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Dalla valutazione al sistema di gestione dei rischi

Rocco Vitale

Autore: Rocco Vitale

Categoria: Associazioni

26/06/2012

L’adozione di un sistema di gestione della sicurezza è un atto volontario ma ciò non significa senza regole. Il fine stesso di perseguire precisi obiettivi, impone che l’organizzazione del sistema risponda a principi, norme e regole. Di Rocco Vitale.

Brescia, 26 Giu - L’adozione di un sistema di gestione della sicurezza da parte di un’azienda è un atto volontario ma, ciò non significa privo o senza regole. Il fine stesso di perseguire precisi compiti ed obiettivi impone che l’organizzazione del sistema, o meglio, del modello risponda a principi, norme e regole.
 
Nel caso dei Sistemi di Gestione vi è da rilevare, innanzitutto nella prima fase, un uso improprio ed inopportuno di strumenti informatici e software che, ignorando analisi e lavori precedenti, impostavano il tutto daccapo ripartendo da zero con immissione di dati  e duplicazioni di vecchi documenti.
 
Si è assistito ad un approccio cartaceo, tipico dei primi software applicativi della valutazione dei rischi ai tempi del D. Lgs. 626/1994, di schede e schemi di difficile uso pratico e comprensione, fatti ad uso più dei progettisti che non per la gestione della sicurezza sul lavoro e dei soggetti coinvolti: primi fra tutti i lavoratori.
 
L’errore di fondo sta proprio nel aver fatto dei “sistemi” senza pensare al “sistema”.
Vale la pena ricordare, in termini di procedure, come nella norma BS 18000:2008 la proposta metodologica è costruita sulla base della valutazione dei rischi, che viene allegata alla norma. La valutazione dei rischi resta quindi l’elemento indispensabile per un’azienda o una organizzazione che vuole adottare un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro e quindi sarebbe quanto mai utile ed opportuno che il DVR contenesse tutti gli elementi utili per il successivo passaggio per la costruzione del Modello previsto dal SGSL.
 
1. Dalla Qualità al Sistema di Gestione
Il concetto di qualità è legato al sistema di produzione industriale che porta al superamento del vecchio modello di sviluppo capitalistico che si basava su un sistema lineare: progetta e quindi produci per vendere.
La concorrenza dei mercati sposta il focus sulla qualità del prodotto e, pertanto, nasce l’esigenza di controllare il prodotto finale passando da un modello lineare al nuovo sistema di modello circolare:
1. progetta,
2. produci,
3. vendi,
4. verifica.
5. riprogetta
 
Le tappe fondamentali dell’evoluzione del processo circolare fanno riferimento agli anni ’20 del novecento quando nei laboratori americani della “Bell Telephone” viene messa a punto la prima “Carta di Controllo” che riguarda essenzialmente la qualità del prodotto finale. Nel decennio successivo si sviluppano strumenti di valutazione, verifica e controllo delle caratteristiche del prodotto in base a parametri prestabiliti. Si inizia a parlare di collaudo finale del prodotto. A partire dagli anni ’50 si sviluppa in Giappone la prima esperienza di qualità totale che implica un coinvolgimento determinante della direzione aziendale e della partecipazione di tutto il personale per il perseguimento della qualità.
Negli anni ’80 sono emanate le prime norme UNI definite “garanzia della qualità” e nel decennio seguente vedono la luce le norme UNI ISO 9000 che sanciscono definitivamente il passaggio dal controllo della qualità del prodotto a quello dei sistemi gestionali ed organizzativi dell’azienda.
 
Teorie e prassi della Qualità sono il frutto del lavoro di più studiosi che hanno radice nel modello William Edwards Deming. La produzione di qualità era assicurata semplicemente dalle fasi di collaudo al fine di avere un prodotto perfetto. Il collaudo avveniva con ispezioni successive nei diversi processi lavorativi e dava la sola possibilità di scartare i pezzi difettosi e, in tale logica, l'aumento della qualità avrebbe significato l'aumentare delle ispezioni e di conseguenza dei costi.
 
