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SSL e Decreto fiscale: le proposte di modifiche in fase di conversione

SSL e Decreto fiscale: le proposte di modifiche in fase di conversione
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Normativa

19/11/2021

Una lettera aperta firmata da diversi operatori in materia di salute e sicurezza sostiene che il DL 146/2021 rappresenti un passo falso. I firmatari parlano della necessità di un intervento organico e propongono alcune modifiche al decreto.

Non c’è dubbio che, dopo anni di immobilismo legislativo, il recente decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante “misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”, rappresenti, come ricordato nei nostri articoli, un intervento rilevante in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Un intervento rilevante anche perché il Capo III (Rafforzamento della disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) del cosiddetto “Decreto fiscale” apporta diverse modifiche sostanziali al Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro ( D.Lgs. 81/2008).

 

E proprio per la rilevanza di queste novità, oltre ai vari articoli di presentazione del decreto, il nostro giornale ha presentato diversi pareri (altre ne seguiranno nei prossimi giorni), con riferimento, ad esempio, alle interviste all’avvocato Lorenzo Fantini, a Cinzia Frascheri (Cisl), a Zoello Forni. E da questi pareri sicuramente emerge che in questo DL 146/2021 qualcosa manca.

Molti interlocutori parlano magari di un rafforzamento della disciplina in materia di salute e sicurezza, ma indicano che manca una complessiva riforma del sistema, che si è fatto solo un primo passo e molti ne mancano per contrastare in maniera incisiva gli accadimenti infortunistici. Altri, ad esempio Zoello Forni (Anmil) nell’ intervista al nostro giornale, indicano che siamo di fronte ad un “provvedimento parziale che trascura completamente gli aspetti di prevenzione in materia di valutazione dei nuovi rischi”.

 

Ad andare oltre, nell’evidenziare le criticità del DL, è una lettera aperta che sarà inviata al Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, al Ministro della Salute, on. Roberto Speranza, al Ministro del Lavoro, on. Andrea Orlando, al presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga. Un documento redatto da un gruppo di operatori della sanità pubblica e da persone che da anni si occupano, a diverso titolo, dei temi relativi alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

 

Lettera che senza mezzi termini sottolinea che il decreto legge 146/2021rischia di essere un passo falso perché crea una condizione di non chiarezza sul ‘chi fa che cosa’ circa l’attività di vigilanza sul rispetto delle misure di sicurezza svolte dalle istituzioni di controllo, tende a disgiungere la stessa vigilanza dalla prevenzione. Appare sostanzialmente orientato alla mera repressione ed opera uno strappo nell’ordinamento giuridico vigente”.

 

Posto che sicuramente il contenuto del documento, che chiede delle modifiche in fase di conversione del decreto-legge, porterà a riaprire il dibattito sulle scelte operate nel Capo III del DL 146/2021, riteniamo utile pubblicarlo integralmente, rimandando comunque alla lettura del documento, che alleghiamo, perché ricco di note esplicative presenti nella lettera.

In conclusione della lettera riportiamo anche una raccolta dei primi firmatari.


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OttoUno - D.Lgs. 81/2008
Formazione e informazione generale dei lavoratori sulla sicurezza e salute sul lavoro

Il decreto-legge 146 su salute e sicurezza sul lavoro è un passo falso.

Sono necessarie modifiche al decreto. È necessario un intervento organico in materia

 

Con il decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 il Governo intende portare alcune significative modifiche del Decreto Legislativo n. 81/2008, cosiddetto testo unico sulla sicurezza del lavoro. Un decreto emesso sulla spinta di ‘fare qualcosa’ con urgenza – spinta ben comprensibile e condivisibile - per il quale è stato verosimilmente utilizzato il ‘materiale’ sul quale gli uffici del Ministero del Lavoro stavano da tempo lavorando (1) e che a nostro avviso non convince. Non si comprende il motivo per cui il Governo abbia deciso di duplicare i soggetti che intervengono nella vigilanza anziché realizzare condizioni per permettere ai servizi di prevenzione collettiva delle aziende sanitarie di essere maggiormente operativi in termini di personale e di presenza sul territorio nazionale. La duplicazione dei soggetti che intervengono non si traduce in migliori e maggiori interventi di vigilanza, anzi, è possibile ipotizzare conflitti di competenze e/o interventi duplicati.

 

LO STATO DELLE COSE

Colpisce particolarmente che i tipi di incidenti mortali sono ancora quelle ‘antichi’, da anni 50 del secolo scorso. La stragrande maggioranza di questi incidenti erano e sono evitabili con una corretta organizzazione del lavoro, con pratiche concrete di valutazione e gestione dei rischi, con una formazione professionale mirata ai rischi specifici connessi alla mansione. La vigilanza da parte dello Stato nelle sue articolazioni è importante, ma non potrà mai sostituire il compito delle imprese nella gestione dei rischi, con il contributo di controllo e partecipazione dei lavoratori. Non vi saranno mai abbastanza ispettori per vigilare che vi sia una corretta gestione della sicurezza a livello aziendale nella miriade d’imprese e microimprese. I determinanti che spesso hanno causato l’incidente riguardano la precarietà del rapporto di lavoro, la mancata e/o inadeguata formazione alla sicurezza dei lavoratori, la debolezza contrattuale dell’impresa che fornisce prestazioni in regime di subappalto verso la stazione appaltante, l'’informalità maligna’ che regola l’organizzazione approssimativa del lavoro nelle reti dei subappalti, la sostanziale impreparazione tecnica e professionale di talune imprese pur iscritte alla Camera di Commercio.

