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UNA CAROTA DI GHIACCIO DI 3 KM RIVELA IL CLIMA DEGLI ULTIMI 740MILA ANNI

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Ambiente

23/03/2006

È la più lunga e antica registrazione climatica mai ricavata con questa metodologia. Per ottenerla l’Idpa-Cnr ha esaminato le impurità – sale marino e polvere continentale – contenute nei ghiacci antartici.

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Le variazioni climatiche degli ultimi 740mila anni non sono più un segreto. Le hanno svelate i ghiacci della calotta polare dell’Antartide. O meglio, le tracce di sale marino e di polvere continentale in essi custodite.  

A dare la notizia, pubblicata sulla rivista scientifica Nature (vedere anche il precedente articolo su Science), è il consorzio Epica (European Project for Ice Coring in Antartica dell’European Science Foundation), formato dai ricercatori di 10 nazioni europee (Italia, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Olanda, Norvegia, Svezia, Svizzera e Gran Bretagna), che nel Circolo Polare Antartico hanno estratto una carota di ghiaccio (cilindri di 10 cm di diametro, estratti in sezioni di 3 m di lunghezza per volta) di 3 km, ottenendo così la più lunga e antica registrazione climatica mai ricavata tramite questa tecnica.

La ricerca, compiuta presso la base italo-francese Dome C, con il supporto logistico del Programma nazionale per le ricerche in Antartide (Pnra), non getta solo uno sguardo sul passato: l’esame dei dati raccolti consentirà infatti di comprendere anche i cambiamenti climatici che ci attendono in futuro.

Al gruppo di ricerca internazionale ha partecipato anche l’Istituto per la dinamica dei processi ambientali (Idpa) del Cnr di Venezia, che ha esaminato, in particolare, la polvere continentale. “Il primo dato scoperto è che negli ultimi 740mila anni la Terra ha subito otto cicli climatici ”, spiega Carlo Barbante dell’Idpa-Cnr, “A questo punto, noi con tutti i ricercatori del consorzio, abbiamo analizzato chimicamente le impurità presenti nel ghiaccio della carota. I fiocchi di neve, infatti, raccolgono le sostanze presenti nell’atmosfera, che si accumulano poi in strati sulla calotta antartica; in seguito, alcune bolle d’aria restano intrappolate tra gli strati non appena il nevato si trasforma in ghiaccio. Analizzando la composizione chimica e le proprietà fisiche del ghiaccio e dell’aria intrappolata, inclusi i gas serra, è stato quindi possibile comprendere come il clima fosse cambiato e quali conseguenze ambientali queste variazioni avessero provocato”.

Misurando le tracce di sale raccolto, è emerso che durante le epoche glaciali le superfici di ghiaccio marino contigue all’Antartico erano molto più estese e che, riflettendo la luce solare in misura maggiore rispetto alle scure superfici oceaniche, hanno contribuito a raffreddare il Pianeta. I venti hanno poi trasportato in Antartide sia il sale marino che piccole quantità di polvere; proprio queste ultime, presenti in grande quantità in sezioni di ghiaccio riconducibili alle epoche glaciali, hanno permesso di comprendere che in quel periodo il continente sudamericano era caratterizzato da un clima più asciutto e ventoso.

“Parte di questa polvere continentale”, precisa Barbante, “è stata depositata anche sugli oceani circostanti l’Antartide e, agendo da fertilizzante naturale, ha causato un incremento della produttività biologica marina. Quest’ultima, mediante il processo di fotosintesi, ha a sua volta sottratto dall’atmosfera terrestre rilevanti quantità di gas serra, quali anidride carbonica e metano, contribuendo così a raffreddare il clima. Ed è proprio su questo aspetto particolare che l’Idpa-Cnr ha operato, mediante sofisticate metodologie analitiche, determinando i flussi del ferro nel corso delle ere passate”.

 

Vedere anche il sito della spedizione italiana in Antartide.

 

 

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