Per utilizzare questa funzionalità di condivisione sui social network è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'.
Un'interessante pronuncia della Cassazione Penale su funzioni e ruolo dei Preposti
Una recente pronuncia della Cassazione Penale, Sez. 4, del 4 agosto 2025, n. 28427, ha confermato la condanna di due preposti per un infortunio mortale avvenuto in un’officina per la riparazione dei bus.
Questa sentenza:
- evidenzia con chiarezza quali debbano essere le funzioni del preposto in riferimento all’attività di vigilanza e, in particolare, alla necessità di un suo intervento immediato nel momento in cui ravvisasse situazioni o comportamenti pericolosi da parte dei propri collaboratori;
- stigmatizza la condotta del preposto quando questi accetta passivamente l’adozione di comportamenti pericolosi e di prassi pericolose nonché contrarie a quanto previsto nl DVR;
- censura la mancata segnalazione, da parte del preposto, ai superiori gerarchici di quanto rilevato.
Con la sentenza del 16/09/2024 della Corte di Appello di Torino aveva confermato la condanna del vicecapo officina e del responsabile del settore manutenzioni-approvvigionamento, quali “ preposti” in un’officina di un’azienda di trasporto pubblico per l'omicidio colposo di un lavoratore dipendente della stessa commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Questo reato, secondo gli accertamenti effettuati, era stato commesso in concorso con il conduttore del carrello elevatore, anche lui dipendente dell’azienda con mansione di Addetto al piazzale adibito al deposito dei bus.
Rispetto il procedimento di I grado, la Corte territoriale aveva comunque ridotto il trattamento sanzionatorio ed aveva confermato la condanna al risarcimento dei danni agli aventi diritto.
Rispetto la sentenza della Corte di Appello, con atti distinti, i difensori dei due preposti avevano presentato ricorso in Cassazione.
Il difensore del vicecapo officina aveva articolato il ricorso con due motivazioni di cui una sola di interesse diretto ai fini della nostra trattazione.
La prima censura riguarda il vizio cumulativo di motivazione in merito all'accertata responsabilità. In considerazione dell'imputazione, descrivente uno specifico e non generico uso del carrello elevatore, si criticava la Corte territoriale per aver ritenuto irrilevante accertare l'effettiva dinamica dell'infortunio; in particolare, se l’evento era avvenuto a seguito dello spostamento del bus tramite carrello elevatore ma utilizzato al fine di tirare il pullman, come da scorretta prassi diffusa, ovvero al fine di alzarlo in ragione dell'essersi bloccate le ruote (come ritenuto dal primo giudice) ovvero ancora per spingerlo.
Il Documento di Valutazione dei Rischi ( DVR) vietava di spingere i bus tramite il carrello elevatore ma l'accertata scorretta prassi invalsa era diversa e consisteva nel traino mediante carrello elevatore. Pertanto ne conseguiva, per il ricorrente, l'impossibilità di imputare al prevenuto l'omessa vigilanza sul rispetto della corretta procedura prevista nel DVR e la mancata comunicazione al datore di lavoro di una prassi scorretta ma diversa rispetto a quella altrettanto scorretta ma effettivamente invalsa. Inoltre, nell'istruttoria dibattimentale era emerso che l'uso del carrello elevatore non fosse una consuetudine, rappresentando una circostanza saltuaria verificatasi prima delle ore 8:00, orario d'ingresso in azienda del vicecapo officina.
Diversamente da quanto ritenuto dai giudici di merito, i mezzi di prova orali non avrebbero altresì evidenziato che solo un numero esiguo di lavoratori avesse conseguito l'abilitazione all'utilizzo del carrello elevatore e che le chiavi fossero sempre collocate nel quadro di accensione del detto carrello.
Sarebbe peraltro smentita dai fatti la circostanza per cui l'imputato avrebbe volutamente ignorato la prassi scorretta e pericolosa, non essendo stato presente in azienda al momento del sinistro e non avendo egli mai assistito ad attività di spostamento dei bus mediante spinta con carrello elevatore, trattandosi di attività mai eseguita prima perché attuata mediante il carrello ma con funzione di traino.
