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Prognosi sotto i 40 giorni: se le lesioni non sono “gravi” niente 231

Prognosi sotto i 40 giorni: se le lesioni non sono “gravi” niente 231
Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: SGSL, MOG, dlgs 231/01

20/03/2015

La Cassazione accoglie il ricorso di due Società condannate erroneamente per la responsabilità amministrativa a seguito di lesioni colpose, in quanto il conteggio dei giorni di prognosi era errato e si era al di sotto dei 40 giorni. Di Anna Guardavilla.

 
Con la sentenza del 25 febbraio 2015 n. 8531, la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha precisato quali siano i presupposti giuridici minimi (in termini di reato-presupposto) che consentono l’applicazione ad un’Azienda del regime della responsabilità amministrativa a seguito di infortunio sul lavoro, ricordando che “in conformità al D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 25-septies, comma 3, la responsabilità giuridica dell’ente […] richiede, con riferimento alla commissione del reato di lesioni colpose, l’avvenuta verificazione di un’ipotesi di lesione grave (ai sensi dell’art.583 c.p.), ossia di una lesione comportante, tra le altre ipotesi, la determinazione di una malattia della durata superiore ai 40 giorni”.
 
Nella fattispecie, la Corte si è pronunciata su un ricorso presentato da due Società a Responsabilità Limitata - un Hotel e la Società che a questi aveva venduto la piscina nella quale era caduto il lavoratore infortunato - che erano state condannate dal Tribunale alla sanzione pecuniaria di euro 15.480 ciascuna [1], perché, avendo i rispettivi amministratori commesso il delitto di lesioni personali colpose con violazione di norme antinfortunistiche, tali Società non avevano adottato alcun preventivo modello di organizzazione e di gestione relativo a una politica aziendale per la salute della sicurezza […] idoneo a prevenire reati della stessa specie”.


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La Corte ha accolto il motivo di ricorso presentato da entrambe le Società secondo cui il Tribunale “sarebbe incorso in un’evidente contraddizione nel ritenere superiore a 40 giorni la durata della malattia della persona offesa conseguente alla commissione del reato presupposto, essendosi il tribunale basato su una comunicazione Asl avvenuta in data…, a soli 20 giorni dalla verificazione dell’infortunio.”
E ha quindi annullato la sentenza con rinvio al Tribunale di Varese per un nuovo esame.
 
Andando più nello specifico, la Cassazione ha avvalorato le ragioni delle Società ricorrenti in quanto ha riconosciuto che in effetti “il tribunale di Varese ha ritenuto sussistente un’ipotesi di malattia della durata superiore a 40 giorni dapprima richiamando una comunicazione (non meglio precisata) in data 30/3/2009 (e, pertanto, di soli quattro giorni dopo la verificazione dell’infortunio), e in seguito sottolineando testualmente come “la persona offesa permaneva in infortunio quantomeno sino al 15 aprile 2009, con una durata di malattia quindi superiore a giorni 40 (cfr. comunicazione inchiesta infortuni in data 15/4/2009)”.
 
Dunque il Tribunale era incorso “nell’evidente errore di ritenere superiore al termine di 40 giorni l’intervallo di tempo intercorso tra la data dell’infortunio del 26/3/2009 e quella relativa alla “comunicazione inchieste infortuni” del 15/4/2009, successiva di soli 20 giorni al ridetto infortunio.
 
Pertanto, secondo la Cassazione, risulta “non adeguatamente motivata la decisione concernente la sussistenza del necessario presupposto fondante la responsabilità amministrativa delle società odierne ricorrenti, consistente nella pretesa avvenuta commissione di un reato di lesioni personali gravi, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 25 septies.”
 
Come noto, infatti, quando il legislatore nel 2007 con la legge 123 [2] ha esteso il regime della responsabilità amministrativa dell’ente ai reati di salute e sicurezza sul lavoro [3], non ha scelto di far seguire l’applicazione del D.Lgs.231/01 alla commissione di tutti i tipi di lesioni personali colpose previste dall’art. 590 c.p., bensì ha previsto “l’applicazione ai reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose gravi e gravissime commessi in violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro, delle disposizioni sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231”.
 
