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Morti bianche, la coscienza e' un optional

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Approfondimento

15/11/2007

"Quasi quasi oggi non vado a lavoro così sono sicuro di esserci, stasera a casa"... Mio figlio è metalmeccanico, lo guardo partire e ripenso a quella frase, e allora un brivido mi trapassa il corpo…”.
La riflessione di un padre sulla sicurezza.

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Ospitiamo una lettera di un Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza che riflette sulla sicurezza sul lavoro a partire da una scioccante considerazione del figlio.
 
La lettera è stata pubblicata nel sito AprileOnLine.info.
 
Di Mauro Marchi, 12 novembre 2007
 
"Quasi quasi oggi non vado a lavoro così sono sicuro di esserci, stasera a casa"... Mio figlio ha 21 anni ed è metalmeccanico, lo guardo partire e ripenso a quella frase, e allora un brivido mi trapassa il corpo, il corpo di un padre impegnato nel mondo della sicurezza sul lavoro, un mondo in cui chi ci dovrebbe tutelare lo fa in maniera superficiale ed intanto si continua a morire
 
Siamo alle solite, si, siamo proprio alle solite: Questa frase me la ripeto a bocca chiusa, mentre fisso il trafiletto durante il telegiornale del primo mattino.
Siamo alle solite, quando ad un tratto una frase di mio figlio mi distoglie dal video: "Notizie incoraggianti, quasi quasi oggi non vado a lavoro, così sono sicuro di esserci stasera a casa". Lo guardo in silenzio, rifletto e prima che risponda a quella frase piena di amarezza mi dice ancora: "Babbo fammi capire, tu sei un Rls (Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza), so quello che fai, so quanto scrivi insieme a Marco e Andrea e mi domando se serve; ma chi vi da una mano in questa vostra battaglia? Il sindacato? Anche ieri ne sono morti in 5 e il sindacato che risposte ha dato? Nemmeno un comunicato, nemmeno uno sciopero, magari nazionale e se penso che quando c'era il governo Berlusconi si scioperava su tutto, oggi non bastano 5 morti al giorno".
 
Mentre parla i miei occhi incrociano quelli di mia moglie, anche lei in silenzio, lei che ha condiviso la mia e la nostra lotta perché finisca questa mattanza. Mio figlio ha 21 anni ed è metalmeccanico, non lo avevo mai sentito così critico e amareggiato ed io non mi sono mai sentito così, messo in silenzio, con risposte forzate sapendo che in quel che dice vi è una forte, fortissima verità, ed è stata una frustata che di colpo ha cancellato quel sorriso che l'altro figlio con un sms sul telefonino mi aveva inviato giorni prima: "Babbo sono orgoglioso di te", per l'articolo che io, Marco e Andrea avevamo scritto sui contratti a tempo, sugli interinali, di cui lui purtroppo come tanti altri ne fa parte.

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Beve il suo caffè, quel caffè da me preparato dopo essere tornato alle 6.15 dal lavoro, dal turno di notte, si alza, saluta con un "ci vediamo stasera", prende la sua auto come tutte le mattine per fare 30-35 km, per raggiungere il suo posto di lavoro.
 
Lo guardo partire e ripenso a quella frase: "Quasi quasi oggi non vado a lavoro, così sono sicuro di esserci stasera", e allora un brivido mi trapassa il corpo, il corpo di un padre impegnato nel mondo della sicurezza sul lavoro, un mondo in cui chi ci dovrebbe tutelare lo svolge in maniera superficiale ed intanto si continua a morire.
In 3 anni tante sono state le battaglie vinte. Dalla rete degli Rls, agli articoli sui giornali, dalle sovrascrizioni nei telegiornali, a trasmissioni sulle reti, ai contatti con Rls e associazioni, con Ministri e sottosegretari, con segretari di partito, per finire con lo scrivere al Presidente della Repubblica Napolitano, da cui più volte abbiamo avuto risposta, e lo ringraziamo perché, più volte, in prima persona ed a chiare parole ha chiesto più interessamento al Parlamento su questo problema.
 
