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Sicurezza delle macchine e Sicurezza dei lavoratori: due mondi a sé

Sicurezza delle macchine e Sicurezza dei lavoratori: due mondi a sé

Autore: Sara Balzano

Categoria: Attrezzature e macchine

12/02/2013

La Direttiva macchine stabilisce i requisiti di sicurezza per le macchine e le quasi-macchine mentre la legislazione sulla sicurezza dei lavoratori fissa gli obblighi per il datore di lavoro: quale interfaccia tra i due mondi? A cura di Sara Balzano.

 
Brescia, 12 Feb - La Direttiva macchine 2006/42/CE - recepita in Italia con il D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 17 -  contiene un insieme di disposizioni destinate al fabbricante di una macchina o quasi-macchina quale protagonista della relativa progettazione e/o realizzazione che si assume la responsabilità della conformità per l’immissione sul mercato o anche nel caso di uso personale.
 
Ai fini di questo articolo prenderemo in considerazione le macchine tralasciando le quasi-macchine in quanto per definizione “non sono in grado di garantire un’applicazione ben determinata” e di conseguenza non sono utilizzabili come tali, senza essere incorporate o assemblate, nei luoghi di lavoro dove la figura di riferimento è il datore di lavoro.
 
Ilfabbricante prima di immettere sul mercato e/o di mettere in servizio una macchina svolge una serie di attività che non sono visibili all’utilizzatore se non indirettamente; infatti verifica che la stessa soddisfi i requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute ad essa applicabili contenuti nell’Allegato I della Direttiva macchine, si accerta che il fascicolo tecnico sia disponibile, “espleta le appropriate procedure di valutazione della conformità”.
Ciò che invece l’utilizzatore deve assolutamente “vedere” e di cui deve entrare in possesso si compone della dichiarazione CE di conformità, della marcatura CE apposta sulla macchina e delle informazioni necessarie quali ad esempio le istruzioni.
 
Si diceva quindi che il fabbricante si trova a dover soddisfare i requisiti essenziali dell’Allegato I e a tal fine la Direttiva macchine all’articolo 7 recita come segue: ”le macchine costruite in conformità di una norma armonizzata, il cui riferimento è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, sono presunte conformi ai requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute coperti da tale norma armonizzata”.
Lenorme sulle macchine sono classificate in tre tipi: A, B e C. Occorre distinguere la natura della presunzione di conformità conferita dall’applicazione dei differenti tipi di norme armonizzate.
Lenorme di tipo A riguardano i concetti di base, la terminologia e i principi di progettazione applicabili a tutte le macchine. Per tale motivo la sola applicazione di queste norme non è sufficiente a garantire la conformità ai pertinenti requisiti essenziali e pertanto non è sufficiente per la presunzione di conformità.
Lenorme di tipo B trattano aspetti specifici della sicurezza delle macchine o differenti tipi di protezioni che possono essere utilizzati per una vasta gamma di macchine. L’applicazione di una norma di tipo B conferisce la presunzione di conformità ai requisiti essenziali della Direttiva macchine a cui la stessa si riferisce nel caso in cui una norma di tipo C o la valutazione dei rischi del fabbricante indichi che la soluzione tecnica contenuta nella norma di tipo B è adeguata per una particolare categoria o modello di macchina.
Lenorme di tipo C forniscono specifiche per una data categoria di macchine come, ad esempio, le presse meccaniche, le piattaforme a sviluppo verticale o le seghe circolari per la lavorazione del legno. L’applicazione di una norma di tipo C sulla base della valutazione dei rischi del fabbricante conferisce la presunzione di conformità ai requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute della Direttiva macchine coperti dalla norma.
Le norme orizzontali di tipo A e B possono essere utili ai fabbricanti che progettano macchine per le quali non sono disponibili norme di tipo C.
 

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Passando ad un esempio concreto si consideri una azienda che per ragioni produttive abbia introdotto nella propria unità produttiva una pressa meccanica avente una corsa di apertura di lunghezza maggiore di 500 mm e una profondità della tavola maggiore di 800 mm. Questo tipo di macchinario viene trattato da una norma di tipo C, la UNI EN 692:2009.
Il datore di lavoro al momento della scelta della pressa, per il D.Lgs 81/2008, aveva preso in considerazione i punti di seguito elencati:
- le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
- i rischi presenti nell’ambiente di lavoro;
- i rischi derivanti dall’impiego della macchina;
- i rischi derivanti da interferenze con le altre attrezzature già in uso.
La pressa rispondeva al livello della tecnica riportato nella EN 692:2009 e quindi il datore di lavoro acquistandola aveva ricevuto la dichiarazione CE di conformità e il manuale d’istruzioni e la marcatura CE si trovava apposta sulla macchina.
Al proprio interno si era poi trovato a dover attuare tutte le misure per garantire che la macchina si trovasse nelle seguenti condizioni:
- installata ed utilizzata in conformità con le istruzioni d’uso;
- oggetto di idonea manutenzione al fine di assicurare nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza e corredata da apposite istruzioni d’uso e libretto di manutenzione;
- sottoposta alle misure di aggiornamento dei requisiti minimi di sicurezza.
Considerando la manutenzione della pressa avente, come scritto sopra, una corsa di apertura di lunghezza maggiore di 500 mm e una profondità della tavola maggiore di 800 mm, era stata riscontata la presenza di un palo fissato tramite catenella alla macchina. Da una valutazione dei rischi emergeva che l’operatore avrebbe potuto dimenticare il dispositivo e riavviare la macchina. Fatto che molto probabilmente non sarebbe stato privo di conseguenze. Ragion per cui si rendeva necessaria la gestione dell’operazione di manutenzione magari adottando apposite procedure.
 
Come si vede la mancanza di un sistema di controllo della presenza del palo nella posizione di riposo al riavvio della pressa comporta per il datore di lavoro uno sforzo di sorveglianza aggiuntivo probabilmente evitabile. Inoltre l’integrazione di una logica di gestione in fase progettuale garantirebbe maggiore efficacia. Ma la norma non lo richiede; infatti nella norma non si accenna alla gestione del dispositivo, ma alla sua presenza e alla necessità di una chiara indicazione della posizione del dispositivo qualora quest’ultimo non possa essere facilmente visto dalla posizione dell’operatore.
 
L’esempio sopra evidenzia la dicotomia fra il mondo delle macchine e l’ambito lavorativo in cui sono utilizzate.
Le macchine sono generalmente progettate sulla base dell’applicazione di norme armonizzate; infatti dal punto di vista del costruttore è positiva l’esistenza di una norma armonizzata di tipo C che fornisce un’indicazione dello stato dell’arte e in altri termini che indica il livello di sicurezza che ci si può aspettare da un determinato tipo di prodotto in un dato momento. Inoltre quando, per un dato aspetto di sicurezza della macchina, una norma di tipo C si discosta dalle specifiche di una norma di tipo A o B, le specifiche della norma di tipo C prevalgono sulle specifiche della norma di tipo A o B.
Il datore di lavoro dal canto suo si trova a fare i conti con lo stato dell’arte esistente sul mercato al momento dell’acquisto di una macchina e ad assolvere agli obblighi previsti dal D.Lgs. 81/2008 per l’introduzione della macchina nel luogo di lavoro.
 
Alla luce di quanto sopra forse sarebbe auspicabile un maggior dialogo fra questi due mondi che potrebbe concretizzarsi nel coinvolgimento di chi si occupa di sicurezza nei luoghi di lavoro durante l’iter che porta all’adozione di una norma armonizzata.
 
 
Sara Balzano



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