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Spazi confinati: la riduzione degli accessi e l’uso di robot

Spazi confinati: la riduzione degli accessi e l’uso di robot

Applicazione del D.P.R. 177/2011 a un caso particolare: l’accesso negli apparecchi a pressione con particolare riferimento ai generatori di vapore a tubi di fumo. La conclusione di un approfondimento a cura di Adriano Paolo Bacchetta.

Come certamente avrà notato chi ha avuto la costanza di seguire lo sviluppo di quest’articolo nel tempo, il tema è certamente complesso e le diverse articolazioni possibili non agevolano il tentativo di fornire un quadro chiaro degli adempimenti. Tra l’altro, finora, il ragionamento è stato impostato considerando la condizione in cui si svolgono le attività di verifica che vede soggetto primo il datore di lavoro (committente) che si trovi nell’eventualità della disponibilità giuridica dei luoghi. Questo considerato che nella quasi totalità dei casi l’apparecchio si trova installato all’interno dell’area di stabilimento di pertinenza.  

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Se dovessimo introdurre anche quest’ulteriore condizione, la complessità del quadro generale di riferimento sarebbe molto rilevante. Ciò detto, abbiamo già delineato quali dovrebbero essere gli obblighi dell’azienda sia riguardo al soggetto verificatore, sia quale soggetto attivo che deve garantire supporto e assistenza anche in caso di emergenza. Considerata l’ovvia difficoltà che si può prevedere nel momento in cui il datore di lavoro committente dovesse richiedere al soggetto verificatore (in particolare quando si tratta di ASL/ARPA) evidenza dei requisiti d’idoneità tecnico-professionale (così come prescritto dall’articolo 26, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 81/08) e il possesso dei requisiti generali di qualificazione di cui all’art 2 c1 del D.P.R. 177/2011, si ritiene opportuno che ogni datore di lavoro prenda contatto diretto con i servizi di competenza, per conoscere il loro orientamento a riguardo. Recentemente, nell’ambito del 3° Convegno nazionale sulle attività negli Spazi Confinati, la Dott.ssa Gremita Direttrice U.O.C. Prevenzione Sicurezza Ambienti di Lavoro dell’ASL di Pavia, ha evidenziato come il loro servizio ha avviato la redazione di linee operative d’ispezione e verifica d’impianti e attrezzature in ambienti sospetti di inquinamento o confinati per il proprio personale ispettivo.
 
Questa impostazione, mi trova ovviamente concorde sia per quanto già evidenziato, sia per gli stessi motivi che la Dott.ssa Gremita ha indicato nella sua relazione:
- gli operatori dei servizi PSAL sono in primis dei lavoratori;
- gli operatori della vigilanza devono essere i primi a dare il buon esempio;
- le attività a rischio necessitano di procedure operative.
 
La procedura prevede che gli interventi d’ispezione e/o verifica all’interno di spazi confinati possono essere svolti da operatori adeguatamente informati, formati, addestrati e in possesso d’idoneità specifica alla mansione che, durante l’espletamento del servizio, svolgono i compiti assegnati adottando comportamenti coerenti con l’attività da eseguire e secondo quanto stabilito nell’ambito della procedura stessa. Un aspetto interessante della procedura, è la sua prevista doppia applicabilità: in sede di richiesta d’intervento promossa dal datore di lavoro per la verifica periodica prevista dal D.M. 329/04 oppure in caso d’ispezione nell’ambito del programma di vigilanza. Nel primo caso sono previste una serie di azioni preliminari all’intervento di verifica d’impianti e attrezzature identificabili come ambienti sospetti d’inquinamento o confinati: la ditta richiedente (ai sensi del DM 11 aprile 2011 così come modificato dal cosiddetto Decreto del Fare), contestualmente all’atto di richiesta di verifica d’impianti o attrezzature, deve compilare una check-list di verifica e produrre una specifica documentazione che consenta una valutazione complessiva delle condizioni di sicurezza previste per l’intervento.
 