 

Lavori instabili e scarsa regolazione nell’occupazione sono più la regola che l’eccezione. La diffusione del cosiddetto subappalto ha esploso il ventaglio delle condizioni di lavoro rendendo sovente complicata la stessa rappresentazione della condizione lavorativa. La giungla dei contratti collettivi nazionali di lavoro esistenti in Italia - ben 985 registrati a giugno dal Cnel, l'80% in più nell'arco di un decennio - riflettono un mercato del lavoro frammentato e dove proliferano accordi pirata firmati da sindacati o associazioni di impresa sconosciuti.

 

A fronte di questa ‘realtà effettuale’ il decreto-legge 146/2021 rischia di essere un passo falso perché crea una condizione di non chiarezza sul ‘chi fa che cosa’ circa l’attività di vigilanza sul rispetto delle misure di sicurezza svolte dalle istituzioni di controllo, tende a disgiungere la stessa vigilanza dalla prevenzione. Appare sostanzialmente orientato alla mera repressione ed opera uno strappo nell’ordinamento giuridico vigente. Per la prima volta dall’entrata in vigore della riforma sanitaria (legge 833/1978) si mette in crisi quella che è stata una delle innovazioni più importanti della riforma stessa, che consisteva nell’assegnare le competenze relative alla salute dei lavoratori al Servizio sanitario nazionale come una delle funzioni comprese nella promozione della salute del cittadino. La riforma sanitaria produsse in questo settore effetti positivi legati al fatto che le misure di prevenzione utili alla tutela della salute dei lavoratori potevano essere non solo individuate dai servizi pubblici, ma successivamente anche imposte con poteri dispositivi e prescrittivi (2), realizzando quindi una continuità tra prevenzione, vigilanza e repressione (vi è infatti un forte legame tra legge 833/78 che stabilisce i principi e decreto legislativo 81/2008 e D.L.vo 758/94 che forniscono gli strumenti per applicare tali principi). Certi caratteri del provvedimento DL 146 nell’attuale stesura sembrano in contrasto anche con recenti dichiarazioni del Ministro del Lavoro (3).

 

Per quanto riguarda la vigilanza, ciò che occorreva ‘con urgenza’ – insieme al certamente necessario incremento del personale dell’Ispettorato finalizzato al controllo del lavoro nero e rapporti di lavoro irregolari - era, piuttosto, porre rimedio alla situazione di abbandono nella quale i governi e le regioni hanno tenuto gli organi delle aziende sanitarie incaricati della prevenzione e della vigilanza, lasciando che gli addetti in dieci anni diminuissero del 50%, senza provvedere alle necessarie nuove assunzioni. Depauperamento che ha inciso sulla qualità delle prestazioni dei servizi territoriali di prevenzioni, con la difficoltà ad affrontare la complessità delle condizioni di lavoro e temi come quelli della salute, del disagio psicosociale, dello stress correlato al lavoro, delle malattie da lavoro. Si avverte un rischio di scivolamento burocratico verso un ruolo pressoché esclusivo di «ispettore» e non anche di «tecnico della produzione di salute», con un’attenzione orientata più alla verifica del rispetto del dettato normativo e non anche alla ricerca condivisa di soluzioni ai problemi di salute e sicurezza. Ben sappiamo che l’efficacia della prevenzione non è completamente corrispondente a quella di “numero di unità locali controllate”. Le attività di igiene ambientale (misurazione diretta degli inquinanti) sono pressoché scomparse. I tagli alle iniziative di formazione e la carenza di figure specialistiche (chimici, ingegneri, biologi, psicologi del lavoro, ...) caratterizza pressoché tutte le regioni. In alcune regioni, come la Toscana, si sono intraprese anche iniziative di riorganizzazione che prevedono una separazione gestionale e programmatica (non solo dell’opportuna valorizzazione della specificità professionale) delle diverse categorie di operatori della prevenzione, invece di garantire una piena integrazione interprofessionale.

 

Nell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) non esistono oggi le competenze specifiche per esercitare le nuove funzioni che richiedono elevata e specifica professionalità, requisiti presenti negli operatori dei servizi delle ASL (Tecnici della Prevenzione, Medici del lavoro, Ingegneri, Assistenti sanitari, Chimici, Biologi, Psicologi del Lavoro,...) acquisiti attraverso specifica formazione universitaria. Nei Servizi delle ASL, inoltre, permane comunque un patrimonio scientifico e di esperienze gestionali, arricchitosi nel corso di decenni di attività, volto alla soluzione dei problemi e non solo alla ricerca dei reati. Si è adottato un provvedimento ‘con urgenza’ i cui effetti non si vedranno, ad essere ottimisti, che tra qualche anno: giusto il tempo per bandire e concludere i concorsi per le assunzioni del personale all’ispettorato (oggi drammaticamente insufficiente anche solo per i controlli sul lavoro nero o sulle violazioni del rapporto di lavoro), avviare i neoassunti alla necessaria formazione in materia di vigilanza e far acquisire loro quel minimo bagaglio di esperienza che garantisca qualche risultato sul fronte della sicurezza per i lavoratori.