L’anno seguente, poi, l’art.9 della legge 123/2007 è stato implicitamente abrogato e sostituito dall’art.300 del D.Lgs.81/2008 - ancora in vigore - che in ogni caso ha confermato pienamente tale scelta.
 
E’ importante a questo punto avere chiaro in cosa consistano le lesioni “gravi” e le “lesioni gravissime” sotto il profilo giuridico.
 
Come ricordato anche dalla Cassazione nella sentenza in commento, se è vero che la norma che punisce il reato di lesioni personali colpose è quella contenuta nell’articolo 590 del codice penale, le nozioni di lesioni personali gravi o gravissime (che rilevano anche per le conseguenze legate alla procedibilità d’ufficio per quanto attiene alla responsabilità penale della persona fisica, oltre che per il fatto che rappresentano il presupposto minimo perché si abbia applicazione nei confronti della persona giuridica del D.Lgs. 231/2001 a seguito dei reati di salute e sicurezza) si ricavano da un’altra norma, che è quella contenuta nell’articolo 583 del codice penale, di seguito riportato:
 
 “Art. 583. Circostanze aggravanti.
La lesione personale è grave […]:
1) se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni;
2) se il fatto produce l’indebolimento permanente di un senso o di un organo;
 
La lesione personale è gravissima […] se dal fatto deriva:
1) una malattia certamente o probabilmente insanabile;
2) la perdita di un senso;
3) la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l’arto inservibile, ovvero la perdita dell’uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella;
4) la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso.”
 
Va in ultimo osservato che i reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose gravi o gravissime atti a far scattare, se commessi nell’interesse o a vantaggio dell’Azienda, la responsabilità amministrativa dell’ente ai sensi del decreto 231/01, presuppongono, in capo alla persona fisica, una colpa specifica [4] in quanto la legge richiede che essi siano stati commessi con “violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro” [5] e quindi, ad esempio, di quelle contenute nel D.Lgs.81/2008 o anche in fonti normative esterne a tale decreto.
 
E’ utile ricordare, infine, che l’applicazione delle disposizioni sulla responsabilità amministrativa consegue ai reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose gravi e gravissime commessi in violazione delle norme prevenzionistiche derivanti non solo da infortunio ma anche da malattia professionale.
 
 
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro
 
 


[1] Pari a 60 quote dell'importo di euro 258 l'una.
[2] Legge entrata in vigore il 25 agosto 2007.
[3] Con l’art. 9 della Legge 123/2007, poi implicitamente sostituito l’anno dopo dall’art. 300 D.Lgs.81/08.
[4] Ai sensi dell’articolo 43 del codice penale, per “colpa specifica” si intende l’“inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline”.
[5] Come recita l’attuale rubrica (cioè il titolo) dell’art. 25-septies D.Lgs.231/01 così come modificata dall’art. 300 del D.Lgs.81/2008.


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Rispondi Autore: MB - likes: 0
20/03/2015 (12:18:27)
senza parole...
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
20/03/2015 (12:36:56)
Nessuna sorpresa.
Da quelle parti hanno fatto e stanno facendo anche di peggio.
Rispondi Autore: KO Tecnico - likes: 0
20/03/2015 (22:29:14)
Come commento confermo il mio nick.

Tutti bravi a fare i professori, gli ispettori, i giudici a dirti "se tu coordinatore, consulente (che per loro equivale a ricco sfondato ed evasore), datore di lavoro, preposto (ma ci devo pensare su bene che vorrei evitare di tirarti in ballo), lavoratore giammai, hai commesso un reato e abbiamo certezza della colpa dovremo comminarti pena certa"
E a questi signori, dallo stipendio certo senza obbligo di risultato, che pena diamo?
Distinti saluti KOT
Rispondi Autore: Maria Rosaria Bovi - likes: 0
24/03/2015 (17:32:13)
Non sono né un ispettore né un esperto in prevenzione, bensì una semplice impiegata, però non sono riuscita a capire se, poi, il lavoratore infortunato, il 16/04/2009 è tornato al lavoro sano e arzillo.

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