Purtroppo siamo in Italia, la coscienza è un optional, i media scansano volentieri il problema, le menti geniali gradiscono di più trasmissioni tipo l'isola dei famosi ad un dibattito di fronte ad operai o RLS cui mettono a nudo la cruda realtà di come si vive oggi in fabbrica (mobbing, stress, turni, leggi non applicate o aggirate a proprio piacimento). Viene davvero voglia di dire: BASTA!!! Ma chi te lo fa fare, ma, allo stesso tempo mi dico, ci diciamo, che dobbiamo insistere, dobbiamo provarci anche solo pensando alla memoria di quelle MORTI BIANCHE e soprattutto per far sentire a questi ragazzi che non sono soli, che non sono abbandonati a se stessi.
 

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Rispondi Autore: Francesco Cuccuini - likes: 0
15/11/2007 (08:53)
Domenica 11 novembre 2007 un tifoso laziale, Gabriele Sandri, é stato ucciso da un poliziotto in aun'area di servizio autostradale vicino ad Arezzo.

Nel paese ci sono state manifestazioni di cordoglio, rabbia, sgomento, incredulità, dispiacere per una vita di 21 anni stroncata in modo assurdo e immotivato.

Ed é giusto che sia così.

Il 5 novembre scorso sono morte cinque persone sul lavoro.
Sono morti 5 padri/madri di famiglia per il lavoro e gran parte dell'Italia non se ne accorta nemmeno.

Perchè "é normale"?
Perchè "a qualcuno può accadere"?
Perchè "son cose che succedono"?
Rispondi Autore: Paolo67 - likes: 0
15/11/2007 (13:33)
Non posso non condividere le considerazioni attinenti all'importanza della vita ed alla gravità della morte. Non capisco però perché certe morti siano più gravi di altre.
Quante persone muoiono sulla strada ogni giorno! Quanti sono gli incidenti mortali non sul posto di lavoro. Sono morti violente (ossia per cause non naturali) che per principio sarebbero evitabili. Perché certe si devono ritenere degne di maggiore attenzione: mi riferisco sia alle morti sul lavoro che a quella del tifoso. Se lo stesso tifoso fosse morto attraversando la strada o in un incidente in macchina o cascando dalla scala in casa, forse ci sarebbe stato un trafiletto a pagina 35 su qualche quotidiano. Cosa vuol dire, che in quel caso il dramma della morte sarebbe stato minore ? Madre e padre sarebbero meno addolorati se il proprio figlio morisse in un incidente stradale anziché sul lavoro ? O forse è più facile arrabbiarsi con il singolo poliziotto ! E' più difficile chiedere allo stato di intervenire per migliorare la sicurezza delle strade (andate a vedere quanti morti all'anno ci sono) o continuare ad affrontare la sicurezza sul lavoro solo facendo leggi che aumentano le sanzioni penali e la burocrazia ? Per chiamare un elettricista per un lavoretto di mezza giornata in azienda pensate a quanti inutili documenti bisogna preparare. Ogni volta che si ridurrà la morte di una sola persona sarà un successo, ma è un processo che deve essere affrontato con metodo, lavorando sulla prevenzione e non con la logica sensazionalistica dei media che fanno fare un mare di leggi stupide ed inutili a politici che le fanno per avere il consenso del popolo (vedi 123/2007). Dovremmo lavorare sulla prevenzione e non doverci districarsi in un mare legislativo (sulla sicurezza) inutile ed in cui ogni legge complica lo stato già esistente. Ma il messaggio resta quello di stare attenti a non farci prendere da inutili sensazionalismi che creano ancora più danni di quelli che ci sono e che andrebbero affrontati con metodo e rigore e non seguendo le emozioni di giornali e TV.

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