 

Il ‘doppio binario’ della vigilanza crea confusione. Con l’individuazione di due organi, entrambi deputati alla vigilanza su salute e sicurezza sulla totalità dei comparti, si è anche disattesa una delle indicazioni del Senior Labour Inspectors Committee (SLIC), rappresentate nel Report on The Evaluation of The Italian Labour Inspection System (4). In un recente contributo sulla necessità di incremento numerico delle ispezioni, ma effettuate in modo più mirato, si discute, anche con confronti internazionali, l’affermazione che “è tempo di ripensare all’idea di un unico Ispettorato nazionale del lavoro, il cui fallimento era stato preannunciato” (5).

 

LE COSE NECESSARIE

La necessità di avere un coordinamento e un indirizzo nazionale del tema salute e sicurezza sul lavoro, di un controllo della coerenza tra principi e modelli organizzativi regionali, obiettivamente da molto tempo carente in sanità pubblica (6), è indubbia (ad es., risulta che dal 2018 non viene prodotta una relazione organica sull’attività svolta da questi servizi nelle diverse regioni, che, pure, hanno operato dando un contributo importante anche nel fronteggiare la pandemia).

È chiaro, inoltre, che per incidere sul fenomeno degli incidenti mortali occorre una iniziativa su diversi piani, dalla regolarità del lavoro, alle regole sugli appalti, ecc. La vigilanza in materia di sicurezza degli Enti preposti è solo uno degli strumenti, importante, ma non sufficiente.

 

Di seguito avanziamo alcune indicazioni, che potrebbero essere attivate anche a legislazione corrente, frutto di tante esperienze e ricerche, ma che finora non hanno trovato corrispondenza in decisioni politico programmatiche.

 

  • Posto che è quanto mai opportuno rafforzare il numero degli ispettori dell’INL (come effettivamente propone il decreto 146) per rafforzare la vigilanza sui rapporti di lavoro, la cui irregolarità è concausa degli infortuni e delle malattie professionali, è indispensabile rafforzare gli organici dei Servizi di Prevenzione Collettiva delle ASL stanziando apposite risorse nella Manovra di bilancio attualmente in discussione in Parlamento, controllandone (da parte del Ministero della Salute) l’effettivo utilizzo da parte delle Regioni e delle ASL (gli addetti ai Servizi di Prevenzione delle ASL sono passati da 5.060 operatori nel 2008 a 3.246 nel 2018). Necessario, inoltre, definire degli standard di personale per i Servizi delle ASL in modo da garantire omogeneità delle strutture territoriali e assicurare loro la formazione necessaria, alla luce delle importanti modifiche del tessuto produttivo.
  • È indispensabile rafforzare il ruolo del Comitato ex art. 5 D.Lgs. 81/08 dotandolo di poteri decisionali e di adeguate risorse. Nella nota una proposta di modifica dello stesso articolo (7). Il Comitato deve relazionare periodicamente e pubblicamente l’efficienza e l’efficacia dei programmi di prevenzione attuati in relazione al Piano Nazionale della Prevenzione (PNP) e ai Livelli essenziali di assistenza (LEA). Raccolta e diffusione linee guida, buone prassi e iniziative di prevenzione meritevoli di estensione ed incremento degli interventi di prevenzione nelle piccole imprese, cooperative, lavoratori autonomi, sviluppando attività di assistenza. Dare nuovo impulso (in attuazione del Piano Naz Prevenzione) alla prevenzione delle malattie da lavoro, in particolar modo per quelle di tipo cronico-degenerative, con interventi di igiene industriale mirati alla riduzione dell'esposizione ad agenti chimici, cancerogeni e mutageni. A questo stesso livello si deve effettivamente attuare un efficace coordinamento delle strategie e attività tra INL e Regioni/ASL. Analoghe considerazioni possono essere fatte per il livello regionale e provinciale, assicurando la collaborazione delle forze sociali.
  • all’interno del Ministero della Salute devono essere rafforzate/costituite le funzioni relative al governo della prevenzione nei luoghi di lavoro, con compiti di indirizzo e verifica delle attività svolte dalle varie strutture e delle risorse impegnate.
  • un sistema di registrazione nazionale di infortuni, malattie da lavoro e rischi indipendente da finalità assicurative, che costituisca strumento per l’analisi del fenomeno e la programmazione e fonte ufficiale di comunicazione periodica dei dati da parte del Ministero della Salute e degli Assessorati Regionali (anche questo punto è effettivamente trattato anche nel DL 146).
  • Rafforzamento della rete degli RLS

 

Queste proposte ed altri suggerimenti erano già stati indicati nella nota della Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione inviata il 27 maggio 2021 al Presidente del Consiglio, ai Ministri della Salute e del Lavoro e al Presidente della Conferenza delle Regioni.

 

Un intervento legislativo più consistente e organico di aggiornamento del d.lgs. n. 81/2008 (mancano anche circa 20 provvedimenti di attuazione del DLgs 81!) è comunque necessario. Riportiamo alcuni punti che reiteriamo fondamentali:

  • adozione di un sistema di qualificazione delle imprese (andando oltre il mero modello della patente a punti, non applicabile a tutti i settori come per l’edilizia e che interviene a posteriori dopo infortunio e/o sanzione), considerato l’aumento esponenziale del lavoro in appalto e del numero rilevante di infortuni che si verificano nello svolgimento delle mansioni svolte nell’ambito di tali contratti.
  • riforma della formazione. Non esaurendosi solo sulla revisione dei programmi (almeno riferiti alla figura dell’RSPP/ASPP, ruolo di necessaria trasformazione) e sul sistema di accreditamento degli enti erogatori sul territorio, ma in particolare sull’introduzione dell’obbligo nei riguardi dei datori di lavoro e nei programmi scolastici, fin dai primi anni dell’istruzione
  • un rafforzamento e qualificazione delle figure del Responsabile Sevizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) e del medico competente, nella loro autonomia professionale e nel loro rapporto con le strutture pubbliche.
  • un potenziamento delle funzioni svolte dell’ex Istituto Superiore di Prevenzione e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (ISPESL), attualmente accorpate all’INAIL, con l’ipotesi di un loro inserimento nell’Istituto Superiore di Sanità (ISS).  

