Imparare dagli errori: ancora sugli ambienti confinati nelle cantine vinicole
Brescia, 30 Giu – Concludiamo con questa nuova puntata della rubrica “ Imparare dagli errori”, dedicata al racconto degli infortuni professionali, il nostro viaggio attraverso gli infortuni gravi che avvengono negli ambienti confinati e le cantine del comparto vinicolo.
Nelle scorse settimane, con riferimento agli infortuni avvenuti in serbatoi, cisterne e autoclavi, ci siamo soffermati sul documento “ Lavoro in spazi confinati nelle cantine vinicole. Indicazioni operative per la gestione dei rischi”, prodotto dall’ ATS Pavia e a cura di Gioia De Paschale, Antonio Bordati, Cristina Gremita (ATS Pavia) e Adriano Bacchetta (European Interdisciplinary Applied Research Center for Safety – Parma). Un documento che riporta anche un’interessante e ricco compendio di infortuni avvenuti nella filiera del vino.
In quest’ultima tappa del viaggio attraverso le cantine vinicole e per aumentare la consapevolezza dei rischi connessi agli ambienti a sospetto di inquinamento o confinati, presentiamo qualche ulteriore incidente che fa riferimento alle vasche, ai tini e alla pigiatura delle uve.
Questi gli argomenti trattati nell’articolo:
- Gli spazi confinati e il comparto vinicolo: vasche, tini e pigiatura delle uve
- Le cantine vinicole: i principali rischi e i gas asfissianti
Gli spazi confinati e il comparto vinicolo: vasche, tini e pigiatura delle uve
Prendiamo dal libro dell’ATS Pavia un esempio di infortunio tratto da INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
Il primo caso presentato è relativo alla pulizia dell’orlo della bocca di accesso ad una vasca.
Il lavoratore dell’azienda vitivinicola mentre lo pulisce cade al suo interno e si procura lo sfondamento del torace. All’interno della vasca “è già presente del materiale in fermentazione i cui vapori hanno generato nel lavoratore, come dimostrato successivamente dall’esame autoptico, uno stato di ipossia associato ad una saturazione ambientale”.
L’ipossia, “che si può definire come una condizione patologica determinata da una carenza di ossigeno, porta a uno stato di confusione, di spaesamento (esiti paragonabili a quelli conseguenti all’assunzione di sostanze alcoliche), uno stato difficilmente percepibile da chi ne soffre. L’infortunio è avvenuto per la mancanza di idonea ventilazione dell’ambiente in cui erano allocate le vasche e per il mancato utilizzo di idonei DPI (di protezione delle vie respiratorie e cinture di sicurezza munite di fune di trattenuta ancorate a funi di guardia) necessarie per il rischio specifico”.
Altri casi il libro li trae da vari siti di informazione internazionali (le descrizioni sono meno dettagliate e precise dei database OSHA o Informo).
Nel secondo caso che presentiamo una donna spagnola di 25 anni “è annegata in un tino dopo essere stata intossicata dai gas di fermentazione ed esserci caduta dentro”.
Si segnala che “una dipendente di un vigneto nel nord della Spagna, stava agitando il vino durante la fermentazione, una procedura che consente al vino di entrare in contatto con il lievito dell’uva e dovrebbe conferirgli un sapore più corposo e profondo. Lo zio della lavoratrice, un cantiniere molto conosciuto, ha scoperto la nipote che galleggiava nel tino, a faccia in giù, dopo che i dipendenti della cantina non erano riusciti a trovare la donna”. Secondo uno dei colleghi della vittima – continua il documento – “questo è stato il primo decesso che si è verificato nella cantina. la causa della morte è stata l’intossicazione causata dai gas prodotti durante la fermentazione”.
Concludiamo con un terzo caso avvenuto in Francia.
Si indica che “due vinificatori dilettanti francesi sono deceduti dopo essere stati soffocati da diossido di carbonio causato dalle uve che stavano pigiando con i piedi”.
In particolare le vittime “hanno volontariamente aiutato un amico a produrre il vino nella sua cantina nella regione Ardeche arrampicandosi su un tino per iniziare il tradizionale processo di estrazione del succo dalle uve. Ma la polizia ha ritenuto che i due lavoratori siano stati sopraffatti dal gas diossido di carbonio prodotto durante il processo di fermentazione e che siano collassati. I soccorritori hanno provato freneticamente a rianimare la coppia ma nonostante i tentativi i due uomini non hanno ripreso conoscenza. Il proprietario della piccola azienda, che produce vino ogni anno per sé e per i suoi amici, insieme a un amico che ha aiutato durante i tentativi di rianimazione, sono stati ricoverati in ospedale per aver inalato il diossido di carbonio nell’edificio che aveva scarsa ventilazione”.