 
La parziale e/o incompleta compilazione della check list e/o produzione della documentazione richiesta, comporta automaticamente il rigetto dell’istanza e l’interruzione dei termini del procedimento da parte del servizio. Nell’ambito dell’attività di vigilanza programmata, invece, il dirigente assegnatario della pratica valuterà il rischio di presenza di ambienti sospetti d’inquinamento o confinati e provvederà, una volta entrato in azienda, a compilare in collaborazione con il datore di lavoro o suo delegato la check list. Qualora dalla compilazione della check list dovessero emergere rischi per la salute e sicurezza, gli operatori procederanno all’attività d’ispezione senza accedere all’ambiente sospetto d’inquinamento o confinato e in seguito procederanno alla valutazione di eventuali violazioni e difformità alla normativa.
Appare quindi evidente che, al di la dal considerare la parte concernente l’attività ispettiva propria dell’Ente, emerge chiaramente come anche un soggetto particolare come l’Organo di vigilanza e controllo sia destinatario di obblighi specifici nell’applicazione del DPR 177/2011. A maggior ragione, quindi, lo dovrebbero essere i Soggetti abilitati che, quindi, dovrebbero dotarsi di una procedura operativa e garantire la qualificazione e verifica d’idoneità alla mansione del proprio personale. Condizione che dovrebbe essere oggetto di una specifica verifica da parte del datore di lavoro committente in sede di affidamento dell’incarico. Certamente aspettarsi che ASL/ ARPA rilascino una dichiarazione di possesso dei requisiti tecnico/professionali e dei requisiti di qualificazione per operare in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, mi sembra abbastanza difficile; tali dichiarazioni dovrebbero però essere richieste ai Soggetti abilitati che dovessero intervenire per eseguire le verifiche previste, ai quali spetta di dimostrare di poter operare in tali ambiti, a prescindere dall’essere inseriti negli elenchi dell’INAIL.
 
 
Al termine di questa lunga dissertazione sul tema, data la complessità del quadro giuridico in cui s’innesta l’argomento trattato, è abbastanza difficile poter trarre delle conclusioni definitive. Questo proprio a cominciare dalla questione principale: l’accesso attraverso un passo d’uomo ellittico di 32x42 cm garantisce il rispetto di quanto previsto dall’art. 66 del D.Lgs. 81/08 che richiede la presenza di un’apertura di accesso con dimensioni tali da poter consentire l’agevole recupero di un lavoratore privo di sensi? E inoltre, è proprio necessario entrare in questi apparecchi a pressione (poiché non esistono alternative tecnicamente praticabili per svolgere l’attività programmata)? In effetti, questi sono i quesiti cuore del problema ancora prima di preoccuparsi su come applicare quanto previsto dal DPR 177/2011.
 
Certamente l’esame visivo riveste carattere di assoluta importanza nel campo della sicurezza delle attrezzature a pressione. Infatti, esso consente di rilevare, con semplicità e rapidità, la maggior parte dei difetti superficiali e di formulare un giudizio generale sui livelli di qualità costruttiva (tratto dalla prefazione di “L’esame visivo su attrezzature a pressione ai fini delle verifiche di costruzione ed esercizio” - ISPEL Dipartimento Omologazione e Certificazione Dipartimento Tecnologie di Sicurezza - gennaio 2006), ma in caso di visita interna (lato mantello) all’interno di un generatore di vapore a tubi di fumo, bisognerebbe poter fare una valutazione del rapporto rischio/beneficio considerando metodiche di verifica alternative in grado di garantire un livello di sicurezza equivalente.
 
Nello specifico non mi è stato possibile trovare dati disponibili in merito al numero di apparecchi attualmente in esercizio, al numero di verifiche interne effettuate e al numero e tipologia di difettosità riscontrate. Due documenti che trattano in modo dettagliato la tipologia di difetti riscontrati, sono “Verifiche Periodiche e Controlli di Apparecchi A Pressione - Linee Guida per gli adempimenti di Legge - a cura della Direzione Tecnico- Scientifica dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale Servizio prevenzione e rischio tecnologico del Molise elaborato nel 2004 e “Anomalie degli apparecchi a pressione” prodotto nel 2002 dal Gruppo di lavoro “ Apparecchi a pressione” del Coordinamento Tecnico Regionale tra le Unità Operative Impiantistiche Antinfortunistiche della Regione Emilia Romagna, con la collaborazione del Servizio di Sanità Pubblica dell’Assessorato alla Sanità.
 