 

MODIFICARE IL 146

Parallelamente a queste indicazioni di fondo, la fase di conversione in legge del 146 offre la possibilità di poter intervenire sul testo. A questo riguardo concordiamo sostanzialmente con le osservazioni espresse dal Coordinamento Tecnico delle Regioni - Area Prevenzione e Sanità Pubblica (Parere sullo schema di disegno di legge di conversione del decreto-legge 21 ottobre 2021, n.146. Proposta di emendamenti). In particolare, riteniamo corretta e utile la proposta di abrogazione della duplicazione della competenza ispettiva. L’ottimizzazione dell’azione di vigilanza si può realizzare con il rispetto delle competenze concorrenti di cui all’articolo 117 della Costituzione, nonché di quanto disposto dalla legge 833/78. Nella stessa nota del Coordinamento tecnico delle Regioni, infatti si osserva che “L’azione di vigilanza avrebbe potuto ricevere ulteriore (e facile) impulso rafforzando le ASL e non già affiancando l’INL, Ente che, considerati i profili professionali del personale che lo sostanzia (legali, amministrativi), possiede abilità per i soli controlli formali (e non sostanziali) che si tradurranno in un mero intervento repressivo a danno (anche economico) alle imprese, peraltro in una fase in cui – superata auspicabilmente l’emergenza pandemica – l’impegno del Paese è supportare la ripresa”. E, ancora: “la presenza di un secondo organo di vigilanza costituisce essenzialmente elemento di forte criticità dell’azione di coordinamento che il nuovo art. 13 comma 4 DLgs 81/08, per il solo livello provinciale, pone in capo sia alle ASL che all’Ispettorato (“A livello provinciale, nell’ambito della programmazione regionale realizzata ai sensi dell’articolo 7, le Aziende Sanitarie Locali e l’Ispettorato nazionale del lavoro promuove e coordina sul piano operativo l’attività di vigilanza esercitata da tutti gli organi di cui al presente articolo. ...” ).

 

CONCLUSIONI

Il proposto DL 146 manca di una più approfondita valutazione della causalità sociali del fenomeno delle malattie da lavoro e degli infortuni. Risulta non considerare adeguatamente alcuni elementi strategici, di ordine culturale e politico, della legislazione fondamentale in materia, nonché di recenti raccomandazioni di derivazione europea. Nella NADEF (Nota di aggiornamento al doc di economia e finanza 2021) sono previsti una serie di impegni e riforme specifiche tra le quali quello di un ‘DDL per l’aggiornamento e il riordino della disciplina in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro’. Per le considerazioni svolte in questa nota lo stesso decreto non può certo assolvere questo impegno.

 

Sul tema salute e sicurezza del lavoro si giocano i caratteri fondanti della dignità delle persone che lavorano e, più in generale, del grado di incivilimento di un paese. I soggetti collettivi devono riaprire una discussione, un confronto con i lavoratori, i servizi pubblici, le istituzioni, per definire una nuova politica, un complesso ‘organico’ di provvedimenti, per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Alla base ci deve essere piena consapevolezza dalla ‘realtà effettuale’ dell’Italia, caratterizzata così fortemente dalla prevalenza della microimpresa, dalla massiccia estensione del subappalto e del lavoro precario e nero, che rendono più impegnativa la costruzione di veri sistemi aziendali di gestione del rischio. Questo rende particolarmente forte il bisogno di ‘assistenza’ e ‘formazione’ e la necessità di un rinnovato controllo delle insopportabili inappropriatezze mercatiste delle consulenze private in questo campo, insieme, naturalmente, alla irrinunciabile deterrenza della vigilanza e repressione dei reati. I provvedimenti parziali e contingenti dovrebbero essere coerenti con questa visione.    

 

Susanna Cantoni, già direttore Dipartimento Prevenzione ATS Città Metropolitana Milano

Beniamino Deidda, già Procuratore Generale Firenze, componente comitato direttivo Scuola Superiore della Magistratura

Mauro Valiani, già direttore Dipartimento Prevenzione ASL Empoli

Massimo Bartalini, Tecnico della Prevenzione Siena

Stefano Fusi, Tecnico della Prevenzione Firenze

Giuseppe Petrioli, già direttore Dipartimento Prevenzione ASL Firenze e componente Commissione Interpelli

Gino Rubini, editor blog Diario della Prevenzione, già sindacalista CGIL

Carla Poli, Tecnico della Prevenzione ASL Toscanacentro

Stefano Silvestri, igienista del lavoro, collaboratore Università del Piemonte orientale

Fulvio Cavariani, già direttore Centro Regionale Amianto Regione Lazio

Eugenio Ariano, già Direttore Dipartimento Prevenzione ASL Lodi

Lalla Bodini, medico del lavoro Milano

Ettore Brunelli, medico del lavoro Brescia

Daniele Gamberale, già direttore Dipartimento Prevenzione ASL Roma 1

Bruno Pesenti, già Direttore Dipartimento Prevenzione ATS Bergamo

Giuliano Tagliavento, già Direttore Direzione Tecnica Prevenzione Collettiva ASUR Marche

