all’articolo).

Gli articoli precedenti sono stati pubblicati nei numeri 1357, 1359, 1361 e 1365 di PuntoSicuro.

 

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LA SICUREZZA DELLE MACCHINE: LEGGE PENALE INDEROGABILE E REGOLAMENTI TECNICI DI OMOLOGAZIONE. OBBLIGATORIETA' E VIGENZA DEL D.P.R. N. 547/1955.

PARTE SECONDA. Di Rolando Dubini, avvocato del Foro di Milano.

 

1. Premessa

In materia di sicurezza delle macchine si è cercato di sostenere che il D.p.r. n. 459/96 avrebbe messo in questione la vigenza del D.p.r. n. 547/1955, abrogandone numerose disposizioni, e questo non direttamente, secondo quanto affermano i più informati sostenitori di questa tesi, ma tramite la legge 24 aprile 1998 n. 128 (legge Comunitaria, precisamente all'art. 46 comma 2).

Detta Legge n. 128/98 avrebbe precisato che per le macchine e le apparecchiature, la cui rispondenza ai requisiti essenziali di sicurezza è disciplinata da disposizioni nazionali di attuazione di direttive comunitarie e la cui conformità ai requisiti medesimi è debitamente attestata dall'apposizione della marcatura CE e dalla attestazione di conformità, non si applicano le disposizioni contenute nella legislazione italiana sulle macchine (D.p.r. n. 547/55), che vanno perciò considerate solo norme tecniche di riferimento, non più cogenti.

In realtà la legge n. 128/1998 delimita in modo specifico il tipo di norme, solamente quelle relative alla Omologazione e costruttive in quanto collegate alla omologazione, ma il particolare viene sempre omesso dagli entusiasti sostenitori della presunta abrogazione del D.p.r. n. 547/55, e tra questi pure il ministero del lavoro, con le fuorvianti circolari più oltre analizzate, nonché le Regioni e provincie autonome con le ugualmente fuorvianti Linee guida (che delel circolari minsiteriali rappresentano il diretto antecedente e, ad esempio, illegittimamente, danno per insussistente il vigente art. 7 del D.p.r. n. 547/1955).

La tesi della c.d. Abrogazione implicita delel norme del D.p.r. n. 547/1955 /(e nond el solo art. 7) è destituita di ogni fondamento logico-giuridico e contrasta, con ogni evidenza, da un lato con il consolidato orientamento interpretativo della Suprema Corte di Cassazione, che continua a condannare in sede penale fabbricanti, importatori, venditori, concedenti in uso e utilizzatori di macchine che non rispettano il D.p.r. n. 547/1955 (anche se magari contestualmente producono o utilizzano macchine marchiate Ce, dimostrando che la marcatura non corrisponde in toto alla sicurezza antinfortunistica) e dalla lettera dell'articolo citato, che riproduciamo, e che con ogni evidenza vanifica all'interno del D.p.r. n. 547/1955 le sole norme di omologazione, e non tutte le altre norme prescrittive, penalmente sanzionate:

LEGGE 24 aprile 1998 n. 128 - Art. 46.
Norme tecniche di sicurezza e disposizioni di carattere costruttivo concernenti le macchine, i componenti di sicurezza ed altri prodotti industriali.
Alle macchine, ai componenti di sicurezza ed altri apparecchi, la cui rispondenza ai requisiti essenziali di sicurezza é disciplinata da disposizioni nazionali di attuazione di direttive comunitarie e la cui conformità ai requisiti stessi é debitamente attestata dalla apposizione della marcatura CE e dalla attestazione di conformità, non si applicano le disposizioni di omologazione contenute nella disciplina vigente, in particolare nella legge 24 ottobre 1942, n. 1415, e successive modificazioni, nel decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e successive modificazioni, nel decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, e successive modificazioni, nel decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 320, e successive modificazioni, nel decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 323, e successive modificazioni, nel decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 12 settembre 1959, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 299 dell'11 dicembre 1959, nel regolamento per gli ascensori ed i montacarichi in servizio privato, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 maggio 1963, n. 1497, nel decreto del Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie 28 novembre 1987, n. 586, nel decreto del Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie 9 dicembre 1987, n. 587, e nel decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1994, n. 268.

Ai fini degli adempimenti richiesti dalla vigente normativa, le disposizioni di carattere costruttivo di cui al comma 1 si considerano " norme" ai sensi della legge 21 giugno 1986, n. 317, e successive modificazioni.