Sebbene entrambi i documenti rivestano un notevole interesse per l’approfondimento tecnico e la disamina di casi particolari, in nessuno dei due sono riportati dati che consentano di identificare la dimensione del fenomeno (numero di apparecchi con difetti/ numero di apparecchi in esercizio); tuttavia si riscontra come nella maggior parte dei casi i difetti riscontrati siano riconducibili a errori di conduzione o condizioni di esercizio non previste a progetto e la costruzione degli apparecchi risale agli anni ’90 o antecedenti. In questo periodo l’impegno dello scrivente è diretto verso la ricerca di fonti documentali che consentano sia di aggiornare i dati disponibili, sia di approfondire la conoscenza sull’efficacia dei sistemi di verifica visiva remoti (quando c’è interruzione del percorso ottico, visione con l’uso della fotografia, sistemi video, sistemi automatizzati o robotizzati). L’obiettivo è di poter analizzare l’eventuale possibilità di valutare se, nel caso dei generatori di vapore a tubi di fumo, la verifica d’integrità (prevista nell’ambito delle verifiche periodiche di riqualificazione e definita come l’ispezione delle varie membrature mediante esame visivo eseguito dall’esterno e dall’interno, ove possibile, in controlli spessimetrici ed eventuali altri controlli che si rendano necessari a fronte di situazioni evidenti di danno art. 12 del DM 329/2004) possa invece essere invece condotta secondo quanto previsto al comma 4 dello stesso articolo 12 che prevede: quando l’attrezzatura ha caratteristiche tali da non consentire adeguate condizioni di accessibilità all’interno o risulta comunque non ispezionabile esaustivamente, l’ispezione è integrata, limitatamente alle camere non ispezionabili, con una prova di pressione a 1.125 volte la pressione PS che può essere effettuata utilizzando un fluido allo stato liquido.
 
Si tratta quindi di capire se l’ispezione visiva interna del mantello, in caso di corretta gestione dell’apparecchiatura e in particolare del trattamento dell’acqua di caldaia (testimoniabile dalle analisi periodiche effettuate dai conduttori) non possa essere sostituita da una visita interna senza ingresso (assistita da idonea strumentazione ottica quale fibroscopio, videoscopio, boroscopio, ecc.) e dalla prova in pressione, senza quindi prevedere l’ingresso del funzionario. A riguardo, appare di notevole interesse la recente iniziativa dell’Unione Europea che - in collaborazione con un consorzio di dieci imprese europee diretto dalla multinazionale Shell e che comprende anche Gassco (No), C, Khevron North Sea, Quasset e Ocrobo- Rubrica | Spazio Confinato tics (UK) Koninklijke Vopak e A. Hak Industrial Services (NL), Dekra Industrial (SE), Alstom Inspection Robotics (CH), Innospectiono (D) - ha dato il via al progetto Petrobot che punta a sviluppare robot capaci di sostituire l’uomo nelle ispezioni degli apparecchi a pressione e delle cisterne di stoccaggio, attrezzature che sono ampiamente utilizzate nell’industria petrolifera, gasiera e petrolchimica. L’UE contribuirà con 3,7 milioni di euro al progetto che in totale costa 6,2 milioni di euro.
 
Le tipologie di attività ispettiva cui sarà destinato questo nuovo robot sono:
- ispezione interna di apparecchi a pressione, in modalità fuori linea;
- ispezione di cisterne di stoccaggio con cisterna in uso.
 
Questi robot potranno utilizzare strumenti d’ispezione specializzati in grado di consentire l’individuazione di eventuali danni e che dovranno assicurare le stesse capacità di controllo possibili mediante un’ispezione umana. In una nota la Commissione europea spiega che “Finora, per garantire la sicurezza degli ispettori, gli impianti petroliferi, gasieri e petrolchimici devono fermarsi durante le operazioni ispettive: i silos devono essere isolati dalle parti in funzione dell’impianto (non è sufficiente chiudere una valvola); quindi sono puliti attentamente per eliminare tutti i prodotti che possono emettere gas infiammabili o tossici; infine, nei silos più grandi sono installati ponteggi in modo che gli ispettori possano accedere a tutte le zone necessarie. Dopo l’ispezione (che spesso dura qualche ora) tutte queste operazioni sono effettuate al contrario per ristabilire la situazione iniziale”. L’obiettivo dichiarato del progetto è di semplificare le operazioni, consentendo anche una minore esposizione del personale a condizioni potenzialmente pericolose, e aprire nuovi mercati per l’industria robotica europea con la creazione nuovi posti di lavoro nel settore della produzione e della manutenzione di robot. Quindi, in attesa che i robot ci consentano di dare una risposta applicativa agli adempimenti previsti dal D.P.R. 177/2011, l’unica strada attualmente percorribile è dare una risposta tecnica che consenta di evitare, o almeno ridurre al minimo, la necessità di accesso all’interno di questi apparecchi a pressione.
 
 
 
 
Ing. Adriano Paolo Bacchetta
Coordinatore del network www.spazioconfinato.it
 


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Rispondi Autore: Elidori - likes: 0
24/04/2014 (08:42:03)
Se si deve lavorare in ambiente outdoor sospetto di inquinamento ma non confinato, si debbono applicare le stesse regole?
Per sospetto di intende valutazione rischi >0?
Per inquinamento si intende come definito al DLgs 152/2006, cioè sia agenti chimici che fisici?
Grazie.

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