Dusca Bartoli, medico del lavoro Empoli

Giuliano Angotzi, già Direttore Dipartimento Prevenzione ASL Viareggio

Teresa Vetrugno Medico del lavoro ex RSPP in Azienda Sanitaria

Rodolfo Amati Medico del Lavoro già Responsabile Spisll Ausl 9 Grosseto

Danilo Zuccherelli già Direttore del Dipartimento di Prevenzione USL 6 Livorno

Francesco Loi già Responsabile Dipartimento di Prevenzione ex Azienda USL 7 Siena

Andrea Innocenti già Responsabile PISSL USL Toscana centro (Pistoia)

Lucia Bramanti Responsabile Servizio di prevenzione igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro AUSL Toscana nord-ovest zona Versilia

Raffaele Faillace già Responsabile per la regione Toscana dei servizi di prevenzione e direttore generale di varie ASL

Augusto Quercia Direttore Dipartimento di prevenzione ASL VT e Direttore UOC PRESAL ASL VT

Sandro Celli Dirigente Professioni Sanitarie della Prevenzione

Tiziana Vai medico del lavoro UOC PSAL ATS Milano città Metropolitana

Donatella Talini medico del lavoro presso Azienda USL Toscana Nordovest

Giovanni Pianosi medico del lavoro

Stefania Villarini Responsabile U.O.S. PRESAL Distretto A AUSL Dott.ssa Stefania

Leopoldo Magelli , medico del lavoro, già responsabile SPSAL di Bologna e primo presidente SNOP

Fulvio Ferri medico del Lavoro Reggio Emilia

Graziano Maranelli Trento

 

 

Scarica il documento integrale da cui è tratto l'articolo:

Il decreto-legge 146 su salute e sicurezza sul lavoro è un passo falso”, lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Salute, al Ministro del Lavoro, al Presidente della Conferenza delle Regioni (formato PDF, 235 kB).

 

Scarica la normativa di riferimento:

Decreto-Legge 21 ottobre 2021, n. 146 - Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili.

 


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Rispondi Autore: Un Professionista Sanitario della Prevenzione - likes: 0
19/11/2021 (08:17:54)
Tutto molto bello e tutto condivisibile. Se avessi la bacchetta magia invece proporrei:

1) Aumento degli organici dei vari servizi afferenti al Dipartimento di Prevenzione, all'INL, all'INPS ed INAIL.
2) Aumento della dotazione tecnica degli ispettori UPG impiegati sul campo (alcuni hanno ancora la carta carbone..quasi nel 2022)
3) Aumento dei salari dei professionisti sanitari afferenti al Dipartimento della Prevenzione che non ricoprano ruoli di dirigenza medica o dirigenza non medica..Un Tpall/C.T medio prende 1400 euro netti al mesi e con qualche reperibilità può arrivare a poco più di 1500 euro.
4) Accesso agli incarichi di coordinamento/organizzativi ovvero incarichi dirigenziali non per conoscenze interne, false prove, amicizie etc.. ma bensì per MERITO. Non si può nel 2022 non conoscere almeno una seconda lingua in determinati ruoli.
5) Accesso al ruolo di Direttore di U.F. o di U.O.C anche per gli appartenenti alle professioni sanitarie. Non si capisce come mai, nel 2022, tale ambito sia esclusività di medici o ingegneri. Si ricorda che il Direttore Generale della AULSS 4 Veneto è un infermiere. Direttore Generale.
6) Abolizione delle attività ispettive degli SPRESAL/PSAL/PISLL etc legate ai LEA. L'attività ispettiva non deve essere un numerificio. Si abolisca lo scempio dato dal bovino pensiero "più aziende controllate=più sicurezza". Si cominci ad analizzare i dati infortunistici per comune e provincia e si intervenga con piani mirati che non mettano in croce gli operatori e che non si limitino ad un verbale con 4 crocette. Si aumenti la collaborazione con Prefettura, Procura ed altri OdV.
7) Obbligo annuale di aggiornamento del personale sanitario ispettivo su materie tecniche e concrete e non mediante ECM che nel 95% dei casi niente hanno a che vedere con la professione. Aggiornamenti effettuati mediante la collaborazione di docenti esterni alle strutture selezionati sulla base dei curricula e non "al minor ribasso".
8) Riduzione del peso fiscale sulle aziende virtuose che dimostrino di aver investito in sicurezza sul lavoro. No a bandi ridicoli da click date.
9) Processi formativi destinati ai futuri datori di lavoro erogati PRIMA che questi possano aprire una qualsiasi attività con obbligo di deposito cautelare in sede di apertura dell'attività di xxxx euro al fine di porre in essere un recupero coatto nel caso l'azienda magicamente scomparisse con procedimenti sanzionatori aperti.
10) si può andare avanti fino al punto 100..fermiamoci qui.

P.S.: Ma l'azienda che entra in cantiere e si occupa del mero montaggio/smontaggio del ponteggio, è da considerarsi impresa esecutrice o no?

