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Gas radon: il piano d’azione e la progettazione di interventi mirati

Gas radon: il piano d’azione e la progettazione di interventi mirati
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Rischio cancerogeno, mutageno

22/10/2024

Il nuovo piano nazionale d’azione per il radon 2023-2032 riporta alcuni esempi e metodologie per gli interventi di risanamento e prevenzione del rischio radon. La destinazione d’uso dei locali e l’isolamento dagli ambienti a contatto con il terreno.

Gas radon: il piano d’azione e la progettazione di interventi mirati

Il nuovo piano nazionale d’azione per il radon 2023-2032 riporta alcuni esempi e metodologie per gli interventi di risanamento e prevenzione del rischio radon. La destinazione d’uso dei locali e l’isolamento dagli ambienti a contatto con il terreno.

Roma, 22 Ott – La principale fonte di gas radon indoor – dove il radon è un gas nobile radioattivo presente in natura - è il suolo e “per tale ragione i locali interrati o posti al piano terreno degli edifici sono in genere quelli più interessati dal fenomeno della diffusione del radon”.

Tuttavia la presenza di radon in alte concentrazioni “può riscontrarsi non solo nei piani a contatto con il terreno, ma anche in ambienti posti a livelli più elevati. Infatti, in ogni edificio tende a crearsi una differenza di pressione nell’aria circolante, per effetto del gradiente termico, il cosiddetto effetto camino, che nei periodi invernali è accentuato dalla presenza degli impianti termici negli ambienti abitati”.

 

E dunque, laddove vi siano problematiche legate alla presenza di radon, “questo tende a infiltrarsi naturalmente negli edifici, a partire dagli ambienti a contatto con il sottosuolo”. E chiaramente la eventuale presenza di “vani scala/ascensori a diretto contatto degli ambienti sovrastanti, come pure installazioni impiantistiche di vario genere (prese d’aria, stufe e caminetti, ecc.), contribuisce ad aggravare l’effetto camino e favorisce inevitabilmente il propagarsi del radon”.

 

A ricordare queste problematiche connesse alla presenza di questo gas è il “ Piano nazionale d’azione per il radon 2023-2032” che è stato adottato con il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 gennaio 2024 e che presenta “strategie volte alla misurazione, alla prevenzione e alla riduzione della esposizione della popolazione”.

 

In particolare, quanto indicato nell’introduzione dell’articolo riguarda l’Azione 2.1 del Piano (il piano agisce su tre macro aree strategiche, declinate in azioni, a loro volta articolate in attività).

E in questo spazio si ricorda che nella progettazione degli interventi di risanamento, una corretta impostazione “deve sempre tener presente che, in linea generale, l’aria ricca di radon si insinua nell’edificio a partire dal livello fondazionale e dal sottosuolo, favorita da particolari scelte tecniche o situazioni preesistenti (ad esempio ampi scantinati con pavimentazione in pietra naturale), oppure dalle stesse soluzioni progettuali e distributive individuate nella costruzione, prime tra tutte la possibilità di una comunicazione diretta tra cantine e vani scale/ascensori”.

 

E non sono da sottovalutare la presenza di “particolari tecnici di dettaglio”, connessi alle lavorazioni che sono tipiche nelle costruzioni civili, e che possono diventare vie preferenziali di infiltrazione del radon:

  • presenza di crepe e di commessure negli elementi di costruzione a contatto col terreno (ad esempio: giunti in pavimenti e pareti);
  • fori di passaggio di cavi e tubazioni;
  • fognature;
  • pozzetti di ispezione degli impianti;
  • prese di luce.

 

Per tornare a parlare del Piano nazionale radon 2023-2032 e degli interventi di risanamento ci soffermiamo oggi sui seguenti argomenti:

  • Piano d’azione per il radon: gli interventi e l’approccio metodologico
  • Piano d’azione per il radon: l’appendice e le specifiche tecniche di intervento
  • Gli interventi: la destinazione dei locali e l’isolamento degli ambienti 
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Piano d’azione per il radon: gli interventi e l’approccio metodologico

Come ricordato, in premessa, nell’Azione 2.1 in un’ottica di pianificazione degli interventi di risanamento di edifici esistenti “è necessario adottare un approccio metodologico basato su elementi comuni:

  • analisi tecnica della situazione iniziale della costruzione, basata in primis su misurazioni della concentrazione media annua di radon. In questa fase è da valutare l’opportunità di eseguire anche test di permeabilità del sottosuolo, o analisi delle pressioni in gioco (differenziale di pressione) e di misurazioni puntuali allo scopo di identificare i punti di ingresso del radon nell’ambiente che si sta considerando e, se del caso, anche misure in tempo reale di radon nel suolo;
  • progettazione di specifici interventi di risanamento mirati al caso concreto;
  • monitoraggio dei livelli di radon in tempo reale per valutare la risposta agli interventi in via di realizzazione, le dinamiche spaziali e temporali del gas e la possibilità di ottimizzare l’efficacia dell’intervento quanto più possibile (ad esempio temporizzazione del funzionamento dei sistemi attivi);
  • misurazione della concentrazione di radon media annua in fase finale per valutare, nelle stesse condizioni dello screening iniziale, i livelli di radon raggiunti (verifica dell’efficacia degli interventi)”.

 

Piano d’azione per il radon: l’appendice e le specifiche tecniche di intervento

Nella parte finale del Piano (Appendice alle Azioni 2.1 e 2.2) si entra poi nel dettaglio delle specifiche tecniche di intervento relative alla progettazione di interventi mirati.

