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Gli applicativi di intelligenza artificiale diventano sempre più invasivi

Gli applicativi di intelligenza artificiale diventano sempre più invasivi
Adalberto Biasiotti

Autore: Adalberto Biasiotti

Categoria: Privacy

27/06/2022

Sono stati recentemente presentati degli applicativi di intelligenza artificiale, che esaminano il volto di un soggetto e cercano di ricostruirne le emozioni o le reazioni a quanto il soggetto sta osservando.

Non vi è da stupirsi se i responsabili della protezione dei dati personali e, più in generale, della tutela della società civile, sono oltremodo preoccupati per la presentazione di recenti software, che utilizzano applicativi di intelligenza artificiale per riconoscere le emozioni espresse da un volto. Queste emozioni possono essere successivamente utilizzate per attività di marketing, a fronte ad esempio di reazioni positive ad una specifica immagine.

 

Cominciamo a vedere quali sono gli aspetti positivi di questi applicativi. Alcuni esperti affermano che questi programmi, quando vengono usati correttamente, possono aiutare gli insegnanti, gli assistenti sociali e perfino gli addetti alle vendite a fare meglio il loro lavoro.

D’altro canto, i critici dicono che questa tecnica non è collaudata e potrebbe portare a conclusioni errate e perfino pericolose.

 

Le tecnologie che permettono di tracciare le emozioni di una persona esistevano già da qualche tempo, ma negli ultimi tempi si sono sviluppate ad un ritmo straordinario. Le conferenze a distanza, tipiche dell’epoca pandemica, hanno dato un contributo straordinario allo sviluppo di questi applicativi.

Ad esempio, gli insegnanti possono verificare a distanza il livello di interesse delle loro presentazioni ed il livello di coinvolgimento dei partecipanti; parimenti, i siti di vendita a distanza, presidiati da venditori umani, possono verificare l’interesse dell’acquirente a un determinato prodotto.


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Molti esperti affermano che l’ intelligenza artificiale, applicata al riconoscimento delle emozioni che appaiono sul volto, è viziata alla base, perché è basata su pseudoscienze di tipo razzistico e non sufficientemente rispettose dei diritti del soggetto esaminato.

Un vizio di fondo di questi applicativi sta nel fatto che essi partono dall’idea che ogni persona, che assume un determinata espressione facciale, o un tono di voce, o un movimento del corpo, esprima una determinata emozione.

Ciò porta ad una discriminazione nei confronti di soggetti che provengono da culture diverse, appartengono a razze diverse ed hanno capacità cognitive diverse.

Uno dei più convincenti sostenitori di questa teoria, precedentemente dipendente di Google, è stato allontanato a dicembre 2020.

 

Sembra tuttavia corretto sentire anche il parere dei soggetti favorevoli a questi applicativi.

Essi affermano che, utilizzando appropriate salvaguardie, questi applicativi permettono al computer di rispondere meglio al comportamento dell’uomo, rispetto ad un soggetto umano.

Essi, ad esempio, fanno riferimento a una tecnologia, già in vigore, che permette di trasferire automaticamente ad un operatore, una chiamata fatta ad un call center e gestita in modo automatico, quando l’applicativo rileva nel chiamante espressioni di frustrazione o rabbia.

Intel, che è coinvolto profondamente in questi studi, afferma che questi applicativi permettono di meglio comprendere il livello di interesse e di coinvolgimento degli allievi, durante corsi di formazione a distanza. Il fatto che l’applicativo tenga sotto controllo contemporaneamente tutti i volti dei discenti rappresenta indubbiamente un notevole progresso, rispetto al fatto che un docente può osservare solo un allievo alla volta.

 

Per chi scrive, sembra di essere tornati all’ottocento, quando vi era chi affermava che una pistola serviva a difendere l’aggredito, mentre altri affermavano che una pistola serviva ad aggredire!

 

Adalberto Biasiotti




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