Rispondi Autore: Avv. Rolando Dubini - likes: 0
19/11/2021 (13:07:15)
Il rafforzamento della Sicurezza sul lavoro con la Riforma dell'articolo 14 del D.Lgs. n. 2008 sulla sospensione delle singole attività imprenditoriali pericolose.
Il Passo falso di alcuni esponenti delle ASL
avv. Rolando Dubini, foro di Milano, cassazionista

Reputo la Lettera di alcuni esponenti ASL incomprensibile, e inutilmente polemica, in palese violazione di quanto stabilito dalla Corte Costituzionale:
un nuovo richiamo della Corte Costituzionale allo spirito di leale collaborazione istituzionale nel rispetto dei limiti delle reciproche attribuzioni (ordinanza n. 132/2020 della Corte costituzionale).
Altro che leale collaborazione, qui c'è un attacco che trovo sleale e ingiustificato ad una fondamentale istituzione del nostro paese, l'INL, Ispettorato Nazionale del lavoro.

Stupisce che persone esperte della materia si facciano inopinatamente araldi di resistenze conservatrici e corporative, facendo finta di dimenticare che gli ispettori del lavoro si occupano da decenni di controlli di salute e sicurezza del lavoro nei cantieri mobili e temporanei, ed esistono innumerevoli coordinamenti ASL/Ispettorati e task force congiunti, che ora si cerca slealmente di fare finta che non esistano.

Appare davvero stranissimo questo modo di argomentare, giuridicamente e fattualmente infondato, il cui unico obiettivo appare fornire supporto alle resistenze corporative e parasindacali dei settori culturalmente più arretrati e conservatori (dal punto di vista della innovazione) dei servizi di prevenzione delle Asl/ATS (che pure in passato hanno svolto una azione spesso encomiabile) alla importante riforma dell'articolo 14 sulla sospensione amministrativa delle attività imprenditoriali pericolose.

Fa specie che esperti di quest' calibrazione neghino l'evidenza, la necessità e l'urgenza dell'emergenza degli infortuni sul lavoro, e delle tante, troppe morti e mutilazioni durante l'attività lavorativa. E della insufficienza dell'attuale assetto. A Reggio Calabria esiste un dipendente Asl, 29 dell'Ispettorato del lavoro. Chi fa i controlli?

Senza la benedetta estensione delle competenze di salute e sicurezza all'ispettorato nazionale del lavoro in tutti i settori di attività i controlli di salute e sicurezza resterebbero del tutto carenti e insufficienti

Con l'importante riforma dell’art. 14 del TUSL il decreto legge Fiscale n. 146/2021 ha come obiettivo dichiarato il "rafforzamento della disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, rinvigorendo, nella prassi, uno strumento che non ha ricevuto un’applicazione diffusa". (Raffaele Guariniello).

Raffaele Guariniello sottolinea che "la riorganizzazione della vigilanza sui luoghi di
lavoro ad opera del decreto fiscale ha ridisegnato gli asset originari, attribuendo un
nuovo ruolo all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, chiamato a vigilare sulla generalità dei
luoghi di lavoro al pari delle ASL. Un ruolo che ricomprende anche un’attività di prevenzione.
C’era da aspettarselo. Da anni, denunciavamo la carenza dei
controlli affidati agli organi di vigilanza sulla sicurezza negli
ambienti di lavoro s , e, dunque, per forza di cose, in via primaria, alle ASL. E da anni si sperava in concrete azioni normative e amministrative volte ad arricchirne gli organici e le
professionalità. E tuttavia era facile immaginare che la
riorganizzazione della vigilanza sui luoghi di lavoro ad opera del
D.L. n. 146/2021 avrebbe prodotto “turbamenti”, visto il nuovo
ruolo n attribuito all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, chiamato
a vigilare sulla generalità dei luoghi di lavoro al pari delle ASL”.

