Alcoldipendenza e sicurezza: la ricerca di un coordinamento tra le norme
Ferrara, 15 Ott – Come più volte ricordato anche dal nostro giornale l’uso di alcol e sostanze stupefacenti è un fenomeno che costituisce una questione prioritaria per la salute pubblica.
Basti pensare che nel mondo “il solo abuso di alcolici – secondo i dati forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità – causa circa 2,5 milioni di morti, attestandosi al terzo posto nella classifica delle cause di malattia e morte prematura”. E l’area europea “registra il primato del consumo di alcol pro capite a livello mondiale” e dati riferiti al 2004 rilevano che l’alcol è “ritenuto responsabile di 120 mila morti premature all’anno (1 su 7 tra gli uomini e 1 su 13 tra le donne) nella fascia di età tra i 15 e i 64 anni”.
A ricordare in questi termini la dimensione dell’abuso di alcolici è una tesi di Laurea in Sicurezza nei luoghi di lavoro (Dipartimento di Giurisprudenza, Università degli Studi di Ferrara, a.a. 2018-2019) elaborata da Lorenzo Vecchi e dal titolo “La sorveglianza sanitaria nel d.lgs. n. 81/2008: criticità relative agli accertamenti in materia di alcol e stupefacenti”.
Tesi che, per segnalare come l’abuso di alcolici riguardi anche il mondo del lavoro, sottolinea come spesso una gran parte degli iscritti ai servizi pubblici dedicati alla cura, alla prevenzione e alla riabilitazione delle persone che hanno problemi di abuso e dipendenza risultino occupati in vari ambiti lavorativi, anche con rischi non bassi in materia di sicurezza.
Dopo esserci soffermati, in un precedente articolo, sulle criticità relative agli accertamenti in materia di alcol e stupefacenti, oggi riprendiamo alcune indicazioni sui problemi alcol correlati con riferimento ai seguenti argomenti:
- La legge 125/2001 e il divieto di assunzione di bevande alcoliche
- Il decreto 81 e l’accertamento di stati di alcoldipendenza
- La ricerca di un coordinamento tra le due discipline
La legge 125/2001 e il divieto di assunzione di bevande alcoliche
Riguardo all’alcol e agli accertamenti alcolimetrici la tesi si sofferma sui due diversi testi normativi che concorrono a regolare la materia.
Partendo dalla Legge 125/2001 “Legge quadro in materia di alcol e di problemi alcol correlati” si indica che l’Art. 15 esordisce “sancendo un divieto di assunzione e somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche ‘nelle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l’incolumità o la salute dei terzi’” (attività che avrebbero dovuto essere individuate, secondo il comma 1, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità. Tuttavia “la previsione di detto comma è rimasta inattuata: per l’individuazione delle attività è necessario fare riferimento all’intesa tra Stato e Regioni del 16 marzo 2006”).
Il divieto vale dunque: “per attività lavorative che siano intrinsecamente pericolose per chi le svolge (ad es. tecnici di impianti nucleari, addetti a forni di fusione, mansioni svolte in cave e miniere…); per le attività il cui svolgimento comporti rischi a carico di soggetti terzi (ad es. addetti ai nidi, professioni sanitarie, vigilatrici d’infanzia); attività che presentino entrambe le predette caratteristiche (su tutte, le attività di trasporto)”. E la ratio del divieto è quella di “eliminare quanto più possibile un fattore di rischio (che come tale dovrà essere ricompreso nella omonima valutazione e dovrà essere oggetto delle misure atte a gestirlo) che può incidere negativamente su attività già di per sé pericolose a vario titolo”.