Sulla base di queste osservazioni Deming aveva analizzato gli errori del management aziendale che contribuivano alla mancanza di qualità:
- mancanza di costanza nello scopo
- enfasi sui profitti a breve termine
- valutazione basata sui risultati, livelli di merito, o revisione annuale delle prestazioni
- mobilità dei manager
- dirigere una ditta basandosi solo sui dati visibili (e misurabili)
- costi per la salute e la sicurezza eccessivi
- eccessivi costi di responsabilità, a causa delle pressioni dei legali che ne traggono guadagno.
Si viene così affermando una teoria complessiva della qualità che coinvolge tutta l’azienda in un vero e proprio sistema di gestione complessivo.

 

2. Il sistema della gestione
W. Edwards Deming ha insegnato che con l'adozione di opportuni principi di gestione, le aziende possono aumentare la qualità e contemporaneamente ridurre i costi (grazie alla riduzione degli scarti, delle rilavorazioni, del logoramento dei macchinari, del tempo investito dal personale e del contenzioso) aumentando la fidelizzazione dei clienti.
In questo contesto la produzione deve essere vista come un sistema che comprende tutti coloro che interagiscono nell’erogazione del servizio: operatori e utenti. Il cliente-utente è la parte più importante del processo di erogazione del servizio, che senza di lui non ha ragione di esistere.  Le organizzazioni (intese nel complesso e quindi sia le aziende di produzione e di servizi) devono instaurare rapporti di collaborazione sia con i clienti sia con i fornitori per il miglioramento continuo del servizio offerto e per la riduzione degli errori e degli insuccessi.
L’idea di ciclo non è nuova e proviene dalla ricerca scientifica, che utilizza lo schema:
a. ipotesi
b. attuazione
c. verifica
d. nuova ipotesi
 
Deming costruì il ciclo che denominò “ruota” partendo dalle fasi reali del processo industriale, inserendo, però alcune operazioni, che traducevano la logica della ricerca:
 
1. progettazione del prodotto e prove di qualificazione,
2. produzione con prove in linea o in laboratorio,
3. introduzione nel mercato,
4. verifica del prodotto durante l’utilizzo, raccolta delle opinioni dei clienti, ricerca delle ragioni del mancato acquisto,
5. riprogettazione del prodotto sulla base delle reazioni del mercato (qualità, prestazioni, prezzo),
6. nuove prove di qualificazione.
 
La chiave è quella di praticare un continuo miglioramento  (in giapponese “Kaizen”) e pensare alla produzione come ad un sistema, non come produzione a pezzi. Esistono molte elaborazioni e varianti della “ruota” di Deming. Il giapponese Ishikawa ha elaborato una delle versioni più conosciute del ciclo PDCA: Plan/Do/Check/Act
Qualsiasi processo può essere visto come un ciclo che ha quattro momenti:
 
PLAN (progettare, pianificare):  determinare obiettivi e destinatari ed i metodi per raggiungere gli obiettivi, impegnarsi nell’istruzione e nella formazione.
DO (agire, realizzare): svolgere il lavoro.
CHECK (controllare): controllare gli effetti.
ACT (stabilizzare o correggere e riavvio del ciclo di intervento): intraprendere azioni appropriate.
 
Il Ciclo o “ruota” di Deming è uno strumento molto utile per sviluppare:
• procedure quotidiane di gestione per l'individuo e/o la squadra;
• processi per la soluzione di problemi;
• gestione di progetti;
• sviluppo continuo;
• sviluppo del fornitore;
• sviluppo delle risorse umane;
• sviluppo di nuovi prodotti;
• test ed audit.
 
La novità della riflessione operativa di Deming consiste nell’aver costruito un vero e proprio strumento che applica l’idea del ciclo (e della ricerca) unitamente a quella di sistema complesso alle organizzazioni, che vengono così considerate degli organismi individuali, soggetti di studio e di intervento.
 
3. L’evoluzione normativa della sicurezza
Il D.Lgs. 626/94, che nel suo complesso, modifica la strategia della sicurezza con azioni di prevenzione e non di prescrizione (come lo erano i decreti degli anni ’50) introduceva – per la prima volta – l’obbligo della valutazione dei rischi e dell’elaborazione di un documento.
Una questione importante e fondamentale cui venivano dedicate poche righe. La valutazione dei rischi si trovava all’interno dell’art. 4 relativo a tutti gli “obblighi del datore di lavoro” di cui al comma 1 veniva indicata la valutazione dei rischi.
 
