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Formazione sulla sicurezza: obbligo od opportunità?

La legge 215/2021 di conversione del Decreto-legge 146/2021 ha apportato notevoli modifiche al D.Lgs. 81/2008. Una delle innovazioni più importanti per il mondo della formazione alla sicurezza sul lavoro è quella di prevedere entro il 30 giugno 2022 l’accorpamento e modifica dei molteplici e vigenti accordi Stato-Regioni in materia di formazione dei lavoratori.

Ad oggi, 12 settembre 2023, il progetto di accorpamento però non è ancora avvenuto. È trascorso oltre un anno dalla scadenza prevista del 30 giugno 2022 e quindi, in assenza di un nuovo accordo Stato-Regioni(ASR), resta in vigore in materia di sicurezza sul lavoro quanto previsto dalla normativa vigente da molta ritenuta lacunosa ed insufficiente.

Questo ritardo nella sottoscrizione del nuovo Accordo tra lo Stato e le Regioni riguardante la formazione sulla sicurezza sul lavoro ha impatti significativi sulla capacità di garantire ai lavoratori un ambiente lavorativo sicuro. La mancata pubblicazione sta comportando nei diversi ambiti regionali una difformità nella interpretazione delle norme e nella qualità della formazione erogata, mettendo a rischio la sicurezza dei lavoratori.

Nel campo della formazione sulla sicurezza sul lavoro è essenziale garantire la conformità alle normative e valutare l'apprendimento dei lavoratori in termini di conoscenze e comportamenti sicuri. Tuttavia, l'obiettivo ultimo deve sempre essere l'efficacia della formazione erogata e delle buone prassi di sicurezza consolidate per ridurre i rischi sul luogo di lavoro. Un approccio bilanciato che integri conformità, valutazione e misurazione dell'efficacia induce certamente miglioramenti concreti nella cultura della sicurezza e nella riduzione degli incidenti.

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Uno degli attuali orientamenti critici nei confronti della formazione in generale è quello di creare tendenzialmente dei sistemi e regole rivolti più alla conformità e alla verifica dell’apprendimento che non all'efficacia e persistenza dell’apprendimento stesso. Da più parti viene sottolineato che tale approccio alla formazione risulta essere prettamente “burocratico” finalizzato al “rispetto della norma” più che a fornire ai discenti adeguati ed efficienti strumenti di conoscenza e reali competenze.

Analogo orientamento, a parere mio, è presente nel sistema di formazione italiano alla sicurezza sul lavoro. Tale sistema è quasi interamente regolato e sottoposto alla vigilanza del rispetto delle normative e per lo più si limita ad una sorta di mera verifica formale. Si controllano l’attestato, il numero di ore erogate, il programma e i requisiti formali dei docenti: tutto ciò è assolutamente legittimo e utile per evitare falsificazioni o corsi “fantasma”, ma adesso è giunto il tempo di chiedersi se tutto ciò è sufficiente. Vigilare sulla formazione svolta in maniera corretta è giusto e doveroso, ma basta a garantirne gli effetti sperati e cioè contribuire ed incidere sui comportamenti e sugli atteggiamenti al fine di preservare l’integrità psico-fisica dei lavoratori?

Nel campo della formazione sulla sicurezza sul lavoro è fondamentale valutare a posteriori e nel corso dell’attività lavorativa l’utilizzo “convinto” da parte dei lavoratori di quanto appreso. La formazione deve essere in grado di generare un effetto domino tra lavoratori e soprattutto deve produrre esiti positivi che perdurino nel tempo, che accompagnino il lavoratore per tutta la vita sia fuori che dento l’ambiente di lavoro. La formazione sulla salute e sul benessere deve incidere sulla cultura del Paese e contribuire alla sua crescita!

Le leggi e i regolamenti esistenti stabiliscono linee guida essenziali per garantire che le aziende adottino standard minimi di sicurezza. Tuttavia, la sfida reale consiste nel bilanciare questa enfasi sulla conformità con un approccio ed una metodologia formativa che garantiscano l’obiettivo finale dell'efficacia dell'apprendimento e la condivisione dei lavoratori ed in ultima analisi la riduzione degli infortuni.

È essenziale passare dal mero controllo della effettiva trasmissione delle conoscenze ad una concreta verifica degli apprendimenti e delle competenze connesse che siano in grado di generare comportamenti concreti e sicuri.

L'efficacia dell'apprendimento nella formazione sulla sicurezza sul lavoro è il cuore di tutto. Non si tratta solo di sapere quali norme di sicurezza osservare, ma di comprendere perché sono importanti e come applicarle nella pratica quotidiana. I lavoratori devono essere in grado di riconoscere i rischi, adottare comportamenti preventivi e contribuire attivamente alla creazione di una cultura della sicurezza. Questo richiede un approccio che vada oltre la mera conformità legislativa e che ponga l'attenzione sull'apprendimento in modo significativo.

Questo equilibrio tra conformità, valutazione ed efficacia dell'apprendimento può essere raggiunto anche, e forse meglio, attraverso strategie didattiche mirate. Mi riferisco alla formazione esperienziale che può essere di notevole supporto a questo scopo: coinvolgere direttamente i lavoratori nell'utilizzo di scenari di rischio realistici, in simulazioni ed esercitazioni pratiche, nell’uso di realtà aumentata e virtuale, possono aiutarli a identificare e valutare le situazioni potenzialmente pericolose e a sviluppare abilità pratiche per affrontarle. L'approccio formativo deve inoltre promuovere la collaborazione e il coinvolgimento attivo dei partecipanti, incoraggiandoli a condividere esperienze e suggerimenti per migliorare la sicurezza, loro e degli altri lavoratori. Questa modalità è dimostrata essere più incisiva e pertanto in grado di garantire maggiormente quel perdurare delle competenze apprese durante tutta la vita lavorativa e dunque quell‘efficacia della formazione tanto auspicata.

