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La responsabilità amministrativa degli enti

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: SGSL, MOG, dlgs 231/01

29/09/2010

Indicazioni circa il modello organizzativo e il protocollo operativo degli accertamenti. A cura di G. Porcellana (ASL TO3).


Riportiamo di seguito un approfondimento relativo a “La responsabilità amministrativa degli enti” pubblicato sul numero di settembre del Bollettino Regionale sulla Salute e Sicurezza nei luoghi di Lavoro “Io scelgo la sicurezza” a cura della Direzione Sanità, Prevenzione Sanitaria ambienti di vita e di lavoro della Regione Piemonte.
 
L’articolo è a cura di G. Porcellana (ASL TO3).
 

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La responsabilità amministrativa degli enti
La "responsabilità amministrativa dell’ente" per i reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose commessi con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro è prevista dall’art. 25- septies del DLgs 231/01.
L’introduzione di questa fattispecie è avvenuta in data 25/ 8/2007 a seguito dell’entrata in vigore dalla legge 123/07. Successivamente, l’art. 300 del DLgs 81/08, ha sostituito l’articolo 25- septies del DLgs 231/01 modificandolo come segue:
1. In relazione al delitto di cui all’articolo 589 del C.P., commesso con violazione dell’art. 55, comma 2, del D Lgs attuativo della delega di cui alla Legge 123/07, in materia di salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura pari a 1.000 quote.
Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.
2. Salvo quanto previsto dal comma 1, in relazione al delitto di cui all’articolo 589 del Codice penale, commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura non inferiore a 250 quote e non superiore a 500 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.
3. In relazione al delitto di cui all’articolo 590, terzo comma, del Codice penale, commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura non superiore a 250 quote.
Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, per una durata non superiore a sei mesi.».
 
Secondo l’articolo 5 del DLgs 231/2001 l’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:
a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;
b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).
L’ente non risponde se le persone sopra indicate hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.
 
Al riguardo si deve osservare che «l’interesse, quanto meno concorrente, della società va valutato ex ante; mentre il vantaggio richiede una verifica ex post».
Ci può essere quindi responsabilità in presenza di un interesse, anche senza vantaggio.
L’interesse ed il vantaggio possono anche non avere natura patrimoniale, purché siano concretamente ed obiettivamente individuabili.
L’interesse deve essere infatti oggettivo, concreto e non va agganciato alle mere intenzioni dell’autore del reato ed in generale al movente che lo ha spinto a porre in essere la condotta.
Il dubbio che è stato posto in dottrina riguarda i reati di natura colposa che secondo alcuni sarebbero incompatibili con la ratio del DLgs 231/2001.
 
In realtà nella sentenza emessa dal Giudice monocratico del Tribunale di Trani (Sezione di Molfetta) in relazione ai fatti della Truck Center, viene circostanziato che “i reati introdotti dalla legge n. 123, riproposti dal DLG 81/08, sono reati di evento e scaturiscono da una condotta colposa connotata da negligenza, imprudenza, imperizia oppure inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.
Se da un lato la morte o le lesioni rappresentano l’evento, dall’altro proprio la condotta è il fatto colposo che sta alla base della produzione dell’evento.
Ne discende che, allorquando nel realizzare la condotta il soggetto agisca nell’interesse dell’ente, la responsabilità di quest’ultimo risulta sicuramente integrata”.
 
L’art. 6 del DLgs 231/2001 stabilisce in modo dettagliato che, se il reato è stato commesso dalle persone indicate nell’articolo 5, comma 1, lettera a), l’ente non risponde se prova che:
- l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
- il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
- le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;
- non vi é stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui alla lettera b).
 
Utilizzando lo stesso principio il legislatore del DLgs 81/08, con l’articolo 30, ha stabilito che:
1. Il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica di cui al Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi:
a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici;
b) alle attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;
c) alle attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; d) alle attività di sorveglianza sanitaria;
e) alle attività di informazione e formazione dei lavoratori;
f) alle attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori;
g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge;
h) alle periodiche verifiche dell’applicazione e dell’efficacia delle procedure adottate.
 