Si deve, soprattutto alle prime indicazioni dell’ISPESL, alla prima linea guida che il DVR veniva considerato nel pieno della sua sostanza. Vi era però una tendenza alla staticità del documento che solo nella parte finale era dedicato al “miglioramento nel tempo”.
Le difficoltà, culturali, organizzative e giuridiche trovano un punto di debolezza nel fatto che il D. Lgs. 626/94 non aboliva i vecchi DPR degli anni ’50 sulla base dei quali venivano attuati i controlli degli organi di vigilanza ed i riferimenti per l’azione penale.
Il DVR veniva visto, e spesso redatto da software, solo come un volume cartaceo di formale esecuzione dell’adempimento burocratico della norma senza coglierne il nesso innovativo e gestionale del sistema della sicurezza.
Solo con l’emanazione del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, che aboliva non solo il precedente D. Lgs. 616/94 ma anche tutti i DPR degli anni ’50, è stato introdotto tra i principi generali una apposita sezione dedicata alla valutazione dei rischi che trovano la loro esplicazione negli articoli 28, 29 e 30.
Nell’attuazione di questi tre articoli si esplicita un approccio sistemico della prevenzione per la sicurezza che parte dall’oggetto alle modalità di effettuare la valutazione dei rischi per giungere ai modelli di organizzazione e di gestione.
 
4. La lezione europea
Sempre citata e mai concretamente applicata resta la norma europea. Nelle continue elaborazioni e formazioni le indicazioni europee consistono in qualche numero di protocollo dimenticandosi degli aspetti fondamentali.
 
La norma europea inizia con il sistema delle definizioni: cosa sono. In questo contesto vi sono le definizioni di pericolo, rischio, valutazione dei rischi e scopo della valutazione. Vengono successivamente indicate le cinque fasi per un  approccio graduale della gestione del rischio.
 
Fase 1. Individuare i pericoli e le persone a rischio
Individuare quali fattori sul luogo di lavoro sono potenzialmente in grado di arrecare danno e identificare i lavoratori che possono essere esposti a tali pericoli.
Fase 2. Valutare e attribuire un ordine di priorità ai rischi 
Valutare i rischi esistenti (la gravità, il grado di probabilità di eventuali danni ecc.) e classificarli in ordine di importanza.
Fase 3. Decidere l'azione preventiva
Identificare le misure adeguate per eliminare o controllare i rischi.
Fase 4. Intervenire con azioni concrete
Mettere in atto misure di protezione e di prevenzione attraverso un piano di definizione delle priorità.
Fase 5. Controllo e riesame
La valutazione dei rischi dovrebbe essere periodicamente rivista per essere mantenuta aggiornata.

 

Vale la pena ricordare come le indicazioni dell’Agenzia europea della sicurezza indichino di utilizzare per la valutazione dei rischi anche le liste di controllo (check list) che consentono di avere una visione complessiva ed identificativa immediata dei pericoli e delle situazioni esistenti. Ciò potrà, anche, utilmente estendere la fase di valutazione alla partecipazione dei lavoratori che sono il soggetto principale della sicurezza.
Redigere un buon documento la cui lettura interpretativa ed attuativa è demandata a pochi elementi del sistema aziendale della sicurezza senza coinvolgere i soggetti della prevenzione risulta un esercizio più amministrativo burocratico che strumento di attuazione della valutazione eseguita.
Il Documento della Valutazione dei Rischi deve essere scritto in maniera semplice e comprensibile da parte di tutti.
 
6. Un processo sistemico di gestione e sicurezza sul lavoro
Il D. Lgs. 81/2008 non è solo un testo unico della sicurezza sul lavoro ma costituisce un grande manuale per la gestione della sicurezza. Un manuale completo ed esauriente ma, allo stesso tempo complesso ed articolato. 306 articoli e ben 51 allegati cui via via si susseguono decreti applicativi, accordi stato regioni ed indicazioni della commissione non possono costituire un modello sistemico di gestione.
 
Vale però la pena ricordare come il decreto e le norme vadano lette ed applicate alla luce del processo circolare. I principi della “ruota o ciclo di Deming” si trovano tutti nella legislazione della sicurezza.
Vediamo qualche semplice esempio di corrispondenza tra il D. Lgs. 81/2008 ed il sistema ciclico di un sistema di gestione.
 
