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La valutazione dei rischi per la sicurezza nei processi

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: SGSL, MOG, dlgs 231/01

07/02/2012

Processi di acquisto, programmazione della produzione, vendite devono essere valutati per individuare i rischi per la sicurezza e la salute sul lavoro? Alcune proposte metodologiche a cura di A. Mazzeranghi, F. Coucourde, R. Mariani.

PuntoSicuro presenta la seconda parte dell’approfondimento “ La valutazione dei rischi: esistono margini di miglioramento?” pubblicato lo scorso 17 gennaio.

La valutazione dei rischi dei processi
Anche questa è una novità. Per la verità l’elemento che ha condotto a ragionare sul tema ha una derivazione quasi estranea al settore della sicurezza e salute sul lavoro. Deriva infatti dallo sviluppo dei modelli organizzativi esimenti ex D.Lgs. 231/2001 nei quali la valutazione del rischio di commissione di reato, col tempo, si è sviluppata andando a correlare reati e processi aziendali, ed è diventata la valutazione dei rischio di commissione di reato (presente nel così detto catalogo 231) all’interno dei processi aziendali.
 
Quando, nel 2007 con la legge 123/2007, e con maggior forza per effetto dell’articolo 30 del D.Lgs. 81/2008, anche la sicurezza e la salute sul lavoro sono entrate nell’orbita della responsabilità amministrativa è stato naturale riprendere i ragionamenti già fatti per altre fattispecie di reato, ed estenderli alle tematiche di nostra pertinenza.
 
Veniamo quindi alla utilità di questo genere di valutazione. Pare piuttosto chiaro a tutti che i processi critici per la sicurezza e la salute sul lavoro debbano essere messi sotto controllo se si vuole davvero garantire una attività di prevenzione efficace.
E così viene fatto:  da tempo sulla base di una prassi consolidata che identifica alcuni processi come esplicitamente riferiti alla sicurezza (gestione delle emergenze e degli infortuni, gestione dei lavori in appalto ecc.) e altri come correlati anche (ma non solo) alla sicurezza (gestione del cambiamento, gestione dei lavori elettrici, gestione delle messe in sicurezza degli impianti ecc.), sono state sviluppate regole e buone pratiche per la strutturazione dei processi in oggetto.
 
La questione è, però, che non tutte le aziende sono uguali, che i processi possono essere diversi, e che non è affatto detto che un elenco stilato a prescindere dalla azienda contenga tutti i processi davvero critici per la sicurezza.
 
Ma prima di procedere proviamo a definire cosa sia un processo critico per la sicurezza. La definizione non è consolidata, quindi noi ne diamo una che ci pare ragionevole, ma anche sicuramente migliorabile. Premesso che un processo è una sequenza ordinata di attività che concorrono al raggiungimento di un certo obiettivo, un processo è critico per la sicurezza se:
· la mancata, incompleta o errata esecuzione di una attività,
· o una decisione errata nel corso dello sviluppo del processo,
· o un errore di comunicazione fra i soggetti coinvolti,
possono comportare un rischio per le persone, nell’immediato o in un momento temporale successivo.
La definizione appena data si presta a considerazioni molto generiche se la vogliamo applicare, per così dire, a concetti generali o a processi ipotetici. È invece molto concreta se procediamo, come sempre nella valutazione dei rischi, partendo da quello che c’è in azienda per valutarlo ed eventualmente correggerlo.
 
In pratica, quindi, si tratta prima di tutto di fare una mappatura dei processi esistenti in azienda (elenco e descrizione), poi di valutare se all’interno di tali processi si “annidano” rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro. Evidentemente per fare questo ci vuole una ottima conoscenza della azienda e una altrettanto forte capacità di intuire le problematiche potenzialmente critiche per la sicurezza. Anche perché non ha molto senso investire tempo e denaro per chiarire i dettagli di un processo che non è critico.
 
Qui dobbiamo fare una sorta di parallelismo fra valutazione dei rischi per le attività e valutazione dei rischi dei processi. La prima è più facile: se una attività non svolge “vicino” ad alcuna fonte di rischio non è necessario effettuare una valutazione di dettaglio e non ha senso la definizione di una istruzione operativa. E questo diremmo che si riesce a fare piuttosto bene conoscendo l’azienda e i rischi residui.
 
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Diversa è la situazione, a nostro avviso, per la valutazione dei rischi dei processi, su cui forse siamo meno allenati a ragionare, noi che ci occupiamo abitualmente di valutazione dei rischi.
 
Ci risulta evidente che nella gestione delle emergenze siano presenti dei rischi in caso di non corretta gestione del processo. Ma se parliamo di acquisti, di programmazione della produzione, di vendite? Abbiamo volontariamente citato tre processi in cui, in molte aziende, si trovano passaggi rilevanti per la sicurezza e la salute sul lavoro.
 
Facciamo un esempio relativo alle vendite: una azienda produce semilavorati su commessa utilizzando un insieme di macchine e impianti ben definito, e per i processi critici non ha la possibilità di rivolgersi a sub fornitori; quindi esiste un limite alla produzione dato dagli impianti.
L’ufficio commerciale, nonostante il carico di lavoro acquisito sia già molto consistente, decide, per ragioni strategiche (acquisire un nuovo cliente molto importante) di prendere un ordine con scadenza molto vicina. Ciò comporta la revisione dei piani di produzione e costringe a passare due impianti da lavoro su due turni a lavoro su tre turni. In particolare uno di questi impianti è condotto da un solo operatore e si trova in un capannone dove tutti gli altri impianti lavorano su due turni; si genera un evidente problema di sicurezza, diverso da quanto previsto in valutazione dei rischi. È possibile valutare questa condizione dopo che l’ufficio commerciale ha preso l’ordine, o non dovrebbe essere invece una questione da mettere in campo prima di prendere l’ordine?
 