Si indica poi che nell’ambito delle finalità previste dalla norma, “il comma 2 dell’articolo 15 autorizza lo svolgimento di controlli alcolimetrici, affidandone l’esecuzione al medico competente, ovvero ai medici del lavoro dei servizi per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro con funzioni di vigilanza (in sostanza quindi alle ASL). Tali controlli, qualora rivelino l’effettiva assunzione di sostanze alcoliche, non aiutano in alcun modo a ripartire e imputare le responsabilità discendenti da tale condotta in sede di accertamento”, le quali “possono investire potenzialmente il lavoratore, l’eventuale somministratore e lo stesso datore di lavoro che non abbia vigilato sul rispetto del divieto” (con riferimento alle lettere c) e f) dell’Art. 18 del D.lgs. 81/2008).
Inoltre ai lavoratori affetti da patologie alcolcorrelate che intendano intraprendere programmi terapeutici e riabilitativi, ex comma 3, “si applica la disciplina dettata dall’Art. 124 del D.P.R. 309/90, dedicato al trattamento dei lavoratori con stati di tossicodipendenza accertata e alle vicende del rapporto di lavoro di questi in costanza del percorso riabilitativo”. Infine “è prevista una sanzione amministrativa nei confronti di chiunque violi il divieto di somministrazione o assunzione di bevande alcoliche sancito in apertura della disposizione”.
Il decreto 81 e l’accertamento di stati di alcoldipendenza
Veniamo al Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro ( D.Lgs. 81/2008) dove la disposizione di riferimento è l’Art. 41 comma 4 che “autorizza lo svolgimento delle visite mediche comprese nell’attività di sorveglianza sanitaria anche al fine di accertare l’assenza di stati di alcoldipendenza (e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti)”.
La tesi rileva il diverso trattamento delle due sostanze delineato dal legislatore ai fini dell’attività di sorveglianza sanitaria: si fa riferimento all’alcol qualora ingeneri situazioni di dipendenza (“escludendo dunque situazioni di mera assunzione occasionale o intossicazione acuta”) e si fa riferimento alle sostanze stupefacenti e psicotrope anche in relazione alla “semplice assunzione”.
Si indica che “può apparire poco comprensibile operare tali distinzioni di trattamento in merito a situazioni che – seppur necessitino di accertamenti clinici peculiari per la loro identificazione, data la diversità tra condizione di dipendenza e mera assunzione – sono indiscutibilmente riconducibili a un unico comune denominatore, ovvero l’alterazione (anche se in misura variabile) dello stato di integrità psicofisica dell’individuo che assuma indifferentemente alcol o sostanze stupefacenti/psicotrope (sia in modo occasionale, che in maniera abituale o cronica)”.
Anche nel D.lgs. 81/2008 si trovano poi disposizioni che vietano la somministrazione di bevande alcoliche.
L’Art. 111 “vieta la somministrazione e l’assunzione ai lavoratori addetti a cantieri mobili, temporanei e ai lavoratori in alta quota. Anche l’allegato IV, dedicato ai requisiti di luoghi di lavoro, vieta la somministrazione di sostanze alcoliche in azienda, previsione che stride tuttavia con quella immediatamente successiva, la quale autorizza la somministrazione in quantità modiche nei locali di refettorio durante l’orario dei pasti”.
La ricerca di un coordinamento tra le due discipline
Dunque ad una prima sommaria analisi le due discipline “sembrano riferirsi a due fenomeni diversi: la normativa del 2001 sembra dedicare attenzione al dato della mera assunzione delle sostanze alcoliche, presidiando il divieto imposto attraverso la previsione dei controlli; la norma del Testo Unico sembra avere riguardo per le situazioni cronico-patologiche, come si evince dall’utilizzo del termine ‘alcoldipendenza’”.
E per cercare un coordinamento tra queste due discipline è necessario “indagare se da queste emerga un medesimo scopo prevenzionistico e protezionistico dei lavoratori e degli eventuali terzi coinvolti, e se in entrambi i casi emerga un rischio che debba essere oggetto delle consuete attività di valutazione e gestione, seppur declinato in modo differente a seconda che si tratti di mera assunzione (a cui consegua un’eventuale intossicazione acuta) ovvero di stato di dipendenza cronico-patologica (situazioni entrambe suscettibili di incidere negativamente sullo stato d’idoneità psicofisica necessario a svolgere una determinata attività)”.