Plan: pianificazione.
Misure generali di tutela (art. 15), Delega di funzioni (art. 16). Valutazione dei rischi e modalità di effettuazione (artt. 28 e 29). Modelli di organizzazione e di gestione (art. 30).
Do: Realizzare.
Obblighi del datore di lavoro e del dirigente, del preposto, dei fabbricanti, dei lavoratori (artt. 18, 19, 20) Medico competente (art. 25). Contratti di appalto (art. 26). Servizio di Prevenzione e di Protezione (art. 31). Formazione RSPP (artt. 32, 34). Formazione dei lavoratori (artt. 36, 37). Sorveglianza sanitaria (art. 4). Gestione delle emergenze (artt. 45, 46). Consultazione e partecipazione dei RLS (art. 50)
Check: Controllare.
Vigilanza da parte del datore di lavoro, dirigenti, preposti (artt. 18,19). Contratti di appalto (art. 26). Sorveglianza sanitaria (art. 41). Gestione delle emergenze (artt. 45, 46).
Act: Correggere.
Riunione periodica (art. 35). Consultazione e partecipazione dei RLS (art. 50)
 
Tra le note più importanti si segnala il valore che dovrebbe assumere la riunione periodica che è un vero e proprio “ riesame della direzione” così come definito dai sistemi di gestione. Infatti, oltre alle materie prescritte da discutere in sede di riunione, l’art. 35 al comma 3 precisa che possono essere individuati:
• codici di comportamento e buone prassi per prevenire i rischi di infortuni e di malattie professionali;
• obiettivi di miglioramento della sicurezza complessiva sulla base delle linee guida di un Sistema di Gestione della Salute e Sicurezza sul Lavoro.
 
Vogliamo sottolineare l’importanza della riunione periodica quale momento fondamentale del processo circolare della sicurezza che nella sua fase di “riesame” consente il miglioramento continuo, ricominciando, dalla pianificazione, attuazione, controllo e nuovamente correggere.
Spesso la riunione periodica, con striminziti verbali e vaghi o illeggibili report della sorveglianza sanitaria, costituiscono solo “un pezzo di carta” dell’adempimento formale e meramente burocratico.
 
La medesima situazione si ritrova, spesso, con la valutazione dei rischi e nella successiva redazione del Documento della Valutazione dei Rischi. Le due fasi vengono, erroneamente, considerate il “principio” e la “conclusione” degli obblighi di tutela previsti dal D. Lgs. 81/2008. Anche in questo caso prevale la visione meramente burocratica dell’adempimento formale non considerando che “valutazione” e “documento” costituiscono assieme il “principio” di un processo che nel “sistema di gestione” ne vede la conclusione. Ovvero ne consente il miglioramento continuo.
 
Vi è una differenza fondamentale tra un approccio sistemico ed uno tradizionale. La fotografia, seppur bella, è fissa e immobile mentre un filmato si vede e scorre nel tempo. Vi è, però, un’altra differenza fondamentale che consiste nella predisposizione di uno strumento determinante per fare un buon film: la sceneggiatura.
Nella nostro caso il DVR (considerando nella sua interezza di “valutazione” e di “redazione”) al fine di non rappresentare una fotografia deve costituire la sceneggiatura su cui si basa il successivo film: il Sistema di gestione si salute e sicurezza sul lavoro.
Proseguendo con la metafora cinematografica posiamo constatare che un buon fotografo armato di macchina fotografica (ed in studio un set di luci) può realizzare ottime immagini. Ben più complesso è un set cinematografico: scenografia, copione, regista, attori, costumi, luci, suoni ecc.
L’approccio sistemico alla sicurezza comporta, infatti, una integrazione di tutte le attività lavorative all’interno di un’azienda ed il coinvolgimento attivo di tutti i soggetti: non  è sufficiente la nota formula “chi fa che cosa” che dovrebbe essere modificata in “cosa facciamo per che cosa”. Insomma, una integrazione sui fatti concreti e sulle azioni da compiere  e non sulla carta.
Una integrazione sistemica che si basa sulla formazione e sulla comunicazione.
 