Dagli elementi acquisiti al processo sarebbe inoltre emersa l'irrilevanza causale delle eventuali violazioni degli obblighi di formazione e informazione, comunque non gravanti sull'imputato, in considerazione anche della macroscopica abnorme condotta del lavoratore infortunato, consistente nel posizionarsi tra il carrello elevatore e il bus durante l'operazione che la stessa Corte territoriale avrebbe ricostruito in termini di spinta del pullman tramite le forche del carrello.
Muovendo dalle dichiarazioni testimoniali rese da diversi lavoratori e dall'acquisito mansionario aziendale, secondo la difesa si era di fronte ad un clamoroso travisamento dei fatti da parte della Corte territoriale.
I giudici d'appello non avrebbero considerato la presenza in azienda, al momento del sinistro, di due addetti al movimento mezzi e superiori nella gerarchia aziendale rispetto all'imputato, aventi lo specifico compito di controllare l'uscita dei mezzi dall'azienda stessa e la loro movimentazione.
Per la difesa, questi due soggetti non erano stati sentiti in dibattimento e le cui deposizioni, per il ricorrente, sarebbero state potenzialmente decisive per appurare la genesi dell’evento. La circostanza per cui al momento del sinistro l'infortunato e il carrellista non fossero soli, avendo quindi la possibilità di interloquire con i superiori al fine di intraprendere la corretta procedura di movimentazione del bus in avaria, emergerebbe altresì dall'apparato motivazionale sotteso all'assoluzione in appello del datore di lavoro.
Sempre per la difesa del vicecapo officina si riteneva censurabile il non avere fatto riferimento alla abnormità della condotta del lavoratore (posizionatosi tra le forche del carrello elevatore e la traversa anteriore del bus da spostare), trattandosi di condotta assolutamente imprevedibile che chiunque avrebbe percepito come pericolosa.
La difesa del responsabile del settore manutenzioni-approvvigionamento aveva articolato separatamente il ricorso da quello del vicecapo officina ma le motivazioni dello stesso erano praticamente sovrapponibili a quelle del primo ricorrente.
![]() | Corso online di prima formazione per Responsabile o Addetto al Servizio di Prevenzione e Protezione. |
Preso atto dei ricorsi, suscettibili di trattazione congiunta in quanto sostanzialmente sovrapponibili, la Suprema Corte ha ritenuto gli stessi inammissibili motivando tale decisione come segue.
Le motivazioni della Cassazione Penale, sono state precedute da un’ampia premessa.
In questa, si ripropone la sintesi della ricostruzione dei fatti processuali dove la Corte d'Appello ha confermato la condanna del vicecapo officina e del responsabile del settore manutenzioni-approvvigionamento, nelle qualità di preposti dell’azienda, per l'omicidio colposo di un lavoratore alle dipendenze della detta società commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Trattasi di reato in offesa del meccanico addetto alla manutenzione dell'officina per la riparazione dei bus, accertato come commesso in cooperazione colposa (ex artt. 113 e 589 cp) anche con un altro lavoratore alle dipendenze dell’azienda e addetto al piazzale adibito al deposito dei bus nonché conduttore del carrello elevatore coinvolto nell’evento mortale.
Per quanto riguarda la dinamica del sinistro, per i giudici d'appello il lavoratore è deceduto a seguito di schiacciamento tra il carrello elevatore manovrato dall’addetto al piazzale, privo di specifica abilitazione alla conduzione del mezzo, e il bus guasto presente in officina, dopo essersi posta la persona offesa tra i due mezzi per verificare il posizionamento delle forche del carrello rispetto alla traversa anteriore del pullman. L’evento è avvenuto durante l'attività intrapresa dall’infortunato per spostare il bus all'interno dell'officina aziendale spingendolo mediante l'utilizzo del detto mezzo inidoneo e con procedura contraria a quella contemplata nel DVR (sotto la voce: "Segnalazione Guasti Autobus").
Il DVR era risultato redatto con la collaborazione dell'imputato avente mansioni di responsabile del settore manutenzioni-approvvigionamento e prevedeva il coinvolgimento di due lavoratori ma con l'utilizzo di un carro attrezzi e, esplicitamente, vietava di eseguire l'operazione di spostamento di veicoli guasti all'interno di aree aziendali mediante spinta eseguita tramite le forche del carrello elevatore.
Sempre nella sentenza d’appello impugnata dai due imputati, era emersa la presenza in azienda al momento dei fatti di due addetti al movimento e traffico, inseriti nell'organigramma aziendale all'interno dell'ufficio Movimento e Deposito ma nell'ambito dell'Area Esercizio, cioè all'interno non dell'officina bensì del piazzale di sosta e deposito dei bus, quindi gestori non dell'area di rischio inerente alle attività di officina.