Va però aggiunto che solo quando i datori di lavoro e lavoratori insieme acquisiranno consapevolezza della necessità di una formazione efficace che garantisca competenze e abilità per una prevenzione reale e le attueranno con convinzione e continuità, diventeranno i veri attori nella prevenzione degli infortuni e della promozione di ambienti di lavoro sicuri.

Da ultimo dobbiamo essere sempre più convinti che la formazione alla sicurezza sul lavoro è più efficace quando non viene percepita dal partecipante come un obbligo normativo: insistere sull’aspetto prescrittivo risulta controproducente, ed è quindi necessario collocarla e presentarla all’interno delle opportunità di qualificazione professionale.

La sicurezza non deve essere percepita come qualcosa di imposto, ma come una opportunità di miglioramento delle competenze professionali. La formazione sulla sicurezza deve essere percepita dal lavoratore come parte integrante del proprio modo di lavorare e come un tema da continuare a studiare ed approfondire. Il management infine deve percepire la formazione alla sicurezza sul lavoro come azione di tutela e promozione dell’azienda e non solo come adempimento formale.

Auspico che queste riflessioni divengano tema di approfondimento anche nel corso della redazione conclusiva dell’accordo Stato-Regioni, attualmente in fase di elaborazione.


Francesco Naviglio 
Segretario Generale AIFOS

Fonte: Aifos





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Rispondi Autore: Stefano B. - likes: 0
20/09/2023 (08:51:13)
"Questo ritardo nella sottoscrizione del nuovo Accordo tra lo Stato e le Regioni riguardante la formazione sulla sicurezza sul lavoro ha impatti significativi sulla capacità di garantire ai lavoratori un ambiente lavorativo sicuro" ... ma assolutamente no!
La capacità di garantire un abiente sicuro non deriva minimamente dalla pubblicazione dell'ennesimo accordo SR.
Ribadire che per la formazione bisogna comprare gli attestati da AIFOS, EFEBI, ANFAS, ASSIDAL e altre porcherie varie come può migliorare la sicurezza.
Decidere che la formazione debba essere di 4-6-1000 ore come può influire su un POS fatto con un software e cambiando solo l'intestazione?
Definire che per una formazione ai lavoratori sia necessario somministrare un test di 30 domande a risposta multipla (trenta!) al carpentiere del Bangladesh come può aiutare?

No, possono esserci anche 1000 nuovi accordi che a livello di sicurezza nei luoghi di lavoro non cambierà nulla.
Cominciamo con un accordo SR in cui si definisce CHI partecipa alla scrittura di un accordo SR. Ad esempio qualcuno che non ha interessi economici in materia di sicurezza, oppure escludendo quelli che occupano di formazione professionale finanziata per le regioni, escludendo professori universitari che non hanno mai messo piede in un cantiere o in un'azienda galvanica. Insomma, ce ne sarebbe da scrivere per un po'.
Rispondi Autore: paolo ius - likes: 0
20/09/2023 (09:26:26)
Finchè l'impostazione sarà prevalentemente di tipo burocratese, si otterrà esattamente l'effetto contrario e gli infortuni continueranno inesorabilmente ad aumentare. E' necessario pensare a formazioni mirate e di durata ragionevole - le 16 ore minime attuali sono demenziali - avendo come obiettivo la consapevolezza dei rischi a tutti i livelli (DL, dirigenti, preposti, lavoratori)
Vanno inoltre drasticamente diminuiti i subappalti, che comportano solo un contenimento fraudolento dei costi a scapito della sicurezza
Rispondi Autore: Alex - likes: 0
20/09/2023 (12:35:29)
Articolo interessante e costruttivo, spero che vengano prese in considerazione dal legislatore le idee proposte, per aggiornare la normativa in vigore.
Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0
20/09/2023 (20:54:25)
Come si doveva pensare alla progettazione, organizzazione, erogazione e valutazione dei corsi di formazione (quella vera e non quella dei vari ASR), l'avevo già scritto su un mio libro nel novembre 1995 e su parecchi altri articoli anche su Puntosicuro.
Per cui non ho altro da dire al riguardo.

Quanto scritto nell'articolo è assolutamente condivisibile.

Purtroppo, per gli ASR, tutto rimane in mano a soggetti che non hanno alcuna conoscenza esperienziale delle dinamiche organizzative, decisionali, ecc. delle imprese e, soprattutto, mancano assolutamente della capacità di tener conto del particolare panorama delle aziende italiane dove, il 95,1% dei 4,36 mln di imprese ha meno di 10 dipendenti con il 43,7% della forza lavoro.
Quindi, il problema non è questo nascente Accordo ma l'approccio con cui questi accordi si scrivono.

Quindi, più che di formazione, dovremmo parlare di "informazione" condita con un po' di "addestramento" ed il tutto senza che nessuno si preoccupi di valutare quanto di questi corsi ricada positivamente sull'azienda e quanto venga realmente e stabilmente trasferito al lavoro.

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