7. I modelli di organizzazione
Troviamo nell’art. 30 del D. Lgs. 81/2008 le indicazioni sui modelli di organizzazione e di gestione della sicurezza. Tralasciamo, in questa fase i riferimenti e le connessioni, con il D. Lgs. 8 giugno 2001, n. 231. Vengono, nel decreto, indicati gli obblighi normativi che deve possedere un modello ed indicati i due principali (per il momento):
- Linee guida UNI-INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001.
- Britisch Standard OHSAS 18001:2007.
 
Questi due modelli possiedono i requisiti previsti dall’art. 30 per l’adempimento degli obblighi previsti in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
 

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Le Linee guida UNI-INAIL, che non certificano il modello, hanno lo scopo di fornire gli elementi principali per realizzare,  su base volontaria da parte delle aziende, un sistema di gestione della sicurezza. Le indicazioni della Linea guida prevedono un sistema dinamico delle fasi identificate in:
A: esame iniziale
B: politica
C: pianificazione e organizzazione
D: sensibilizzazione e azione
E: monitoraggio
F: riesame e miglioramento
Le Linee guida sono accompagnate da un Manuale operativo che ne consente, anche con l’illustrazione di esempi, la definizione delle attività da sviluppare ed attuare per la realizzazione del SGSL.
 
La norma BS OHSAS 18001:2007 si sviluppa nell’ambito anglosassone finalizzata a creare un sistema di gestione certificato da un ente terzo. Questa norma è compatibile con la ISO 9001 (Qualità) e la ISO 14001 (Ambiente).
A differenza delle Linee guida UNI INAIL, quali esempi di modello, l’OHSAS 18001:2007 è una vera e propria norma con specifiche tecniche utilizzabili anche ai fini della certificazione. La norma si caratterizza ispirandosi alla cosiddetta “ruota o ciclo di Deming” PDCA.
 
Una differenza fondamentale tra i due sistemi consiste nel fatto che il modello UNI-INAIL è, gratuito, libero nel suo utilizzo ed applicazione, mentre il sistema OHSAS 18001:2007 deve essere certificato, a pagamento, da un ente certificatore.
Resta sempre il fatto che un modello, non è un semplice documento cartaceo o un sistema informatico, deve essere:
- adottato
- efficacemente attuato
- assicurare un sistema aziendale che possa adempiere agli obblighi.
 
8. Legislazione e Sistema di Gestione
L’art. 30 del D. Lgs. 81/2008 indica precise caratteristiche che devono avere i sistemi di gestione che sono sostanzialmente analoghe a quelle prescritte dall’art. 6 del D. Lgs. 231/2001 affinché il modello di gestione sia anche effettivamente esimente dalla responsabilità amministrativa.
 
La norma precisa che il modello deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi:
a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici;
b) alle attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;
c) alle attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
d) alle attività di sorveglianza sanitaria;
e) alle attività di informazione e formazione dei lavoratori;
f) alle attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori;
g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge;
h) alle periodiche verifiche dell’applicazione e dell’efficacia delle procedure adottate.
 
Vi era, però, ancora una lacuna da colmare in quanto veniva lasciata alla libera interpretazione ed applicazione gli obblighi di legge con i modelli dei sistemi UNI INAIL e BS OSHA 18001:2007.
Provvedeva la Commissione Consultiva, art. 6 D.Lgs. 81/2008, che in data 20 aprile 2011 approvava una Tabella di correlazione tra l’art. 30 del D. Lgs. 81/2008 e le Linee guida UNI INAIL e BS OSHA 18001:2007 con lo scopo di identificare le parti comuni corrispondenti.
Il Documento della Commissione si pone l’obiettivo di fornire indicazioni, alle aziende che si sono già dotate o intendono attuare, per l’applicazione di un modello di organizzazione della sicurezza conforme a quanto previsto dall’art. 30 del D. Lgs. 81/2008.
 
Rocco Vitale
Presidente AiFOS, Sociologo del lavoro, Docente di Diritto del Lavoro all’Università di Brescia

 


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Rispondi Autore: Massimo De Lima Souza - likes: 0
26/06/2012 (16:45:28)
Ottimo articolo che compendia passato, presente e, speriamo, futuro dei sistemi di gestione ed, in particolare, di quello per la gestione della sicurezza con agganci alla legislazione e alle norme di riferimento.

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