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Luoghi con pericolo di esplosione: locali di ricarica batterie

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio elettrico

23/09/2008

Analisi fisica e normativa del fenomeno dell’emissione di gas dalle batterie e corretta procedura di classificazione dei locali adibiti alla ricarica. Le norme CEI relative all’estensione delle zone pericolose e la ventilazione dei locali.

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Il CEI, l’ente preposto alla normazione tecnica nei settori elettrotecnico, elettronico e delle telecomunicazioni, svolge un ruolo importante nella promozione della cultura della sicurezza negli impianti elettrici.
In questi anni ha offerto diverse occasioni per ampliare la cultura tecnica sui luoghi a pericolo di esplosione, ad esempio pubblicando diversi volumi sulle norme CEI in relazione alla classificazione dei luoghi a rischio o all’installazione e verifica degli impianti elettrici in questi luoghi.
 
 
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A questo proposito nel numero di agosto/settembre 2008 della rivista CeiMagazine è stato recentemente pubblicato un reportage dal titolo “Impianti elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione: locali di ricarica batterie” che prende le mosse dalla pubblicazione del nuovo volume “Classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione: locali di ricarica batterie”; un volume scritto dal professor Riccardo Tommasini del Politecnico di Torino con l’intento di chiarire le problematiche relative all’argomento, “analizzando dal punto di vista fisico e normativo il fenomeno dell’emissione di gas dalle batterie e la corretta procedura di classificazione dei locali adibiti alla ricarica”. 
 
Nel reportage dopo aver elencato le diverse tipologie di batterie, si ricorda che la “durata di vita e l’emissione di gas dalle batterie dipende in modo sostanziale dalle modalità di ricarica della batteria. Inoltre “deve essere posta particolare attenzione nella ricarica delle batterie VRLA, dove l’utilizzo di un caricabatteria non idoneo può ridurre drasticamente la durata di vita della batteria”.
Le batterie VRLA (Valve Regulated Lead Acid), che nella documentazione commerciale sono definite in molti modi (“a ricombinazione, sigillate, ermetiche, sealed, senza manutenzione”), sono batterie regolate con valvole.
 
I caricabatterie sono di due tipi:
- caricabatteria non regolato: “un dispositivo che fornisce una semplice carica con tensione e corrente non costante” e in cui “la corrente diminuisce (taper) automaticamente nel tempo, seguendo l’evoluzione della carica della batteria”;
- caricabatteria auto-regolato: “un caricatore che controlla continuativamente lo stato di carica della batteria e sospende la ricarica quando è stato fornito il quantitativo corretto di energia elettrica provvedendo solamente una sovraccarica minima nel caso in cui ad esso venga collegata una batteria completamente carica”.
In commercio sono disponibili caricatori con diversi profili di carica in funzione delle differenti fasi previste nella ricarica.
 
Ma veniamo ai pericoli legati alla ricarica.
Durante questa attività una batteria di accumulatori emette una certa quantità di gas (idrogeno ed ossigeno).
La quantità di gas emesso è “molto variabile e dipende sostanzialmente da:
- tipologia di cella (Piombo, Nichel-Cadmio);
- tecnologia costruttiva (batteria regolata a valvole o a vaso aperto);
- profilo di ricarica (IU, IUI, etc.);
- fase di ricarica”.
Ad esempio la massima emissione di idrogeno (0,00042 m3/Ah alla temperatura di 0°C) “corrisponde al caso di una batteria completamente carica ove l’energia fornita produce solamente l’elettrolisi dell’acqua”.
Situazione questa – continua il reportage -  che non dovrebbe accadere nel funzionamento normale in quanto “i dispositivi di ricarica dovrebbero essere controllati e/o temporizzati in modo da interrompere (o ridurre) il flusso di corrente al termine della fase di carica”.
Comunque “l’emissione di gas è funzione della corrente di ricarica ed è quindi maggiore durante la ricarica rapida (boost charge) rispetto alla carica di mantenimento a tampone (float charge)” e si ha anche “una certa emissione di gas durante la carica di equalizzazione (equalize charge)”.
 
Queste emissioni di gas, per ciascuna cella (o monoblocco) di una batteria regolata a valvole, avvengono dalla valvola di sicurezza e producono nell’intorno della valvola stessa, una zona potenzialmente pericolosa.
Per comprendere l’estensione di questa zona si può fare riferimento alla:
- Norma CEI EN 50272-2 (relativa alle batterie stazionarie) che “indica un metodo di calcolo dell’estensione della zona classificata, normalmente dell’estensione di alcuni decimetri, basato sulla nozione di volume esplosivo ipotetico”;
- Norma CEI EN 50272-3 (relativa alle batterie di trazione) che “indica, convenzionalmente, una estensione della zona di 0,5 m”.
Valutazioni che tengono anche conto di eventuali anomalie di funzionamento del sistema di ricarica o degli elementi delle batterie.
In ogni caso “si avranno estensioni della zona pericolosa diverse nel caso di emissione da una batteria regolata a valvole (emissione alla pressione iniziale pari alla pressione di apertura della valvola di sicurezza con bassa portata di emissione) e da una batteria a vaso aperto (emissione a pressione atmosferica con portata di emissione più consistente rispetto al caso precedente)”.
 
Chiaramente l’estensione della zona pericolosa dipende anche dalle condizioni di ventilazione e risulterà minore in ambiente esterno rispetto all’ambiente interno.
Riguardo a questo aspetto è necessario sottolineare “che negli ambienti ove vengono ricaricate le batterie è comunque necessario provvedere una adeguata ventilazione ambientale”.
Abbiamo visto che tutte le batterie emettono, in misura minore o maggiore, una certa quantità di gas e che vi è una differenza di emissione in funzione della tipologia costruttiva della batteria (batterie regolate a valvole e batterie a vaso aperto).
Vi è tuttavia differenza di frequenza di emissione anche “in considerazione della destinazione d’uso della batteria, cioè tra batterie di trazione e batterie stazionarie”: le “batterie di trazione, spesso del tipo a vaso aperto, vengono infatti scaricate e ricaricate ciclicamente (tipicamente ogni giorno) e quindi producono quotidianamente l’emissione di una certa quantità di gas”.
 
La ventilazione dei locali batterie si può realizzare con sistemi di ventilazione forzata (artificiale) o con ventilazione naturale.
Una buona soluzione progettuale è quella di “realizzare un sistema di estrazione artificiale dell’aria in corrispondenza di ciascuna batteria, per mezzo di un’apposita cappa di aspirazione”.
Questo permette di “confinare nel migliore dei modi la zona ove è presente l’emissione di gas e, con un’opportuna portata di aspirazione, ridurre la zona potenzialmente esplosiva a pochi centimetri intorno alle aperture di sfiato, anche nelle condizioni di carica più gravose”.
 
Normalmente nelle sale batterie stazionarie e nei piccoli locali di ricarica per batterie di trazione si utilizza “una ventilazione ambientale generale, senza aspirazione localizzata (cappe)”. Una ventilazione di questo tipo “può essere realizzata con un sistema di estrazione artificiale oppure per ventilazione naturale, in ogni caso la portata di ventilazione dovrà essere dimensionata sulla base della portata complessiva di gas emesso da tutte le batterie presenti”.
 
 
- CeiMagazine, agosto/settembre 2008 (formato PDF, 1.7 MB).



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