Rimandiamo alla lettura integrale della tesi, che si sofferma anche sulla questione riguardante la competenza ad effettuare i controlli previsti dalle due normative, e riprendiamo alcune indicazioni e tentativi di coordinamento tra le due discipline.
Si indica, a questo proposito, che la disposizione del Testo Unico elencando “la verifica delle situazioni di alcool dipendenza tra le finalità della sorveglianza sanitaria ‘nei casi ed alle condizioni previste dall’ordinamento’, riconduce tale situazione nell’ambito di quelle da cui discendono rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori e terzi, che dunque giustificano lo svolgimento dell’attività di sorveglianza (e la nomina del medico competente) anche relativamente alle attività indicate dall’accordo 16 marzo 2006 cui l’Art. 15 della l. 125/01 fa riferimento”. E adottando tale lettura, “i controlli relativi ai rischi alcolcorrelati spetterebbero al solo medico competente: a suffragare tale asserzione, lo stesso dato testuale dell’Art. 15 della l. 125/01, il quale dispone che i ‘controlli alcolimetrici nei luoghi di lavoro possono essere effettuati esclusivamente dal medico competente’”.
Dunque la logica dello sdoppiamento delle competenze tra ASL e medico competente nell’effettuazione dei controlli, “seguendo tale impostazione, verrebbe dunque meno, riconducendo l’intera questione delle problematiche alcolcorrelate nell’alveo del sistema di prevenzione e protezione aziendale”. E seguendo tale ragionamento “gli accertamenti alcolimetrici previsti dalla l. 125/01, seppur da svolgere con modalità ‘a sorpresa’ e non programmate, finirebbero per essere inclusi implicitamente nelle visite mediche caratterizzanti l’attività di sorveglianza sanitaria”.
E dunque i controlli previsti dalla l. 125/01 “rappresenterebbero dunque uno degli strumenti della sorveglianza sanitaria (seppur ‘atipici’ e peculiari), in quanto – al pari di una visita medica – risultano idonei a fornire risultanze sulla base delle quali valutare l’idoneità del lavoratore alla mansione specifica (obiettivo a cui tendono tutti gli accertamenti sanitari previsti inclusi nell’attività di sorveglianza sanitaria)”.
Tuttavia i tentativi ricostruttivi operati, “pur nell’apprezzabile sforzo di valorizzazione della prospettiva prevenzionistica, non possono che scontare alcune forzature ermeneutiche”.
E in conseguenza di ciò “è auspicabile un intervento chiarificatore da parte del legislatore”.
Rimandiamo, anche in questo caso alla lettura della tesi, che presenta alcuni tentativi in questo senso, anche con riferimento alle “Linee di indirizzo per la prevenzione di infortuni gravi e mortali correlati all’assunzione di alcolici e di sostanze stupefacenti, l’accertamento di condizioni di alcol dipendenza e di tossicodipendenza e il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e di sicurezza sul lavoro” trasmesse dal Ministero della salute nel 2017 per il raggiungimento di un’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. In ogni caso lo scenario normativo “continua a essere caratterizzato da una pluralità di profili problematici”.
Infine, riprendiamo dalla tesi un altro “punto dolente” relativo all’assenza di “indicazioni metodologiche sullo svolgimento degli accertamenti clinici, limitandosi lo stesso accordo del 16 marzo 2006 alla sola individuazione delle attività interessate agli accertamenti alcolimetrici”.
Segnaliamo, in conclusione, che il documento non solo si sofferma sul quadro normativo, “caratterizzato da molteplici difficoltà interpretative e lacune”, ma offre utili indicazioni anche sulle conseguenze degli accertamenti sul rapporto di lavoro.
RTM
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