Chi scrive da pochi giorni è stato richiesto di un parere su un caso simile; le possibilità di creare problemi in fase di vendita sono davvero molteplici, ed è evidente che non tutti i problemi possono essere poi risolti dopo che la situazione è stata definita col cliente.
 
Se vogliamo un esempio sugli acquisti eccolo: si acquista un nuovo macchinario e nel contratto si lega l’ultima tranche di pagamenti al superamento del collaudo prestazionale. E se il venditore non mi fornisce la documentazione prima di quella data, e io pago come da contratto, che armi mi restano per pretendere la documentazione che mi spetta?
 
Noi crediamo che tutti coloro che hanno avuto esperienza di RSPP in aziende industriali si siano trovati davanti a problemi di questo genere, e che abbiano spesso avuto l’esperienza di essere chiamati in causa quando i giochi erano fatti e i margini di manovra ridotti quasi a zero. Quindi forse può sembrare che lo strumento “ valutazione dei rischi” sia eccessivo, ma il problema che ci porta a pensare questa materia esiste eccome! E allora noi diciamo: cosa è meglio di uno strumento consolidato (fino a che diamo solo il titolo) e di sistema per fare vedere ai nostri interlocutori interni alla azienda certe criticità; e cosa è meglio, anche, per dimostrare a interlocutori esterni che il nostro modello organizzativo/sistema di gestione è stato sviluppato secondo una logica coerente?
 
Detto questo, che speriamo giustifichi ragionevolmente quella che noi riteniamo un’esigenza, vediamo la parte pratica di esecuzione e presentazione della valutazione.
 
Premessa a tutto: elenco dei processi in atto in azienda (tutti) e da lì eliminazione di quelli che in modo assolutamente palese non hanno alcun legame con aspetti di sicurezza e salute. Da lì si parte per la descrizione dei processi restanti tramite l’elencazione delle attività che li compongono e delle relative responsabilità. A questo punto è facile vedere quali attività, se non eseguite o eseguite in modo errato, possono provocare problemi di sicurezza; è meno facile vedere quali attività mancano del tutto.
 
Infinericerca dei processi rilevanti che in azienda sono assenti o del tutto destrutturati.
La domanda che ci siamo posti: come “trovare” i processi o le attività mancanti? Su questo valgono molto il buon senso e il benchmark. Secondo noi esistono poche alternative, salvo il fatto che il benchmark può operare tramite check list predefinite.
 
Allora anche in questo caso, ancora più che per le attività, oltre a coinvolgere le parti aziendali in causa (direzione e process owners), serve il contributo di un facilitatore sopra le parti che abbia una visione estesa del tema, che scavalchi i confini aziendali, e che sia capace di dominare la metodologia e di fare le domande giuste.
 
Esempi di domande:
· consideriamo il processo di verifiche periodiche (che è una parte del processo di manutenzione programmata; ecco alcune domande:
    - come vengono definite le verifiche periodiche su macchine, impianti strutture ecc. necessarie per garantire il mantenimento delle condizioni di sicurezza e salute?
   - come viene garantito che tutte le verifiche siano effettuate entro le scadenze previste?
   - se si utilizzano ditte esterne specializzate, chi e come controlla l’operato di tali ditte?
· consideriamo il processo di gestione del cambiamento; ecco alcune domande:
   - in caso di modifiche al processo produttivo, come si garantisce che queste vangano analizzate tempestivamente anche sotto il profilo della salute e della sicurezza?
   - chi può autorizzare modifiche alle attrezzature? Chi analizza eventuali impatti sulla certificazione delle stesse?
 
Ovvio che sono solo esempi… l’unica notazione che crediamo sia evidente: qui si procede al rovescio, ovvero dato il processo si vanno a cercare aspetti che sono sicuramente critici sulla base della esperienza maturata in altri contesti.
 
È un argomento relativamente nuovo, nel senso che certi ragionamenti tutti noi che ci occupiamo di sicurezza li facciamo da tempo, ma implicitamente. Quindi che l’approccio sia un po’ zoppicante non deve stupire. Miglioreremo col tempo, intanto iniziamo a lavorarci.
 
Per finire un ragionamento già fatto per le attività: la mappatura dei processi per la valutazione dei rischi, con le eventuali correzioni e miglioramenti, di fatto porta alla definizione delle procedure aziendali senza ulteriori sforzi: come sempre da una tabella di valutazione dovremo togliere solo alcuni elementi. Quindi ripetiamo anche qui: visto che costa poco o nulla, perché non fare questa valutazione?

 

Conclusioni
Ci sentiamo di concludere che, visto che gli errori umani rappresentano oggi una delle cause di infortunio più diffuse (questo lo dicono i dati degli enti assicurativi e di controllo), non vi è dubbio che affrontare organicamente il tema di “come operano le persone in azienda” sia una necessità. Una estensione della valutazione dei rischi a queste tematiche ci pare quindi necessaria. Non è detto che con questa estensione la valutazione dei rischi classica possa dirsi completa! Neanche pretendiamo di avere completamente centrato la metodologia. Riteniamo solo che sia una strada da percorrere in tempi relativamente stretti, e ci pare che quanto descritto risulti particolarmente rilevante per chi intraprende la implementazione di un modello organizzativo esimente ex D.Lgs. 231/2001.
 
 
Di Alessandro Mazzeranghi, Federica Coucourde, Riccardo Mariani
 

 
 


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Rispondi Autore: massimo bianchi - likes: 0
07/03/2012 (09:34:03)
Complimenti per la metodologia, al di là di IMMENSI ostacoli che potrete trovare nell'applicarla, rappresenta il giusto spirito e la corretta via per rendere le aziende davvero più sicure.

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