Le cantine vinicole: i principali rischi e i gas asfissianti
Dal documento dell’ATS Pavia, citato in apertura di articolo, riprendiamo innanzitutto un breve riepilogo dei principali rischi all’interno delle cantine vinicole e delle principali misure di prevenzione:
- Lavoro in ambienti confinati. Esposizione a gas asfissianti ( anidride carbonica, azoto, argon): “Aerazione naturale - ventilazione forzata. Rilevatori di ossigeno. Operatore assistito. Rigide procedure di accesso. Formazione e DPI per interventi in caso di emergenza;
- Attrezzature a pressione: Omologazione ANCCISPESL o Certificazione CE;
- Attrezzature di sollevamento > 200 kg: Omologazione ENPIISPESL/ INAIL o Certificazione CE;
- Impianti elettrici e protez. scariche atmosferiche: Verifiche periodiche. Dichiarazione di conformità. Verifiche periodiche;
- Impianti termici – acqua calda: Omologazione ANCC ISPESL/INAIL (Pot. > 34 kW.) Verifiche periodiche (Pot. > 116 kW);
- Cadute dall’alto o in profondità: Parapetti fissi con fascia fermapiede. Scale fisse con gradini stabili e antiscivolo, scale con pianerottolo. Scale portatili con appositi ganci e basi antiscivolo. Cinture di sicurezza/ imbracature;
- Contatto con organi in movimento: Griglie metalliche o altri ripari fissi. Ripari mobili dotati di dispositivi di interblocco e fotocellule per blocco organi lavoratori. Pulsantiere ad impulsi ‘uomo presente’. Arresto di emergenza;
- Cadute su pavimenti: Pavimenti e calzature antiscivolo. Corretta disposizione di tubi e cavi;
- Caduta/esplosione di bombole: Adeguato stoccaggio. Movimentazione con carrelli. Protezione testata;
- Movimentazione manuale carichi: Uso di carrelli, altri ausili, adeguata formazione;
- Rumore: Pannelli fonoisolanti/fonoassorbenti. Schermi. Manutenzione. Cuffie/tappi;
- Esposizione ad agenti chimici: Consultare schede di sicurezza;
- Impiego di silice libera cristallina: Ricerca di soluzioni alternative a basso rischio d'impiego. Rigorose procedure di igiene e di lavoro”.
Sempre dal documento riprendiamo anche un breve approfondimento sui rischi chimici e sui gas asfissianti.
Riguardo ai rischi chimici si segnala poi che “la fermentazione tumultuosa del mosto ottenuto dalle uve produce notevoli quantità di anidride carbonica che, se non allontanate, possono determinare rilevante inquinamento in locali chiusi”.
Inoltre l’anidride solforosa, “utilizzata principalmente per le proprietà antiossigeno e per l’azione selettiva nei confronti dei lieviti, in quanto più pesante dell’aria tende ad accumularsi verso il basso. Secondo le concentrazioni e le modalità di impiego può essere tossica o irritante”.
Si indica poi che al termine dell’operazione di svinatura, “l’estrazione delle vinacce dai fermentini non dotati di raschiatore di fondo automatico, può comportare l’introduzione dei lavoratori nei vasi per effettuare un’adeguata pulizia, con conseguente esposizione a vapori etilici ed a CO2”. E l’azoto e l’argon utilizzati per il controllo della ossidazione lenta “possono costituire pericolo elevato per i lavoratori in quanto gas asfissianti”.
E anche la pulitura delle autoclavi, come abbiamo visto anche in una precedente puntata di “Imparare dagli errori”, “pur effettuata prevalentemente dall’esterno mediante irrogazione di soluzioni detergenti sulle pareti interne, in via occasionale può richiedere l’introduzione di un lavoratore per la rimozione manuale di residui non diversamente eliminabili. In questo caso i lavoratori potrebbero essere esposti ad un’atmosfera interna contenente gas asfissianti”.
Infine si segnala poi che le operazioni di filtrazione “possono comportare esposizione a polveri di farina fossile che, in caso abbia tra i componenti silice libera cristallina, configura un potenziale rischio silicotigeno e cancerogeno”.
Rimandiamo in conclusione, come sempre, alla lettura integrale del documento che presenta ulteriori dettagli sui rischi da esposizione a sostanze pericolose, sui problemi connessi all’asfissia e, più in generale, sui rischi negli ambienti confinati presenti nel comparto vinicolo.
Tiziano Menduto
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