Secondo la Suprema Corte, ricostruita la dinamica del sinistro, anche in considerazione delle conclusioni degli escussi consulenti tecnici, e ritenuta la gestione del relativo rischio in capo ai ricorrenti, quali preposti rispetto alla specifica area aziendale, i giudici di merito hanno accertato la causalità della colpa in relazione a specifiche violazioni dell'art. 19 del D. Lgs. n. 81/2008 da parte degli imputati, fermo restando però il già accertato concorso nella causazione dell'evento anche della condotta del conduttore del carrello elevatore (non appellante), e di quella dell'infortunato ma non considerata abnorme.
Il riferimento è in particolare all'aver omesso di sovraintendere e vigilare sul rispetto da parte dei lavoratori della corretta procedura prevista dal DVR per lo spostamento dei bus all'interno dell'officina, contemplante il solo utilizzo del carro attrezzi e comunque escludente la spinta mediante carrello elevatore.
Ciò, peraltro, nonostante la consapevolezza degli imputati circa la pacifica diffusa prassi pericolosa e contraria alle dette previsioni del DVR coinvolgente l'uso del carrello elevatore per spostare i bus in avaria, segnatamente trainandoli, dagli stessi preposti conosciuta e non partecipata al datore di lavoro.
Fatta questa premessa per la Suprema Corte occorre evidenziare, in primo luogo, che <<il primo motivo di entrambi i ricorsi, come detto sostanzialmente sovrapponibili, con i quali si sindaca l'apparato motivazionale inerente all'accertamento dei fatti e alle responsabilità degli imputati, sotto plurimi profili sono inammissibili, ai sensi dell'art. 606, comma 3, cpp, in quanto deducenti censure diverse da quelle prospettabili in sede di legittimità. Ci si riferisce alle doglianze in fatto con le quali si prospettano anche erronee valutazioni probatorie del giudice di merito, peraltro in termini di "travisamento dei fatti" e non di mezzi di prova, esplicitate analiticamente nel paragrafo 3.1.2. della precedente ricostruzione del fatto processuale>>.
Inoltre, sempre per la Cassazione Penale a ciò deve peraltro aggiungersi l'inammissibile deduzione, da parte del vicecapo officina, della mancata assunzione delle deposizioni dei due addetti al movimento mezzi <<in quanto prospettata solo in termini di mera potenziale decisività dei detti mezzi di prova. Decisività, solo potenziale, peraltro dedotta dal ricorrente in considerazione di un iter logico-giuridico diverso da quello sotteso alla sentenza impugnata>>.
Gli ulteriori profili di censura articolati con riferimento all'apparato motivazionale inerente all'accertamento dei fatti e alle responsabilità dei ricorrenti, secondo al Suprema Corte, si mostrano inammissibili in ragione del mancato confronto con la ratio decidendi sottesa alla sentenza impugnata.
Nelle motivazioni relative all’inammissibilità del ricorso, la Suprema Corte ritiene, diversamente da quanto prospettato dai ricorrenti, che la Corte territoriale non ha ritenuto irrilevante la ricostruzione dell'effettiva dinamica dell'infortunio, non ha escluso di considerare la presenza in azienda dei due addetti al piazzale dell’Area Esercizio e non ha riconosciuto in capo agli attuali ricorrenti profili di colpa afferenti all'omessa formazione e informazione dei lavoratori.
All'esito di un giudizio ex ante, è stato altresì accertato l'evento in termini di concretizzazione del rischio che i due attuali imputati avrebbero dovuto gestire, con conseguente esclusione anche della prospettata interruzione del nesso causale in forza della condotta colposa dell'infortunato.
In particolare, con motivazione coerente e non manifestamente illogica, i giudici d'appello hanno accertato il sinistro come verificatosi durante l'attività intrapresa dalla persona offesa, nell'esercizio delle proprie mansioni, per spostare il bus guasto presente all'interno dell'officina aziendale, spingendolo mediante l'utilizzo del carrello elevatore, mezzo inidoneo, e quindi con procedura contraria all'unica prevista dal DVR contemplante l'utilizzo del solo carro attrezzi ed esplicitamente escludente l'uso del citato carrello.