Legge 21 giugno 1986, n. 317, e successive modificazioni. -Art. 1 (Definizioni preliminari)

1. Ai fini della presente legge, nonché per l'esercizio delle competenze di cui al decreto-legge 30 giugno 1982, n. 390, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 1982, n. 597, si intende per: [...]

b) "norma": la specifica tecnica approvata da un organismo riconosciuto ed abilitato ad emanare atti di normalizzazione la cui osservanza non sia obbligatoria;

 

1.1 Precisazione

Dunque il corretto significato legale al termine “norma” si ricava dalla L. 317/86 (e dalle successive modificazione ed integrazioni) che definisce “norma” una specifica tecnica approvata da un organismo riconosciuto e abilitato ad emanare atti di normalizzazione, la cui osservanza non sia obbligatoria…” art. 1, comma 1, n. 6) .

Dall’insieme e dalla combinazione delle disposizioni contenute nelle varie fonti legislative si ricava, dunque, in conclusione che:
- le disposizioni di carattere costruttivo del D.p.r. 547/55 per quanto riguarda gli adempimenti attinenti l'omologazione delle macchine restano norme tecniche di riferimento nel settore globalmente disciplinato non dalla “direttiva macchine”, che in quanto tale è obbligatoria solo per gli Stati membri e non mai per i privati, ma, nel nostro paese, dal solo decreto attuativo, il  D.p.r. 459/96;

- le (pochissime) norme del D.p.r. n. 547/1955 che prescrivono non generali obblighi protettivi, ma specifiche misure tecnico-costruttive vengono inquadrate dalla legge come “norma” (tecnica) che, per definizione di legge, è “una specifica tecnica approvata … la cui osservanza non sia obbligatoria …”;

- la perdita di carattere imperativo (e, perciò, inderogabile) riguarda soltanto le “disposizioni di carattere costruttivo”, collegate funzionalmente alla omologazione della macchina, con esclusione, quindi, delle disposizioni di altro genere (ad esempio di quelle in materia di installazione, di “verifica” iniziale o periodica o straordinaria, di manutenzione di cui all'art. 374 D.p.r. n. 547/1955, di protezione generale come quelle di cui agli articoli 68, 69, 70, ecc..)
Queste ultime disposizioni del D.p.r. 547/55, o qualsiasi altra norma o regola nazionale, mantengono pienamente il loro carattere imperativo e inderogabile, alla condizione che non incidano sulla omologazione della macchina, che viene fatta ai sensi e per gli effeti del D.p.r. n. 459/96, al quale decreto devono corrispondere le  caratteristiche progettuali e di fabbricazione delle “macchine”.

Ma il fabbricante non è vincolato solo dalle regole relative alla omologazione e costruzione delle macchine, ovvero da un ambito che riguarda il prodotto, ma anche da specifiche prescrizioni di salute e sicurezza dei lavoratori, che sono dettate dai simultaneamente obbligatori e vincolanti D. Lgs.. n. 626/94 e D.p.r. n. 547/1955, che si applicano anche alle macchine di cui al D.p.r. 459/96.

Ne vale dire, come si è fatto, che “tutti gli atti e tutta la giurisprudenza comunitari intervenuti dal 1985 impongono, infatti, la disapplicazione di ogni “norma”, “regola”, o disposizione nazionale di carattere imperativo che risulti essere incompatibile con le disposizioni delle direttive comunitarie e, anche, con i principi del trattato istitutivo delle Comunità europee” (Guido Oddo): la comunità Europea e la Corte di Giustizia Europea non hanno alcuna competenza in materia di rapporti tra diritto comunitario e diritto penale interno.

 Inoltre è proprio il trattato istitutivo della Comunità Europea che prevede, anzi impone di mantenere valide e perfettamente vigenti disposizioni come quelle di cui al D.p.r. n. 547/1955, ai sensi, appunto, di quanto previsto dall'art. 30 del Trattato istitutivo della Copmunità europea (fin troppo ignorato da molti commentatori):

Trattato che istituisce la Comunità europea (firmato a Roma il 25 marzo 1957)

Parte terza — Politiche della Comunità

 Titolo I — Libera circolazione delle merci

CAPO 2

DIVIETO DELLE RESTRIZIONI QUANTITATIVE TRA GLI STATI MEMBRI

Articolo 28 (ex articolo 30) 

Sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all'importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente.

Articolo 29 (ex articolo 34)

Sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all' esportazione e qualsiasi misura di effetto equivalente.