Rispondi Autore: Luis - likes: 0
19/11/2021 (16:29:29)
Un provvedimento che dimostra l'evidente l'assenza di una preliminare azione programmatoria e strategica del Governo.
È difficile comprendere come il legislatore possa modificare l'articolo 13, affidando ad INL le medesime competenze delle ASL senza procedere ad una contestuale modifica dell'articolo 21 della Legge 833/78.
Ci ritroviamo con una legge del 78 dove è stabilito che le ASL acquisiscono tutte le competenze in tema di salute e sicurezza sul lavoro (compresa la vigilanza) già in capo all'Ispettorato del Lavoro e oggi, un D.L., stabilisce invece che, sullo stesso tema, le competenze dell'INL sono equiparate a quelle delle ASL.
Già questo modo di scrivere le leggi mi fa molto pensare sul livello del "legislatore" (facciamo finta di non sapere chi ha scritto fisicamente gli articoli).
Inoltre il Governo interviene con un decreto legge (quindi in ragione di una immediata urgenza) prevedendo delle disposizioni sui controlli che, ad essere ottimisti, andranno a regime in due anni. L'INL ha si e no 200 ispettori tecnici in tutto, il resto sono ordinari e tra l'altro già incredibilmente oberati di incombenze amministrative accessorie alla vigilanza. Ora mi chiedo chi abbia potuto pensare che dall'oggi al domani un ispettore ordinario possa essere investito dell'onere di controllare la salute e la sicurezza di ogni attività lavorativa, oltre alla regolarità contributiva, nel corso degli accessi ispettivi.
Il personale dei Servizi delle ASL invece è calato di oltre il 50% ( oggi poco più di 3000) e diminuirà altrettanto nel giro dei prossimi anni. Su questo tema invece il Governo non ha abbozzato neanche una proposta.
È inoltre davvero incomprensibile cogliere come duplicare le competenze degli enti possa aderire ai principi di semplificazione e razionalizzazione delle risorse della P.A.. Chissà qual'è il pensiero dei tanti forestali vittime della riforma Madia leggendo questo provvedimento.
Sicuramente questo DL avrà un impatto immediato, ma opposto a quello auspicato. Paralizzerá o limiterà tantissimo gli interventi nei luoghi di lavoro. In primis tutti gli atti autorizzativi/notifiche/deroghe che l'81 pone in capo all'organo di Vigilanza da ora devono essere richiesti da parte del contribuente ad entrambi gli organi ASL e INL. Le diverse amministrazione dovranno concordare,coordinare, condividere prassi amministrative comuni. INL ovviamente dovrà rapportarsi con ciascuna ASL italiana rispetto alle varie deroghe art. 65, ricorso avverso i giudizi di idoneità etc. Perché la legge affida anche loro l'onere di procedere. D'altro canto le ASL, sino a che tali procedure non sono definite, potrebbero sospendere la valutazione delle istanze onde evitare vizi nella prassi amministrativa.
Inoltre credo che tutti gli interventi congiunti svolti in passato ASL e INL saranno immediatamente sospesi, che senso ha mandate due enti diversi ma con le medesime competenze nello stesso posto ?
È palese che questo provvedimento, che sarà così convertito dato che la fiducia e secondo me certa, destabilizzerà il sistema e dividerà ancora di più l'azione.
Chiudo con una osservazione rispetto agli organi di stampa, mi chiedo come mai nessun tg nazionale o grande testata, nei recenti approfondimenti legati alla strage sul lavoro, abbia evidenziato il ruolo centrale delle ASL e delle Regioni ma si siano sempre date informazioni circa l'intervento e le competenze degli apparati centrali dello stato...
Rispondi Autore: Antonio Abbate - likes: 0
19/11/2021 (16:54:28)
Io non capisco una cosa, è dal 2008 che l'articolo 13 da la possibilità di estendere le competenze dell'allora ministero del lavoro oggi Ispettorato con un semplice DPCM... In tutti questi anni perché non è stato fatto? Bisognava aspettare questa emergenza straordinaria per intervenire?
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
19/11/2021 (21:29:59)
Tranquilli tutti.
Per recuperare il gap formativo, sono già previsti momenti di formazione straordinaria giuridica per tutto il personale.
Con l'anno che verrà ..... sarà possibile fare vigilanza tecnica in un petrolchimico e comprendere cosa può succedere durante la fase di topping o durante quella di cracking e verificare se le misure adottate dall'azienda siano o meno efficaci per la tutela della salute e della sicurezza del personale.

Ora, battute a parte, è indubbio che oggi le competenze non ci siano visto che sono decenni che, nell'industria, la vigilanza tecnica è da tempo affidata alle ASL e non all'INL.
Così come è indubbio che per "ricostruire" le competenze andate perse, ci vogliano anni e non si possa, di certo, improvvisare.
Poi, se si pensasse che tutto possa risolversi mandandoli allo sbaraglio con una checklist in mano allora ........
Senza dimenticare che in alcune zone dello stivale, come ci ricordano i recenti fatti di Taranto, si debba pensare alla loro protezione fisica.

Forse mi sbaglierò ma penso che la maggior parte dei funzionari tecnici, non stiano facendo i salti di gioia, percependo il gap di competenze tecniche che hanno e vista la patata bollente che gli è stata messa in mano (ad eccezione di qualche "Don Chisciotte" e qualche "wonder woman" della prevenzione - presenti anche lì come in tutte le professioni).

Prossimamente, come sembra, avremo un migliaio di funzionari tecnici in più.
Anche in questo caso vale quanto detto sopra.
Ci vorrà tempo per far loro acquisire una preparazione adeguata per gestire la propria funzione in settori diversi e sui quali i loro mentori interni non hanno competenze.

Il perchè non si sia messo mano a un provvedimento più "pesante", creando un unica funzione, lo sappiamo tutti ed è inutile parlarne.
In Italia, purtroppo, pensiamo di essere "li meglio fighi del bigoncio" e non prendiamo esempio da altri Paesi le cui scelte si sono dimostrate efficaci con risultati tangibili, dovuti anche all'unificazione delle funzioni ispettive.

In ogni caso, mi auguro che le funzioni dei servizi di prevenzione delle ASL non vengano snaturate e/o depotenziate.
La lettera aperta è in gran parte condivisibile. In gran parte ... ma non tutta.
Quindi, personalmente, penso che la cosa più importante sia quella di armonizzare, concretamente e non a chiacchiere, le due attività onde evitare, come ha già detto qualcuno, di creare ulteriore confusione in modo da creare l'ennesimo alibi per i soliti "prenditori" che accedono e rimangono sul mercato vista la pluridecennale assenza di un sistema di qualificazione e di deterrenza adeguati.
Staremo a vedere che succederà.

Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0
20/11/2021 (09:56:39)
PROCESSO MEDICI DEL LAVORO [A REGGIO EMILIA]: ASSOLTE CON FORMULA PIENA LE DOTTORESSE MARTINELLI E GUIDI
[E LA STUPEFACENTE EQUIDISTANZA DELLA AUSL DI REGGIO EMILIA CHE LE AVEVA ALLONTANATE DAL SERVIZIO ISPETTIVO]

Il 15 Luglio scorso, dopo ben 5 anni, si è concluso il processo contro gli organi ispettivi dei Servizi di medicina preventiva con una sentenza eclatante: il giudice infatti ha stabilito che “il fatto non sussiste” assolvendo con formula piena le dottoressa Marinella Martinelli e Loredana Guidi.

