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Le modalità con cui i gruppi politici utilizzano Facebook e Google

Le modalità con cui i gruppi politici utilizzano Facebook e Google
Adalberto Biasiotti

Autore: Adalberto Biasiotti

Categoria: Privacy

29/10/2021

La commissione europea sta mettendo a punto una bozza di documento, che obbligherà i giganti social Facebook e Google a fornire informazioni più dettagliate, sulle modalità con cui i gruppi politici utilizzano questi social per messaggi mirati agli utenti

Questa proposta, che la commissione europea pubblicherà probabilmente il 23 novembre, mira a proteggere le attività elettorali da messaggi a sfondo politico, da attività di partiti politici che utilizzano in modo non appropriato i social media ed a combattere la manipolazione dei votanti, grazie al microtargeting, vale a dire l’invio di messaggi mirati e specialmente tagliati a misura del destinatario.

 

Bruxelles desidera migliorare il livello di trasparenza nell’utilizzo dei social media, perché le recenti informazioni hanno messo in evidenza che molti gruppi politici acquistino messaggi pubblicitari, indirizzati a persone, che vengono classificate e selezionate con parametri messi a disposizione dei social media stessi.

 

Si confida che queste modifiche potrebbero rendere più trasparenti le attività elettorali, evitando che i votanti diventino vittime di tattiche politiche, consentendo anche ai destinatari dei messaggi di capire da chi e perché i messaggi vengono inviati.

 

Per la verità, l’obiettivo della commissione europea era quello di addirittura bloccare l’invio di questi messaggi, soprattutto perché un consulto pubblico ha mostrato che molti cittadini sono favorevoli a un restringimento, se non proprio all’eliminazione, di questo tipo di messaggi.


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La bozza di documento, che è stata esaminata in un ambito ristretto, offre due diverse principali raccomandazioni, afferente ai messaggi politici:

  • la prima raccomandazione tende a consentire ai governi nazionali di introdurre regole nell’uso di questi messaggi, cercando di coordinare al meglio l’attività svolte nei 27 paesi dell’unione europea;
  • la seconda raccomandazione propone un sistema, a base europea, di trasparenza, che coinvolge sia le aziende che gestiscono i social media, sia i partiti politici europee.

 

Infine, il documento vorrebbe anche stabilire sanzioni severe, in caso di violazione a queste disposizioni.

 

Questa attività della commissione europea scaturisce dal fatto che durante l’elezione del parlamento europeo, nel 2019, sono stati imposti nuovi requisiti di trasparenza circa chi possa comperare messaggi politici, da inviare on-line.

Le regole allora stabilite si sono rilevate di difficile applicazione e non particolarmente incisive.

 

Questa situazione discende anche dal fatto che i gruppi politici europei hanno avanzato molte critiche a questa impostazione, affermando che queste regole rendevano difficile lo sviluppo di una campagna elettorale.

 

Ciò non toglie che, sulla base di questa iniziativa, Facebook, YouTube e Twitter abbiano attuato delle iniziative volontarie per limitare le interferenze e la disinformazione, durante le elezioni. Twitter addirittura ha del tutto bloccato i messaggi a contenuto politico, mentre Facebook e Google hanno imposto dei limiti ed anche una breve sospensione di questi messaggi, subito prima delle elezioni, a novembre, negli Stati Uniti.

 

Una ricerca della commissione europea ha dimostrato che sono stati spesi milioni di euro, dall’aprile 2019, per lanciare messaggi politici su Facebook e Google. Negli Stati Uniti, nello stesso periodo, le somme spese corrispondono invece a miliardi di euro!

 

Durante un’indagine preliminare alla pubblicazione del documento in esame, il 58% degli intervistati ha condiviso l’ipotesi di ridurre in maniera significativa i messaggi politici mirati, includendo specificamente una possibilità di blocco da parte degli utenti.

 

Nella bozza finale, tuttavia, non si è giunti a una posizione estrema, soprattutto perché diversamente i piccoli partiti politici si sarebbero trovati in grandi difficoltà per raggiungere i possibili votanti.

Si è preferito quindi adottare una strategia di adozione di maggiore trasparenza, rispetto ad un blocco totale.

 

È interessante anche rilevare come questa iniziativa deve essere esaminata in abbinamento con la legge sui servizi digitali, che impone sanzioni fino a 6% del fatturato aziendale di un’azienda, se non rispetta le regole in vigore e non effettua degli audit regolari su questo rispetto.

 

Tra le altre regole proposte, la commissione richiede che i partiti rivelino pubblicamente quanto hanno investito per una specifica campagna elettorale, e se il messaggio è stato amplificato, utilizzando degli algoritmi di intelligenza artificiale.

 

Le aziende dei social media hanno risposto che già loro questi dati li forniscono, ma la commissione europea ha replicato, affermando che i dati devono essere molto più analitici e granulari, per meglio capire le modalità di costruzione ed invio mirato dei messaggi.

 

Ad esempio, uno studio condotto negli Stati Uniti ha messo in evidenza che molto spesso un messaggio mirato non riporta l’autore del messaggio e quindi, in un certo senso, mascherale finalità effettive e gli obiettivi del messaggio stesso.

 

Ancora una volta, la commissione europea ha concluso che purtroppo l’autoregolamentazione non è un percorso proponibile, a fronte delle grandi aziende di gestione dei social media!

 

Adalberto Biasiotti




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