Articolo 30 (ex articolo 36) 

Le disposizioni degli articoli 28 e 29 lasciano impregiudicati i divieti o restrizioni all'importazione, all'esportazione e al transito giustificati da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle personee degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale, o di tutela della proprietà industriale e commerciale. Tuttavia, tali divieti o restrizioni non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri.

 

Qui il trattato fa salve tutte le norme di diritto penale interno che tutelano la salute delle persone, com'è proprio il D.p.r. n. 547/1955.

Ma evidentemente fare riferimento preciso alle fonti del diritto, anche comunitario, è compito improbo in un paese dove le suggestioni infondate e l'improvvisazione argomentativa la fanno da padrone, non tanto per incapacità logico-deduttiva, quanto per pregiudizi che influiscono in maniera palese sulla linearità e completezza della deduzione logico-giuridica.

E' ininfluente il richiamo ai considerando, in quanto gli stessi non possono innanzitutto contrastare l'art. 30 del Trattato, e poi, non essendo parte della norma nazionale di recepimento, non hanno alcuna efficacia nell'ordinamento interno, e in nessun modo possono paralizzare una legge sanzionata penalmente (vista la riserva di legge in materia penale prevista dall'art. 25 c. 2 della nostra Costituzione): il “considerando” n. 11 è dunque solo una dichiarazione d'intenti, per nulla vincolante, allorché afferma “… che pertanto l’armonizzazione legislativa nella fattispecie deve limitarsi alle prescrizioni necessarie per soddisfare i requisiti indispensabili e necessari di sicurezza e di tutela della salute relativi alle macchine; che detti requisiti, in quanto essenziali, devono sostituire le prescrizioni nazionali in materia …”.

Il legislatore italiano, dunque, ha fatto una scelta che affronta il problema riconoscendo la prevalenza delle disposizioni di omologazione recepite formalmente, lasciando però aperta una grande porta rappresentata dale disposizioni non a carattere costruttivo per il prodotto, ma protettive di cui al D.pr. n. 547/1955.

Il modo e la forma con cui il legislatore italiano ha proceduto ad emanare dunque queste norme di coordinamento della egislazione nazionale, che non riguardano tanto il rapporto tra D.p.r. 459/96 e D.p.r. 547/55, trattandosi di due norme di grado diverso, inferiore il D.p.r. n. 459/96, superiore il D.p.r. n. 547/1955, quanto le regole che distinguono le disposizioni relative alle macchine, in quanto prodotto soggetto a regole specifiche di omologazione (incidentalmente di origine comunitaria) e le norme protettive e antifortunistiche di cui, ad esempio, il D.p.r. n. 547/1955, due mondi che restano per la gran parte paralleli, ed ognuno pienamente efficace e valido nel proprio ambito di competenza.

Peraltro appare incomprensibile,e probabilmente rilevante sotto un profilo di legittimità costituzionale, l'impropria e contraddittoria  equiparazione tra le prescrizioni del D.p.r. 547/55 – che per loro natura (in quanto disposizioni legislative cogenti, la cui osservanza è obbligatoria per definizione) sono “regole tecniche” di fonte legislativa – e le “norme” che, sempre per loro natura – sono “specificazioni tecniche approvate da un organismo riconosciuto ad attività normativa”, quale ad esempio per l’Italia, l’UNI o il CEI, la cui osservanza è, in linea di principio facoltativa (anche se di fatto la legge n. 46/1990 le ha rese di fatto obbligatorie per alcuni settori).

Che la formula adottata dall'art. 46 commi 1 e 2 della L. 128 del 1998 sia inidionea a “declassare” tutte le disposizioni generali di sicurezza contenute nel D.p.r. n. 547/1955 sembra potersi desumere anche dalla ben diversa formulazione impiegata nel naufragato (tra l'altro per vistosi vizi di costituzionalità) testo unico governativo in materia di sicurezza del lavoro, laddove si dispone esplicitamente l'abrogazione del D.p.r. n. 547/1955 (peraltro con vistose, quanto contraddittorie con l'intento abrogativo, eccezioni pe ril solo campo dell'antincendio):

Art. 186 Abrogazioni -1.  A partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati:

a) l’articolo 4 della legge 19 gennaio 1955, n.25;

b)                  Il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, ad eccezione, per gli aspetti relativi alla prevenzione incendi, degli articoli 11, comma 7, lett. c); 13; 14; 26; 31; 35; 234; 235; da 237 a 240; da 244 a 246; da 248 a 254; 260; 262; 263; 266; 267; 300; 303; da 329 a 337; da 352 a 365 e articolo 389 per la parte sanzionatoria relativa agli articoli richiamati. Le disposizioni, ad eccezione di quelle appena indicate, contenute nei titoli II, III, IV, V e VI sono considerate norme di buona tecnica o buone prassi;

