Donne, infortuni sul lavoro e tutela
Gli infortuni in rosa aumentano, ma la tutela delle donne infortunate è ancora inadeguata.
Lo afferma l’Anmil nel primo rapporto “Donne, infortuni sul lavoro e tutela delle vittime”, presentato ieri, alla vigilia della Festa della Donna.
Si tratta di un’analisi al femminile del fenomeno degli incidenti in ambito lavorativo che intende “offrire uno strumento di confronto rispetto al territorio nazionale e criteri di valutazione dei bisogni di tutela specifici delle donne italiane infortunate, prendendo in considerazione anche le condizioni delle vedove e delle madri dei caduti sul lavoro.”
Il fenomeno degli infortuni sul lavoro delle donne è in aumento nel 2006 rispetto al 2005 (+0,7%), con punte del +4,9% in Sicilia e del +3,9% nel Lazio, nonché addirittura del +5,8% in Valle d’Aosta e del +3,5% in Trentino Alto Adige.
I dati relativi ai primi 11 mesi dell’anno (pur in considerazione della provvisorietà dei numeri in quanto si tratta di dati non consolidati e quindi passibili di crescita) segnalano infatti un aumento degli infortuni femminili: dai 229.540 nel 2005, ai 231.120 nel 2006.
L’incremento dell’andamento infortunistico al femminile, evidenziato in tabella, è attribuito non solo all’incremento dei tassi occupazionali (nel quinquennio 2001-2005 l’occupazione femminile è cresciuta del 5,86%, mentre le donne che hanno subito un infortunio sul lavoro sono aumentate del 5%), ma anche all’ingresso delle donne in settori ad alto rischio.
Le morti sul lavoro nei primi 11 mesi del 2006 sono aumentate del 19,2% rispetto ai primi 11 mesi del 2005, con punte in Piemonte, dove le morti sono triplicate (+350.0%), in Emilia Romagna (+111,1%) e nelle Marche (+100,0%) e in Lombardia (+45,4%).
In totale le donne disabili per infortunio sul lavoro o malattia professionale in Italia sono 121.326 al 31/12/2006.
Per quanto riguarda i settori lavorativi dove gli infortuni per le donne sono in forte crescita, spiccano il commercio e la sanità.
Nel commercio si segnala un +30% dal 2001 al 2005: gl infortuni sono passati dai 18.268 casi nel 2001 fino ai 23.792 casi del 2005.
Per la sanità gli incidenti sono cresciuti dai 20.150 nel 2001 a 24.832 nel 2005, con una crescita totale nei cinque anni pari a più del 23%.
Risultano in calo, invece, gli incidenti nel settore manifatturiero, -16,5%, passati da 37.964 nel
“Le donne sul lavoro - affermano gli autori del Rapporto - sono “vittime” nell’accezione più ampia del termine e il tutto peggiora all’indomani di un infortunio: sono ancora oggi più disoccupate degli uomini; quando lavorano ricevono paghe più basse; quando subiscono infortuni ottengono indennizzi meno elevati; e quando perdono il figlio o il marito per un infortunio mortale devono attendere tempi lunghissimi per la costituzione delle rendite loro spettanti, sempre che tale diritto venga loro effettivamente riconosciuto.”
Il rapporto Anmil si è soffermato anche sulla tutela assicurativa delle donne contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
“Nessun valore viene, inoltre, attribuito all’assistenza che la donna presta alla famiglia ed alla casa. L’ANMIL ha più volte sostenuto, in diverse sedi, la teoria del doppio indennizzo spettante alle donne, [...].
Una donna che lavora in fabbrica, che sia sposata e con due figli piccoli, nel caso di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale che ne comprometta le capacità fisiche in modo grave e permanente subisce danni molteplici: si riduce la sua capacità lavorativa e quindi le sue potenzialità di mantenere il proprio reddito abitualmente apportato alla famiglia; diminuisce, o si annulla del tutto, la sua capacità di accudire alle esigenze dei figli piccoli ed alle faccende legate alla conduzione della casa.
Questi danni sono concreti ed effettivi, quindi giuridicamente rilevanti, anche se non ottengono il giusto riconoscimento nell’ambito dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
Neppure per le decine di migliaia di donne che hanno perso il marito a causa di incidenti sul lavoro la situazione può essere definita soddisfacente.”
Riguardo al reinserimento delle lavoratrici infortunate, secondo l’Anmil, le donne risultano espulse dal mondo del lavoro dopo un infortunio in misura molto maggiore rispetto agli uomini, né tale situazione migliora nel successivo sistema di ricollocazione al lavoro adottato a norma della legge n. 68 del 1999 sul diritto al lavoro dei disabili.
Da una ricerca condotta dall’ANMIL risulta che molte donne dopo un infortunio non riescono a trovare la forza per rientrare nel proprio abituale posto di lavoro.
“Un fenomeno ancora più grave – evidenzia l’Anmil - consiste nelle discriminazioni che la donna infortunata subisce al proprio rientro al lavoro, [...]. La donna viene adibita a mansioni diverse, ma a volte non del tutto compatibili alla sua menomazione o non consone al suo livello culturale o alla sua qualifica professionale.
Ciò provoca un allontanamento spontaneo della donna dal luogo abituale di lavoro […].
Quando anche questa crisi fosse superata – afferma l’Anmil - la donna invalida del lavoro per rientrare nel mondo del lavoro non può contare su servizi di avviamento al lavoro e di sostegno psicologico adeguati ed efficienti. Basti pensare che le donne disabili in Italia, iscritte nelle liste provinciali della legge n. 68 del 1999 e disponibili al lavoro, riescono a trovare una collocazione mirata ed adeguata solo nel 3,8% dei casi: il che vuol dire che il 96,2% delle donne disabili alla ricerca di un lavoro rimane completamente disoccupato e quelle che lavorano, ottengono impieghi precari, poco remunerativi, con poche ore di lavoro e per brevi periodi.”
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