I fatti risalgono al 2015 quanto l’allora Presidente di Unindustria, Stefano Landi, firmò un esposto-denuncia per concussione nei confronti delle operatrici dello Spsal con l’accusa di aver arrecato minacce e danno ad alcuni medici competenti di quella che può essere considerata la più importante agenzia territoriale sui temi della sicurezza: la Check up service.
Un’agenzia che fa capo ad Unindustria, e che si avvale di diversi medici competenti per le ditte più importanti, contando un piccolo esercito di medici competenti che gestiscono la sorveglianza sanitaria per diverse migliaia di lavoratori in provincia di Reggio Emilia.

In campo c’erano gli interessi delle imprese coinvolte, a partire dall’obbligo di denuncia/segnalazione alla Direzione territoriale del lavoro, all’Ausl e all’Inail di malattie professionali riscontrate, laddove non ottemperare a tale obbligo significa compiere un reato penale.

A Reggio Emilia assistiamo alla contraddizione per cui da un lato queste segnalazioni sono pochissime, soprattutto da parte dei medici competenti, e dall’altro arrivano da parte dei lavoratori moltissime denunce di malattie muscolo-scheletriche agli arti superiori. 
Parliamo di circa 11.000 lavoratori e della prima causa in assoluto di malattia di origine professionale a Reggio Emilia come in Italia.

Il dubbio legittimamente sorto è che, dietro la denuncia di concussione a Martinelli e Guidi, ci fosse la volontà di nascondere questa verità, e cioè che sul lavoro ci si ammala spesso.
Anche a 40 anni si può diventare inidonei al lavoro, perché ritmi e carichi di lavoro sono aumentati considerevolmente e gli spazi per il recupero psico fisico sono stati annullati.

In Cgil, e in particolare al Dipartimento salute e sicurezza, si registrano quotidianamente casi di allontanamento dal lavoro senza retribuzione o di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, e quasi sempre i tentativi di reinserimento lavorativo di persone con inabilità non vengono accettate dalle aziende.

Occorre che il medico competente sia slegato dall’impresa e che imprescindibili siano i comportamenti rigorosi e scrupolosi degli operatori dei servizi di prevenzione pubblica.
Si assiste infatti ad un fenomeno che rivela tutta la debolezza di un sistema di prevenzione e di sorveglianza sanitaria che nei fatti è stato privatizzato. Quando un medico competente denuncia troppo viene allontanato e sostituito facilmente.

Ci siamo pertanto meravigliati dell’equidistanza dell’AUSL su questa vicenda, e abbiamo considerato ingiusto l’allontanamento dal servizio ispettivo di operatori esperti e così capaci.

La Cgil infine esprime un ringraziamento per il rigore professionale delle dottoresse Martinelli e Guidi che hanno tenuto alta la bandiera della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

La Segreteria della Camera del Lavoro
Il Dipartimento salute e sicurezza della CGIL di RE


Rispondi Autore: M. Chiodi - likes: 0
20/11/2021 (18:30:54)
Con riferimento agli ultimi interventi legislativi in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, esprimo il mio profondo dissenso nel complesso. Gli interventi dall'accentuato sapore repressivo, non hanno ovvero rischiano di non avere nessun impatto reale sul livello complessivo di salute e sicurezza dei lavoratori.
Pur condividendo la necessità di un netto miglioramento delle condizioni di lavoro in cui operano, ancora oggi una grande maggioranza dei lavoratori italiani; non vedo come creare ulteriore confusione nei ruoli di vigilanza, sovrapposizioni e inasprimento delle pene abbia effetto sulla prevenzione, che ricordo è ciò che va fatto per prevenire l'evento e non ciò che viene sanzionato dopo.
Condivido pianamente quanto in precedenti commenti esposto da professionisti molto più qualificati e ritengo che si potrebbe migliorare sensibilmente il livello della prevenzione e ridurre l'incidenza degli eventi incidentali con semplici interventi che sommariamente espongo.

Qualificazione dell'imprenditore in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro - Rendendo obbligatorio per la figura apricale delle piccole e medie imprese la frequentazione di corsi di formazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro anche quando lo stesso non ricopre il ruolo di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione. - "Conoscere è prevenire."

L'integrazione nei portali istituzionali (INAIL) di un sistema per l'invio delle evidenze dell'avvenuta formazione in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, rendendo di fatto necessario l'evento formativo entro tempi certi, collegato direttamente alla posizione assicurative del dipendente e dell'impresa. - "La formazione è una chiave fondamentale della prevenzione".

Creare un coordinamento centrale: degli organi di ispezione in capo alle regioni, per creare una maggiore uniformità di ispezione su tutto il territorio nazionale, rafforzandone l'organico con personale tecnico e qualificato; dell'INL, del NIL, dei Vigili del Fuoco. - "Regione che vai, 81/08 che trovi."

Legare una primalità fiscale/contributiva a favore delle imprese che possano dimostrare (realmente) il proprio impegno nel rispetto della normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, magari detassando (esenzione IVA o riduzione aliquote IVA), su DPI e Formazione SSL.

Concludo, tenendo a precisare che quanto esposto non è la panace di ogni male, e ogni proposta che possa migliorare la sicurezza sul lavoro è condividile e meritoria di attenzione; ma dubito che interventi di sola repressione o che puntino alla creazioni di sbarramenti, ostacoli o nuovi adempimenti per le imprese sia perseguibile senza una ripresa economica consistente e/o termine dell'emergenza pandemica.

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