 

Come acutamente osserva Gerardo Porreca “il punto fondamentale è che il legislatore non ha inteso individuare specificatamente quali disposizioni del vecchio D.p.r. n. 547/55 siano da ritenersi declassate a “norme” facoltative e non cogenti limitandosi lo stesso a precisarne solo la natura costruttiva e ciò in fondo è facilmente comprensibile se si pensa che il declassamento è stato introdotto in una legge finalizzata a dare istruzioni per adempiere agli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee e quindi sostanzialmente a coordinare la costruzione delle macchine che devono avere il libero mercato nell’ambito delle stesse Comunità”.

Due considerazioni si impongono, secondo Porreca:

1) “in effetti non è per niente facile ed immediato determinare quali delle disposizioni inserite nella normativa vigente in materia di prevenzione degli infortuni riguardanti le macchine e le attrezzature siano da considerarsi a carattere costruttivo”;

2) ma, “a seguito di una attenta ed approfondita analisi delle prescrizioni contenute nel D.p.r. n. 547/55 sembra che le disposizioni di carattere tecnico-costruttivo nello stesso contenute siano piuttosto limitate e che invece prevalgano i principi ed i requisiti generali di sicurezza”.

Per quanto riguarda le macchine in particolare, aggiunge Porreca “si fa osservare che il decreto citato con il Titolo III (artt. 41 – 83) fissa delle disposizioni a carattere generale di protezione delle macchine, dei motori, delle trasmissioni, degli ingranaggi e delle macchine operatrici, nel Titolo IV (artt. 84 – 167) riporta delle norme di protezione per particolari tipi di macchine e con il Titolo V (artt. 168 – 232), infine, fornisce disposizioni destinate a mezzi di sollevamento, di trasporto e di immagazzinamento, in parte (in prevalenza) di tipo generale ed in parte di natura costruttiva”.

Le norme di carattere costruttivo “si ritiene siano da individuarsi in quelle disposizioni nelle quali il legislatore ha fatto delle precise scelte di tipo progettuale o ha indicato o suggerito il ricorso, per eliminare i rischi presi in considerazione, a precisi dispositivi di protezione oppure ha ritenuto di fissare specifici parametri costruttivi che ha giudicato sufficienti a garantire la sicurezza dei lavoratori (distanze, altezze, rapporti, coefficienti di sicurezza, ecc.) e la cui determinazione, secondo l’attuale indirizzo introdotto dalle direttive comunitarie, viene oggi lasciata alla discrezione dei fabbricanti”.

Entrando nello specifico, Porreca sottolinea come “non si vede come si possa non definire un requisito di carattere generale quello ad esempio contenuto nell’art. 41 del citato decreto sulla protezione di elementi delle macchine che possono costituire pericolo o nell’art. 55, relativo alla protezione di alberi, pulegge, cinghie, catene ed altri organi di trasmissione pericolosi, o nell’art. 68, sulla protezione di organi lavoratori delle macchine e relative zone di operazione se costituiscono pericolo per i lavoratori, o nell’art. 73 sulla protezione delle aperture di alimentazione e di scarico delle macchine o in tanti altri articoli ancora dello stesso tenore. Si rileva inoltre come in alcuni altri articoli il D.p.r. n. 547/55, dopo aver fornito delle disposizioni di tipo generale fa seguire alle stesse delle prescrizioni di tipo costruttivo come si legge come avviene per esempio con l’art. 155 sulle presse e trance in genere nel quale alla prescrizione generale sulla necessità di riporre dei ripari o dispositivi atti a proteggere le mani o altre parti del corpo del lavoratore il legislatore passa ad indicare alcuni tipi di dispositivi a cui il costruttore può far ricorso per raggiungere gli obiettivi medesimi”.

La conclusione è coerente: “si deve proprio ritenere che, salvo ulteriori interventi a precisazione da parte del legislatore, il vecchio ed il nuovo regime normativo sulla sicurezza delle macchine, specie con riguardo all’applicazione dei principi generali, siano destinati almeno per il momento a convivere”.

 

La pubblicazione continuerà nei prossimi numeri di Puntosicuro

 

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