2. Il modello organizzativo e gestionale di cui al comma 1 deve prevedere idonei sistemi di registrazione dell’avvenuta effettuazione delle attività di cui al comma 1.
 
3. Il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell’organizzazione e dal tipo di attività svolta, un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
 
4. Il modello organizzativo deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo sull’attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate.
Il riesame e l’eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell’organizzazione e nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico.
 
5. In sede di prima applicazione, i modelli di organizzazione aziendale definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007 si presumono conformi ai requisiti di cui al presente articolo per le parti corrispondenti.
Agli stessi fini ulteriori modelli di organizzazione e gestione aziendale possono essere indicati dalla Commissione di cui all’articolo 6. […]
 
Pur trattandosi di modelli di adozione volontaria nella sentenza n. 36083/09, la Corte di Cassazione ha spiegato che la mancata adozione di tali modelli, in presenza dei presupposti oggettivi e soggettivi sopra indicati, è sufficiente a costituire quella «rimproverabilità» di cui alla Relazione ministeriale al decreto legislativo 231/01 e non a caso ha tenuto a precisare che «in tale concetto di rimproverabilità è implicata una forma nuova, normativa, di colpevolezza per omissione organizzativa e gestionale».
La necessità di operare secondo procedure condivise ha portato nei mesi scorsi alla costituzione di un gruppo di lavoro composto da alcuni Pubblici Ministeri della Procura della Repubblica di Torino, dai direttori degli Spresal della Provincia di Torino e da alcuni tecnici della prevenzione degli stessi Spresal.
 
Il gruppo di lavoro ha approvato un protocollo operativo di cui si riportano i criteri principali.
Gli accertamenti relativi alle ipotesi di responsabilità amministrativa degli enti riguardano sia gli infortuni sul lavoro sia le malattie professionali.
Per garantire il principio di legalità, affinché la norma possa essere applicata ai casi in questione (inchieste di infortunio o di malattia professionale) è necessario che la condotta delle società, che si ritiene causalmente rilevante, sia stata compiuta, o comunque si sia protratta, dopo il 25/8/2007.
Nel rispetto di tale principio gli accertamenti riguarderanno gli infortuni sul lavoro occorsi dopo tale data, e le malattie professionali riconducibili a condotte successive al 25/8/2007 che abbiano causato l’insorgenza o l’aggravamento della patologia.
Nella prima fase di applicazione gli accertamenti richiesti riguarderanno tutti i casi di indagine relativi a reati di cui all’art. 589 c.p, mentre nei casi di indagini relative a reati di cui all’art. 590 c.p., fatte salve specifiche richieste da parte dell’Autorità Giudiziaria, gli Spresal provvederanno a svolgere gli accertamenti richiesti nei casi più gravi quali ad esempio le prognosi riservate con pericolo di vita. Gli accertamenti richiesti riguardano la necessità di acquisire, nel più breve tempo possibile, la documentazione relativa al modello di organizzazione di cui all’art. 30 del Dlgs 81/ 08.
Nei casi di appalti si dovrà acquisire la documentazione relativa al modello di organizzazione di cui all’art. 30 del Dlgs 81/08 di tutti gli enti a cui il reato sia da attribuire.
In caso di assenza del modello di organizzazione si provvederà ad acquisire formale dichiarazione scritta circa la mancata adozione dello stesso o in alternativa si provvederà ad acquisire sommarie informazioni da persone informate.
Per quanto riguarda le modalità di acquisizione della predetta documentazione si procederà secondo le consuete prassi investigative privilegiando lo strumento del sequestro mentre l’A.G. valuterà, caso per caso, la necessità di disporre una perquisizione.
In una prima fase di applicazione, la verifica di merito della documentazione relativa all’adozione ed implementazione del sistema di gestione sarà effettuata da esperti nominati dall’A.G., affiancati dagli UPG che procedono alle indagini.
Le indagini devono inoltre cercare di far emergere attraverso esami testimoniali, ed acquisizioni documentali, gli elementi che possono eventualmente sostenere l’esistenza di un interesse o vantaggio da parte degli enti interessati.
 
 
 


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