È stata ritenuta accertata la presenza in azienda al momento dei fatti dei due addetti al piazzale. ma quali addetti a sovraintendere alle attività di movimentazione e deposito dei bus non all'interno dell'officina, luogo del sinistro, bensì all'interno del piazzale di sosta e deposito dei mezzi.
Coerentemente, il sinistro è stato ritenuto concretizzazione della violazione di regole cautelari rientranti la diversa area di rischio che avrebbero dovuto gestire i due imputati, quali preposti.
Ricostruita la dinamica del sinistro, è stata difatti accertata la "causalità della colpa" in relazione a specifiche violazioni dell'art. 19 D. Lgs. n. 81/2008 da parte degli attuali ricorrenti, esclusi invece profili di colpa in termini di omessa formazione e informazione dei lavoratori in quanto a loro non imputati.
Oltre all'omesso controllo del rispetto della corretta procedura prevista dal DVR finalizzata allo spostamento dei bus all'interno dell'officina, è stata addebitata ai due preposti la mancata comunicazione al datore di lavoro della pacifica diffusa prassi pericolosa e contraria alle dette previsioni del DVR, da loro conosciuta, coinvolgente l'uso del carrello elevatore per spostare i bus in avaria.
Con motivazione esente da censure in sede di legittimità, in quanto coerente e non manifestamente illogica, con la quale non si confrontano i ricorrenti, sono state difatti ritenute rilevanti le descritte condotte dei due preposti, gli attuali ricorrenti, in relazione alla scorretta prassi dell'utilizzo del carrello elevatore in quanto tale, perché in violazione e contro le previsioni del DVR invece contemplante l'uso del solo carro attrezzi.
Ne è conseguita l'irrilevanza della circostanza per cui, nella specie, i due lavoratori avessero utilizzato il carrello elevatore, come da scorretta prassi in violazione del DVR, non per trainare il bus bensì per spingerlo.
Trattasi di ricostruzione fattuale e di accertate responsabilità peraltro aderenti all'imputazione, ove si chiarisce la posizione della persona offesa, infilata tra il bus e il carrello elevatore con forche appoggiate alla traversa anteriore del mezzo al fine di sollevarlo.
Nel formulare gli specifici addebiti agli attuali ricorrenti l'imputazione fa altresì riferimento all' omessa vigilanza circa la corretta procedura da seguire e all'omessa segnalazione al datore di lavoro della prassi dell'uso del carrello elevatore al poso del carro attrezzi invece previsto dalla corretta procedura di cui al DVR.
Riguardo la censura che si appunta sulla ritenuta non interruzione del nesso causale in ragione della condotta colposa dell'infortunato, deve aggiungersi che i ricorrenti non si confrontano con la circostanza per cui l'evento è stato accertato come verificatosi nell'esercizio delle mansioni a cui era ordinariamente adibito il lavoratore, espletate seguendo una prassi vietata ma assolutamente tollerata dagli stessi preposti.
L'evento è stato altresì ritenuto concretizzazione del rischio che le regole cautelari violate dai due ricorrenti miravano a prevenire, tramite la dovuta vigilanza e la necessaria informazione al datore di lavoro, quindi non eccentrico rispetto all'area di rischio di loro gestione.
Secondo Suprema Corte <<nel riconnettere la c.d. "abnormità" ai concetti di prevedibilità e di gravità della colpa del lavoratore, i ricorrenti non si sono peraltro confrontati con la giurisprudenza di legittimità sul punto, con censura che quindi, circa il detto profilo, si manifesta infondata. In merito, la più recente giurisprudenza, alla quale si intenda dare continuità, ha abbandonato il criterio della imprevedibilità del comportamento del lavoratore nella verifica della relazione causale tra condotta del reo ed evento, ponendosi i due concetti su piani distinti, perché ciò che davvero rileva è che tale comportamento attivi un rischio eccentrico o, se si vuole, esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto al quale viene attribuito l'evento>>.
Pertanto, per questi motivi la Cassazione Penale Sez. 4, con la pronuncia del 4 agosto 2025, n. 28427 ha dichiarato inammissibili i ricorsi condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali .
Carmelo G. Catanoso
Ingegnere Consulente di Direzione
I contenuti presenti sul sito PuntoSicuro non possono essere utilizzati al fine di addestrare sistemi di intelligenza artificiale.
Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