 

In questa parte, con intento introduttivo e divulgativo, si illustrano “i principali elementi tecnici riferiti alle metodologie di intervento normalmente impiegate nella pratica corrente per il risanamento o la prevenzione dell’inquinamento da radon, sia nel caso di nuove costruzioni o ristrutturazioni, sia per risanamenti specifici di edifici preesistenti”.

 

Dopo aver presentato vari documenti e linee guida utili per progettisti e costruttori si indica che nel caso di ristrutturazioni e di interventi di mitigazione su edifici esistenti, “sebbene la maggior parte delle tecniche possano essere adattate e trovare una applicazione generalizzata, ogni intervento va pianificato e progettato in funzione della particolare configurazione architettonica dell’edificio e delle sue caratteristiche costruttive”. E, in linea generale, “non si possono escludere interventi che prevedano significative modifiche d’uso degli ambienti”.

È poi inevitabile che, per le nuove costruzioni, le singole scelte progettuali, anche di dettaglio, “possano avere una decisiva influenza in relazione alle problematiche di esposizione al radon”.

 

L’appendice riporta poi, a titolo esemplificativo, alcune situazioni progettuali che, in determinate condizioni, possono essere messe in relazione ai pericoli connessi all’esposizione al gas radon.

 

Gli interventi: la destinazione dei locali e l’isolamento degli ambienti

Ad esempio, sempre con riferimento a quanto riportato in appendice, ci si sofferma sulla destinazione d’uso dei locali.

 

Infatti, se generalmente la concentrazione eccessiva di radon tende a manifestarsi di prevalenza negli ambienti posti a contatto, o comunque in prossimità, del terreno, le soluzioni architettoniche che “privilegino la ‘separazione’ dal suolo dei locali di utilizzo, soggiorno o lavoro che sia, ovvero che prevedano l’assenza di passaggi intercomunicanti tra interrati/cantine e piani superiori, sono in sintonia con una strategia di protezione dal rischio radon”. E situazioni di maggiore problematicità, “sussistono quando, dovendo affrontare una ristrutturazione, si è in presenza di locali seminterrati già utilizzati o, comunque, per i quali le esigenze progettuali indirizzino verso un loro riutilizzo futuro”.

 

Si indica che una situazione potenzialmente insidiosa “può determinarsi in presenza di vani o spazi caratterizzati da sviluppo verticale, relativamente delimitati verso l’esterno (ad esempio: vano scala o vano ascensori) ma direttamente comunicanti con il livello cantine o con gli ambienti interrati; sono situazioni, infatti, in cui si rischia, con una sorta di effetto camino, di rendere i locali superiori facilmente accessibili al radon”. E in tali casi è possibile ricorrere a soluzioni progettuali “assai semplici da ideare (uso di porte isolanti opportunamente disposte; prevedere un accesso alle cantine solo dall’esterno, o da vano chiuso)” che possono risolvere adeguatamente il problema.

 

Un altro aspetto affrontato è la “tenuta stagna e isolamento dagli ambienti a contatto con il terreno”.

 

Si ricorda che “realizzare una vera e propria sigillatura a tenuta stagna delle cantine e degli ambienti interrati, così da creare una completa separazione con gli altri ambienti sovrastanti della costruzione non è pensabile”.

Bisogna considerare che normalmente gli edifici destinati a un utilizzo con presenza più o meno stabile di persone, “sono dotati di uno strato di isolamento termico e di guaine impermeabilizzanti che chiudono gli spazi utili interni dall’ambiente esterno, l’uno per necessità di risparmio energetico, le altre per evitare o ridurre le problematiche di umidità come pure di infiltrazione o risalita dell’acqua”. E gli stessi elementi architettonici (pareti perimetrali, infissi eterni) “svolgono tale duplice funzione di isolamento termico e di impermeabilizzazione”.

 

Si può allora pensare – continua il documento - di “utilizzare opportunamente questi stessi sistemi di isolamento e impermeabilizzazione al fine di individuare soluzioni pratiche che consentano, laddove necessario, di realizzare efficaci sistemi di prevenzione dal radon: la guaina isolante posta sotto le fondamenta può essere utilizzata anche a questo fine; o ancora, si può concepire una ulteriore barriera separando le cantine dai livelli superiori a mezzo di una soletta continua in cemento armato”.

 

Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del Piano nazionale d’azione per il radon 2023-2032 e, in particolare, dell’Appendice alle Azioni 2.1 e 2.2 che riporta informazioni anche su: 

  • condutture di impianti
  • ventilazione naturale del terreno sottostante la fondazione
  • eliminazione del radon tramite isolamento
  • eliminazione del radon tramite ventilazione
  • tecniche di isolamento
  • tecniche di ventilazione
  • contrasto degli effetti naturali del gradiente termico (modifica della distribuzione del
  • sistema di depressioni presente)
  • ventilazione (messa in depressione) del terreno sottostante la costruzione
  • aspirazione o ventilazione dell’aria dai locali interrati
  • ventilazione forzata all’interno dei locali di soggiorno
  • fase di monitoraggio in corso d’opera e finale

 

 

Tiziano Menduto

 

 

 

Scarica la normativa di riferimento:

Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 gennaio 2024 - Adozione del piano nazionale d’azione per il radon 2023-2032.

 

Decreto legislativo 25 novembre 2022, n. 203 - Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, di attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/ Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117.

 

Decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101 - Attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti.

 


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